Le elezioni perfette

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DI ALCESTE
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Roma, 19 dicembre 2019
La scorsa domenica si sono svolte le elezioni nella Provincia di Viterbo.
Con tutti i crismi (crisma è l’unzione dei Sacramenti, qui come sacramenti civili): convocazione dei comizi, liste, comitati elettorali, approvazioni, conteggi, riverbero dei conteggi sull’assegnazione dei seggi et cetera.
Nessuno ne era al corrente. O meglio: pochissimi. Queste, infatti, sono state elezioni perfette. Prefigurazioni del futuro. Elezioni senza elettori. O meglio: gli elettori c’erano, ma consistevano in individui già eletti. Da chi? Dagli elettori, ovviamente, quelli veri, cioè i tipi come voi, voi che mi state leggendo (almeno: la maggior parte d’essi). Si è, insomma, in pieno gnosticismo (la purezza di Dio, come la democrazia, si deteriora a mano a mano che cola giù verso l’Ignobile Materia): l’elettorato attivo elegge democraticamente alcuni rappresentanti (ai consigli comunali); tali rappresentanti divengono, a loro volta, sul vento del democraticissimo aire iniziale, un novello elettorato attivo che elegge, altrettanto democraticamente, par di capire, ulteriori rappresentanti (provinciali, stavolta).
Il primo elettorato attivo è composto da micchi, il secondo da compari.

Il funzionamento delle elezioni provinciali lo metto in calce, copiato e incollato dal sito del TG Sky: non voglio, infatti, rimestare la melma di tale tecnicismo causidico.
Le elezioni senza elettori sono state un successone tanto che il quorum ha sfiorato l’88%; una cifra che, una volta che si tien conto dell’assenteismo naturale (raffreddori, missioni all’estero – la porchetta di Viterbo di Sotto ha da esser presentata a un vernissage a Oslo – litigi per una tangente) vanta la consistenza dell’approvazione totale.

Questi i risultati dei listoni:
Tuscia Democratica 37,67 (PD e ciarpame assortito)
Insieme per la Tuscia 34,7 (Lega, Forza Italia e altro babbiume)
Tuscia Tricolore 19,38 (i Fratelli dell’Italia; i Viterbesi, nostalgici e fieri del proprio isolamento da montanari degenerati, credono che i Fratelli dell’Italia siano i discendenti del Partito Fascista di Benito Mussolini: a garantire Legge e Ordine. Una vera e propria deriva sociale; e genetica, a giudicare dai ceffi).
Per i Beni Comuni 8,7 (non so, forse M5S e residui)

Le elezioni senza elettori non pongono problemi alla Corte Costituzionale, non li hanno mai posti (dal 2014) né li porranno in futuro.
A me, da semplice scribacchino, pare che un organo costituzionale (la Provincia) diretto da individui che non sono stati eletti dal popolo, ma da rappresentanti a suo tempo eletti dal popolo, configuri una democrazia depotenziata: una non-democrazia poiché la democrazia o lo è o non lo è: tertium non datur.
E poiché anche i rappresentanti “a suo tempo eletti dal popolo” sono, vuotiamo il sacco!, non democraticamente eletti (clientelismo, false informazioni, propaganda a senso unico, finanziamenti occulti), ne consegue che gli organi provinciali così costituiti non siano altro, sostanzialmente e giuridicamente, che mere satrapie partitiche (ricordiamo che un partito è un’associazione fra privati).

Sapete come viene detta, oggi, la provincia? Forse per sgravarsi la coscienza? “Organo elettivo di secondo grado”. Trovo questa definizione formidabile. In cinque parole ecco il riassunto d’un intero Paese e l’inganno del voto liberale.
E la libertà? Eccola: libero ognuno di credere alla Befana.
Non c’è stato un cane – e nemmeno un gatto –  a far notare queste follie che, pian piano, si insinuano nel tessuto morale delle nostre coscienze. Le accettiamo, così, senza battere ciglio, mentre ci si scanna su sciocchezze come le Sardine, Boris Johnson e i tafferugli parigini.

