DI NICOLAS BONNAL
dedefensa.org
L’Islanda era un’isola selvaggia, magica e sottopopolata. Un sogno per Jules Verne e per cercare raggi verdi.
L’Islanda era anche il paese di ragnarok, del grande crepuscolo degli dei. Ora è travolta dal turismo di massa. Due milioni di turisti, aspettiamo si arrivi a dieci o cento per suscitare l’entusiasmo dei social media, per 340.000 abitanti. Un boom speculativo che rovinerà questa povera Isola. Ma è così che vanno le cose. L’ho visto succedere altrove e ho letto la terapia dello choc di Naomi Klein che spiega come lo tsunami accelerò la vera devastazione, quella turistica, dell’oceano indiano. Ma chi può proibire ai miliardi di Tartarin di viaggiare?
Tratto qui della catastrofe turistica che non è solo dannosa per il paesaggio, ma anche per colui che lo pratica.
Abbiamo conosciuto lo scrittore romantico, il piccolo istruito che leggeva la Guida blu, adesso siamo arrivati alla massa abbruttita che si fa i selfie e si disinteressa di tutto il resto. Vuole la foto davanti alla cascata e scende dal bus solo per quello. Tutti nasciamo pazzi, qualcuno lo rimane diceva Sam Beckett.
Per una volta leggiamo Le Monde:
«Sono loro che rendono rinomato il borgo, la cui spiaggia è spesso classificata tra le più belle del mondo. Dall’altra parte, la strada porta sul ghiacciaio Myrdalsjökull, che nei giorni di bel tempo si potrebbe quasi toccare. Benvenuti in Islanda, a Vik, che conta 572 anime e attende quest’anno circa un milione e 200mila turisti.
All’uscita del villaggio, lungo la strada circolare che percorre l’isola per 1.339 chilometri, tre pullman scaricano i loro sorridenti passeggeri all’ingresso del negozio di souvenir. Di fronte alla stazione di servizio un via vai incessante di vetture: nel mese di marzo ne sono transitate circa 3.000 al giorno. Cinque anni fa il turista era ancora una specie essenziamente estiva, come la sterna.
A soli 186 chilometri da Reykjavik, percorrendo la strada verso sud, Vik, con le sue meraviglie naturali, rappresentava la tappa ideale: spiagge, cascate, ghiacciai, iceberg. Ma da ottobre a giugno, complice il clima, il villaggio andava in letargo.
Tempi passati. All’ufficio del turismo, Beata Rutkowska sta riprogettando il borgo. Numerosi recapiti saranno modificati: «Qui verranno aperte due camere affittabili. Là, funzionerà une teleferica. Il maneggio cambierà posto e verrà ampliato».
Continuiamoci a muoverci a 400 euro a notte, come minimo:
«La boutique, già grande, sarà ingrandita. Due hotel aumenteranno la loro capacità. Un altro aprirà nel 2018. Vik e i suoi dintorni dispongono oggi di 1800 letti. Ma è inutile cercare una stanza per il picco dell’estate. Niente è disponibile entro i 50 chilometri a meno di 400 euro a notte per una famiglia di quattro persone.
Il villaggio deve fronteggiare un ciclone turistico che si è impadronito dell’intera Isola. L’isola accoglieva 400.000 visitatori nel 2006. Ne ha accolti un milione e 700 nel 2016. Le previsioni per quest’anno si aggirano intorno ai 2 milioni e 300. Circa la metà dei visitatori transitano da queste parti anche per via delle numerose attività sportive proposte … »
Una notizia di quelle importanti: «è impossibile trovare una casa in affitto a Vik. Appena se ne libera una, vengono prese d’assalto dagli hotel che se ne servono per alloggiare i propri dipendenti», spiega l’edile.
Ho già spiegato come sia possibile vivere per terra, gli impiegati scozzesi di Amazon praticamente campeggiano. Si organizzano lotterie per distrarli. 200.000 parigini dormono in tenda e altrettanto fanno circa dieci milioni di americani, a proposito di paesi cosiddetti sviluppati.
D’altronde non si può arrestare il progresso.
Ma la giornalista di Le Monde è triste: «Effetti sull’ambiente»
Ecco la parola magica! Ambiente!
Perché se la popolazione islandese dimentica ogni pudore di fronte ai soldi, i turisti, dalla loro, non si dimenticano di defecare.
«Ecco una conseguenza del turismo di massa di cui l’islanda avrebbe fatto volentieri a meno. I siti d’informazione locali non parlano d’altro: la brutta abitudine dei turisti di fare i propri bisogni dove capita, tra la natura e negli spazi urbani. Recentemente una foto scattata da un contadino di Fljotsdalur (sud) ha fatto il giro dei social media. Si vede un turista, pantaloni alle caviglie, accovacciato davanti alla casella postale di Thorkell Daniel Eiriksson, forse voleva esprimere così il suo malcontento».
Si prosegue parlando di orinatoi:
«Gli islandesi attribuiscono questo comportamento alla mancanza di servizi igienici, troppo scarsi rispetto al numero crescente di turisti. E al fatto che caffè e ristoranti riservino i loro bagni solo alla clientela facendo viceversa pagare le persone di passaggio. Ma questo non è sufficiente per evitare incomprensioni. Istruzioni poste nei bagni pubblici domandano espressamente di non posare i piedi sulla tavoletta – un’abitudine asiatica, secondo i manager. Dei pannelli segnaletici rotondi ancora più espliciti accompagnano quelli che proibiscono il campeggio selvaggio. Al momento però sono riservati ai proprietari privati».
Perché parlo di bagni?
Leggete Léon Bloy:
«Per natura il Borghese tende a odiare e a distruggere il paradiso. Anche di fronte al più bello dei paesaggi, il suo primo pensiero è quello di tagliare gli alberi, di prosciugare le acque, di tracciare delle strade, di costruire boutique e orinatori. Lo chiamano business».
Ricordatevi Apocalypse now: l’hippy cita TS Eliot (Gli uomini vuoti) e il suo mondo che non finirà con un’esplosione, bensì in un gemito. La vera apocalisse è il trionfo della mediocrità e della massificazione nella quale viviamo!
Ma rassicuratevi: si costruiranno bagni tre stelle Michelin, una stanza costerà 2000 euro a notte a famiglia, e segneranno tutti i sentieri GR. [Grande Randonnée] 10mn maximum selfie compresi!!!
Nicolas Bonnal
Fonte: www.dedefensa.org
Link: http://www.dedefensa.org/article/apocalypse-touristique-en-islande
26.06.2017
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di VOLLMOND