L’agenda verde a zero emissioni di carbonio è impossibile sotto tutti i punti di vista

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F. William Engdahl
williamengdahl.com

Perché i principali governi, le aziende, i think tank e il WEF di Davos promuovono tutti un’agenda globale a zero emissioni di carbonio per eliminare l’uso di petrolio, gas e carbone? Sanno che il passaggio all’energia solare ed eolica è impossibile. È impossibile perché la domanda di materie prime, dal rame al cobalto, dal litio al cemento e all’acciaio, supera l’offerta globale. È impossibile a causa degli impressionanti costi delle batterie di backup per una rete elettrica “affidabile” alimentata al 100% da fonti rinnovabili. È impossibile perché provocherebbe il collasso del nostro attuale tenore di vita e un crollo delle nostre scorte alimentari con conseguente genocidio per fame e malattie. Tutto questo per una frode scientifica chiamata riscaldamento globale di origine antropica?

A fare da contraltare alla sfacciata corruzione che circonda il recente obbligo vaccinale da parte di Big Pharma e di importanti funzionari governativi a livello globale, c’è l’insensata spinta da parte soprattutto dei governi dell’UE e degli USA a promuovere un’agenda verde i cui costi e benefici sono stati raramente esaminati in modo trasparente. C’è una buona ragione per questo. Ha a che fare con una sinistra agenda volta a distruggere le economie industriali e a ridurre di miliardi di persone la popolazione globale.

L’obiettivo dichiarato di zero emissioni di carbonio a livello globale entro il 2050, la cosiddetta Agenda 2030 delle Nazioni Unite, dovrebbe presumibilmente prevenire, secondo Al Gore e altri, un irreversibile innalzamento del livello del mare (“gli oceani in ebollizione”), lo scioglimento degli iceberg, una catastrofe globale e anche peggio. Nel 2021, in uno dei suoi primi atti in carica, Joe Biden aveva annunciato che l’economia statunitense sarebbe diventata a zero emissioni di carbonio nette entro il 2050 nei trasporti, nell’elettricità e nella produzione. L’Unione Europea, sotto la guida della notoriamente corrotta Ursula von der Leyen, ha annunciato obiettivi simili nel suo Fit for 55 e in innumerevoli altri programmi dell’Agenda Verde.

L’agroalimentare e tutti gli aspetti dell’agricoltura moderna vengono presi di mira con la falsa accusa di provocare danni al clima tramite i gas serra. Il petrolio, il gas naturale, il carbone e persino l’energia nucleare priva di CO2 vengono progressivamente eliminati. Per la prima volta nella storia moderna, stiamo passando da un’economia più efficiente dal punto di vista energetico ad un’economia drammaticamente meno efficiente dal punto di vista energetico. Nessuno a Washington, Berlino o Bruxelles parla delle risorse naturali realmente necessarie per alimentare questa frode, né tanto meno dei costi.

Energia verde pulita?

Uno degli aspetti più rimarchevoli del fraudolento clamore globale per la cosiddetta energia verde “pulita e rinnovabile” – solare ed eolica – è, in realtà, quanto sia non rinnovabile e sporca dal punto di vista ambientale. Quasi nessuna attenzione viene prestata agli sbalorditivi costi ambientali che comporta la produzione di mastodontiche torri eoliche o di pannelli solari o di batterie agli ioni di litio per i veicoli elettrici. Questa grave omissione è deliberata.

I pannelli solari e i giganteschi impianti eolici richiedono enormi quantità di materie prime. Una valutazione ingegneristica comparativa standard tra il solare e l’eolico “rinnovabili” e l’attuale produzione di elettricità da nucleare, gas o carbone dovrebbe partire confrontando le materie prime utilizzate, come cemento, acciaio, alluminio e rame, necessarie alla produzione di un TeraWattora (TWh) di elettricità. L’eolico consuma 5.931 tonnellate di materiali sfusi per TWh e l’energia solare 2.441 tonnellate, cifre assai superiori a quelle di carbone, gas o nucleare. La costruzione di una singola turbina eolica richiede 900 tonnellate di acciaio, 2.500 tonnellate di cemento e 45 tonnellate di plastica non riciclabile. I parchi solari richiedono ancora più cemento, acciaio e vetro, per non parlare degli altri metalli. Si tenga presente che l’efficienza energetica dell’eolico e del solare è nettamente inferiore a quella delle fonti convenzionali.

