DI ANDREW KORYBKO
No, i rapporti fra russi e israeliani non sono in uno stato di crisi, dopo che questi ultimi hanno bombardato la Siria all’inizio di questo mese ma, al contrario, stanno godendo di una fioritura senza precedenti che non sarà ostacolata da quello che sta accadendo nella suddetta Repubblica Araba. Mosca potrebbe persino legare Tel Aviv alla stessa area multilaterale di libero scambio che si è recentemente estesa fino ad includere l’Iran.
Il bombardamento israeliano della Siria che ha avuto luogo all’inizio di questo mese ha prontamente spinto molti degli Alt(ernative)-Media a dichiarare, al seguito dei loro dogmi e della loro immaginazione [http://www.eurasiafuture.com/2018/03/29/alt-media-debunking-the-dogma/], che questa volta la Russia “darà sicuramente al suo alleato [http://theduran.com/does-anyone-still-seriously-think-that-russia-and-israel-arent-allies/] una lezione”, trasformandosi apertamente nello “stato crociato antisionista”.
Come sempre, essi sono totalmente in errore. Tre specifici eventi dimostrano che i legami tra i due paesi non sono affatto in uno stato di crisi ma, al contrario, sono piuttosto fiorenti. L’ultima pietra miliare sul loro rapporto è la ripresa dei colloqui per il libero commercio.
Per prima cosa, alla Russia ci sono volute ben 24 ore per convocare l’Ambasciatore israeliano dopo l’attacco d’inizio aprile in Siria, il che è un comportamento estremamente insolito se Mosca fosse stata davvero presa alla sprovvista, secondo quanto proclamava pubblicamente.
Di solito, il paese offeso chiede un incontro ufficiale al massimo rappresentante del paese aggressore immediatamente, in particolare quando l’incidente ha che fare con un attacco militare senza preavviso che avrebbe potuto colpire i suoi militari. Ma così non è stato.
Inoltre, il presidente Putin ha aspettato due interi giorni per parlare con Netanyahu, il che è molto strano se si crede alla narrazione degli Alt-Media, secondo i quali Russia e Israele starebbero vivendo una delle peggiori crisi degli ultimi decenni.
Inoltre, non sono nemmeno stati i russi ad iniziare la conversazione, ma gli israeliani. Fatto che, ancora una volta, non farebbe parte della normalità. Se Mosca fosse stata davvero così furiosa nei riguardi di Tel Aviv, il suo leader avrebbe dato alla controparte una robusta lavata di capo. Netanyahu, invece, sembra che abbia chiamato il Presidente Putin per ringraziarlo della sua calma nel gestire la situazione.
Gli scettici [Alt-Media] potrebbero considerare queste osservazioni come una specie di “teoria della cospirazione”. Sarebbero, a loro dire, le personali opinioni di coloro che, nel tentativo di “leggere troppo fra le righe”, si rifiutano di vedere la realtà costituita dalle evidenti tensioni russo-israeliane.
Ma, al contrario, sono proprio loro, gli scettici, che si dilettano nella “teoria del complotto”, perché rifiutano di riconoscere che le relazioni russo-israeliane sono migliori, adesso, rispetto a qualsiasi altro momento del passato, ovvero da quando Mosca fu la prima capitale a riconoscere la dichiarazione d’indipendenza dell’autoproclamato “Stato ebraico”.
Ma, qualsiasi dubbio si potesse nutrire, esso è stato dissipato giusto all’inizio di questa settimana. L’Ambasciatore israeliano in Russia ha annunciato che i due paesi hanno ripreso i negoziati per un accordo di libero scambio attraverso l’EAU, Unione Economica Eurasiatica, dimostrando così che non c’è crisi di sorta nelle loro relazioni [https://sputniknews.com/world/201804241063842865-israel-russia-eaeu-talks/].
Semmai, Mosca e Tel Aviv stanno ora coordinandosi ad un livello così alto che uno scenario in precedenza incredibile – le merci israeliane che entrano nell’Iran attraverso la Russia – potrebbe un giorno diventare una chiara possibilità, dato che un temporaneo accordo di libero scambio, lungo quattro anni, è appena entrato in vigore tra l’Iran e l’EAU.
La Russia, con la sua enorme diaspora verso Israele e con le sue relazioni economiche in continua espansione nel Medio Oriente, potrebbe in teoria servire da ponte tra i due mortali nemici, senza che questi debbano ammettere che i propri imprenditori partecipano all’interscambio dei beni, approfittando dell’appartenenza alla stessa zona di libero commercio.
Né Israele né in particolare l’Iran importerebbero prodotti l’uno dall’altro se fossero a conoscenza delle loro origini. Ma stampando su di essi un adesivo “Made in Russia”, per certificare che una qualche superficiale lavorazione sia stata fatta in quel paese, si arriverebbe ad una soluzione accettabile da entrambe le parti e comunque redditizia per Mosca.
Nessuno dei due paesi potrebbe impedire che questo accada perché, aderendo alle disposizioni legali dell’accordo di libero scambio, in questo modo ne violerebbero le condizioni, discriminando in prospettiva le società che hanno sede in Russia e che fanno affari anche con le loro nemesi.
Tutto questo potrebbe essere meno lacerante per Israele di quanto non lo sia per l’Iran, è quindi più probabile che sia la Repubblica Islamica e non l’autodichiarato Stato ebraico a prendere l’iniziativa di peggiorare le relazioni con la Russia, se si sentissero offesi da questa mossa eventuale.
La Russia, ovviamente, si dispiacerebbe se il suo partner persiano reagisse in questo modo e quindi mai cospirerebbe con Israele per generare un tal risultato, ma sarebbe anche in gran parte impotente ad impedire che questo scenario possa materializzarsi perché, come in qualsiasi altro paese libero, non sarebbe in grado di controllare con chi i suoi imprenditori fanno affari, a meno che un eventuale partner non sia oggetto di una sanzione ufficiale – ma non è certo questo il caso.
Pertanto, se è vero che ci sono dei benefici effettivi e geopoliticamente equilibrati nel fungere da ponte economico tra Israele e Iran, è anche vero che ci sono dei rischi che non possono essere trascurati. Tuttavia, non si può nemmeno ignorare che le relazioni russo-israeliane mai sono state così buone, nonostante lo scandalo del loro presunto disaccordo in Siria – che in realtà potrebbe essere nient’altro che un’abile dimostrazione di “gestione della percezione”, a consumo sia del pubblico d’oltreoceano che siriano, proprio come la posizione che Lavrov ha preso su Afrin [http://www.eurasiafuture.com/2018/04/12/lavrov-erdogan-and-afrin-masterful-perception-management-in-action/] e, più recentemente, sugli S-300.
Per quanto sia allettante, per alcune persone, credere che Russia e Israele stiano ora vivendo una grave crisi, le prove dimostrano il contrario e sfatano lo screditato dogma degli Alt-Media.
Andrew Korybko
Fonte: https://www.globalresearch.ca
25.04.2018
Scelto e tradotto per www.comedonchisciotte.org da FRANCO