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La Redazione

 

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I piu' letti degli ultimi 7 giorni

L'AMBIVALENZA DELLA VITA E L'IMPOSSIBILITA' DELLA RELIGIONE

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A cura di God
Il 18 Dicembre 2007
168 Views
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MASAHIRO MORIOKA E LA SEIMEIGAKU

DI ULRIKE WHOR
Life Studies

ComeDonChisciotte pubblica quella che è forse la prima introduzione in italiano al pensiero di Masahiro Morioka, filosofo giapponese ideatore della “Terza Via” (“Tra due vie in egual misura insoddisfacenti, quella delle scienze naturali moderne, che hanno soffocato le domande sul significato del mondo e dell’essere, e quella della religione, che si basa sulla fede, Morioka crea la cosiddetta “terza via” di coloro che da soli si mettono alla ricerca del senso dell’esistenza”). Speriamo di poter approfondire in altri articoli alcuni degli spunti di riflessione qui accennati. Buona lettura.
— Luogo di pubblicazione
dell’originale: 11. Deutschsprachiger Japanologentag in Trier. Vol.
I: Geschichte, Geistesgeschichte/Relgionen, Gesellschaft, Politik, Recht,
Wirtschaft
, a cura di Hilaria Gössmann e Andreas Mrugalla. Hamburg,
LIT-Verlag, 2001, pp. 675-689.

*Stesura della versione
digitale: Tohru AMEMIYA.

*I numeri in corsivo
tra parentesi quadre (es. [675/676]) rimandano ad un cambio di pagina
nel testo originale.

Il
“nuovo paradigma”

Il presente articolo
prende in esame la variante giapponese di quel mondo di idee o movimento
che negli Stati Uniti ed in Europa viene spesso racchiuso nel concetto
di “New Age”. Inoltre esso si occupa di una categoria di intellettuali
giapponesi le cui pubblicazioni vengono annoverate tra i modelli di
quel movimento. Con il filosofo della morale Masahiro Morioka presento
un autore che ha dalla sua una carriera vertiginosa nelle istituzioni
scientifiche stabili del Giappone,1 ma la cui fama si basa
sulle sue opere di successo popolare, lette da decine di migliaia di
persone, e sui suoi interventi ed apparizioni in televisione.2
Innanzitutto io presento le idee di Morioka, poi le analizzo alla luce
del contesto popolare della “New Age” giapponese e della categoria
dell’“intellettuale spirituale” coniata dallo scienziato delle
religioni Susumu Shimazono.

Nei suoi libri Morioka
delinea una “nuova” scienza, che contemporaneamente deve fondare
un nuovo modo di essere. Un principio fondamentale della sua nuova “scienza
della vita” (seimeigaku) è il superamento non solo della separazione
tra le discipline, ma anche delle mura della torre d’avorio accademica.

[675/676]

Secondo Morioka un
“nuovo paradigma”, che il cosiddetto “accademismo” (akademizumu)
delle scienze deve rompere, può venire concepito solo da laici, o assumendo
un atteggiamento da laici (Morioka 1988, p. 266; 1993a, p. 207). A detta
di Morioka “laicato” significa “nella ricerca, studiare a fondo
fedelmente le questioni che sorgono dal proprio animo” (1993a, p.
207). Il tema fondamentale del filosofo della morale Morioka è la questione
che riguarda la giusta condotta di vita. Questa si esprime concretamente
nella formulazione della domanda: “le tecnologie create dagli uomini,
come cambiano gli uomini e la società?” e: “come dovrebbero comunicare
e relazionarsi gli uomini fra loro in un ambiente caratterizzato da
quelle tecnologie?” (ibid., p. 6). Morioka nei suoi scritti non si
limita però alle questioni della responsabilità sociale, ma con la
sua “scienza della vita” progetta anche una metodologia di ricerca
del senso dell’esistenza umana.

Il programma dell’inochi

Secondo la concezione di Morioka, la bioetica occidentale soffre del
fatto di derivare dal principio moderno del libero borghese, e perciò
non ha la pretesa di superare il “moderno paradigma”, né dispone
dello strumentario per farlo (Morioka l994a, p. 94). Morioka sviluppa
il proprio progetto di vita sulla base delle rappresentazioni, da lui
stesso empiricamente analizzate, che le giapponesi ed i giapponesi di
oggi collegano al concetto di inochi (“vita”) (Morioka 1993b).

Egli dimostra che le
qualità che vengono realmente attribuite all’inochi sono in
sé contraddittorie. La vita nell’universo sarebbe dunque strutturata
da un lato secondo l’“individualità”, dall’altro secondo l’appartenenza
ad una “sfera” senza limiti. L’accentuazione dell’“individualità”
porterebbe ad un atteggiamento “individualistico, atomistico”; dare
risalto alla “sfera” favorirebbe una concezione “olistica” dell’inochi.
Nel caso ideale però entrambi i principi dovrebbero trovarsi in equilibrio
(Morioka 1993b, p. 53).

