LA PROSSIMA FASE DELLA GUERRA IN MEDIO ORIENTE

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blankDI MICHEL CHOSSUDOVSKY
Global Research

La guerra di Israele al Libano è parte integrante dell’“itinerario
militare” promosso dagli Stati Uniti.

La guerra al Libano, che ha provocato innumerevoli atrocità inclusa la
distruzione dell’economia della nazione e delle infrastrutture civili,
è una “tappa” di una sequenza di operazioni militari accuratamente
pianificate.

Il Libano costituisce un corridoio strategico tra Israele e la Siria Nord Occidentale. L’obiettivo nascosto di questa guerra era la militarizzazione del Libano, compreso l’insediamento di truppe straniere, come pre-condizione per passare alla fase successiva di un’agenda militare più ampia.

Formalmente legittimate da un mandato dell’ONU, le truppe straniere che stazioneranno sul territorio libanese nell’immediato confine con la Siria proverranno in gran parte, anche se non esclusivamente, dai paesi della NATO. Non ha senso definire neutrali queste forze militari inviate dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU. Al contrario, queste rispondono direttamente agli interessi degli Stati Uniti e di Israele.

Inoltre, il tempestivo ritiro delle truppe siriane, seguito all’assassinio, avvenuto nel febbraio 2005, dell’ex primo ministro Rafik Hariri, ha contribuito ad aprire un “nuovo spazio”. Il ritiro delle truppe siriane è funzionale agli interessi d’Israele. La tempestiva ritirata ha un importante significato strategico: è stato il fattore più importante per la scelta del periodo e per la pianificazione dell’attacco al Libano da parte delle Forze di Difesa Israeliane (IDF) del luglio 2006.

Nel periodo immediatamente successivo al bombardamento di Israele e al “cessate il fuoco”, la Risoluzione 1701 del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, redatta dalla Francia e dagli Usa in stretta collaborazione con il governo di Israele, ha aperto la strada per la militarizzazione del Libano, sotto il fittizio mandato dell’ONU.

La prossima fase della guerra in Medio Oriente

Come confermano le dichiarazioni ufficiali e i documenti militari, gli Usa in stretta correlazione con l’Inghilterra (e in consultazione con i loro partner della NATO), stanno pianificando di lanciare una guerra contro Siria ed Iran. L’ambasciatore degli Usa all’ONU, John Bolton, ha già iniziato la redazione di una risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU con la prospettiva di imporre sanzioni a Teheran per i suoi presunti (inesistenti) programmi di sviluppo di armi nucleari. Che questa risoluzione sia adottata o meno non è la questione fondamentale. Gli Usa potrebbero decidere di proseguire a dispetto del Consiglio di Sicurezza, in seguito al veto di Russia e/o Cina. Il voto della Francia e dell’Inghilterra, tra i membri permanenti, è già assicurato.

Fonti militari degli Usa hanno confermato che un attacco aereo, conforme alle sanzioni contro il regime dell’Iran, coinvolgerebbe, con o senza l’approvazione dell’ONU, uno spiegamento di forze su larga scala paragonabile al raid di bombardamenti statunitensi “Colpisci e terrorizza” sull’Iraq nel marzo 2003:

Gli attacchi aerei sull’Iran supererebbero di gran lunga lo scopo dell’attacco israeliano del 1981 alla centrale nucleare di Osiraq in Iraq, e somiglierebbero di più ai primi giorni della campagna aerea contro l’Iraq. Impiegando l’intero schieramento dei bombardieri operativi B-2 Stealth, stanziati a Diego Garcia o in volo direttamente dagli Usa, possibilmente integrati dagli Stealth F-117 stanziati al Udeid in Qatar o in qualche altro sito compreso nel teatro delle operazioni, sarebbero colpiti due dozzine di siti nucleari sospetti.