Un recente studio dell’Institute for Sustainable Futures illustra le impossibili richieste di estrazione mineraria non solo per i veicoli elettrici, ma anche per l’energia elettrica 100% rinnovabile, soprattutto solare ed eolica. Il rapporto rileva che le materie prime per la produzione di pannelli fotovoltaici o di pale eoliche sono concentrate in un piccolo numero di Paesi: Cina, Australia, Repubblica Democratica del Congo, Cile, Bolivia e Argentina.

Sottolinea che “la Cina è il maggior produttore di metalli utilizzati nelle tecnologie solari fotovoltaiche ed eoliche, con la quota maggiore di produzione di alluminio, cadmio, gallio, indio, terre rare, selenio e tellurio. Inoltre, la Cina ha anche una grande influenza sul mercato del cobalto e del litio per le batterie.” E continua: “Anche se l’Australia è il più grande produttore di litio … la più grande miniera di litio, Greenbushes, nell’Australia occidentale, è in maggioranza di proprietà di una società cinese.” Questo non va bene quando l’Occidente sta intensificando il confronto con la Cina.

Per quanto riguarda l’enorme concentrazione di cobalto, nota che la Repubblica Democratica del Congo estrae più della metà del cobalto mondiale. L’estrazione ha portato alla “contaminazione da metalli pesanti dell’aria, dell’acqua e del suolo… con gravi impatti sulla salute dei minatori e delle comunità circostanti nella Repubblica Democratica del Congo e l’area di estrazione del cobalto è uno dei dieci luoghi più inquinati al mondo. Circa il 20% del cobalto proveniente dalla Repubblica Democratica del Congo viene estratto su piccola scala da minatori artigianali che lavorano in condizioni pericolose in miniere scavate a mano, con un’ampia presenza di lavoro minorile.”

L’estrazione e la raffinazione dei metalli delle terre rare è essenziale per la transizione a zero emissioni di carbonio nelle batterie, nelle pale eoliche e nei pannelli solari. Secondo un rapporto dello specialista dell’energia Paul Driessen, “la maggior parte dei minerali di terre rare del mondo viene estratta nei pressi di Baotou, nella Mongolia interna, pompando acido nel terreno, per poi essere lavorata con altri acidi e prodotti chimici. La produzione di una tonnellata di metalli di terre rare rilascia fino a 420.000 metri cubi di gas tossici, 2.600 metri cubi di acque reflue acide e una tonnellata di rifiuti radioattivi. I fanghi neri che ne derivano vengono convogliati in un lago inquinato e senza vita. Numerosi abitanti della zona soffrono di gravi malattie della pelle e dell’apparato respiratorio, i bambini nascono con le ossa fragili e il tasso di cancro è salito alle stelle.” Gli Stati Uniti, inoltre, da quando hanno chiuso la lavorazione interna durante la presidenza Clinton, inviano la maggior parte dei loro minerali di terre rare in Cina per la lavorazione.

Poiché sono molto meno efficienti dal punto di vista energetico/area, l’estensione territoriale necessaria alla produzione elettrica globale a zero emissioni di carbonio è impressionante. L’eolico e il solare richiedono fino a 300 volte la superficie necessaria per produrre la stessa quantità di elettricità di una tipica centrale nucleare. In Cina sono necessari 25 chilometri quadrati di parco solare per generare [solo di giorno e col bel tempo, N.D.T.] 850 MW di energia elettrica, la produzione di una normale centrale nucleare.

I costi totali omnicomprensivi

Quasi nessuno studio della lobby verde esamina la catena di produzione totale, dall’estrazione mineraria alla fusione, fino alla produzione di pannelli solari e gruppi eolici. Invece fanno affermazioni fraudolente sul presunto minor costo per KWh del solare o dell’eolico, prodotti però a costi pesantemente sovvenzionati. Nel 2021 il professor Simon P. Michaux del Geological Survey of Finland (GTK) aveva pubblicato un raro studio sui costi in termini di materie prime necessarie a produrre un’economia globale a zero emissioni di carbonio. I costi sono sconcertanti.

