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DI JOHN THORNILL

ilsole24ore.com

Se vivesse oggi, Platone potrebbe benissimo considerare ozio buona parte del lavoro che facciamo e lavoro buona parte dello svago che ci godiamo. Gli amministratori delegati retribuiti in maniera esorbitante, che hanno preso parte agli incontri di Davos e sfrecciano da una parte all’altra del pianeta per discutere delle grandi tematiche all’ordine del giorno, in verità si abbandonano a un vortice senza fine di simposi. Platone, in ogni caso, quasi certamente guarderebbe in tralice tutti coloro che si dilettano di pesca, giardinaggio e cucina, attività che considererebbe lavorative e gravose.

Così ha sostenuto il filosofo ceco Tomas Sedlacek a una recente conferenza del Financial Times, dove ha affermato di stare lavorando. Penso che la sua affermazione mirasse prevalentemente a essere una sorta di provocazione intellettuale per farci capire in che modo le nostre definizioni di lavoro e di svago dipendano dal contesto culturale più che da leggi sociali immutabili.

Di sicuro, riuscire a capovolgere alcune delle nostre classificazioni concettuali ci aiuterebbe a risolvere parte del rompicapo della nostra economia digitale.
Prendiamo in considerazione i social media, per esempio. Forse, gli utenti di Facebook, Instagram, Twitter e YouTube credono semplicemente di condividere con amici e parenti momenti speciali della vita, opinioni argute e prodezze divertenti. Tutte queste attività arricchiscono la nostra esistenza, rendono più profondi i nostri rapporti sociali, e ci offrono svago e tempo libero piacevoli.

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