I pianificatori militari potrebbero configurare la lista dei loro obiettivi per adattarla alle preferenze dell’Amministrazione con un limitato numero di attacchi aerei che colpirebbero soltanto gli impianti più importanti… Oppure gli Stati Uniti potrebbero optare per un piano di attacchi a lungo termine di ampia portata contro una gamma complessiva di obiettivi correlati ad armi di distruzione di massa, come pure forze convenzionali e non convenzionali che potrebbero essere utilizzate per controbattere le forze armate Usa in Iraq.

(Vedi Globalsecurity.org all’indirizo http://www.globalsecurity.org/military/ops/iran-strikes.htm)

I piani di bombardamento aereo sono pienamente operativi (“in uno stadio avanzato di preparazione”) dal giugno 2005. Le diverse componenti dell’operazione militare sono saldamente in controllo del Comando Usa, coordinate dal Pentagono e dai vertici del Comando Strategico (USSTRATCOM) nella base aerea di Offutt in Nebraska.

Nel novembre 2004, il Comando Strategico Usa ha condotto la più grande esercitazione di un “attacco aereo globale”, chiamato “Lampo Globale”. L’ultima comprendeva un attacco simulato usando sia armi convenzionali che nucleari contro un “nemico fittizio” [Iran]. Al termine dell’esercitazione “Lampo globale”, il Comando Strategico ha proclamato lo “stadio avanzato di preparazione”.

L’esecuzione operativa dell’Attacco Globale è chiamata CONCEPT PLAN (CONPLAN) 8022. L’ultima parte è descritta come “un piano effettivo che la marina e le forze aeree traducono in un programma d’attacco per i loro sottomarini e i loro
bombardieri”.

La struttura di comando dell’operazione è centralizzata e alla fine il Pentagono deciderà la sequenza: “se e quando” lanciare le operazioni militari contro l’Iran e la Siria. Le azioni militari d’Israele e quelle degli altri partner della coalizione, inclusa la Turchia, potrebbero essere effettuate in stretto coordinamento con il Pentagono.

Guerra di terra

Mentre la minaccia di bombardamenti aerei punitivi contro gli impianti nucleari dell’Iran è stata ripetutamente espressa dall’Amministrazione Bush, recenti sviluppi suggeriscono che è in preparazione anche una guerra di terra.

Il CONPLAN rappresenta solo uno dei componenti dell’agenda militare del Medio Oriente. Il CONPLAN 8022 non contempla una guerra di terra. Si propone un “nessuno stivale sul terreno”, che era l’assunto iniziale previsto in relazione ai prefissati attacchi aerei all’Iran.

I pianificatori militari degli Usa e di Israele sono pienamente consapevoli che i “bombardamenti aerei punitivi” saranno quasi inevitabilmente condotti dalle forze di coalizione in uno scenario di guerra di terra nel quale dovranno confrontarsi contro le forze iraniane e siriane sul campo di battaglia.

Teheran ha confermato che se sarà attaccata effettuerà delle rappresaglie, attraverso lanci di missili balistici diretti contro Israele, e contro le basi militari degli Usa in Iraq, in Afghanistan e nel Golfo Persico; circostanza che ci condurrebbe istantaneamente dentro uno scenario di escalation militare e di guerra totale.

Le truppe iraniane potrebbero attraversare il confine tra Iran e Iraq e confrontarsi con le forze della coalizione all’interno dell’Iraq. Le truppe d’Israele e/o le Forze Speciali potrebbero entrare in Siria.

Le truppe straniere stazionate in Libano sotto il mandato dell’ONU risponderebbero ai diktat della coalizione guidata degli Usa e degli impegni precedenti raggiunti con Washington e Tel Aviv nel contesto delle diverse alleanze militari (NATO, Israele, Turchia-Israele, GUUAM, etc).

Esercitazioni militari

Questi preparativi militari sono anche caratterizzati, di recente, dalla orchestrazione di simulazioni belliche.

