LA SPIRITUALITA' DEL COLLASSO

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DI CAROLYN BAKER
Speaking Truth To Power

La civiltà è
il mondo mentale/materiale dell’illusione culturalmente trasmessa.

— William Kötke

La prima edizione di questo articolo
è stata scritta nel febbraio 2006, ma recentemente l’ho riveduta
ed aggiornata. Dalla prima stesura sembra che il tema del collasso abbia
destato un’eco in tutto il mondo, manifestando ora i suoi sintomi
negli ultimi drammatici rapporti della comunità scientifica sul riscaldamento
globale, sul problema del Picco del petrolio che sta tornando nuovamente
alla luce — se ne discute apertamente nei mezzi di comunicazione tradizionali
— e sullo scoppio negli Stati Uniti della “bolla immobiliare”, i quali scoprono ora che nel paese un’abitazione ogni 264 è diretta ad un processo di eliminazione, mentre
ogni giorno il valore del dollaro diminuisce e quello dei metalli preziosi
aumenta rapidamente.
Poiché condivido con altri la mia consapevolezza del collasso, vengo in contatto con una molteplicità
di risposte. Molti, specialmente gli accademici, e gli storici in particolare,
considerano l’idea del collasso con sdegno perplesso, sostenendo che,
anche se può sembrare che la civiltà sia in procinto di crollare,
gli eventi attuali non sono realmente nuovi e rappresentano soltanto
mutamenti di avvenimenti storici precedenti. Al capo opposto, i Cristiani
fondamentalisti leggono l’attualità attraverso il velo delle profezie
bibliche — alcuni tenendo in sospeso la propria vita e quella del
pianeta, quasi aspettassero “la beatitudine” — ed altri ancora,
come la combriccola LaHaye-Jenkins,
riscuotendo milioni dai profitti delle loro predizioni sulla “fine
dei giorni”.

Ma nello spirito di uno dei docenti
più saggi di tutti i tempi, lo psicologo Carl Jung, io non trovo la
verità essenziale né nel disimpegno cerebrale del mondo accademico,
né nella follia apocalittica delle interpretazioni letterali del Libro
della Rivelazione, ma da qualche parte nel mezzo, mantenendo, come direbbe
Jung, la “tensione degli opposti”. E’ nel mantenimento di quella
tensione, spiegava Jung, che risiede il potenziale per la trasformazione
del nostro mondo interiore e di quello esteriore.

Per la maggior parte degli Statunitensi,
teste saldamente ancorate nella sabbia, che non danno peso a nulla di
ciò che sentono dire adesso sul “Picco del petrolio”, che guidano
ancora i loro SUV assetati di carburante, che si crogiolano nei loro
agglomerati di periferia, e che contano ingenuamente sul fatto che le
loro pensioni e i loro 401K [fondi pensionistici qualificati sponsorizzati
dalle aziende per gli impiegati, ndt] saranno a loro disposizione quando
ne avranno bisogno, il concetto di collasso della civiltà è ancora ampiamente
relegato alla frangia estremista. Qualunque sia il problema, essi sostengono
stupidamente che la tecnologia troverà una soluzione. Ma milioni di
quegli stessi individui si ritrovano indebitati molto più pesantemente
di quanto non lo fossero un anno fa, e nel corso di quell’anno hanno
visto aumentare drammaticamente i prezzi della benzina, del cibo, e
potenzialmente di tutto il resto. Alcuni di quegli Statunitensi, nell’anno
passato, hanno dovuto affrontare la realtà di far parte di quel ceto
medio che va rapidamente sparendo, di trovarsi a solo un assegno paga
o ad una grave malattia di distanza dall’oblio finanziario — persone
che tra ipoteca, spese per l’automobile, bollette mensili, assistenza
all’infanzia, spese mediche, prezzi dei carburanti, e fatture della
carta di credito che raddoppiano mensilmente, ora si rendono conto che
non solo non saranno in grado di pagare l’istruzione universitaria
dei loro figli, ma che ogni nuovo giorno rende necessario camminare,
sempre più precariamente, su una fune economica tesa attraverso un
precipizio che si spalanca su un abisso profondo mille piedi. Quelle
persone dentro di sé conoscono la realtà del collasso — la percepiscono,
la fiutano, ne sentono il sapore, ma forse non sono ancora in grado
di lasciarsi uscire le parole di bocca. E’ una cosa ancora troppo
sconvolgente per prenderla del tutto in considerazione.

