PABLO NAVARRETE intervista JOHN PILGER
Venezuelan Analysis
John Pilger è un giornalista vincitori di numerosi premi, autore di libri e regista di documentari, che ha iniziato la sua carriera nel 1958 in Australia, la sua patria, prima di trasferirsi a Londra negli anni ’60. Ha iniziato come corrispondente estero e reporter dalla prima linea, a partire dalla guerra in Vietnam del 1967. E’ un feroce critico delle avventure estere, economiche e militari, dei governi occidentali.
“Per i giornalisti occidentali”, dice Pilger, “è troppo facile vedere l’umanità in termini della sua utilità per i ‘nostri interessi’ e per come segue le agende dei governi che decretano chi siano i tiranni buoni e quelli cattivi, le vittime degne e quelle indegne, e presentare le ‘nostre’ politiche come sempre benigne, quando di solito è vero il contrario. E’ il lavoro del giornalista, anzitutto, guardare nello specchio della propria società”.Pilger crede anche che un giornalista dovrebbe essere custode della memoria pubblica e cita spesso Milan Kundera; “La lotta del popolo contro il potere è la lotta della memoria contro l’oblio”.
In una carriera che ha prodotto oltre 55 documentari per la televisione, il primo lungometraggio di Pilger per il cinema, The War on Democracy, uscirà nel Regno Unito l’11 maggio 2007. Pilger ha passato molte settimane a filmare in Venezuela e The War on Democracy contiene un’intervista esclusiva con il presidente venezuelano Hugo Chavez.
Potresti iniziare dicendoci di cosa parla il tuo nuovo film, ‘The War on Democracy’?
JP: Mi è capitato di assistere al discorso inaugurale della seconda amministrazione Bush, in cui ha promesso di “portare democrazia al mondo”. Ha menzionato le parole “democrazia” e “libertà” ventun volte. Era un discorso molto importante perché, a differenza dello stile elaborato degli ex presidenti (escluso Ronald Reagan), non ha lasciato dubbi sul fatto di star svuotando nobili concetti come “democrazia” e “libertà” del loro vero significato – governo, per, e del popolo.
Volevo fare un film che mettesse in luce questa verità mascherata — che da molto tempo gli Stati Uniti hanno intrapreso una guerra alla democrazia dietro ad una facciata di propaganda atta a pervertire l’intelletto e la moralità degli Americani e del resto di noi. Per molti di voi che leggete, questo è un fatto noto. Comunque, per altri, in occidente, la propaganda che ha mascherato le ambizioni di Washington è stata ben instillata, con le radici nell’incessante celebrazione della Seconda Guerra Mondiale, la “buona guerra”, e poi la “vittoria” nella Guerra Fredda. Per queste persone, la “bontà” del potere statunitense rappresenta “noi”. Grazie a Bush e alla sua Cabala, e a Blair, milioni di persone hanno aperto gli occhi. Vorrei che “The War on Democrazy” contribuisse a questo risveglio.
Il film parla del potere dell’impero e di quello del popolo. E’ stato girato in Venezuela, Bolivia, Cile, Guatemala, Nicaragua e Stati Uniti. Racconta la storia del “giardino dell’America”, il termine spregiativo dato a tutta l’America Latina. Descrive la lotta dei popoli indigeni prima contro la Spagna, poi contro gli immigranti europei che hanno rinforzato la vecchia elite. Le nostre riprese si sono concentrare sui barrios, dove vive il “popolo invisibile” del continente, in baracche infernali che sfidano la legge di gravità. Racconta, soprattutto, una storia molto positiva: quella del sollevarsi dei movimenti sociali che ha portato al potere governi che promettono di ergersi contro chi controlla la ricchezza nazionale e contro il padrone imperiale. Il Venezuela ha spianato la strada, e un punto focale del film è una rara intervista faccia-a-faccia con il presidente Hugo Chavez, la cui crescente consapevolezza politica, e il cui senso della storia (e dell’umorismo) sono evidenti. Il film indaga il colpo di stato del 2002 contro Chavez e lo inserisce in un contesto contemporaneo. Descrive anche le differenza tra il Venezuela e Cuba, e il cambiamento nel potere economico e politico da quando Chavez è stato eletto per la prima volta. In Bolivia, il recente tumultuoso passato è raccontato con una notevole testimonianza da parte delle persone comuni, tra cui quelle che hanno combattuto contro il furto delle loro risorse. In Cile, il film guarda dietro la maschera di questo apparentemente “moderno” modello di democrazia e vi trova potenti fantasmi. Negli Stati Uniti, la testimonianza è di quelli che hanno hanno fatto eco alla storia del “giardino” in questi anni, ossia quelli che hanno sfruttato l’altro “giardino”, l’Iraq; a volte sono le stesse persone. Chris Martin (il mio ex direttore) ed io crediamo che “The War on Democracy” esca in un momento adatto. Speriamo che le persone lo vedranno come un’altra prospettiva del mondo; come una metafora per la comprensione di una guerra più ampia alla democrazia e alla battaglia universale dele persone comuni, dal Venezuela al Vietnam, dalla Palestina al Guatemala.
Come hai detto, l’America Latina è stata spesso descritta come il giardino degli Stati Uniti. Quanto è importante l’America Latina per gli Stati Uniti nel contesto globale?