Alla fine di agosto, l’Iran è stato coinvolto nella conduzione di esercitazioni militari nelle maggiori regioni del paese, incluse le zone di confine con Turchia, Iraq, Azerbaigian, Pakistan e Afghanistan. Il ministro della difesa iraniano, il generale Mostafa Mohammad Najjar ha confermato lo schieramento di un potenziale militare accresciuto, compresi gli armamenti e le truppe, sul confine iraniano: “Le forze armate [iraniane] stanno sorvegliando tutti i movimenti delle truppe trans-regionali e dei loro agenti attorno ai confini iraniani” (FARS News, 2 settembre 2006)

Nella quasi totale indifferenza dei media occidentali, la Russia, il Kazakistan, il Kirghizistan e il Tagikistan, nell’ambito del “Trattato di Organizzazione della Sicurezza Collettiva” (CSTO) [Collective Security Treaty Organization], hanno avviato delle esercitazioni militari alla fine di agosto. Queste esercitazioni, ufficialmente presentate come parte di un programma anti-terrorismo, sono state svolte in risposta alle minacce militari degli Usa e di Israele nella regione, compresi gli attacchi pianificati contro l’Iran. (vedi Michel Chossudovsky, agosto 2006). A sua volta, la Cina e il Kazakistan hanno organizzato simultaneamente esercitazioni sotto l’egida della “Organizzazione di Cooperazione di Shangai” (SCO) [Shangai Cooperation Organization].

L’Azerbaigian e la vicina Georgia hanno stretti legami con Washington. Entrambi i paesi fanno parte del GUUAM, un’alleanza militare con gli Usa e la NATO.

La Turchia è un solido alleato di Israele. Dal 2005, Israele ha schierato le Forze Speciali nella zona montuosa della Turchia al confine di Iran e Siria con la collaborazione del governo di Ankara: anche il Pakistan è un fedele alleato degli Usa e dell’Inghilterra. Pure la Georgia ha un rapporto militare favorevole con Israele.

Nel frattempo, la USS Enterprise, la più grande portaerei Usa, è in rotta verso il golfo persico.

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[Mappa; Copyright Eric Waddell, Global Research 2003. ]

Aumentano le truppe Usa

Le truppe statunitensi sono cresciute fino a raggiungere le 140.000 unità come è confermato da recenti dichiarazioni del Pentagono (Reuters, 2 settembre 2006). Questi piani si aggiungono alla richiamata forzata dei “militari inattivi” oltre che all’incremento delle forze mercenarie. (Mahdi Darius Namzaroaya, agosto 2006)

Il Pentagono ha giustificato l’aumento delle truppe come parte di un processo di “routine” di ricollocamento e di rotazione, necessario alla sua guerra in corso contro i “terroristi” in Iraq. L’accelerazione del reclutamento militare è in corso anche nei paesi centrali della coalizione anglo-statunitense, incluse Gran Bretagna, Australia e Canada (vedi
anche “Recruiting Canada). Il Canada e l’Australia sono allineati agli Usa. Il primo ministro australiano John Howard, come pure quello del Canada Steven Harper, hanno confermato il loro appoggio alla guerra degli Usa e di Israele e hanno promesso un incremento delle forze armate dei loro rispettivi paesi.

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Nel frattempo, le truppe inglesi stanziate in Iraq sono state dislocate verso il confine iraniano nel sud dell’Iraq. Questo dislocamento è stato presentato con disinvoltura dall’ambasciatore in Iraq come un piano per “usare la mano la pesante contro il contrabbando e l’ingresso di armi dall’Iran verso l’Iraq”.