Michaux sottolineava innanzitutto la realtà attuale della sfida Net Zero Carbon. Nel 2018 il sistema energetico globale dipendeva per l’85% da combustibili a base di carbonio, carbone, gas e petrolio. Un altro 10% proveniva dal nucleare, per un totale del 95% di energia convenzionale. Solo il 4% proveniva dalle energie rinnovabili, soprattutto solare ed eolica. I nostri politici parlano quindi di sostituire il 95% dell’attuale produzione energetica globale entro il 2050, e gran parte di questa entro il 2030.

In termini di veicoli elettrici – auto, camion o autobus – sul totale del parco globale di circa 1,4 miliardi di veicoli, meno dell’1% attualmente è elettrico. Secondo le sue stime, “la capacità annuale aggiuntiva di energia elettrica da combustibili non fossili da aggiungere alla rete globale dovrà essere di circa 37.670,6 TWh. Se si ipotizza lo stesso mix energetico non fossile del 2018, ciò si traduce nella necessità di costruire altre 221.594 nuove centrali elettriche… Per contestualizzare questo dato, nel 2018 il numero totale di centrali per la produzione di energia elettrica (di tutti i tipi, comprese quelle a combustibili fossili) era di sole 46.423 stazioni. Questo numero elevato [221.594] riflette il più basso rapporto di rendimento energetico sull’energia investita (ERoEI) dell’energia rinnovabile rispetto a quella degli attuali combustibili fossili.

Michaux stimava inoltre che, se dovessimo passare ad un parco veicoli totalmente elettrico, “per produrre una sola batteria per ogni veicolo della flotta di trasporto globale (esclusi i camion HCV di Classe 8), sarebbe necessario il 48,2% delle riserve globali di nichel del 2018 e il 43,8% delle riserve globali di litio. Le riserve attuali di cobalto non sono sufficienti a soddisfare questa domanda… Ciascuna degli 1,39 miliardi di batterie agli ioni di litio potrebbe avere una vita utile di soli 8-10 anni. Quindi, 8-10 anni dopo la produzione, sarebbero necessarie nuove batterie sostitutive, provenienti da una fonte mineraria estrattiva o dal riciclo. È improbabile che questo sia pratico...” Questo per dirlo in modo molto blando.

Michaux sottolineava anche l’impressionante domanda di rame, osservando che “solo per il rame sono necessari 4,5 miliardi di tonnellate (1.000 chilogrammi per tonnellata) di rame. Si tratta di circa sei volte la quantità totale che l’uomo ha finora estratto dalla Terra. Il rapporto roccia-metallo per il rame è superiore a 500, quindi sarebbe necessario scavare e raffinare più di 2,25 trilioni di tonnellate di roccia.” Inoltre, per funzionare, le attrezzature minerarie dovrebbero essere alimentate a gasolio.

Michaux concludeva che, semplicemente, “Per eliminare gradualmente i prodotti petroliferi e sostituire l’uso del petrolio nel settore dei trasporti con una flotta di veicoli completamente elettrici, sarebbe necessaria una capacità extra di 1,09 x 1013 kWh (10 895,7 TWh) di generazione di elettricità dalla rete elettrica globale per caricare le batterie degli 1,416 miliardi di veicoli della flotta globale. Poiché nel 2018 la produzione totale di elettricità a livello mondiale era stata di 2,66 x 1013 kWh (Appendice B), ciò significa che, per rendere fattibile il passaggio ai veicoli elettrici, bisognerebbe aggiungere una capacità supplementare pari al 66,7% della attuale capacità globale di generazione.. Il compito per arrivare alla rivoluzione delle batterie per i veicoli elettrici è molto più ambizioso di quanto si pensasse in precedenza.”

Questo solo per sostituire a livello globale i motori a combustione interna dei veicoli.

Eolico e solare?

Se poi consideriamo la proposta di sostituire con gli impianti solari e l’energia eolica onshore e offshore l’attuale 95% energia elettrica da fonti convenzionali per raggiungere l’assurdo e arbitrario obiettivo di zero emissioni di carbonio nei prossimi anni, e tutto per evitare il falso “punto di svolta” di Al Gore di un aumento di 1,5 °C della temperatura media globale (che di per sé è un’idea folle), il calcolo diventa ancora più assurdo.