En passant, inavvertita come sempre, irrompe la novità: l’assenza, totale, di democrazia. E tutti, dai libertari ai liberali ai pannelliani ai liberisti ai cianciatori dell’uno vale uno (gli Islamici invidiano il nostro sistema di vita!), stanno zitti; a conferma che la libertà ha ormai separato i propri destini dalla democrazia. Non a caso i fautori della democrazia uber Alles si rivolgono esclusivamente, con foga fraudolenta, contro nazioni, come l’Iran e la Russia, che le elezioni le hanno davvero. Non le ha la Cina: infatti prospera. Presto, tuttavia, le avrà: in seguito a qualche pagliacciata colorata (o meglio: prima o poi la Cina si aprirà, prudentemente, con prudenza cinese, alla democrazia liberale).

Ma in cosa si differenziano le elezioni provinciali, laboratorio di una democrazia senza più elettori, dalle elezioni vere e proprie? Rispondere mi pare semplice. Il sistema delle elezioni provinciali rappresenta il futuro, le elezioni, come pre-figurate dalla Carta del 1946, sono, invece, l’Ultima Scusa.

L’unico motivo per cui dobbiamo considerarci membri di una democrazia risiede, infatti, nelle elezioni. In nessun altro ambito della vita quotidiana la democrazia è applicata. Voglio aprire un negozio, protestare contro una multinazionale telefonica, partecipare a un concorso pubblico, reclamare un diritto contro una banca, additare i comportamenti mafiosi di un Corpo di Polizia, denunciare le sistematiche connivenze fra l’apparato amministrativo e i potentati economici locali o le storture dell’imposizione fiscale: in tali area della vita quotidiana la democrazia non esiste se non quale formalismo burocratico, inservibile e sfiancante, buono solo a occultare una tirannia becera, implacabile e proditoria: trincea dolosa fra diritti sanciti dalla legge e la loro effettiva applicazione.
I diritti veri, quelli di carne e sangue, rimangono sempre nell’aria. In compenso, giusto per pigliarvi per i fondelli, vi doneranno innumeri diritti fuffa: femminicidio, antirazzismo, antifascismo, anticomunismo, antimaschilismo e via cantilenando; la Befana stessa, che ne ha magazzini ricolmi, li recherà, di notte, nei calzettoni della vostra democraticissima stupidità. Per gli altri, occorre aspettare, come Godot; intanto, se proprio volete, avete la facoltà di reclamarli: bollo da sedici euri a pagina, mi raccomando

Le elezioni sono l’unica legittimazione della democrazia. Ecco perché tutti vi invitano al voto, ecco perché l’intero discorso politico si incentra sul partito sì partito no, quel politico sì quel politico no; ecco la speranza, votare cambierà tutto, yes we can we change podemos cambiamento et cetera

Il crollo di tale legittimazione, in tempi brevi, porterebbe alla scomparsa, di fatto, della democrazia liberale e a uno stato di cose assai interessante: senza elezioni i quasi otto miliardi potrebbero cominciare a rumoreggiare con metodi alquanto spicci.

E però il Potere (che ha un Utopia, a differenza di noi) ha già pensato al dopo: alla mitridatizzazione della tirannia dolce: ed ecco le elezioni senza elettori. Sulla falsariga di quelle provinciali. Il bello è che saremo noi a volerle. Presto reclameremo il voto online anche per le politiche, le regionali. La democrazia, il residuato bellico d’essa, finirà in un computer centrale; di lì le volontà, inevitabilmente, si smaterializzeranno; in capo a pochi anni si perderà interesse al voto stesso; avanzeranno nuovi propagandisti a inneggiare al Partito Unico della Monarchia Universale. Ci permetteremo, quindi, qualche like, ogni tanto, su proposte insulse, inessenziali, secondarie; con tutto comodo, dal proprio cubicolo di venti metri – dieci saranno occupati dal divano e dall’olotelevisore – decideremo l’aumento del reddito di esistenza da quattrocento a quattrocentocinque euri virgola trentacinque centesimi: in tutta serietà. Una cifra peraltro bastevole all’homunculus (senza lavoro, senza coniuge, senza figli) a soddisfare i vizietti consueti: un po’ di shopping digitale, tanto sport, tante serie monarchiche universali al retrogusto corretto che, già oggi, come tutte le pietanze senza sapore, piacciono così tanto …

Dopo circa venti o trent’anni di tale trattamento (le matite copiative saranno un ricordo lontano per chiunque) si cominceranno a smaterializzare anche gli individui. Perché esisto, comincerà a chiedersi qualcuno? Perché esisto col mio involucro di carne? Non è meglio collegarmi definitivamente all’olotelevisore e sciogliermi da ogni vincolo: a che pro i reni, il fegato, i polmoni quando ho tutto qui, nel cervello sintonizzato sull’eterno presente?

