L'ECOLOGIA DEL MAGICO

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SCOTT LONDON intervista DAVID ABRAM

David Abram è una strana combinazione di antropologo, filosofo e mago illusionista. Nonostante abbia lavorato come mago negli Stati Uniti e in Europa per molti anni, attribuisce la maggior parte di quello che sa sulla magia al tempo che ha passato in Indonesia, Nepal e Sri Lanka ad imparare dagli sciamani. Mettere in atto la magia non è semplice intrattenimento, evidenzia in questa intervista. “Il compito del mago è sorprendere i nostri sensi e liberarci da modi di pensare antiquati”. Il mago gioca anche un’importante funzione ecologia, dice, mediando tra il mondo umano e il mondo “più che umano” da noi abitato.

Quando Abram pubblicò il suo libro, The Spell of the Sensuous, nel 1996, i critici praticamente esaurirono i loro superlativi per poterlo onorare. Il Village Voice dichiarò che Abram aveva “una di quelle rare menti che, come la mente di un musicista o di un grande matematico, fonde lo stato di sogno con l’intelligenza”. Lo Utne Reader chiamò Abram un “visionario” che “pronuncia formule magiche con i suoi scritti e le sue lezioni” e per la sua profonda influenza sul movimento ambientalista.The Spell of the Sensuous vinse il prestigioso Lannan Literary Award per la non-fiction. Il libro tocca una vasta gamma di temi, dalla nostra percezione del mondo naturale al modo in cui usiamo il linguaggio ed i simboli per elaborare la nostra esperienza.

Scott London: Come ti sei interessato all’illusionismo?

David Abram: Ho visto per la prima volta un mago che si esibiva quando era un ragazzino di otto o nove anni e in seguito cercai di imparare un po’ di magia. Ma ero maldestro e praticamente non ne facevo una giusta. Mi re-interessai quando avevo circa sedici anni. Fui molto preso nell’arte di cercare di far avvenire qualcosa di “impossibile” – di creare un’esperienza impossibile, così densa di mistero che avrebbe sorpreso le persone oltre ogni loro preconcetto. Quando un mago riesce a far scomparire un sasso, e poi lo coglie in aria, o quando fa passare una moneta da una mano all’altra, ci lascia senza possibilità di spiegazione. Stiamo improvvisamente fluttuando in quello spazio aperto di esperienza sensoriale diretta, incontrando di fatto il mondo senza preconcetti, anche se solo per un momento. Il mago è colui che libera i sensi dagli schemi statici che ci imbrigliano con gli assunti, con modi di pensare antiquati, e con gli stili di parola e discorso. Scoprirlo è ciò che ha iniziato a galvanizzare sul serio la stessa magia.

London: E’ vero che durante l’università ti mantenevi facendo magia al famoso ristorante di Alice [1]?

Abram: Sì, iniziai la mia vita professionale come mago da Alice, il ristorante nella splendida canzone di Arlo Guthrie. Mi esibivo lì molte volte la settimana, lavorando tavolo per tavolo facendo illusionismo, nel mezzo dei corsi universitari. Era un ristorante per famiglie o giovani coppie. Sapete, chiamavano il mago e gli chiedevano di fare qualcosa con una moneta o un mazzo di carte. Dovevo essere attento a non fare nulla di troppo potente, perché non volevo guastare l’appetito di qualcuno sorprendendolo troppo.

London: Tagliare una donna a metà, o cose del genere.

Abram: Esattamente. Quindi mi tenni lontano da quel tipo di effetti per quelle serate. Lavorai da Alice per tre o quattro anni. Poi iniziai ad esibirmi in tutto il New England. In seguito, mi presi un anno di pausa dall’università per vagare come mago di strada in Europa.

London: E questo come ti ha portato al tuo successivo interesse nell’ecologia e nell’antropologia?