La componente “individualistica,
atomistica” dell’inochi deve essere certamente messa sullo
stesso piano di ciò che Morioka definisce, nell’articolo che è citato
qui ma più sopra, “tendenze della civiltà moderna”, che sarebbero
“radicate troppo in profondità” “per poter essere modificate
attraverso delle ramanzine” (Morioka 1993b, p. 49). Tra le conseguenze
di queste tendenze egli annovera la distruzione globale dell’ambiente
e le dispute etiche sempre più furiose in merito all’uso di tecnologie
moderne nella medicina. Questi sviluppi sarebbero conseguenze “dell’irruzione
della tecnologia scientifica nell’ambito della “vita”” (ibid.,
p. 35). Prendere in parola la filosofia dell’inochi di Morioka
significa però accettare queste energie, caratterizzate negativamente,
come una delle coordinate della vita stessa. [676/677]

E’ qui che si manifesta
una contraddizione fondamentale nel pensiero di Morioka: il suo atteggiamento
sostanzialmente critico nei confronti della modernità si trova immediatamente
accanto alla conferma che tutti e due i principi, apparentemente contraddittori
– quello “olistico” dell’essere legato e quello “individualistico”
dell’essere separato – appartengono in egual misura alla vita, e
accanto all’esigenza normativa di sollecitare un’armonia tra questi
due principi (Morioka 1993b, p. 53).

Se si leggono le pubblicazioni
di Morioka in ordine cronologico, è evidente che le sue concezioni
della vita e dell’individuo si trasformano progressivamente. L’oscillazione
tra un atteggiamento critico ed uno affermativo nei confronti delle
manifestazioni della modernità nell’ambito della nostra vita può
essere però definito come una costante del suo pensiero. Anche la trasformazione
avvenuta nella filosofia di Morioka può essere rappresentata come un’evoluzione
da una posizione prima “solistica” ad una posizione “individualistica,
atomistica”.

Il “nemico interno” e l’individuo
abbandonato a se stesso

E’ Morioka stesso a tematizzare un cambiamento fondamentale nel suo
atteggiamento, motivandolo attraverso un’esperienza personale. Ecco
come descrive la sua mentalità prima di questa frattura: “[. . .]
con la testa continuavo a filosofare come prima sull’armonia e su
una comunità simbiotica degli esseri viventi (kyosei). Io usavo
solo la mia testa per scoprire come fosse possibile superare la fede
nella scienza (kagakushugi) ed il sistema della modernità, che
quell’armonia e quella comunità avevano distrutto” (Morioka 1996,
p. 131).

Ciò che Morioka interpreta
come una “svolta decisiva” (1996, p. 132) nel suo pensiero, è stato
provocato in definitiva non dalla sua testa, ma dalla vita stessa: a
30 anni è diventato padre e si è occupato del bambino il più possibile,
secondo i propri diritti.3 Soltanto, diritto e realtà non
erano sempre facili da conciliare, ed un giorno il filosofo ossessionato
dall’armonia si è dovuto vedere nei panni di uno snervato aggressore
colpito da pensieri omicidi nei confronti di un poppante che urlava
bisognoso d’aiuto (ibid., p. 131 seg.): “La scoperta dei miei impulsi
interiori violenti, che si rivolgevano contro il mio stesso figlio,
ha annientato quella che fino ad allora era stata la mia filosofia.
[. . .] Il nemico non si trovava al di fuori. Era nel mio stesso intimo
che aveva nidificato, in nessun’altro luogo” (ibid., p. 132)

[677/678].

La filosofia della
comunione con ogni essere vivente, propagandata nel suo primo libro
come mezzo di superamento del meccanicismo e del dualismo cartesiani,
sarebbe una falsa consolazione, che per di più verrebbe abilmente commercializzata
dal “sistema” stesso (Morioka 1994a, p. 193). La distruzione dell’ambiente
e lo svuotamento morale della società non ci minacciano perché disprezziamo
la vita bensì, secondo Morioka, perché la brama di vivere che è insita
nella vita stessa ci spinge a sottomettere e controllare la natura.
La marcia trionfale del meccanicismo e del dualismo cartesiani, della
scienza e della tecnologia moderne viene attribuita da Morioka al fatto
che questi vengono incontro più facilmente a quegli aspetti di avidità
e di egoismo della vita.

A partire dall’ammissione
che il nemico non sia da ricercare all’esterno ma all’interno dell’essere
umano, Morioka sviluppa la sua cosiddetta “filosofia delle slealtà”
(bonno no tetsugaku).4 Qui si farebbe cenno innanzitutto
al fatto che con questo si intende un processo di conoscenza di sé
e di lavoro in sé che ognuno deve attraversare per sé in solitudine.
E’ su “solitudine” che si pone l’accento, e questo rimanda sia
ad un assioma che anche ad una tesi normativa del pensiero di Morioka:
l’essere umano è solo e deve restare solo (p. es., 1988, p. 266;
1993a, p. 120 seg.).