Mentre gli ufficiali sostengono di non avere né il desiderio né la preparazione per un conflitto con l’Iran, nello stesso tempo, sempre un maggior numero di truppe inglesi è stata mobilitata e riposizionata in Iraq. La Fanteria Leggera del secondo Battaglione, un’altra unità in grado di effettuare dei dislocamenti rapidi, è stata trasferita nell’Iraq meridionale, ai confini con l’Iran. Il Secondo Battaglione sta per essere inviato in Iraq con il pretesto di lavorare nel “Gruppo per le Operazioni di Battaglia di Retroguardia” [Rear Operations Battle Group] che provvederà a scortare i convogli militari e a garantire la sicurezza alle forze armate inglesi e alle basi di Bassora. (Vedi Mahdi Darius Namzaroaya, agosto 2006)

Il ruolo di Israele

Alla vigilia della guerra al Libano, i piani militari e i pronunciamenti di Israele sono diventati sempre più espliciti. Tel Aviv ha annunciato piani che prevedono di ingaggiare una “guerra su grande scala” preventiva contro Iran e Siria, che implicherebbe il dislocamento sia delle forze d’aria che di terra. Ora si dice che queste guerre sono in cima all’agenda della difesa:

“Israele si sta preparando per una possibile guerra contro l’Iran e la Siria, secondo le fonti politiche e militari di Israele”

(…)

“La sfida che giunge dall’Iran e dalla Siria è ora al vertice dell’agenda della difesa israeliana, viene persino prima della questione palestinese”, ha detto una fonte della difesa israeliana. Poco prima della guerra in Libano il generale maggiore Eliezer Shkedi, il comandante della forza aerea, è stato inviato a guardia del “fronte iraniano”, una nuova posizione per la Difesa israeliana.

Il suo lavoro consisterà nel comandare qualsiasi futuro assalto all’Iran e alla Sira”.

(…)

“In passato ci siamo preparati per un possibile attacco militare contro gli impianti nucleari iraniani”, ha detto una persona ben addentro a queste vicende, “ma l’accresciuta fiducia dell’Iran dopo la guerra in Libano significa che dobbiamo prepararci per una guerra su grande scala, nella quale la Siria sarà un attore importante”

(…)

“Come risultato del cambiamento delle priorità della difesa, il budget per le forze armate israeliane nella Cisgiordania e a Gaza deve essere ridimensionato” (Sunday Times, 3 settembre 2006)

La disinformazione mediatica

I media occidentali stanno battendo i tamburi della guerra.

Il Sunday Times giudica i piani di guerra d’Israele come atti di legittima difesa, per prevenire un terrificante attacco nucleare da parte di Teheran sul suo territorio: “L’Iran e la Siria sono in possesso di missili balistici la cui gittata è in grado di coprire la maggior parte di Israele, compresa Tel Aviv. Un budget d’emergenza sarà ora stanziato per costruire delle barriere moderne”.

Il fatto che Teheran non disponga di nessun impianto nucleare, come conferma il rapporto dello IAEA, sembra non avere alcuna importanza.

La disinformazione diffusa dai media ha contribuito a creare un’atmosfera di paura e di intimidazione. L’annuncio del 10 agosto del Ministero dell’Interno Inglese di un fallito attentato terroristico di grande portata, che comprendeva l’esplosione simultanea di oltre dieci aeroplani, ha veicolato l’impressione che sia il mondo occidentale piuttosto che il Medio Oriente ad essere sotto attacco.

La realtà è stata rovesciata. La campagna di disinformazione è proseguita a pieno regime. I media inglesi e statunitensi hanno sempre più parlato della “guerra preventiva” come un atto di “difesa” contro Al Qaeda e i paesi che sponsorizzano il terrorismo, i quali starebbero preparando un presunto “Secondo 11 settembre”.

L’obiettivo nascosto, raggiungibile attraverso la paura e l’intimidazione, è in definitiva quello di costruire il consenso pubblico per la prossima fase delle “guerra al terrorismo” mediorientale, diretta contro Siria e Iran.

Il movimento pacifista è stato fiaccato.