Abram: Quando decisi di tornare all’università per prendere la laurea, divenni molto interessato agli usi della magia in medicina. Mi stupì che fosse una connessione antica – ossia che nelle società tradizionali i curatori erano spesso maghi. Così viaggiai come mago itinerante tra varie culture indigene tradizionali nell’Asia Meridionale – Sri Lanka, varie parti dell’Indonesia, Nepal – nella speranza di usare le mie capacità di illusionista per incontrare e venire a conoscenza di alcuni dei maghi tradizionali, o degli sciamani, che applicano la loro arte in quelle culture.

London: Erano aperti nel condividere i loro segreti con uno Statunitense?

Abram: Sì, infatti fu un successo. Quando questi maghi venivano a sapere di questo occidentale che effettivamente aveva qualche accesso agli antenati (come li chiamavano loro) o che aveva avuto qualche scambio con gli spiriti, mi invitavano nelle loro case e mi chiedevano di scambiare i segreti con loro. Alcune volte fui invitato a partecipare alle loro cerimonie.

London: Eppure praticavi una forma di magia molto diversa dalla loro.

Abram: Sì, avevo appreso la mia arte dai maghi statunitensi e dai libri, in quanto arte che nasce come forma di intrattenimento. Ma scoprii che era la più antica delle arti. L’illusionismo stesso trae le sue origini nel lavoro dello sciamano o dello stregone nell’alterare la percezione e l’organizzazione dei sensi.

London: Gli sciamani praticavano mai l’illusionismo?

Abram: Alcuni lo facevano, ma non tutti.

London: Per esempio?

Abram: Beh, abbiamo tutti sentito parlare di chirurghi fisici, quei tipi che usano un certo stile di quella che potremmo chiamare magia. Nelle Filippine, per esempio, tolgono la malattia dal corpo di una persona passando le loro mani sopra di esso e facendo una sorta di incisione invisibile. Poi penetrano nel corpo e tolgono un qualche oggetto sanguinoso, e lo buttano nel fuoco. Questo è illusionismo. Questi cosiddetti chirurghi fisici stanno usando una tecnica molto utilizzata nel mondo. Sfortunatamente, molti di questi tipi nelle Filippine stano usando questa tecnica molto vecchia solo per fare soldi. Dunque spesso non è così efficace come potrebbe essere quando è genuinamente usata al servizio non solo della salute umana ma della salute dell’intera rete di vita.

London: Ricordo di aver letto un articolo in un giornale (penso che fosse l’Atlantic Monthly) alcuni anni fa. Un regista inglese scrisse del filmare un elaborato rituale nella piazze di un villaggio in India o in Pakistan all’inizio degli anni ’60. L’intera cosa era molto impressionante e culminò con un fachiro che brandiva una spada, macellando un bambino vivo, per poi raccogliere insieme le sanguinose parti in un sacco. Il regista era del tutto impressionato di esserne stato testimone, proprio come lo furono molti altri spettatori. Ma era ancora più sorpreso quando ritornò in Inghilterra e rivide il filmato. Scoprì che l’intera scena era stata una sofisticata illusione, un trucco percettivo su un intero gruppo di persone.

Abram: Sì, il mago è uno che lavora con la percezione. Talvolta lavora con i sensi di un solo individuo, talvolta con un gruppo di persone, e talvolta con molti altri esseri – umani ed altro. E’ importante realizzare che il mago stesso sta sperimentando le identiche cose che gli altri guardano e sperimentano. E’ solo dall’entrare in trance del mago che gli altri saranno condotti a sperimentare la trance in modo ricco e profondo quanto il mago. Quindi non è come se lui stesse fuori dalla cosa che manipola dall’esterno, come si penserebbe faccia un’ipnotista in Occidente.

Ma questo tipo di evento a cui ti stai riferendo è già molto differente dagli usi della magia in un contesto tribale, del tutto indigeno, dove la magia non è mai usata per intrattenimento. E’ usata in modo da mantenere il mondo vivo e vegeto, e mantenere gli umani in una salutare connessione con il resto del mondo naturale.

London: Hai usato l’espressione “guardiano del confine” per descrivere il mago. Cosa intendi?