La solitudine, cioè
l’indipendenza spirituale come norma nasce per Morioka dal terribile
declino di Omu Shinrikyo [Aum Shinrikyo, “Suprema Verità di
Aum”, gruppo religioso giapponese che fonde credenze buddhiste e induiste,
ndt; fonte: http://it.wikipedia.org/wiki/Aum_Shinrikyo], nonché dalla storia tragica, costruita
come un caso parallelo, della popstar giapponese Ozaki Yutaka (1966-1992)
[http://en.wikipedia.org/wiki/Yutaka_Ozaki; in italiano: http://client-manager.org/posts/view/104 e http://www.asianworld.it/forum/index.php?showtopic=2847&mode=threaded, ndt], che secondo Morioka è rimasto vittima
della sua stessa popolarità. In entrambi i casi Morioka individua il
motivo della catastrofe nell’inammissibile trasferimento della responsabilità
per la “guarigione” (iyashi) e la “redenzione” (kyusai)
di molti su di un singolo (Morioka 1996, p. 176 seg.). Il fondamento
di ogni male è la struttura di un gruppo in cui uno parla e gli altri
ascoltano, uno pensa e gli altri lasciano pensare (ibid.).

La solitudine è il
fondamento di una nuova identità – la chiave dell’esistenza nell’“era
religiosa”. Morioka da un lato formula questo concetto in quanto propria
confessione, dall’altro come offerta ai suoi lettori e lettrici: “Vorrei
però studiare a fondo con i miei occhi e la mia mente la questione
relativa al senso della mia esistenza, al senso della vita e della morte,
ed il problema di chi sia io realmente, senza inoltrarmi sul sentiero
della religione (1996, p. 56). [678/679] A tutti voi che vi ponete
le stesse mie domande, e che non sapete da che parte girarvi! Invito
anche voi ad approfondire queste domande, camminando con le vostre gambe
e seguendo il vostro ritmo” (ibid., p. 64).

blankLa rete anonima

Nonostante tutte le riserve espresse nei confronti della ricerca organizzata
della verità, sia all’interno delle istituzioni accademiche che nei
gruppi religiosi, Morioka concede tuttavia all’essere umano un minimo
di comunità spirituale. Già nelle sue prime pubblicazioni egli concepisce
una rete “libera” di scambio d’informazioni come alternativa all’”accademismo”
della scienza istituzionalizzata (Morioka 1988, p. 266; 1993b, p. 55).
La catastrofe di Omu Shinrikyo induce Morioka ad estendere la sua idea
di rete alla prestazione reciproca di assistenza spirituale. Certo,
egli continua a vedere in agguato anche qui il pericolo di un allontanamento
dalle proprie responsabilità. Perciò egli nega ogni “legame d’amicizia”
(majiriau koto) tra gli appartenenti alla rete (Morioka 1996,
p. 65). Aiuto significherebbe solo far coraggio all’altro “da lontano”
e metterlo al corrente del fatto che non è solo (ibid., S. 4, 65, 216f.).

E’ tipico delle relazioni
tra i membri della rete il concetto di anonimato (tokumeisei;
1996, p. 65). Rendendo l’anonimato il principio delle relazioni interpersonali,
Morioka cambia positivamente il valore di un concetto fondamentale della
critica moderna della civiltà. Già in una sua opera sulla teoria della
comunicazione, pubblicata nel 1993, l’idea dell’anonimato è d’importanza
centrale: la caratteristica più importante della comunicazione basata
su mezzi elettronici, dal telefono al computer, sarebbe la garanzia
del parziale o totale anonimato degli interlocutori. Secondo Morioka
è proprio su questa incertezza che si fondano le particolari possibilità
di questi mezzi di comunicazione (Morioka 1993a, p. 10 segg.). Gli aspetti
della personalità umana che nella vita di tutti i giorni vengono repressi,
potrebbero essere espressi grazie alla protezione data dall’anonimato
(ibid., p. 40 seg., 13 segg.).

Morioka si spinge tanto
in là da presentare la “comunità anonima” (tokumeisei no komyuniti;
1993a, p. 76 segg.) come nuova categoria sociologica. Come esempio tipico
egli costruisce la “comunità anonima” dei flaneur [bighelloni,
girandoloni, ndt] presenti nei rioni delle grandi metropoli come Roppongi
o Harajuku a Tokyo, che comunicano raffinatamente fra di loro al di
là della moda di cui loro fanno sfoggio (ibid., p. 67 segg., 78 segg.).
Un ulteriore esempio è la cosiddetta chat su internet, in cui
molti partecipanti si incontrano a piacere in una “stanza fittizia”
(kyoko kukan) – per lo più usando uno pseudonimo (handoru
nemu
) – e chiacchierano tra di loro attraverso i loro schermi (ibid.
p. 22 segg., 78 segg.). [679/680]

Tecnologia mediatica e cultura pop

Nella mentalità di Morioka nei confronti della tecnologia mediatica
moderna e le forme popolari di cultura del presente, come la moda, i
cartoni animati e la musica pop, si mostra il suo atteggiamento positivo
di fronte alle manifestazioni della modernità.

Egli attribuisce quindi
un effetto terapeutico all’uso di telefono, radio e computer quali
“media di gruppo anonimi”. Egli parte dall’esempio dato dai programmi
radiofonici trasmessi in diretta, che si basano sugli interventi telefonici
degli ascoltatori (1993a, p. 157 seg.). Tali forme di comunicazione,
che di certo non obbligano all’anonimato, ma lo rendono comunque possibile,
possiedono secondo Morioka il potenziale per esprimere il “subconscio
sociale” (shakai no muishiki), in altre parole: per far sognare
la società (ibid., p. 153 segg.).