Mentre Cina e Russia si opporranno per vie diplomatiche, oltre che al Consiglio di Sicurezza dell’Onu, alla guerra condotta dagli Usa, Washington si è assicurata il supporto di Francia e Germania. Mentre Cina e Russia hanno un accordo di cooperazione militare con l’Iran, probabilmente non lo aiuteranno militarmente.

La NATO appoggia largamente l’agenda militare Usa. Nel febbraio 2005, la NATO ha firmato a un accordo di cooperazione militare con Israele.

Armi nucleari contro l’Iran

L’impiego di armi nucleari tattiche da parte degli Usa e di Israele contro l’Iran, è giustificato, ironicamente, in quanto rappresaglia per l’inesistente programma di armi nucleari dell’Iran.

[Armi nucleari tattiche; Bomba termo-nucleare B61-11]

La nuova dottrina dell’amministrazione Bush riguardo al nucleare contiene specifiche “linee guida” che consentono attacchi nucleari “preventivi” contro i “nemici canaglia” che “posseggono” o “stanno sviluppando” armi di distruzione di massa (2001, Revisione della Posizione Nucleare (NPR) [Nuclear Posture Review] e Dottrina per le Operazioni
Nucleari congiunte(DJNO)
[Doctrine for Joint Nuclear Operations].

Il CONPLAN 8022, di cui si parla sopra, è “l’ombrello generale per ogni tipologia di piano che comprenda scenari strategici predefiniti che implichino armi nucleari”.

“E’ principalmente focalizzato su questi nuovi tipi di minaccia – Iran, Corea del Nord – di proliferazione e potenzialmente anche di terrorismo” ha detto. “Non c’è niente che dica che non possano servirsi del CONPLAN 8022 in scenari limitati contro obiettivi russi o cinesi” (Hans Kristensen del Progetto d’Informazione Nucleare, citato in “Japanese economic News Wire”)

La missione del JFCCSGS è di eseguire CONPLAN 8022, in altre parole di scatenare una guerra nucleare contro l’Iran.

Il Comandante in Capo, vale a dire George Bush, istruirebbe il Segretario della Difesa, che a sua volta incaricherebbe i Capi Congiunti (Joint Chiefs) dello staff di attivare CONPLAN 8022.

L’uso di armi nucleari contro l’Iran sarebbe coordinato con Israele, che possiede un sofisticato arsenale nucleare.

Non può essere escluso l’impiego di armi nucleari da parte di Israele o degli Usa, specialmente alla luce del fatto che le armi nucleari tattiche sono state riclassificate come una variante dei depositi convenzionali di bombe distruttrici e sono autorizzate per essere impiegate nei teatri di guerra convenzionali (“sono inoffensive verso i civili perché esplodono sottoterra”).

In questa ottica, sono gli Usa e Israele, piuttosto che l’Iran, a costituire una minaccia nucleare.

Il mondo si trova ad un bivio critico

L’amministrazione Bush ha intrapreso un’avventura militare che minaccia il futuro dell’umanità. Questa non è un’esagerazione. Se dei bombardamenti aerei dovessero essere lanciati contro l’Iran, si scatenerebbe una guerra di terra e il conflitto si estenderebbe in una regione molto più estesa. Anche nel caso in cui fossero portati attacchi aerei e missilistici impiegando testate convenzionali, i bombardamenti innescherebbero un incubo nucleare “tipo Chernobyl” causato dalla diffusione delle radiazioni nucleari provocate dalla distruzione degli impianti nucleari iraniani.

Nel corso di tutta la storia, lo schema delle alleanze militari ha giocato un ruolo decisivo nello scatenare i più grandi conflitti armati. Diversamente dalla situazione precedente all’invasione dell’Iraq nel 2003, l’avventura militare in svolgimento degli Stati Uniti è ormai sostenuta fermamente dall’alleanza franco-tedesca. Inoltre, Israele si candida a sostenere un ruolo di primo piano in questa operazione militare.