Abram: Scoprii che molti pochi degli sciamani da me incontrati consideravano il loro lavoro come guaritori quale ruolo o funzione primaria per le loro comunità. Dunque anche se erano guaritori, o sciamani, per i loro villaggi, vedevano la loro abilità di guarire come un effetto secondario del loro lavoro più principale. Questi lavoro più principale aveva a che fare con il fatto che questi maghi raramente vivevano nel mezzo delle loro comunità o nel cuore del villaggio. Vivevano sempre sul confine o proprio fuori dal villaggio – tra le risaie o tra un ammasso di rocce – perché le loro abilità non sono iscritte nella modalità umana. Sono gli intermediari tra la comunità umana e la comunità più-che-umana – gli animali, le piante, gli alberi, persino intere foreste considerate quali forze viventi, intelligenti. Persino i venti e i fattori atmosferici sono visti come esseri viventi. Tutto è animato. Tutto si muove. E’ solo che alcune cose si muovono più lentamente di altre, come le montagne o la terra stessa. Ma ogni cosa ha il suo movimento, ha la sua vita. E i maghi erano proprio quegli individui più ricettivi verso le sollecitazioni di queste forme più-che-umane. Erano i maghi che potevano con più facilità entrare in qualche tipo di rapporto con un altro essere, come un albero di quercia, o una rana.

London: Che tipo di rapporto?

Abram: Ogni mago che ho incontrato aveva molti animali o piante o forme di natura che erano i suoi famigliari. Proprio come parliamo del gatto nero di una strega come suo “famigliare”, così in in queste società animistiche il mago può avere corvi e rane e forse un certo tipo di piante di ficus come suoi famigliari. Può anche essere un certo tipo di tempesta – una tempesta di tuoni – un essere che, quando appariva nel cielo, dicevo al mago che era ora di andare fuori e fissare quelle nuvole ed imparare da loro quello che potevano avere da insegnare.

London: Allo stesso modo, forse, in cui i cavalli possono percepire un terremoto imminente.

Abram: Giusto. Altri animali fungono per il mago come un’altra serie di sensi, un altro angolo da cui può vedere ed udire e percepire quello che sta avendo luogo nell’ecologia circostante, perché noi siamo limitati dai nostri sensi umani, il nostro sistema nervoso, e le nostre due braccia e le nostre due gambe. Gli uccelli ne sanno molto più su quel che sta avvenendo nell’aria, tra i venti invisibili, di quanto ne sappiamo noi umani. Se guardiano gli uccelli da vicino, possiamo iniziare ad apprendere quel che sta avvenendo nel cielo e in aria semplicemente osservando i loro schemi di volo.

London: Dove tracciano il confine tra realtà e magia?

Abram: Quel confine non è tracciato nelle culture tradizionali. Nelle culture indigene, tribali od orali, la magia è la via del mondo. Non c’è nulla che in qualche modo non sia magia, perché il fatto che il mondo esista è già piuttosto sorprendente. Che continui ad esistere, che si mantenga continuamente in vita, questo è il mistero dei misteri. La magia è la via del mondo. E’ quel senso di essere in contatto con tante forme di consapevolezza, la maggior parte delle quali sono molto diverse dalle nostre, che è l’esperienza di base della magia da cui derivano tutte le altre forme di magia.

London: Come guariscono le persone?

