DI CHRISTOPHER CALDWELL
(Financial Times)
Nel bel mezzo delle dimostrazioni in tutto il mondo contro le caricature del Profeta Maometto, alcuni dimostranti hanno affermato che l’Occidente non considerava la libertà di parola quanto diceva di fare. Dopotutto, la tesi regge: molti paesi occidentali proibiscono la negazione dell’Olocausto. Recentemente, Mahmoud Ahmadi-Nejad, il leader iraniano, ha sbeffeggiato l’occidente negando lui stesso l’Olocausto. Un gruppo arabo del Belgio ha pubblicato una vignetta che mostra Adolf Hitler a letto con Anne Frank. “Anche l’Europa ha le proprie vacche sacre”, ha detto il leader del gruppo, Dyab Abou Jahjah, “anche se non sono vacche sacre religiose”.
Potrà essere di cattivo gusto, ma il concetto è sostanzialmente corretto. In molta dell’Europa, c’è per legge una “verità ufficiale” sull’Olocausto. La Francia ha approvato la propria cosiddetta legge Gayssot, rendendo la negazione dell’Olocausto un crimine; nel 1990, la Germania e la Svizzera hanno seguito l’esempio. Adesso negare o minimizzare l’Olocausto è un crimine anche in Austria, Belgio, Repubblica Ceca, Lituania, Polonia o Slovenia.
[Scrivi questo sul tuo diario, Anne!]
Il problema con questa verità ufficiale non è che sia falsa. Il problema è che regolare le opinioni minoritarie sulla Seconda Guerra Mondiale crea più problemi di quanti ne risolva. Alcuni di questi hanno carattere costituzionale. La scorsa settimana, sul Guardian, Ronald Dworkin, il filosofo legale, ha scritto: “Se ci aspettiamo che dei fanatici accettino il verdetto della maggioranza una volta che la maggioranza abbia parlato, allora dobbiamo permettere che esprimano il loro fanatsimo nel processo il cui verdetto chiediamo loro di rispettare”. Ha suggerito di usare la Convenzione Europea sui Diritti Umani per abbattere le leggi che proibiscono la negazione dell’Olocausto.
Ci sono anche dei problemi pratici con tali leggi. Forniscono una manna di pubblicità facile per gli estremisti che si presentano come arditi anti-censori non conformisti, semplicemente rinfrescando la legge, senza neanche infrangerla. Questo è il modo in cui i disegni di Anne Frank sono finiti nei giornali del Belgio. In Francia, la più certa comparsa di Jean-Marie Le Pen, leader del Fonte Nazionale, nei notiziari della sera è per inscenare qualche oltraggio legato alla legge Gaysott, come per esempio chiamare l’Olocausto “un dettaglio della storia”.
Madeleine Rebérioux, la storica di sinistra, ha avvertito del maggior pericolo della legge Gayssot non appena fu approvata. “Un giorno”, scrisse, “porterà ad altre aree al di là del genocidio degli Ebrei – altri genocidi ed altri assalti a quella che sarà chiamata la “verità storica”. Aveva ragione. Una legge che dichiara le uccisioni turche degli Armeni all’inizio del secolo scorso un “genocidio” è stata approvata nel 2001; in seguito, lo stesso anno, un’altra legge ha definito il commercio degli schiavi un “crimine contro l’umanità”; un anno fa, una legge ha incoraggiato gli insegnati a sostenere il “ruolo positivo” della presenza francese nel Nord Africa. Ogni nuova ufficializzazione della memoria chiama in essere altre “lobby morali”, che avanzano le loro richieste con un’insistenza ancora maggiore, in angoli ancora più oscuri della vita politica, e con maggiore influenza legale.
A partire dalla legge Gayssot, le sanzioni contro i “crimini di opinione” sono proliferate in tutti i sentieri della vita. Già nel 1995, Bernard Lewis – probabilmente il più importante studioso della Turchia dell’ultimo secolo – fu condannato in una corte francese per essersi rifiutato di usare il termine “genocidio” in riferimento ai massacri di Armeni. Musulmani e gruppi per i diritti umani hanno presentato reclami e azioni legali contro il romanziere Michel Houellebecq, la giornalista Oriana Fallaci, il filosofo Alain Finkielkraut e (per aver stampato le vignette di Maometto) il giornale satirico Charlie Hebdo. A Gennaio, un membro dell’assemblea nazionale che aveva detto di trovare “l’eterosessualità superiore all’omosessualità sul livello morale” è diventato il primo francese giudicato colpevole per omofobia.
[Oriana Fallaci]
Lo scorso anno, Olivier Pétré-Grenouilleau, il più noto storico francese si schiavitù, ha critico la legge sul commercio degli schiavi del 2001 nel corso di un’intervista. Un gruppo di pressione composto da “discendenti di schiavi” lo ha portato davanti alla legge per “aver messo in discussione un crimine contro l’umanità”. Nelle ultime settimane, due petizioni hanno raccomandato l’abrogazione di tutte le leggi sulla memoria – e hanno ottenuto il sostegno di molto del mondo intellettuale a Parigi. La prima, “Libertà per la Storia”, firmata dagli storici Pierre Nora, Michel Winock e Mona Ozouf, tra gli altri, notava il modo in cui la memoria ufficiale si moltiplicasse. Il secondo, “Libertà di Dibattere”, scritto da Paul Thibaud, lo studioso anti-colonialista, e firmato da molti dei più distinti storici e filosofi del paese, deplorava la recente “competizione per la memoria”.
La legge Gayssot, sostiene Thibaud, scatena “una varietà di anti-semitismo più pericoloso di quello che reprime”. I gruppi formati per promuovere la memoria della schiavitù, per esempio, dichiarano sempre più che gli Ebrei controllavano il commercio degli schiavi – uno dei miti prediletti dalla Nazione dell’Islam negli Stati Uniti di Louis Farrakhan. In principio, quel che fu fatto agli Ebrei di Europa durante la Seconda Guerra Mondiale porta delle lezioni universali. In pratica, i gruppi di minoranza non hanno visto la legge Gayssot in quel modo. Argomentano che ci siano altri pregiudizi nella società al di là dell’anti-semitismo. Una volta che lo stato ammette il principio di proteggere le minoranza restringendo certe dichiarazioni sulla loro storia, saltano fuori dei nuovi gruppi per avere protezioni speciali contro il pregiudizio che le minaccia di più.
L’appello di Dworkin per abolire le leggi contro la negazione dell’Olocausto, sul terreno della legittimità politica, è quello giusto. Ovviamente, nessuno dovrebbe avere l’illusione che essere in grado di andare fuori e negare l’Olocausto aggiungerà molto a qualunque “dibattito”. In questo caso la verità ufficiale del governi occidentali è la verità. Permettere inganni o propaganda anti-semita mascherata da “opinioni” non cambierà le cose. Dunque questi paesi occidentali con leggi contro la negazione dell’Olocausto si trovano in una posizione difficile. Ma devono disfarsi di quelle leggi che si sono dimostrate ingestibili e contro-produttive, in un momento in cui alcuni dei più feroci detrattori di queste leggi sono persone violente dalla volontà malata.
Il giornalista è un redattore di lunga data del Weekly Standard
Data: 17 febbraio 2006
Fonte: http://news.ft.com/
Link: http://news.ft.com/cms/s/e7ee15d8-9ff1-11da-a703-0000779e2340.html
Traduzione dall’inglese a cura di CARLO MARTINI per www.comedonchisciotte.org
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