Morioka abbozza uno
scenario da fantascienza, proiettando il modello del talk show radiofonico
con un moderatore, o della chat su Internet accompagnata da un “padrone
di casa”, sulle possibilità multimediali future (1993a, p. 169 pagg.).
In questo mondo multimediale la figura del moderatore o del padrone
di casa, che Morioka concepisce come un lavoratore del sogno, come un
“navigatore del sogno” (dorimu nabigeita), agisce in modo
ancora più fantastico (ibid.).

A dire il vero si palesa
anche l’innegabile ambivalenza dell’autore riguardo alle tecnologie
moderne. Ad esempio da un lato egli invoca l’azione terapeutica dell’“altro
mondo elettronico” (denshi takai) (1994b, p. 11 seg.), ma dall’altro
lamenta il fatto che lo sviluppo delle tecnologie moderne abbia ignorato
dei bisogni elementari dell’essere umano (ibid., p. 31).

In linea di massima
l’atteggiamento di Morioka verso i nuovi media e le nuove tecnologie
può essere descritto tuttavia come positivo, ed è talvolta persino
quasi naif: “Provate a pensare a come molte persone anziane che vivono
da sole si siano liberate dall’ansia e dall’insicurezza grazie alla
diffusione del telefono. E quanto conforto abbiano provato chiacchierando
al telefono. Pensate a quanto la diffusione della televisione abbia
liberato dalla solitudine le persone anziane. [. . .] Allo stesso modo
i videogiochi e la trasmissione multimediale di dati portano un conforto
nella vita degli anziani (1994b, p. iii).”5 [680/681]

blank

L’atteggiamento disinvolto
di Morioka nei confronti dei fenomeni della modernità si manifesta
inoltre nei suoi frequenti riferimenti alla cultura popolare del presente.
Attraverso il destino del cantante pop Ozaki Yutaka mostra i pericoli
del carisma, ma nei testi di Ozaki ritrova elementi della propria filosofia
(Morioka 1996, p. 140 segg.). Egli confessa che la musica di Ozaki lo
ha aiutato a superare momenti difficili (ibid., p. 140) e conferma che
il suo lavoro inizia proprio là dove Ozaki ha fallito (ibid., p. 179).
Anche certi cartoni animati non vengono solamente fatti oggetto di riflessioni
teoretiche, ma egli scrive su questo argomento dal punto di vista del
consumatore. Così si professa ad esempio fan della giovane Nausicaa
nella “fiaba ecologista” di Hayao Miyazaki (Schilling 1997, p. 141)
Kaze no tani no Naushika
(“Nausicaa della valle del vento”;
Inoue/Morioka 1995, p. 127 segg.).6 [http://it.wikipedia.org/wiki/Nausica%C3%A4_della_Valle_del_Vento_(film)]

In fondo però è sempre
un significato più profondo che Morioka cerca dietro i fenomeni della
modernità: gli strati in profondità della coscienza sociale, che si
rivelano nella comunicazione fornita con mezzi elettronici; la ricerca
sul senso della popstar solitaria (Morioka 1996, p. 141 segg.) e del
senso proprio del suo tragico fallimento; l’effetto purificatore,
persino religioso dell’eros fanciullesco di Nausicaa (Inoue/Morioka
1995, p. 132 segg.).

Scienze naturali, religione e “terza via”

Morioka definisce “religiosità” l’aspirazione al bene, alla conoscenza
ed alla trascendenza (shukyosei; Morioka 1995, p. 132, 135; 1996,
p. 157). La religiosità viene valutata in maniera assolutamente positiva
nei libri di Morioka. Essa è definita attraverso le domande che toccano
“l’essenza della vita umana” (Morioka 1996, p. 61). La parola
“religione” (shukyo) invece indica un gruppo o un movimento
che è strutturato in maniera uniforme su un fondatore o su un leader,
su una dottrina e su precise attività di gruppo. I seguaci di una religione
sarebbero costretti a rinunciare al proprio pensiero, ed a far inesorabilmente
proprie le formulazioni di qualcun altro (ibid., p. 52 segg., 61).

Secondo l’interpretazione
propria di Morioka, sono stati gli avvenimenti relativi a Omu Shinrikyo
che gli hanno reso possibile accettare la “malattia dell’anima”,
che lo aveva oppresso per molti anni (Morioka 1996, p. 228), ed allontanarsi
definitivamente dalla religione organizzata [681-682]. Nei giovani
fuorviati uomini di scienza, che producevano il gas tossico Sarin nei
laboratori di Omu Shinrikyo, egli ha riscoperto se stesso. Il nucleo
di ciò che egli offre come soccorso esistenziale per “l’era senza
religione” è il riassunto dei propri esperimenti ed errori spirituali.

Tra due vie in egual
misura insoddisfacenti, quella delle scienze naturali moderne, che hanno
soffocato le domande sul significato del mondo e dell’essere, e quella
della religione, che si basa sulla fede, Morioka crea la cosiddetta
“terza via” di coloro che da soli si mettono alla ricerca del senso
dell’esistenza. Questa via e la “scienza della vita”, seimeigaku,
sarebbero la stessa cosa (Morioka 1996, p. 58). Con le idee religiose,
che danno alla “terza via” di Morioka la direzione, egli non si
trova certo in uno spazio vuoto. Esse portano i tratti della sua esperienza
con la dottrina dell’Qi Gong (giapp. kiko) e rispecchiano il
contenuto dei libri sulla meditazione e lo Yoga, che da studente aveva
letto con grande interesse (ibid., p. 97).