Abram: Come ho detto, gli sciamani e gli stregoni che ho incontrato nei miei viaggi dicevano sempre che la loro capacità di guarire le persone era un prodotto secondario di un tipo differente di guarigione. Il loro lavoro primario era curare la relazione tra il villaggio e la terra, bilanciare l’equilibrio tra gli umani e il campo di forze più-che-umane. Se il mago non facesse simultaneamente questo lavoro di offrire preghiere e e gesti rituali agli altri animali e ai poteri della terra e del cielo, allora potrebbe guarire qualcuno nella comunità e qualcun’altro si ammalerebbe, e poi guarirebbe l’altra persona, ma un’altra ancora si ammalerebbe. La fonte della malattia è spesso percepita come lo squilibrio dentro la persona, ma è in effetti la relazione tra il villaggio umano e la terra che lo sostiene, la terra che offre il suo cibo, i suoi animali per pelli da vestire, e le sue piante per cibo e medicine. Gli umani prendono moltissimo dalla terra, e il compito del mago è assicurarsi che gli umani ritornino qualcosa alla terra in modo che ci sia un flusso in due direzioni, che il confine tra noi – la cultura umana e il resto della natura – resti un confine aperto. Il mago assicura che quel confine sia una membrana attraverso cui ci sia un flusso bi-direzionale, e che il confine non diventi mai una barriera che escluda i poteri altro-che-umani dalla nostra consapevolezza.

London: Abbiamo nessun equivalente per gli sciamani nella cultura occidentale, persone che svolgono una funzione simile?

Abram: Abbiamo alcuni distanti equivalenti, come gli etologi, che sono in grado di entrare in stretto rapporto con le specie che stanno studiando. Ma tendiamo a non credere nella magia nella civiltà occidentale. E abbiamo ampiamente dimenticato il luogo della magia. La maggior parte dei maghi finisce per esibirsi da qualche parte a Las Vegas. Loro si vedono come “illusionisti” – persone che cercano di creare l’illusione della magia. Ma loro stessi non credono nella magia. La magia è caduta in una triste condizione nel mondo. Sarebbe come se la maggior parte dei musicisti e dei concertisti non credesse davvero che la musica esiste. Allora avresti dei pianisti con piani che emettono luci abbaglianti e donne che ballano a ritmo attorno a loro come se suonassero della musica sgargiante. La magia è stata ridotta a questo in Occidente. Davvero non esiste più per noi.

London: Cosa succede ad una cultura priva della magia?

Abram: Una cosa è che il suo rapporto con il paesaggio naturale è tremendamente impoverito. Infatti, dalla nostra ovvietà, dalla nostra dimenticanza di tutti questi altri tipi di consapevolezza – gli altri animali, le piante, le acque – abbiamo causato una crisi nel mondo naturale di proporzioni senza precedenti – non per cattiveria, ma semplicemente perché davvero non riconosciamo che la natura è lì. Nella nostra cultura ci sembra essere una sorta di sfondo passivo su cui si svolgono tutti i nostri eventi umani, e sono gli eventi umani ad essere significativi, mentre quello che avviene nella natura, beh, davvero non lo notiamo, non è davvero lì. Non è vitale.

Com’è diverso dalla consapevolezza di una cultura magica o animistica per cui tutto quello che facciamo come umani è così profondamente influenzato dalle nostre interazioni con la terra sotto i piedi e l’aria che fluttua attorno a noi e agli altri animali.

London: Hai detto che alcuni etologi sono in grado di carpire l’essenza della magia nel loro lavoro. Riesco a pensare ad alcuni scrittori naturalisti che si prestano alla stessa funzione – Peter Mathiessen, Terry Tempest Williams, e Barry Lopez.

Abram: Assolutamente. Penso che qualche tipo di scrittore naturalista stia facendo un importante lavoro prettamente magico. Stanno facendo quello a cui potremmo pensare con la parola magia – riprendendo il linguaggio molto attentamente e cercando di usarlo in nuovi modi, cercando di immaginarsi come parlare violando la nostra monarchia con il resto della terra animata.

London: Eppure in The Spell of the Sensuous sottolinei che il linguaggio abbia percorso una lunga strada nel servire la nostra relazione sensoriale con il mondo della natura.

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[ The Spell of the Sensuous ]

Abram: Sì, a causa dei molti modi in cui parliamo nella nostra cultura che negano continuamente la reciprocità tra i nostri sensi e il resto del mondo sensibile, tra i nostri corpi e il vasto corpo della terra. Quando parliamo della terra come di un oggetto, stiamo negando il nostro rapporto della terra. Quando parliamo della natura come una serie di oggetti, piuttosto che come una comunità di soggetti, in sostanza chiudiamo i nostri sensi a tutte le altre voci attorno a noi.

