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LA MORTE A BAGHDAD, OVVERO COME LA DEMOCRAZIA LASCIO' LA PESTE SENZA LAVORO

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A cura di God
Il 4 Agosto 2006
54 Views

blankDI SANTIAGO ALBA RICO
Rebelion

Per una volta vi racconto una storia.

Molti anni fa scoppiò a Baghdad un’epidemia di peste. La Morte, che bisogna immaginarsi vecchia vecchia, minacciosa e familiare, vestita di un mantello nero ed armata di falce, andava di casa in casa bussando alle porte con le sue nocche ossute mentre annunciava la sua presenza con un vocione sinistro: “Non c’è altra morte che la Morte e la Peste è il suo profeta”. Ed uno ad uno molti abitanti di Baghdad avevano già perso la vita.

Un giorno la Morte si presentò a casa di Redwan, un ragazzino dodicenne che si stava preparando ad uscire in strada per sellare coi suoi amici un cavallo bianco. “Non c’è altra morte che la Morte e la Peste è il suo profeta”, gridò la morte e diede appuntamento a Redwan quel pomeriggio alle cinque al mercato di Al-Karrada. Redwan, che aveva letto la vecchia storia del soldato di Samarcanda, ammise di non avere scampo, corse ad accomiatarsi dai suoi compagni, si mangiò una fetta di anguria e s’incamminò intrepido all’appuntamento.Ma Redwan non arrivò mai al mercato.

“Non c’è altra morte che la Morte e la Peste è il suo profeta”, sbraitava da parte sua la Morte mentre avanzava puntualissima, qualche minuto prima delle cinque, verso Al-Karrada. Ma ecco che all’improvviso una confusione di pianti e schiamazzi la fermò ai bordi di una piazza. La Morte provò sorpresa e quindi collera: una folla stava seppellendo 100 abitanti di Baghdad – o 1000 o 10000, era difficile contarli – che non aveva ucciso lei. Chi l’aveva preceduta? Chi aveva ammazzato quella torma di persone pestate ed insanguinate? Era la Democrazia che era arrivata in città. Sui suoi carrarmati di sette leghe, col suo coro di aerei e missili, innalzata gloriosamente su uno scranno di teschi, annunciava con altoparlanti la nuova legge della nazione: “Ci sono altre morti oltre alla Morte e la Democrazia è la più forte”. Tra i morti della piazza, ovvio, c’era Redwan, che aveva creduto ingenuamente nella verità delle fiabe.

A partire da quel momento la Morte arrivò tardi a tutti i suoi appuntamenti. “Non c’è altra morte che la Morte e la Peste è il suo profeta”, ma sempre era già arrivata prima la Democrazia. La vecchia Morte dal mantello nero ed armata di falce, la vecchia Morte di tutta la vita che negoziava uno ad uno i destini individuali, la vecchia Morte che ricalcava tragicamente le consuetudini degli innamorati, finì mezza matta, zoppicando per le strade di Al-Karrada ed Al-Muntasiriya, inseguita da uno sciamare di bambini e uno strombazzare di marine.

E da allora nessuno più a Baghdad tornò a morire di morte naturale.

Per quel motivo – scrivevo poco fa – le madri di Baghdad, di Ramadi, di Al-Qaim, di Falluja, quando i loro figli non vogliono mangiare la minestra, li minacciano: “Mangia, bimbo, mangia, che viene la Democrazia”. E quando non vogliono andare a letto, le madri di Baghdad, di Ramadi, di Al-Qaim, di Falluja, dicono loro: “Dormi, bimbo, dormi, che la Democrazia è al portone”. E quando non vogliono fare i compiti, le madri di Baghdad, di Ramadi, di Al-Qaim, di Falluja, li ammoniscono: “Studia, bambino, studia, che la Democrazia ha abbattuto la porta”. Alla fine della storia, tutti i giorni, le madri di Baghdad, di Ramadi, di Al-Qaim, di Falluja, dicono ai loro figli con voce lacerata: “Scava, bambino, scava, che la Democrazia ha appena sgozzato tuo padre nel salone”.

Questa non è una favola. Nelle fiabe, un bambino della taglia d’una matita sconfigge due giganti: in Iraq i bambini si dissanguano, con uno sparo al petto, sui marciapiedi. Nelle fiabe, un contadino coraggioso restituisce il sorriso ad una principessa: in Iraq, i contadini coraggiosi sono fucilati o accoltellati tra le spighe. Nelle fiabe, una fanciulla povera conquista l’amore d’un re: in Iraq le fanciulle povere sono violentate dai soldati dell’imperatore. Nelle fiabe, la giustizia finisce per costruire una città: in Iraq, l’ingiustizia meglio armata della storia bombarda tutti i giorni quindici città con dentro i loro abitanti.

Tutto questo sta accadendo mentre lo scrivo e sta accadendo mentre voi lo leggete. Tutto questo sta succedendo, benché leggerlo lo renda, in qualche modo, inverosimile o incredibile. Tutto questo sta succedendo a noi, benché saperlo ci faccia sentire paradossalmente protetti. Chi voglia sentirsi indifeso, vulnerabile, in pericolo, chi voglia essere soggetto di un’esperienza reale, e non poter mai più riposare, chi voglia accantonare la comoda mezza distanza della compassione e lasciarsi palpare dalla vicinanza assoluta dell’orrore, chi voglia sentirsi coinvolto ed a volte provare vergogna e perfino sentirsi accusato, dovrà ricorrere alle “Cronache dell’Iraq” (Edizioni dell’Oriente e del Mediterraneo, 2006) di Iman Ahmed Jamas, la straordinaria donna grazie alla quale facciamo nostro il dolore di un paese nel quale – non mi viene immagine più terribile – le madri hanno smesso di piangere ed i padri hanno cominciato a farlo. Chi preferisce sentirsi forte, sicuro, innocente, rilassato, bello, buono, elegante, basta che si sieda a contemplare spensieratamente la carneficina.

Iman Jamas tiene il conto e ci rivela che, nella battaglia tra la Democrazia e la Morte, la Democrazia ha ammazzato molta più gente. “Mamma, mamma”, dice il bambino, “da grande voglio avere trent’anni”. “Mamma, mamma”, dice il bambino, “se devo morire prima, per lo meno che mi porti via la Peste”. Brutti tempi, questi, in cui la maggior parte del pianeta sente nostalgia non solo di una parete, di un fuoco, di una scarpa e di una zuppa calda; brutti tempi, questi, in cui la maggior parte del pianeta sente nostalgia perfino della Signora Morte.

Santiago Alba Rico
Fonte: http://www.rebelion.org/
Link: http://www.rebelion.org/noticia.php?id=35142
25.07.2006

Traduzione a cura di ADELINA BOTTERO

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