La Seimeigaku
come via religiosa o spirituale non solo implica delle idee, ma si basa
sulla loro conoscibilità. Da sola però l’esperienza mistica della
totalità non rende l’essere umano migliore. L’illuminazione può
essere motivata attraverso la brama di potere e la mania di mettersi
in risalto (Morioka 1996, p. 81 segg.), e l’esperienza dell’unità
con il cosmo può rendere megalomani (ibid., p. 88). Tali avvertimenti
sono da considerarsi in relazione con la scoperta di Morioka dell’ambivalenza
della vita, della brama di vivere, che oppone a ciò che della vita
accomuna e guarisce, ciò che divide e distrugge. All’esperoienza
mistica della totalità deve aggiungersi perciò un’autoanalisi spietata,
così come già esercitata da Morioka stesso.

Soggettivismo e riflessione su se
stessi

La necessità di una riflessione radicale su se stessi è contenuta
nella cosiddetta “filosofia delle slealtà” e costituiva fin dal
principio un caposaldo della seimeigaku.7 E’ interesse
dell’autore scoprire l’illusione quotidiana — ciò che lui chiama
“la dinamica del bendarsi gli occhi da soli” (jibun jishin ni
mekakushi o shite iku dainamizumu
; 1996, p. 192).

Le esigenze di Morioka
di una scienza orientata verso il soggetto e radicalmente autoriflessiva
si possono riassumere nella sua idea di scienza come “storia personale”
(jibunshi), di una scienza che è nello stesso tempo autoterapia
[682-683]
: “[…] la vera scienza deve essere “storia personale”
[…]. Solo se sono garantite attraverso la “storia propria”, le
scienze umane iniziano a brillare. […] La scienza a cui io aspiro
accetterà perciò anche la “ripugnanza della presunzione” e la
“melma del potere” come fossero a me dovute, ma contemporaneamente
non perderà di vista l’”amore” e l’”etica”, che non sono
da ridurre a questo. Essa sarà un confronto continuo tra queste cose,
una lotta senza via d’uscita” (Inoue/Morioka 1995, p. 172).

Il postulato della
“storia personale” è anche critica alle premesse e ai metodi delle
scienze naturali. Ci sono fenomeni che non sarebbero ripetibili con
un esperimento in serie e non sarebbero formulabili come legge. Di questi
farebbe parte la vita insostituibile ed inconfondibile del singolo (Morioka
1996, p. 44 segg.) — la vita che nella forma della “storia personale”
diventa la base della nuova scienza di Morioka.

Il collegamento tra
scienza e “religiosità”, che conduce all’idea di “storia personale”,
si manifesta negli scritti di Morioka non solo sotto l’aspetto del
contenuto. Nella sua ricerca di un nuovo paradigma Morioka sperimenta
anche nuove forme di rappresentazione che, parole sue, non seguono la
logica formale, bensì una logica “visiva” (kashi
ronrigaku
) (Morioka 1993a, p. 188). Esemplare è il viaggio immaginario
della coscienza del “navigatore del sogno”, che si estende per oltre
15 pagine, nello stile di una “catena di immagini” (imeji rensa).
L’impressione che nel caso del viaggio del “navigatore del sogno”
si tratti di una sorta di viaggio sciamanico, è confermata alla fine
dall’autore stesso: “Il viaggiatore del sogno è l’intermediario
(baitai), il medium (media), ed anche lo sciamano (shaman),
che conduce l’inconscio della società (shakai no muishiki)
dagli strati profondi a quelli in superficie e che fa sognare la società”
(Morioka 1993a, p. 203).

Lo sciamano, che guarisce
se stesso e facendo ciò acquista energie per guarire la società. L’autore,
che cura se stesso e facendo ciò diventa il modello per il suo lettore.
Lo scienziato, che accetta la propria “malattia” e facendo ciò
raggiunge la visione nella natura della vita.

Masahiro Morioka – un “intellettuale spirituale”?

Lisette Gebhardt ha fatto notare la posa sciamanica di certi rappresentanti
delle scienze umane giapponesi (Gebhardt 1996 e 2000). Susumu Shimazono
per tali scienziati, che attingono al discorso del cosiddetto “mondo
spirituale” (seishin sekai) della New Age giapponese8
alimentandolo nuovamente [683/684], ha coniato il concetto dell’”intellettuale
spirituale” (reiseiteki chishikijin) (Shimazono 1993, 1996,
p. 247 segg.; cfr. anche Prohl 1999 e Wöhr l997) ed ha presentato anche
Masahiro Morioka come uno dei loro rappresentanti.9

Una caratteristica
degli accademici così designati è il successo commerciale delle loro
opere (Shimazono 1996, p. 251). Il mercato editoriale che riguarda la
divulgazione scientifica, particolarmente vasto in Giappone, non induce
solo gli scienziati “spirituali” a rivolgersi sempre ad un pubblico
generico. Il mercato funge in tal modo da spazio pubblico in cui vengono
negoziati i significati, in svariati modi che rinviano alla produzione
del sapere.10