La NATO è saldamente allineata con l’asse militare anglo-statunitense-israeliano, che comprende anche Australia e Canada. Nel 2005, la NATO ha firmato un accordo di cooperazione militare con Israele che, a sua volta, ha un accordo bilaterale di lunga data con la Turchia.

L’Iran si trova nella condizione di osservatore nell’ambito della “Shanghai Cooperation Organization” (SCO) ed è in procinto di diventarne un membro effettivo. Cina e Russia detengono accordi di cooperazione militari di vasta portata con l’Iran.

In sede diplomatica, Cina e Russia si sono opposte in maniera risoluta all’operazione militare condotta dagli Usa. Sebbene il piano di guerra promosso dagli Usa minacci gli interessi russi e cinesi in Asia centrale e nel bacino del Mar Caspio, è improbabile che queste interverranno nel conflitto dalla parte di Iran o Siria.

Il piano d’attacco all’Iran deve essere inteso in relazione ai teatri di guerra attualmente attivi nel Medio Oriente: Afghanistan, Iraq e Libano-Palestina.

Il conflitto potrebbe facilmente diffondersi dal Medio Oriente fino al bacino del Caspio. Questo fatto potrebbe anche implicare la partecipazione di Azerbaigian e Georgia, dove sono stazionate truppe Usa.

Azioni militari contro l’Iran e la Siria comporterebbero direttamente la partecipazione di Israele, che, a sua volta, scatenerebbe una guerra estesa a tutto il Medio Oriente, per non parlare della conseguente implosione nei territori palestinesi occupati. La Turchia è saldamente correlata ai proposti attacchi aerei.

Se i piani di guerra di Usa, Gran Bretagna e Israele dovessero andare in porto, le regioni del Medio Oriente e dell’Asia centrale s’infiammerebbero, dal Mediterraneo orientale fino al confine tra Afghanistan e Cina. Al momento, ci sono tre distinti teatri di guerra: Afghanistan, Iraq e Palestina-Libano. Un attacco diretto contro l’Iran servirebbe a congiungere questi scenari trasformando i confini della regione comprendente il Medio Oriente e l’Asia centrale in una zona di guerra unificata. (vedi la mappa sopra).

I bombardamenti aerei degli Usa contro l’Iran potrebbero, a loro volta, contribuire a dare l’avvio ad una guerra di terra caratterizzata dagli attacchi iraniani contro le truppe della coalizione in Iraq. Quindi le forze armate israeliane entrerebbero in Siria.

Un attacco all’Iran avrebbe un impatto diretto sulla resistenza irachena. Potrebbe anche allargare la pressione sulle strutture e sulle risorse militari degli Stati Uniti nei teatri di guerra dell’Iraq e dell’Afganistan.

In altri termini, la geopolitica traballante della regione compresa tra l’Asia centrale e il Medio Oriente, i teatri di guerra in cui gli Stati Uniti sono attualmente impegnati, implica la diretta partecipazione di Israele e della Turchia, lo schema dell’alleanza militare promossa dagli Usa, etc: avanza quindi lo spettro di un conflitto più esteso.

La guerra contro l’Iran fa parte di un’agenda militare di più vasto respiro che mira a militarizzare l’intero bacino del Mar Caspio, conducendo eventualmente alla destabilizzazione e alla conquista della Federazione Russa.

Il Secondo 11 settembre del Pentagono

I rivolgimenti politici ed economici provocati da questa agenda militare sono di vasta portata.

Se gli attacchi contro l’Iran e la Siria dovessero essere effettuati, potrebbe essere dichiarata le legge marziale e/o lo stato di emergenza negli Usa, e forse anche in Inghilterra, con il pretesto che il proprio territorio si trova sotto l’attacco dei terroristi sostenuti dall’Iran. Lo scopo di questi provvedimenti dovrebbe sostanzialmente essere quello di frenare il movimento contro la guerra e di conferire legittimità ad una guerra illegale.