Per entrambi i gruppi di Statunitensi,
il collasso è una notizia bruttissima. Significherà la fine di quegli
stili di vita di cui non possono immaginarsi di fare a meno. Sono diventati
il loro stile di vita, ed in assenza di questo, essi credono che non
avranno un’identità — che, letteralmente, cesseranno di esistere.
Per queste persone, il collasso sarà estremamente doloroso, ed anche
peggio. Poiché si sono isolati nei loro “dormitori” di periferia
a chiusura ermetica, è improbabile che sopravvivano, a meno che non
siano disposti a mutare radicalmente la loro condotta, e nel momento
in cui lo saranno, se lo saranno, potrebbe essere di gran lunga troppo
tardi per farlo.

Il collasso sarà indiscutibilmente brutale
e straziante. Esso rappresenta, di fatto, la cessazione della vita basata
sui combustibili fossili, sul tempo e sul clima così come li abbiamo
conosciuti, e sul sistema monetario a cui ci siamo abituati. Sarà tremendo
fisicamente, economicamente, emozionalmente, e spiritualmente. Metterà
alla prova gli esseri umani, in particolare quegli individui che non
fanno parte della classe dirigente, ma che godono di stili di vita privilegiati
ed agiati, esenti da sacrifici e fastidi, ben al di là di qualsiasi
cosa possano immaginare nei loro peggiori incubi. Alcuni resisteranno,
altri periranno; di fatto, alcuni esperti ipotizzano che almeno un terzo
dell’umanità presente sulla Terra non sopravvivrà. Che giunga lentamente
o rapidamente, il collasso sarà comunque devastante.

Il collasso è una forma di morte, e
gli Statunitensi non gradiscono la parola “morte”. Noi facciamo
di tutto per camuffarla, ingentilirla, negarla, e “lasciarcela alle
spalle”, come recita il mio preferito tra tutti gli stereotipi senza
significato contro la morte. Come delle banshee [nel folclore irlandese, spirito di donna il cui lugubre urlo è presagio
di morte, ndt], avanziamo eroicamente
nella prima metà della vita come se la morte non esistesse. Essa inghiottirà
altri, ma non noi. Noi rappresentiamo l'”eccezione”, e sia come
singoli Statunitensi che come nazione, siamo assuefatti alla nostra
“eccezionalità” — sono gli altri che moriranno; noi no. Altre
civiltà crolleranno; la nostra no. Tuttavia è stato Jung a dire che
“Un grande obbligo pesa sul popolo Americano, che deve guardarsi in
faccia, che deve ammettere il suo momento di tragedia attuale — deve
ammettere che ha di fronte un grande futuro solo se ha il coraggio di
guardarsi in faccia” (Relazione sull’America, Congresso Internazionale
di Psicoanalisi, Norimberga, 1910). Non è verosimile che gli
Stati Uniti si “guardino in faccia” come nazione, ma come individui
noi dobbiamo farlo, se intendiamo superare positivamente il collasso.

Anch’io mi oppongo al collasso, ma
nel momento in cui io lo faccio, per ragioni simili o diverse rispetto
a coloro che mi circondano, sto anche lavorando consapevolmente per
abbracciarlo. Abbracciare qualcosa o qualcuno non significa necessariamente
buttarsi a braccia aperte in quell’evento o verso quella persona,
bensì aprirsi lentamente ed intenzionalmente ai benefici insiti in
ciò che più temiamo. Io non ne parlo alla leggera. Sono sopravvissuta
ad un cancro al seno. Il mio mondo “è crollato” tredici anni fa,
quando me lo diagnosticarono. Ma, come spesso accade, il mio mondo è
stato anche trasformato dalla malattia terminale, e di conseguenza
sono diventata una persona diversa. Come scrive la maestra buddista
Pema Chödrön, “L’apertura mentale non arriva resistendo alle nostre
paure, ma imparando a conoscerle bene” (A proprio agio con l’insicurezza,
P. 47).