Una particolarità
di Morioka consiste nella sua riflessione su queste circostanze. Il
fatto che, soprattutto nelle scienze umane, il sapere scientifico “puro”
ed il sapere popolarizzato “impuro” si distinguono a malapena l’uno
dall’altro, si rispecchia nelle esigenze fondamentali della seimeigaku:
nella critica al cosiddetto “accademismo”, nel piano egualitario
del “laicato”, così come nell’invito esplicito di Morioka ai
suoi lettori di partecipare al progetto della seimeigaku. Anche
un autore come Takeshi Umehara,11 che viene sempre citato
da Shimazono come l’esempio calzante dell’”intellettuale spirituale”
(p. es. 1993, p. 12 segg.), critica il dualismo cartesiano della scienza
occidentale, ma ciò non trova alcuna espressione né nell’atteggiamento
che questi assume nei confronti del suo pubblico, né nella critica
concreta alle istituzioni accademiche. Il rifiuto da parte di Morioka
dell’”accademismo”, a cui egli stesso deve la propria posizione,
la sua critica aperta alle strutture gerarchiche del suo stesso istituto
di ricerca (Inoue/Morioka 1995, p. 160) e ad autorità accademiche come
Takeshi Umehara, possono essere certamente definite anche schizofreniche.
Ma la sua mancanza di riguardo ha pur sempre un effetto rinfrancante
e può aver senz’altro contribuito al successo dei suoi libri.
[684-685]

La vicinanza delle
idee di Morioka a quelle della seishin sekai non è da contestare.
La preoccupazione per il futuro del pianeta, la speranza nella guarigione
attraverso il cambiamento delle coscienze, l’isolamento scelto più
o meno autonomamente, il rifiuto sia delle tradizionali “religioni
della redenzione” che del razionalismo moderno e della scienza moderna
a favore di una cosiddetta “terza via”, di un “nuovo paradigma”,
caratterizzano le concezioni della seishin sekai (Shimazono 1996,
p. 1 segg. dell’introduzione e p. 9 segg.) così come le opere di
Morioka. Come “teologo” della seishin sekai (ibid., p. 250)
Morioka si mostra anche attraverso il carattere introduttivo dei suoi
scritti ed attraverso il loro tono appellativo e suggestivo. E tuttavia
Morioka si distingue dal tipico “intellettuale spirituale” descritto
da Shimazono. La critica di Morioka a Takeshi Umehara rende evidente
questa differenza.

La presa di posizione
di Morioka sulle argomentazioni di Umehara sulla cultura e la religione
giapponesi si concentra in due punti. La prima obiezione si riferisce
alla speranza di Umehara che il mondo prima degli effetti distruttivi
della civiltà moderna, che si basa sul pensiero cartesiano, possa essere
salvato con un ritorno all’armonia ed all’interezza della natura
cioè della vita. Rispetto a ciò Morioka rimanda alla brama e alla
furia di distruzione che sarebbe insita nella vita stessa (Morioka 1994a,
p. 140-193). La critica di Morioka ad Umehara si rivolge inoltre contro
lo sciovinismo nazionale di quest’ultimo: la cultura giapponese, secondo
Umehara, a causa del suo orientamento verso la natura e l’armonia
che ne risulta, sarebbe predestinata a salvare il mondo dalla rovina.12
Morioka invece scrive: “L’osservazione del mondo in base ad una
divisione tra “Occidente e Oriente” è però un anacronismo. Questo
paradigma valeva più di un secolo fa” (Morioka 1994a, p. 41 seg.).

La critica di Morioka
all’”econazionalismo” si fonda sul riconoscimento che sarebbe
stata la natura “egoistica” della vita ad aver prodotto la civiltà
tecnica. La sua critica alla civilizzazione non può essere perciò
logicamente una semplice critica all’occidente o alla civiltà moderna,
come la si ritrova secondo Shimazono nei tipici rappresentanti degli
“intellettuali spirituali” (Shimazono 1996, p. 384 seg.). La critica
ad Umehara sarebbe però, riconosce Morioka, anche critica alle [685-686]
tesi che egli stesso aveva sostenuto, quando il suo pensiero era stato
confuso con il paradigma della New Age13 e del movimento
ecologista (1994a, p. 199, 202).

Morioka stesso prende
esplicitamente le distanze anche da quello che Shimazono definisce “nuovo
movimento spirituale”, e però egli è indubbiamente uno degli “ideologi”
(Shimazono 1993, p. 12) di questo movimento. Si possono indicare tre
motivi per questo:

– In primo luogo le
idee di Morioka non sono affatto scioviniste, ma non per questo sono
assolutamente relativiste. La sua ricerca della “natura della vita”
procede da un punto di vista universalistico, e la sua seimeigaku

deve sviluppare dei programmi quanto più possibile universali per una
vita bella e un pensiero salutare (Morioka 1993b, p. 37). Il suo universalismo
umanistico determina il carattere in fin dei conti normativo dei suoi
scritti. In questo egli rimane, come etico, fedele a se stesso.