Il Pentagono ha intimato a riguardo, attraverso una dichiarazione ufficiale, che “un altro attacco [11 settembre potrebbe
fornire la giustificazione e l’occasione per fare rappresaglie contro qualche obiettivo noto [Iran e Siria]
“. Con grande tempestività, il Vice Presidente Cheney, pochi giorni dopo l’inizio dei bombardamenti sul Libano, ha ripetutamente ammonito che: “Il nemico che ha colpito l’undici settembre è stato disgregato e indebolito, ma rimane ancora letale, determinato a colpirci ancora” (Waterloo Courier, Iowa, 19 luglio 2006, corsivo aggiunto)

Rovesciare l’onda di guerra

I punti sollevati da questo articolo non implicano che la guerra sia inevitabile. Quello che confermano le analisi delle dichiarazioni ufficiali e dei documenti militari è che:

a) la guerra fa parte di un’agenda politica;

b) i piani militari che prevedono un attacco sull’Iran e sulla Siria si trovano “in uno stadio di preparazione avanzata”

La guerra non è un processo inevitabile. La guerra può essere evitata attraverso un’azione di massa.

Il punto fondamentale non è se la guerra ci sarà inevitabilmente, ma quali sono gli strumenti a nostra disposizione che ci consentiranno di accantonare e disinnescare questa agenda militare globale.

Criminali di guerra occupano posizioni di autorità. La cittadinanza è entusiasta di sostenere i propri governanti, che “agiscono per la sua sicurezza e per il suo benessere”. Attraverso la disinformazione mediatica, alla guerra è demandato uno scopo umanitario.

La legittimità della guerra deve essere preparata. Il sentimento pacifista non può arrestare da solo l’agenda militare. Gli ufficiali di rango più alto dell’amministrazione Bush, i membri dell’apparato militare e del Congresso degli Usa posseggono l’autorità di sostenere una guerra illegale.

I finanziatori e gli sponsor della guerra nel e dei crimini di guerra nel campo delle aziende compredono anche le compagnie petrolifere, gli appaltatori della difesa, le istituzioni finanziarie e la corporazione dei media, che è diventata parte integrante della macchina di propaganda a sostegno della guerra.

Siamo in una situazione d’emergenza. Nelle settimane e nei mesi a venire, il movimento contro la guerra deve agire in modo considerevole ed evidenziare una serie di punti chiave:

1) Il ruolo cruciale della disinformazione mediatica a sostegno dell’agenda militare

Non potremo coronare con successo i nostri sforzi se l’apparato di propaganda non sarà indebolito ed eventualmente smantellato. È essenziale informare i cittadini dei nostri paesi sulle cause e sulle conseguenze della guerra condotta dagli Usa, per non parlare dell’estensione dei crimini di guerra e delle atrocità che sono costantemente manipolate dai media. Questo non è un compito facile. Richiede un programma di contro-propaganda effettivo ed efficiente che confuti le asserzioni dei media principali.

È fondamentale che informazioni ed analisi rilevanti raggiungano un pubblico più ampio. I media occidentali sono controllati da un pugno di potenti aziende. L’agglomerato dei media che controlla le reti televisive e la carta stampata deve essere sfidato per mezzo di un’azione decisa ed unitaria che smascheri le menzogne e le falsità.

2) Esiste un’opposizione all’interno dell’establishment politico Usa come pure nelle file delle Forze Armate

Sebbene questa opposizione non discuta necessariamente la linea generale della politica estera degli Usa, si oppone risolutamente all’avventurismo militare, compreso l’utilizzo di armi nucleari. Queste voci all’interno delle istituzioni dello Stato, dell’establishment militare e finanziario sono importanti perché possono essere incanalate vantaggiosamente per screditare e infine smantellare il consenso alla “guerra al terrorismo”. L’alleanza più vasta possibile delle forze sociali e politiche è, dunque, necessaria per prevenire un’avventura militare che minaccia realmente il futuro dell’umanità.