London: Di sicuro non sono il primo a chiederti perché tu abbia deciso di scrivere un libro – usando parole e argomentazioni astratte – per rendere questo punto.

Abram: Beh, per me era molto importante scrivere un libro che avrebbe parlato ai cosiddetti “esperti”, scrivere un libro che non potesse essere minimizzato a finzione, o a “mera” poesia. Non che io pensi ci sia nulla di “mero” nella poesia, ma così fanno molte persone nella nostra cultura – tendono a pensare alla poesia come ad un tipo di uso secondario del linguaggio. Non realizziamo che il linguaggio nasce nella poesia e nella poetica… e lì finisce.

Questo è il motivo per cui dobbiamo porre tanta attenzione ai modo in cui parliamo, e alla bellezza delle nostre parole e ai nostri modi di mettere insieme le parole – in modo che parliamo gli uni con gli altri non come menti incorporee ma come esseri animali corporei e in grado di provare sensazioni. Penso che sia molto importante realizzare che siamo animali – un animale straordinario, non c’è dubbio, ma comunque un animale – e, dunque, uno dei vari esseri che vivono in e su questo mondo.

Eppure volevo esprimerlo in un modo che avrebbe raggiunto la comunità accademica, la comunità di quelli che prendono le decisioni nella nostra cultura. Dunque, quello era proprio l’intento del libro, colmare il gap tra il mondo dell’immaginazione – il tipo di mondo magico di queste società indigene tradizionali – e il mondo dell’accademia, dell’intellighenzia, e dell’élite scientifica. Ma non volevo farlo semplicemente scrivendo un’analisi di ricerca scientifica dei modi di pensare indigeni, animisti. Volevo fare l’opposto. Volevo offrire un’analisi animistica della razionalità e dell’intelletto occidentale, e mostrare che i nostri modi di pensare occidentali, civilizzati, sono loro stessi una forma di magia.

London: In che modo?

Abram: Tutto ciò a cui ci riferiamo parlando di civiltà occidentale è una civiltà alfabetica. Siamo la cultura dell’alfabeto, e l’alfabeto stesso potrebbe essere visto come una potente forma di magia. Sai, apriamo il giornale al mattino e concentriamo i nostri occhi su quelli schizzi inerti di inchiostro sulla pagina, e immediatamente udiamo voci e abbiamo visioni e sperimentiamo conversazioni che avvengono in altri luoghi e tempi. Questa è magia!

E’ bizzarro: appena guardiamo a queste lettere stampate sulla pagina vediamo quel che dicono. Ci parlano. Non è diverso da un anziana Hopi che viene fuori dal suo pueblo, concentra gli occhi su una pietra e sente la pietra parlare. O da un uomo del Lakota che esce e vede un ragno che si arrampica su un albero e concentra i suoi occhi su quel ragno e sente che quel ragno si rivolge a lui. Facciamo proprio la stessa cosa, ma lo facciamo con i nostri segni scritti sulla pagina. Li guardiamo, e ci parlano. E’ una forma di animismo molto concentrata. Ma è comunque animismo, bizzaro come una pietra che parla.

[Donna Hopi]

Infatti, è una forma di animismo tanto concentrata che ha effettivamente eclissato tutte le altre forme di partecipazione animistica in cui ci impegnavamo – con foglie, pietre, venti. Ma è ancora una forma di magia.

London: E lo facciamo nelle nostre teste, non nei nostri corpi. Come dice la psico-terapista Marion Woodman, l’Occidentale moderno è una persona che cammina con la testa sospesa due piedi sopra il resto del corpo.