– In secondo luogo
Morioka non rinuncia, pur con tutto il realismo nei confronti dell’egoismo
dell’essere umano, alla speranza, anzi alla certezza della guarigione.
Dopo una profonda critica alla civilizzazione, che prenda in considerazione
la “brama di vivere”, la seimeigaku dovrebbe perciò scoprire
l’”altra natura” dell’essere umano, che scacci la civiltà contemporanea
(Morioka 1994a, p. 193).

– La terza e più importante
ragione dell’affinità di Morioka con la seishin sekai consiste
proprio nella sua ambivalenza di fronte a ciò che egli stesso definisce
“moderno”: atomizzazione della società, commercializzazione e tecnicizzazione.
Il suo oscillare tra la critica al moderno e un atteggiamento affermativo
nei confronti dei fenomeni della modernità riflette la contraddittorietà
apparente, così com’è impressa anche nella variante giapponese della
New Age: teorie monistiche da una parte e isolamento scelto autonomamente
dall’altra; critica al capitalismo e commercializzazione; sviluppo
di una coscienza e tecnologia avanzata.

La risposta dello scienziato
delle religioni Shimazono a queste contraddizioni si basa sul sussumere
sia gli intellettuali che il movimento nel concetto di “postmodernismo”
(Shimazono 1996, p. 363), per “giungere”, per mezzo di concettualizzazioni
attuali del postmoderno “ad un’esatta comprensione di ciò” che
distingue il nuovo movimento spirituale dal moderno [kindai]“
(ibid., p. 366).

Io mi batto, seguendo
autrici ed autori come Rita Felski (1995), Cornelia Klinger (1995) e
Horst Stenger (1993) perché il soggettivismo ed i progetti di una realtà
alternativa non vengano considerati movimenti o reazionari o progressisti
contrari alla modernità, o meglio alla modernizzazione, ma vengano
“presi sul serio” come ““attori” di pari grado nel processo
di modernizzazione” (Klinger 1995, p. 8). Ciò significa [686/687]
considerare la seishin sekai in generale, ed un autore come Masahiro
Morioka in particolare non come “postmoderno”, ma significa ritenere
proprio le loro correnti, pur potendo apparire rivolte all’indietro
o utopistiche, espressione del “fai-da-te del senso” completamente
moderno (Stenger 1993, p. 53).

Le realtà alternative
di Morioka non si manifestano però in visioni utopistiche, ma nella
ricerca del senso o dell’identità che l’autore presenta in modo
esemplare ai suoi lettori ed alle sue lettrici. Così, nel proprio processo
di sviluppo Morioka, così come lo ricostruisce egli stesso per il suo
pubblico di lettori, emergono come “fratture biografiche” (Stenger
1993, p. 53) delle situazioni sperimentate: la disillusione dopo l’inizio
degli studi di fisica, lo sfogo sentimentale aggressivo nei confronti
del proprio figlio e la fine di Omu Shinrikyo. Queste sono, secondo
Stenger, “situazioni prodotte dal sistema culturale delle società
moderne”, che “contengono sistematicamente l’invito esistenziale
alla ricerca ed alla creazione di un senso (apparentemente) private”
(ibid.). Secondo Stenger il successo della New Age e dell’esoterismo
si basa sul fatto che sono utili al soggetto nello sviluppare la “competenza
nel fai-da-te del senso” (ibid.). Una “distanza riflessiva” renderebbe
possibile all’uomo moderno una “impostazione ed una scelta rispetto
alla propria identità” e sarebbe allo stesso tempo responsabile del
sintomo del dubbio, che d’altra parte verrebbe incluso nei processi
riflessivi (ibid., p. 49).

Questa integrazione
del dubbio, anzi la sua elevazione a principio, è ciò che distingue
fondamentalmente Morioka da un autore come Umehara, che offre ai suoi
lettori e lettrici soltanto un progetto romantico in contrasto col loro
presente. A tale riguardo anche Morioka ha delle oscillazioni tra approvazione
della modernità e critica alla modernità. Qui ci si può solo chiedere
se le identità spezzate di Morioka siano più utili rispetto ai mondi
sani di Umehara per il “fai-da-te del senso” delle giapponesi e
dei giapponesi moderni. Il futuro successo delle opere di Morioka scioglierà
il dubbio.

1 Nel 1988 Masahiro
Morioka (*1958) è passato dall’Università di Tokyo, dove aveva lavorato
come assistente, al Centro Internazionale di Ricerca sulla Cultura Giapponese
(Kokusai Nihon Bunka Kenkyu Senta), allora da poco fondato, un’istituzione
centrale statale di ricerca non esente da incarico [Auftrag] politico.
Dal 1997 è Professore all’Università della Prefettura di Osaka (Osaka
Furitsu Daigaku).

2 La pubblicazione di Morioka che finora ha avuto più successo,
il tascabile Seimeikan o toinaosu (“Un modo nuovo di vedere
la vita”, del 1994), uscì in quel momento con una tiratura di 38.000
copie (Morioka 1999, capitolo “Chosho shokai: Tankobon”, punto 4).
Popolari apparizioni televisive furono ad esempio la sua partecipazione
al talkshow notturno in diretta Asa nama terebi, dell’emittente
Asahi Terebi, sul tema “Omu Shinrikyo” nell’estate del 1995, ed
il suo programma del 1997, trasmesso sul canale pubblico NHK, Seiro
byoshi no genzai
(“Vita, malattia, vecchiaia e morte nel nostro
presente”; NHK).