3) Lo schema delle alleanze militari deve essere cambiato. Uno spostamento tempestivo delle alleanze militari potrebbe potenzialmente invertire il corso della storia.

Nonostante Francia e Germania sostengano largamente la guerra condotta dagli Usa, in entrambi i paesi, come pure nell’Unione Europea, ci sono voci, sia a livello popolare che in quello dello stesso sistema politico, che si oppongono fermamente all’agenda militare statunitense.

È determinante che, attraverso la pressione esercitata ai livelli politici appropriati, gli impegni assunti dai capi di governo e dai capi di Stato verso Washington siano cancellati o annullati. Questo comporta, in particolare, lo scioglimento del supporto all’amministrazione Bush, espresso dal Presidente Jacques Chirac e dal Cancelliere Angela Merkel.

L’indebolimento dello schema di alleanze che obbliga l’Europa Occidentale a sostenere l’asse militare anglo-statunitense, potrebbero contribuire a rovesciare l’onda. Washington potrebbe esitare ad intraprendere una guerra all’Iran senza il sostegno di Francia e Germania.

4) E’ fondamentale l’organizzazione di grandi manifestazioni contro la guerra. Ma non basteranno per rovesciare l’onda di guerra se non saranno accompagnate dallo sviluppo di una rete unitaria contro la guerra.

Quello che serve è una rete popolare contraria alla guerra, un movimento di massa a livello nazionale ed internazionale, che sfidi la legittimità dei principali attori politici e militari, come pure l’insieme dei loro sponsor, e che, infine, si rivelerebbe funzionale alla deposizione di quelli che agiscono in nostro nome. La costruzione di una rete di questo tipo richiederà molto tempo per essere sviluppata. Inizialmente, si focalizzerà sullo sviluppo di una decisa presa di posizione contraria alla guerra con le organizzazioni di cittadini già esistenti (p.e: sindacati, organizzazioni sociali, gruppi professionali, federazioni di studenti, consigli municipali, etc)

5) L’11 settembre gioca un ruolo cruciale nella campagna di propaganda

La minaccia di un “Attacco agli Stati Uniti” da parte di Al Qaeda è stata utilizzata diffusamente dall’amministrazione Bush, e dal suo indefesso alleato inglese, per galvanizzare l’opinione pubblica a favore dell’agenda militare globale.

Svelare le bugie dietro l’11 settembre servirebbe a demolire la legittimità della “guerra al terrorismo”

Senza l’11 settembre, i criminali di guerra nei piani alti sono destinati a crollare. L’intero concetto di sicurezza nazionale crolla come un castello di carte.

Come è risaputo e documentato, la “rete terroristica islamica” è una creazione dell’apparato d’intelligence Usa. La maggior parte degli allarmi terroristici si basa su falsa intelligence come si è scoperto nel recente, e fallito, “attacco con bombe liquide”. È provato che molti “eventi con vittime civili di massa” compiuti dal terrorismo sono scatenati dai
militari e/o dai servizi d’intelligence. (p.e. Bali 2002)

La “guerra al terrorismo” è una finzione. La versione dell’11 settembre che si evince dal rapporto della Commissione è manipolata. L’amministrazione è coinvolta in azioni d’insabbiamento e di complicità ai livelli più alti del governo.

Michel Chossudovsky è l’autore del best-seller internazionale “The Globalization of Poverty” tradotto in undici lingue. È professore di economia all’Università di Ottawa e Direttore del Center for Research on Globalization. Il suo ultimo libro è: America’s “War on Terrorism”, Global Research, 2005.

Michel Chosudovsky
Fonte: http://www.globalresearch.org/
Link: http://www.globalresearch.ca/index.php?context=viewArticle&code=CHO20060904&articleId=3147
04.09.2006

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di ALESSANDRO LUCCHI

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