Abram: Sì. Non penso sia una via per quelli che lavorano al servizio della terra – per ambientalisti, ecologisti – cercare di riportare la nostra cultura in un rapporto reciproco e sostenibile con la terra, a meno che riportiamo la gente ai nostri sensi, perché i nostri corpi sensibili sono il nostro contatto diretto con il resto del mondo naturale. Non è essendo intelletti astratti che ci innamoreremo di nuovo del resto della natura. E’ iniziando ad onorare e tenendo di contro la nostra diretta esperienza sensoriale: i gusti e gli odori nell’aria, la sensazione del vento mentre carezza la pelle, la terra sotto i nostri piedi mentre vi camminiamo sopra. Ed è molto più facile sentire la terra se ti permetti di sentire che la terra stessa sta percependo i tuo passi mentre vi cammini sopra.

London: Hai sottolineato che più entriamo nel mondo dell’alfabeto, come lo hai chiamato, più ci chiudiamo fuori dal mondo vivente. Forse insegnare ai bambini a leggere quando hanno tre o quattro anni non è una così buona idea, dopotutto?

Abram: E’ terribile. Inoltre, i bambini ora vengono incoraggiati a connettersi on-line con il computer il più rapidamente possibile. E’ buffo perché non realizziamo che la sorprendente capacità linguistica del cervello umano non si è evoluta in rapporto ai computer, e nemmeno in rapporto a testi scritti. Piuttosto, si è evoluta in relazione a storie che furono tramandate oralmente. Per innumerevoli millenni, le storie e il racconto orale erano il modo in cui gli umani imparavano il nostro linguaggio. Le storie parlate sono qualcosa in cui entriamo con i nostri corpi. Ci troviamo a nostro agio dentro una storia.

Penso che i bambini abbiano davvero bisogno di sperimentare le storie e di udire i loro genitori e zii e zie raccontare loro delle storie. E non intendo leggere delle storie, ma semplicemente improvvisarle faccia-a-faccia con un bambino. O camminare fuori e puntare alla foresta e dire “Lo sai cosa accade dentro la foresta ogni luna piena?” o “Guarda il fiume. Lo sai come si sente il fiume quando il salmone ritorna alle sue acque? Si sente in questo modo, e questa è la storia che racconta perché”.

Rinvigorire la cultura orale è necessario perché entrare così direttamente nel mondo letterato dei testi, e ora nel mondo dello schermo computerizzato, significa entrare troppo rapidamente in quella dimensione puramente cognitiva dei simboli e della manipolazione dei simboli. Quel di cui ha bisogna anzitutto un bambino è di entrare nel linguaggio con il corpo, ed avere un senso che tutti i suoi sensi possano essere impiegati entro il linguaggio. Questo è qualcosa che le storie e la narrazione orale da sole possono fare per noi.

London: Pensi che dovremmo fare a meno del computer?

Abram: No, e certamente non potremmo nemmeno se volessimo. Non penso che dovremmo nemmeno fare a meno di scrivere libri. Ma penso che la cultura dei libri e dei computer sia funzionale solo nel grado in cui essi sono radicati in una vigorosa cultura orale di storie.

London: Anne Wilson Schaef ha scritto un libro sulle sue esperienze con una tribù di aborigeni in Australia. Per come la descrive lei, uno degli anziani aveva una storia favorita che usava raccontare ancora e ancora. Al terzo o quarto ascolto, Anne iniziò ad ignorarla in quanto conosceva già la storia piuttosto bene. Me nel corso del tempo, ascoltandola ancora e ancora, iniziò a notare cha la storia era leggermente diversa ad ogni ascolto. Mentre iniziava a prestare attenzione alle sottili sfumature, scoprì che la storia stava avanzando in un modo predeterminato. Il pieno significato della storia non poteva essere colto in un singolo ascolto, o nemmeno in due, perché richiedeva la partecipazione attiva dell’ascoltatore. Questo è un vivido esempio di quanto viene perso quando passiamo da una cultura orale ad una scritta.

Abram: Esattamente. Una volta che abbiamo scritto quelle storie non cambiano più. E poi diventiamo fondamentalisti e diciamo, “Il modo in cui è scritto è l’unica modo in cui è”. E siamo intrappolati nelle nostre nozioni di verità letterale – “… vero secondo la lettera [e non lo spirito, ndt] della legge”. La “verità letterale” è introdotta solo con l’alfabetizzazione.