Il problema principale degli impianti eolici e solari è che non sono affidabili, cosa essenziale per la nostra economia moderna, anche nei Paesi in via di sviluppo. I blackout imprevedibili che influiscono sulla stabilità della rete elettrica erano quasi inesistenti negli Stati Uniti e in Europa fino all’introduzione del solare e dell’eolico. Se insistiamo, come fanno gli ideologi delle zero emissioni di carbonio, sul fatto che non sarà consentito alcun impianto di backup a petrolio, gas o carbone per stabilizzare la rete nei periodi di scarsa energia solare, come di notte, nelle giornate nuvolose, in inverno o nei periodi in cui il vento non soffia alla velocità ottimale, l’unica opzione seria di cui bisogna discutere è la costruzione di batterie di accumulo, e in gran quantità.

Le stime dei costi di questo tipo di stoccaggio variano. Van Snyder, matematico e ingegnere di sistemi in pensione, ha calcolato il costo di queste enormi batterie di backup per la rete elettrica degli Stati Uniti per garantire un’elettricità affidabile e costante al livello attuale: “Quanto costerebbero le batterie? Utilizzando il requisito più ottimistico di 400 wattora – cosa che un vero ingegnere non farebbe mai – e supponendo che l’installazione sia gratuita – altra cosa che un vero ingegnere non farebbe mai – si potrebbe consultare il catalogo Tesla e scoprire che il prezzo è di 0,543 dollari per wattora – prima dell’installazione – e il periodo di garanzia, approssimativamente pari alla durata di vita, è di dieci anni. Gli attivisti insistono sul fatto che un’economia energetica americana completamente elettrica avrebbe una domanda media di 1.700 gigawatt. In base alla formula 1.700.000.000.000 * 400 * 0,543 / 10, la risposta è 37.000 miliardi di dollari, ovvero circa il doppio del PIL totale degli USA 2020, ogni anno, e questo solo per le batterie.”

Un’altra stima di Ken Gregory, anch’egli ingegnere, è altrettanto elevata. Egli calcola: “Se non è disponibile l’energia elettrica da combustibili fossili per supportare l’energia S+W altamente variabile e si possono usare solo le batterie come back up, allora il backup da batterie diventa estremamente costoso… Il costo totale per elettrificare gli Stati Uniti sarebbe di 258 trilioni di dollari con i dati del 2019 e di 290 trilioni di dollari in base a quelli del 2020.

L’agenda nascosta

È chiaro che i poteri dietro alla folle agenda Zero Carbon conoscono questa realtà. A loro però non importa, perché il vero obiettivo non ha nulla a che fare con l’ambiente. Si tratta di eugenetica e dello sfoltimento della mandria umana, come aveva pubblicamente fatto notare il defunto principe Filippo.

Maurice Strong, fondatore del Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente, nel suo discorso di apertura al Vertice della Terra di Rio del 1992, aveva dichiarato: “L’unica speranza per il pianeta non è forse il collasso delle civiltà industrializzate? Non è forse nostra responsabilità far sì che ciò avvenga?” Al vertice di Rio Strong aveva supervisionato la stesura degli obiettivi dell’ONU per l'”ambiente sostenibile,” l’Agenda 21 per lo sviluppo sostenibile che costituisce la base del Great Reset di Klaus Schwab, nonché la creazione del Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (IPCC) dell’ONU.

Strong, un protetto di David Rockefeller, è stato di gran lunga la figura più influente dietro a quella che oggi è l’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. È stato co-presidente del Forum economico mondiale di Davos di Klaus Schwab. Nel 2015, alla morte di Strong, il fondatore di Davos Klaus Schwab aveva scritto: “È stato il mio mentore fin dalla creazione del Forum: un grande amico, un consigliere indispensabile e, per molti anni, un membro del nostro Consiglio di Fondazione.

F. William Engdahl

Fonte: williamengdahl.com
Link: http://williamengdahl.com/gr9apr2023.php
09.04.2023
Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org

F. William Engdahl svolge attività di ricerca e scrittura sulla scena politica mondiale da oltre trent’anni. I suoi vari libri sulla geopolitica – l’interazione tra politica internazionale, economia e geografia – sono stati tradotti in 14 lingue straniere, dal cinese al francese, dal tedesco al giapponese.

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