Quindi, quali possono essere alcuni
dei benefici del collasso?

In primo luogo, il collasso ci spoglia
di ciò che pensiamo di essere, di modo che può essere svelato ciò
che veramente siamo. La tossicità della civiltà ha nutrito l’illusione
che un individuo è, ad esempio, un professionista con dei soldi in
banca, un’ipoteca sicura, una buona posizione creditizia, un corpo
ed una mente in buona salute, che cresce dei figli in buona salute che
da adulti avranno successo come lui, e che quando andrà in pensione,
ci si prenderà cura al meglio di lui. Se è questo che la vostra identità
è diventata, e non guardate più in profondità, voi non scoprirete
chi realmente siete; e quando avverrà il collasso, voi verrete fatti
a pezzi perché non sarete riusciti ad accorgervi delle energie, delle
risorse e dei benefici che dimorano nella vostra essenza, che trascendono
e sostituiscono l’identità del vostro Io. In un mondo post-collasso,
i titoli accademici e i portafogli azionari contano poco. La domanda
vera, così come la pone, in modo tanto succinto, Richard Heinberg,
è: sei in grado di fabbricarti un paio di scarpe?

Chiedetelo appunto alle innumerevoli
persone che si sono viste privare di tutto per aver fatto sentire la
propria voce contro il potere. Il giorno prima erano “cittadini seri”
con carriere di primo piano; il giorno dopo erano “nemici dello stato”,
che temevano per le loro stesse vite. Dai loro percorsi noi possiamo
imparare molto, su come prepararci per la vita dopo il collasso. Un modo
di prepararsi è quello di analizzare la questione dell’identità
a prescindere dal ruolo sociale di ognuno. Per me è stato cruciale
un percorso spirituale per valutare chi sono a prescindere da ciò che
faccio.

In secondo luogo, il collasso distruggerà
una gran parte dei nostri programmi anti-tribali, individualistici e
angloamericani, costringendoci ad associarci con altri per la sopravvivenza.
Certo, si può possedere una casa con un’ampia superficie in acri,
su cui è stato fatto crescere un magnifico orto naturale, avere provviste
di acqua e cibo per dieci anni, guidare un’auto ibrida, e vivere una
vita completamente solarizzata, ma se pensate di sopravvivere in isolamento,
resterete terribilmente delusi. Il collasso ci costringerà a dipendere
l’uno dall’altro, altrimenti moriremo.

Io sono stata un’attivista per oltre
trent’anni. Senza eccezioni, ogni volta in cui sono stata coinvolta
con altri attivisti nella promozione del cambiamento, le varie personalità
si sono scontrate, i vari ego si sono urtati, la gente si è stizzita,
è rimasta delusa, e si è allontanata dal gruppo. Tutti noi sembriamo
possedere dottorati in “autosufficienza” ma restiamo tragicamente
ignoranti in materia di genuina cooperazione. Trasformeremo questo modello
quando la civiltà crollerà, oppure periremo, ed il processo di quella
trasformazione non sarà probabilmente una bella immagine. Tuttavia,
possiamo iniziare fin da ora a prepararci ai pensieri e alle azioni
collettive che il collasso richiederà, ad esempio, iniziando dai “Solari Investor Circles>” [Circoli dell’investitore Solari, ndt] che riuniscono insieme piccoli gruppi di persone per svolgere ricerche
sulle risorse nella loro comunità e su come essi possano utilizzarle
per prepararsi al collasso. Uno strumento particolarmente utile nel modello
Solari è il concetto di “Coming Clean
[diventare pulito, ndt] di Catherine Austin Fitts, che offre delle direttive
di condotta individuali e di gruppo per lavorare in armonia, al fine
di trasformare le nostre comunità dall’interno. Un altro è il mio
articolo “PREPARASI AL COLLASSO: TRE COSE CHE POTETE FARE“.

