Parere (n. 24) sull’ammissione da parte dell’AIFA della inefficacia del cosiddetto vaccino anti-Covid.
In questi giorni molti italiani hanno preso atto con stupore delle affermazioni con cui l’AIFA ha ammesso pubblicamente che “allo stato attuale, nessun vaccino COVID-19 approvato presenta l’indicazione “prevenzione della trasmissione dell’infezione dall’agente Sars cov-2”.
Tale stupore, in realtà, non appare giustificato, anzitutto perché già nell’ottobre 2022 i vertici della Pfizer avevano ammesso, di fronte al Parlamento europeo, di non aver mai testato la capacità del cosiddetto vaccino anti-Covid di arrestare la trasmissione del virus Sars-Cov-2; e in secondo luogo perché, fin dall’inizio di questa vicenda, e dunque prima delle pubbliche ammissioni della Pfizer, è universalmente noto che l’immissione in commercio del vaccino in questione è stata autorizzata in forza dell’art. 4 del regolamento della Commissione europea n. 507/2006, secondo cui un medicinale per uso umano può essere introdotto sul mercato “malgrado non sia stati forniti dati clinici completi in merito alla sicurezza e all’efficacia del medicinale” medesimo e dunque in condizioni di assoluta incertezza scientifica in merito alle proprietà del medicinale per il quale l’autorizzazione è concessa (1) .
Le affermazioni dell’AIFA appaiono, quindi, più che stupefacenti, scontate e tardive. Realmente stupefacente sarebbe semmai ricordare chi o cosa ha convinto a suo tempo milioni di italiani a credere nelle proprietà salvifiche di un medicinale i cui effetti erano, in realtà, sconosciuti ab origine: che siano state, forse, le dichiarazioni del Presidente del Consiglio che ha introdotto l’obbligo vaccinale (“non ti vaccini, ti ammali, muori, oppure fai morire”) o le dichiarazioni del Presidente della Repubblica che ha sanzionato quell’obbligo (“invocare la libertà di non vaccinarsi è in realtà una richiesta di licenza di mettere in pericolo la salute e la vita altrui”)?
In ogni caso, le ammissioni dell’AIFA hanno almeno il merito di chiarire una volta per tutte, e definitivamente, che la campagna pseudo-vaccinale altro non è stata che una gigantesca sperimentazione di massa di un farmaco dagli effetti sconosciuti, sperimentazione alla quale i cittadini sono stati in parte spinti gentilmente e in parte obbligati a partecipare e ai quali è stato estorto un “consenso” che, per definizione, non poteva essere “informato”, attesa l’impossibilità, da parte di chiunque e in particolare da parte dei medici-vaccinatori, di conoscere previamente i rischi e i benefici del farmaco in questione e, quindi, di comunicarli in anticipo ai partecipanti alla sperimentazione medesima.
È tuttavia evidente che le responsabilità dei mandanti e degli esecutori materiali di questa sperimentazione di massa non si fermano alla violazione del principio di consenso informato – come codificato dal Codice di Norimberga del 1947, dall’art. 7 del Patto internazionale sui diritti civili e politici del 1966 e dall’art. 5 della Convenzione di Oviedo del 1997 – avendo gli uni e gli altri calpestato scientemente, sistematicamente e, finora, impunemente anche gli altri principi generali di bioetica e di biodiritto: dal principio di precauzione al principio di beneficenza al principio di non maleficenza, solo per ricordarne alcuni.
Ma tutto ciò ancora non basta, perché la gestione del Covid ha permesso di pianificare, per la prima volta su scala planetaria, strategie biopolitiche fondate sull’imposizione di strumenti di controllo sociale, quali il Green Pass, che di fatto hanno trasformato i diritti fondamentali dei cittadini in mere concessioni governative. La portata di questo attentato alle fondamenta stesse dello Stato di diritto va ben oltre l’imposizione dell’obbligo vaccinale, essendo ormai evidente che il concetto di premialità sotteso al Green Pass resterà ancorato alle decisioni politiche e alle scelte normative che saranno imposte anche in altri contesti (sostenibilità ecologica, energetica, alimentare, ecc.) da classi dirigenti ormai organiche, e non più solo funzionali, alle élites finanziarie transnazionali e ai diktat da esse elaborati a livello globale.
A questo punto resta da chiedersi perché l’AIFA ammetta oggi, con tanto candore, ciò che il CIEB, unitamente a una piccola parte della comunità scientifica, sostiene con i suoi Pareri fin dal 2021.
Delle due l’una: o ciò è stato fatto per saggiare il grado di arrendevole autocommiserazione degli italiani e la possibilità di continuare indisturbati l’opera di demolizione dello Stato di diritto; o è stato fatto per provocare una reazione che dovrebbe spingersi, coerentemente, fino a chiedere a tutti i promotori della campagna vaccinale, e in particolare alle più alte cariche dello Stato, di assumersi le responsabilità del proprio operato.
Chissà se la seconda, ipotetica reazione sarebbe tollerata dai poteri che si celano dietro il velo della sovranità statale e che hanno tutto l’interesse a creare le condizioni in grado di giustificare l’introduzione di misure restrittive delle libertà personali ancora più stringenti di quelle ricordate finora, esattamente come sta accadendo in Inghilterra in questi giorni: e cioè, in altre parole, a creare un nuovo ordine attraverso il caos.
CIEB, 14 agosto 2024
Il testo originale del Parere è pubblicato sul sito: www.ecsel.org/cieb
Note:
1 Cfr. l’art. 4 del regolamento della Commissione europea n. 507/2004, in GUCE n. L92 del 20 marzo 2006, pag. 6. Al riguardo, si veda anche il Parere n. 1 del CIEB del 20 dicembre 2021.