L’importanza strategica dell’America Latina viene spesso sminuita. Ecco perché é così importante. Leggete la recente, eccellente storia di Greg Grandin (l’ho intervistato nel film) in cui sostiene che l’America Latina è stata il “laboratorio” di Washingon per lo sviluppo e l’affinamento e la promozione dei propri impulsi imperiali in ogni altro luogo. Per esempio, quando gli Stati Uniti si sono “ritirati” dall’Asia sud-orientale, dove sono andati i suoi “costruttori di democrazia” a reclamare la propria “visione”? In America Latina. Il risultato si è visto nei brutali assalti al Nicaragua, El Salvador e Guatemala, e l’oscurità della “Operazione Condor” nel cono meridionale. Questa è stata la “guerra al terrore” di Ronald Reagan: ovviamente si trattava di una guerra al terrore che ha fornito le basi per quelli che adesso guidano la “lunga guerra” di Bush/Cheney in Medio Oriente e altrove.
Recentemente, Noam Chomsky ha detto che dopo cinque secoli di conquista europea, l’America Latina stava riaffermando la sua indipendenza. Sei d’accordo con lui?
Sì, sono d’accordo. E’ sorprendente per qualcuno che viene dalla prospera Europa vedere i poveri che prendono possesso delle proprie vite, con le persone che raramente chiedono “Cosa posso fare?”. Sanno cosa fare. A Cochabamba, in Bolivia, la popolazione si è barricata nella propria città e ha preso il controllo della propria acqua. Ad El Alto, forse la città più povera del continente, la gente si è battuta contro un regime repressivo finché questo è caduto. Non voglio suggerire che sia stata ottenuta la completa indipendenza. L’economia del Venezuela, per esempio, è ancora un’economia molto “neo-liberale”, che continua a premiare i capitalisti. I cambiamenti ottenuti sotto Chavez sono straordinari – nella democrazia dal basso, la sanità, l’educazione e l’immenso miglioramento della vita delle persone – ma la vera equità e la giustizia sociale e la libertà dalla corruzione rimangono obbiettivi lontani. I benestanti, in Venezuela, si lamentano all’infinito che il proprio potere economico è diminuito; non lo è affatto; la crescita economia non è mai stata maggiore, gli affari non sono mai andati meglio. Quel che i ricchi non hanno più é il governo. E laddove la maggioranza possiede l’economia, la vera indipendenza è in vista. Questo é vero ovunque.
Sempre di recente, il vice segretario di stato Usa, John Negroponte, ha definito il presidente venezuelano Hugo Chavez “una minaccia alla democrazia” in America Latina. Quali sono le tue opinioni al riguardo?
E’ orwelliano, come “la guerra è pace”. Negroponte, il cui passato di supervisore del terrorismo di Washington in America Centrale è ben noto, da un certo punto di vista ha ragione su Hugo Chavez. Chavez è una “minaccia” – è la minaccia di un esempio per gli altri che l’indipendenza da Washington è davvero possibile.
Il Presidente Chavez parla di costruire il “socialismo del 21esimo secolo” in Venezuela. A che grado pensi che questo progetto sia differente dalle esperienze socialiste nel ventesimo secolo?
Nel tempo che ho passato con Chavez, quel che mi ha colpito è con quanta naturalezza dimostrasse la propria crescente consapevolezza politica. Ero stregato dall’osservare un uomo che è tanto un educatore quando un leader. Arriva ad una scuola o ad un progetto per l’acqua dove si è riunita della gente e sotto il braccio avrà sempre una mezza dozzina di libri – Orwell, Chomsky, Dickens, Victor Hugo. Li citerà e si riferirà ad essi per i suoi ascoltatori. Quel che sta chiaramente facendo è costruire la fiducia delle persone comuni in sé stesse. Allo stesso tempo, sta costruendo la sua stessa fiducia politica e la sua comprensione dell’esercizio del potere. Dubito che fosse già un socialista quando vinse. nel 1998 – il che rende il suo processo politico ancora più interessante. Chiaramente, è sempre stato un riformatore che ha rispettato le sue umili origini. Certamente, oggi l’economia venezuelana non è socialista: forse è sulla strada di diventare qualcosa di simile all’economia socialista della Gran Bretagna durante il governo laburista riformatore di Attlee. Egli è probabilmente quel che gli Europei si auto-definiscono con orgoglio: un socialista democratico. Guarda, questo gioco di nomi è abbastanza inutile; è originale ed in grado di ispirare le persone; dunque vediamo dove andrà il progetto bolivariano. Il vero potere per cambiamenti duraturi può essere sostenuto solo dal basso, e la forza di Chavez sta nell’aver ispirato le persone comuni a credere in delle alternative al vecchio ordinale veniale. Non abbiamo nulla che assomiglia a questo spirito in Gran Bretagna, dove sempre più persone non se la sentono più di votare. E’ una lezione di speranza, come minimo.
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‘The War on Democracy’ sarà nei cinema britannici venerdì 15 giugno. Ci sarà una preview speciale a Londra venerdì 11 maggio. Il film uscirà in Australia nel settembre 2007. Per altre informazioni, visitate: www.johnpilger.com o www.warondemocracy.net
Pablo Navarrete intervista John Pilger
Fonte: http://www.venezuelanalysis.com/
Link: http://www.venezuelanalysis.com/articles.php?artno=2028
30.04.2007
Traduzione per www.comedonchisciotte.org & www.radioforpeace.info a cura di CARLO MARTINI