Noi saremo costretti a relazionarci
in maniera diversa non solo con gli esseri umani, ma anche con tutte
le creature del mondo non umano. Solo quando inizieremo a leggere i
manuali di sopravvivenza che gli alberi, le stelle, gli insetti, e gli
uccelli hanno scritto per noi, la nostra specie sarà risparmiata. Proprio
quei “parassiti” con cui ce la prendiamo in quanto non igienici
o fastidiosi possono, di fatto, salvarci la vita. Un anno fa, delle
api erano solite volarmi intorno nei giorni caldi, quando pranzavo all’aperto
sotto gli alberi, seduta sull’erba. Adesso, mi siedo sotto gli stessi
alberi, sulla stessa erba, ma le api se ne sono andate. Nessuno sembra
essere in grado di dirci perché. Forse è ora di chiederlo alle api
il perché.

Paradossalmente, il collasso può portare
un significato ed uno scopo alle nostre vite, che altrimenti avrebbe
potuto sfuggirci. Nella nostra esistenza lineare, fondata sul progresso,
raramente sono contemplate parole come “scopo”. Con il collasso della
civiltà, saremo forse costretti a valutare quotidianamente, magari
di momento in momento, perché siamo qui, se vogliamo restarci, se la
vita è degna di essere vissuta, se esiste qualcosa di più grande di
noi per cui siamo disposti a restare in vita e a cui scegliamo di contribuire
con le nostre energie. E’ probabile che queste decisioni non verranno
prese nella comoda intimità delle nostre case, ma per le strade, nei
campi, nei deserti, nelle foreste, nel lugubre echeggiare delle nostre
voci attraverso le periferie abbandonate, ed accanto a fiumi e sentieri
dimenticati. Lo scopo cesserà rapidamente di riferirsi a ciò che possiamo
compiere, e riguarderà sempre di più ciò che siamo. In un mondo che
sta crollando, la cosiddetta “vita guidata da uno scopo” non esisterà
più. Gli esseri umani saranno “guidati” da una sola questione:
la determinazione a sopravvivere e ad aiutare i propri cari nella sopravvivenza.
Da quella ricerca della sopravvivenza emergerà lo scopo autentico,
che certamente non assomiglierà a nulla di ciò che oggi possiamo immaginare.

Per timore che il lettore concluda
che io sto dipingendo il collasso quasi fosse un esercizio di spiritualità
strampalata privo di praticità, mi affretto ad aggiungere che esso
costringerà gli esseri umani ad occuparsi delle realtà più pragmatiche
dell’esistenza — cibo, acqua, un rifugio, la salute, e un mucchio
di altre questioni legate alla sopravvivenza. Mentre i sistemi centralizzati
come i governi federali, statali e locali verranno privati di contenuto,
le comunità saranno costrette ad allearsi per risolvere questi problemi
— per coltivare gli orti, fabbricare gli indumenti ed altri prodotti,
per curarsi reciprocamente le malattie, per seppellirsi, per istituire
una moneta comune, e per ricostruire le infrastrutture a livello fortemente
locale.

La qualità di spiritualità che può
emergere occupandosi di tali principi fondamentali può costituire
un “fondamentalismo” genuino, nel senso più vero del termine. In
un mondo post-collasso, la spiritualità “fondamentale” si prenderà
cura dei bisogni primari delle persone care, che si trasformeranno in
dispensatrici del nutrimento degli ecosistemi in qualsiasi condizione
potranno essere in quel momento, badando a ciò che si apprezzerà ora
rispetto a ciò che era più importante prima del collasso — guardando,
ascoltando, annusando, assaporando, toccando tutti gli aspetti dell’esistenza
di cui eravamo ignari, o a cui prestavamo semplicemente poca attenzione,
prima che fossimo privati delle distrazioni. Certo non si tratta, con
tutta probabilità, della spiritualità comoda, privilegiata, indulgente
del circuito dei seminari New Age, ma può assomigliare di più all’onorazione
terrena del sacro che i nostri progenitori tribali veneravano tanto
intensamente.