3 A proposito
della mentalità pro-femminista di Morioka si vedano Inoue/Morioka 1995,
p. 12 segg. e 1996, p. 202 segg.

4 Con l’uso
del termine “slealtà” Morioka si colloca nel mondo ideale del Buddismo,
sebbene egli non faccia riferimento a questo nella spiegazione del suo
programma (cfr. Morioka 1996, p. 133 segg.). Le cosiddette slealtà
(bonno; sanskr. klésa) – prima di tutte l’avidità,
l’odio e l’illusione – sono ritenute in origine nel Buddismo
mahayana
il vero ostacolo sul cammino verso l’illuminazione (satori;
sanskr. bodhi). D’altra parte nel corso della storia del Buddismo
mahayana
ha guadagnato in significato anche la concezione che l’essere
umano in fondo non possa mai sfuggire del tutto a quelle slealtà, ma
che ciononostante l’illuminazione sia possibile.

5 Si veda a
questo proposito la critica dell’informatico cieco Jun Ishikawa, che
fa notare che solo in base alle condizioni sociali in cui hanno trovato
applicazione i media elettronici nel lavoro degli anziani e dei disabili,
si deciderebbe se questi rendono la vita delle vittime più umana o
più mostruosa (1996, p. 49 seg.). Morioka stesso rimanda a questa critica
sulla sua homepage e ringrazia esplicitamente per questa (Morioka 1999,
capitolo „Chosho shokai: Kyocho, taidan“, punto 2).

6 Il cartone
animato “Kaze no tani no Naushika” era disponibile in Germania alla
fine degli anni 90 in un video basato su una versione americana ridotta
(UFA) con il titolo “Sternenkrieger”. Attualmente è in preparazione
una nuova versione sincrona non accorciata del film presso la Walt Disney.
Per questi riferimenti ringrazio Nina Olligschläger.

7 Già in occasione
delle prime pubblicazioni dei suoi libri Morioka rimanda al sistema
costruito da ogni singolo individuo della presunzione e della giustificazione
di sé, che dovremmo riconoscere ed eliminare (1988, p. 239 segg.);
cfr. anche Inoue/Morioka 1995, p. 172.

8 Shimazono
adopera il concetto di Shin reisei undo/bunka (“nuovo/a movimento/cultura
spirituale“”) per comprendere New Age e seishin sekai

in un unico fenomeno globale. Qui però dev’essere usato ancora il
concetto di seishin sekai, poiché si parla dell’impronta giapponese
di questo fenomeno.

9 Sullo “sciamanesimo
nella New Age” cfr. Zinser 1989.

10 Cfr. Frühstück
1995, p. 3. Si riferisce a Felt/Nowotny/Taschwer 1992.

11 Takeshi Umehara
(nato nel 1925) ha studiato la filosofia occidentale all’Università
di Kyoto. Ha insegnato prima all’Università Ritsumeikan e poi alla
Scuola Superiore delle Arti di Kyoto ed è stato nominato nel 1987 direttore
fondatore del Centro Internazionale di Ricerca sulla Cultura Giapponese
(Kokusai Nihon Bunka Kenkyu Senta). Dopo gli studi universitari
Umehara si era dedicato alla storia del pensiero giapponese, in primo
luogo della filosofia esistenziale del Buddismo. Negli anni sessanta
ha iniziato le pubblicazioni sul tema “Shinto”, e da allora ha scritto
numerosi libri di successo sulla religione giapponese “primitiva”,
“animistica”, in cui essere umano e natura sarebbero legati l’uno
con l’altra grazie alla “forza vitale” (seimei) (Prohl
1999, p. 20 segg.; Shimazono 1993, p. 12 segg.).

12 Questa critica
ad Umehara è espressa solo indirettamente da Morioka: egli cita un
articolo giornalistico che rammenta che Umehara definisce la “cultura
occidentale” una “cultura della rabbia e della violenza” e la
“cultura orientale” una “cultura della calma interiore e della
carità”. Certo, egli in mancanza di riferimenti letterari non potrebbe
verificare se Umehara ha scritto davvero questo, ma l’affermazione
fatta nella citazione sarebbe inequivocabilmente falsa (Morioka 1994a,
p. 40). Si può verificare facilmente che Umehara si esprime effettivamente
così: cfr. Umehara 1976, p. 54 segg. Si veda anche Prohl 1999, p. 24,
25 seg.; Shimazono 1993, p. 15; Wöhr 1997, p. 404 segg.

13 Morioka utilizza
qui il concetto di nyu saiensu (“nuova scienza”), con cui
si è diffusa in un primo tempo in Giappone la “New Age” occidentale
(cfr. Morioka 1994a, p. 97).

Letteratura

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Zinser, Hartmut,1989: Schamanismus im „New Age“. In: Matthias
Pilger und Steffi Rink (Hg.): Zwischen den Zeiten. Das New Age in
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Link: http://www.lifestudies.org/ambivalenz01.html

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di CRISTINA MAZZAFERRO

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