Parecchi si suicideranno, altri vagheranno per le strade deserte, crollati i commerci e i viaggi (perché viaggiare? I viaggi, peraltro, inquinano, l’ha detto Greta, meglio stare al calduccio, con il Web ho il mondo nel mio PC et cetera).

Non dimenticate, comunque, di ritirare la tessera elettorale presso i competenti uffici comunali. La catastrofe va vissuta col ghigno sulle labbra.

* * * * *
Le Province, le loro funzioni e le modalità di elezione degli Organi Provinciali sono state profondamente modificate con la legge Delrio del 2014 sul riordino degli enti amministrativi, che ha anche istituito le città metropolitane. Le Province e le città metropolitane sono state definite ‘enti di area vasta’. Gli organi delle Province – il Presidente della Provincia e il Consiglio Provinciale – sono diventati organi elettivi di secondo grado. La loro elezione non è più diretta, quindi, ma spetta ai Sindaci e ai Consiglieri dei Comuni della Provincia. È indiretta anche l’elezione degli organi delle Città Metropolitane. Ecco come funziona il voto per Province e per Città Metropolitane.

Nelle nuove Province le Giunte provinciali sono abolite. Restano quindi come organi il Consiglio Provinciale e il Presidente della Provincia, a cui si aggiunge l’Assemblea dei Sindaci, composta dai primi cittadini di ogni Comune e presieduta dal Presidente della Provincia, che ha poteri consultivi. Per tutti questi incarichi non sono previste indennità aggiuntive. Il Consiglio Provinciale è l’organo legislativo, di indirizzo e controllo, approva regolamenti, piani, programmi e approva o adotta ogni altro atto che gli sottopone il Presidente della Provincia. Ha poi potere di proposta dello statuto e poteri decisori finali per l’approvazione del bilancio. Il Presidente della Provincia è l’organo esecutivo, convoca e presiede il Consiglio Provinciale e l’Assemblea dei Sindaci.

Il Presidente della Provincia è eletto dai Sindaci e dai Consiglieri Comunali della Provincia, dura in carica 4 anni e deve essere un Sindaco il cui mandato scada non prima di 18 mesi dalla data delle elezioni. In caso di cessazione dalla carica di Sindaco, decade anche dalla carica di Presidente della Provincia. Il voto è ponderato in base a un indice di ponderazione, i cui criteri di determinazione sono fissati nell’allegato A della legge 56/2014, che tiene conto della popolazione di ciascun comune e del rapporto tra questa e la popolazione della Provincia.
Anche il Consiglio Provinciale è composto e viene eletto da Sindaci e da Consiglieri Comunali dei Comuni della Provincia, dura però in carica due anni ed è composto dal Presidente della Provincia e da sedici componenti nelle Province con popolazione superiore a 700.000 abitanti, da dodici componenti nelle Province con popolazione da 300.000 a 700.000 abitanti, da dieci componenti nelle Province con popolazione fino a 300.000 abitanti. Anche in questo caso la cessazione dalla carica comunale comporta la decadenza da Consigliere Provinciale.

L’Assemblea dei Sindaci, costituita dai Sindaci dei Comuni appartenenti alla Provincia, ha poteri propositivi, consultivi e di controllo. Adotta o respinge lo statuto proposto dal Consiglio e le sue successive modificazioni con i voti che rappresentino almeno un terzo dei Comuni compresi nella Provincia e la maggioranza della popolazione complessivamente residente”.

Alceste
Fonte: http://alcesteilblog.blogspot.com
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19.12.2019
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