Dal punto di vista spirituale, ora
noi possiamo iniziare a prepararci per il collasso della civiltà, dato
che ne siamo a conoscenza, aprendoci ogni giorno ai “piccoli crolli”
della civiltà che osserviamo intorno a noi, come la perdita di uno
svolgimento elettorale proficuo e non corrotto, il collasso dei sistemi
centralizzati e delle grandi imprese che nessuno avrebbe mai pensato
potessero fallire, il decadimento delle infrastrutture, ed il degrado
di istituzioni quali l’educazione, la religione, la sanità, ed il
sistema giuridico. Gli esseri umani hanno avuto a disposizione diverse
migliaia di anni per creare società funzionanti, ed in molti casi lo
hanno fatto. Anche quelle civiltà sono crollate, perché tutte le civiltà
alla fine crollano. Gli Stati Uniti hanno avuto 231 anni per modellare
una nazione sostenibile. Con la morte di Abraham Lincoln alla fine della
Guerra Civile, le grandi imprese ed i sistemi centralizzati hanno trionfato
controllando ogni aspetto della vita del paese, e continuando a farlo
fino a questo momento. Quindi, non sorprende il fatto che negli anni
’70, quando le grandi imprese statunitensi sapevano molto bene che
la produzione petrolifera nazionale era calata e che, nel giro di trent’anni,
il paese ed il mondo si sarebbero trovati di fronte ad una crisi energetica
di dimensioni catastrofiche, non hanno fatto assolutamente nulla, scegliendo
di sguazzare nei profitti dell’energia degli idrocarburi e di soffocare
la tecnologia alternativa piuttosto che aiutare la nazione a costruire
delle scialuppe di salvataggio.

Per millenni molte popolazioni indigene
hanno descritto il collasso della civiltà, di cui noi ora siamo testimoni,
come un processo di purificazione — un’epoca di rinascita e di trasformazione.
La loro antica saggezza ci invita ad affrontare con equanimità il collasso
che è in corso; vale a dire, tenere bene a mente e nel nostro cuore,
per quanto umanamente sia possible, la realtà di dolore che il collasso
comporterà, accanto alle inimmaginabili opportunità che esso offre.
Come direbbe Pema Chödrön “Familiarizzare con il collasso”.

Alcune persone mi dicono che vorrebbero
non sapere ciò che sta succedendo, perché preferiscono vivere le loro
vite giorno dopo giorno, facendo del loro meglio per costruire un mondo
migliore, gioire dei propri cari, e guadagnarsi il pane. Certamente
io capisco il loro desiderio di proteggere sé stessi dal dolore causato
dalla consapevolezza, ma so anche che stanno barattando una preparazione
a lungo termine con un benessere temporaneo, e che il dolore della consapevolezza
in questo momento sarebbe di gran lunga minore rispetto al dolore a
cui vanno incontro ignorandolo.

Io non sostengo di essere un’esperta
di crolli o di spiritualità, ma vi lascio ora con queste parole pronunciate
da donne e uomini saggi, che sono:

Solo con questo genere di equanimità
noi possiamo renderci conto che a prescindere da
cosa venga avanti, noi ci troviamo sempre in mezzo ad uno spazio sacro.
Solo con l’equanimità siamo in grado di vedere
che tutto ciò che entra nella nostra orbita
è venuto per insegnarci ciò che abbiamo bisogno di sapere
. —
Pema Chödrön

Noi ci stiamo chiaramente autodistruggendo.
E malgrado ciò, in questo atto di autodistruzione,
qualcosa si sta rivelando a noi. Da questo punto di vista,
l’eterna autodistruzione che stiamo perpetrando
l’uno ai danni dell’altro è l’impronta atemporale
di questa rivelazione, espressa in forma simbolica,
proiettata nel tempo, così come è il mezzo
attraverso cui noi possiamo riconoscere
ciò che si sta rivelando.
— Paul Levy, Spiritually Informed Political Activism” [Attivismo Politico Spiritualmente Informato, ndt]

E’ un’epoca terrificante per
essere vivi, ma è un’epoca meravigliosa per essere vivi.
E’ piacevole sapere che in mezzo a noi è accumulata così tanta intelligenza
e compassione.
— Richard Heinberg, Beyond The Peak” [Oltre il Picco, ndt]

Mai sottovalutare il potere
che esiste nel riconoscere pietosamente ciò che sta accadendo
— Pema Chödrön

Carolyn Baker
Fonte: http://carolynbaker.org
Link: http://carolynbaker.org/archives/the-spirituality-of-collapse-by-carolyn-baker
08.05.2007

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di CRISTINA MAZZAFERRO & ELISA MASIERO

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