London: Quanto ti sento dire è che abbiamo bisogno di estendere i nostri modi di consapevolezza per includere non solo il linguaggio e l’alfabeto, ma anche il reame magico dei sensi.

Abram: Esatto. Non sto cercando affatto di demonizzare l’alfabeto. Non penso che l’alfabeto sia cattivo. Quel che sto cercando di far realizzare alla persone è che si tratta di una forma molto intensa di magia. E dunque essa necessita di essere usata con responsabilità. Voglio dire, non è una coincidenza se la parola [inglese] “spell” ha un doppio significato – disporre le lettere nell’ordine giusto per formare una parola, o lanciare una magia. Questi due significati erano originariamente uno e lo stesso. Usare questa nuova tecnologia, questo nuovo gioco di forme scritte sulla pagina, per imparare a scrivere e a leggere l’alfabeto, era effettivamente imparare una nuova forma di magia, esercitare una nuova forma di potere nel mondo.

Ma significava anche evocare una forma di incantesimo sui nostri sensi. A meno che riconosciamo la scrittura come una forma di magia, non ce ne preoccuperemo troppo. E’ solo quando riconosciamo quanto profondamente essa abbia alterato la nostra esperienza della natura e del resto del mondo sensibile, quanto profondamente abbia alterato i nostri sensi, possiamo iniziare a scrivere in modo responsabile perché vediamo quando potente e profondo sia il suo effetto.

Nessuna cultura con la parola scritta sembra sperimentare il paesaggio naturale come del tutto vivo ed animato. Ma ogni cultura senza scrittura sperimenta l’integrità della terra – ogni aspetto del mondo naturale – come vivo ed intelligente. Dunque cosa fa la scrittura? Ha un effetto molto potente sulla nostra esperienza di linguaggio e significato.

London: Quali sono alcuni dei modi in cui possiamo collegare queste due strutture di riferimento?

Abram: Un modo è semplicemente lasciando che le cose siano vive. O, se non volete lasciare che le cose siano vive, basta permettere alle cose di avere il loro intervento attivo su di noi, che sia una lastra di granito, delle nuvole tempestose, un corso d’acqua, un corvo, un ragno.

C’è una breve poesia da Rainer Maria Rilke che lo coglie in un bel modo:

Ah, non esser tagliati fuori,
non per mezzo della più fine divisione
esclusi dalla legge delle stelle
L’anima – cos’é?
Se non il cielo intenso
profondo, scagliato tra gli uccelli
con i venti del ritorno

Scoot London intervista David Abram
Fonte: http://www.scottlondon.com/
Link: http://www.scottlondon.com/interviews/abram.html
2006

Questa intervista è stata adattata dalla trasmissione radiofonica Insight & Outlook, condotta da Scott London.

Scelto e tradotto per www.comedonchisciotte.org da CARLO MARTINI

Nota del traduttore:

[1] “Alice’s Restaurant” è la più famosa canzone di Arlo Guthrie […] La canzone è una pungente satira contro la leva obbligatoria durante la guerra del Vietnam e racconta un’avventura vera (ma un po’ esagerata per aumentare l’effetto ironico) accaduta un Giorno del Ringraziamento. L’avventura iniziò appunto al ristorante di Alice, dove “puoi avere quello che ti pare (tranne Alice)”. Alice era la proprietaria del ristorante Alice Brock, che viveva in una chiesa sconsacrata a Great Barrington, Massachussets. La canzone racconta di come Guthrie fu processato per aver illegalmente scaricato della spazzatura di Alice dopo aver scoperto che la discarica comunale era chiusa per il giorno del Ringraziamento, e di come a causa di questo crimine che risultava sulla fedina penale, fu successivamente rifiutato e dichiarato non abile per il servizio militare, quando fu richiamato nell’esercito.
http://it.wikipedia.org/wiki/Alice’s_Restaurant

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