Big Serge
bigserge.substack.com
Il 5 marzo 2022, nelle profondità del Mare di Weddell, al largo delle coste dell’Antartide, era stato ritrovato il relitto del veliero Endurance. Si tratta, ovviamente, dell’imbarcazione perduta durante la terza spedizione di Ernest Shackelton in Antartide, che era rimasta intrappolata nei ghiacci ed era affondata nel 1915. La storia di quella spedizione è una straordinaria storia di forza d’animo umana: con l’Endurance persa tra i ghiacci, l’equipaggio di Shackleton si era rifugiato su una banchisa gallegiante, dove era rimasto accampato per quasi 500 giorni, andando alla deriva nei mari antartici, prima di impegnarsi in una disperata traversata dell’oceano su una scialuppa di 6 metri, raggiungendo infine la costa meridionale dell’inospitale e montagnosa Isola della Georgia del Sud, che avevano poi dovuto attraversare a piedi per raggiungere la sicurezza di una stazione baleniera.
La storia in sé ha una qualità essenzialmente mitica, con l’equipaggio di Shackleton che sopravvive per anni su una banchisa di ghiaccio alla deriva nei mari più inospitali della terra. Per i nostri scopi, tuttavia, è la coda della storia a essere particolarmente interessante. Nelle sue memorie, Shackleton ricorda che, una volta raggiunta la sicurezza della stazione baleniera di Stromness, una delle prime cose che aveva fatto era stato chiedere informazioni sulla guerra in Europa. Quando Shackleton era partito per la sua sfortunata spedizione, l’8 agosto 1914, la Prima Guerra Mondiale era iniziata da meno di una settimana e l’esercito tedesco aveva appena iniziato l’invasione del Belgio. Non ci si aspettava che la guerra sarebbe andata avanti così come era andata, con quattro anni di massacranti battaglie di posizione che avevano inghiottito il continente.
Shackleton, dopo essere stato alla deriva in mare per anni, chiaramente non immaginava che la guerra potesse essere ancora in corso e aveva chiesto al comandante della stazione baleniera: “Mi dica, quando è finita la guerra?” La risposta era stata: “La guerra non è finita. Milioni di persone vengono uccise. L’Europa è impazzita. Il mondo è pazzo“.
Il momento è fortuito, poiché la scoperta del relitto dell’Endurance, dopo più di cento anni, era avvenuta solo poche settimane dopo che il mondo era nuovamente impazzito, con l’inizio della guerra russo-ucraina nel febbraio 2022. Mentre il tempo continua la sua inesorabile marcia e il calendario gira ancora una volta, la guerra sta attraversando il suo terzo inverno completo.
Naturalmente, le comunicazioni moderne rendono estremamente improbabile che qualcuno possa rimanere completamente tagliato fuori dal mondo per anni, come era successo a Shackleton e ai suoi uomini. Invece di ignorare se la guerra sia finita o meno, molti di noi sono esposti quotidianamente a filmati di uomini uccisi, edifici fatti esplodere e veicoli distrutti. Twitter ha reso sostanzialmente impossibile vivere sotto una roccia, o su una banchisa, per così dire.
Semmai, abbiamo il problema opposto a quello di Shackleton, almeno per quanto riguarda la nostra infrastruttura di informazione bellica. Siamo saturi di informazioni, con aggiornamenti quotidiani che tracciano progressi di qualche decina di metri e con un’infinità di annunci di nuove armi che dovrebbero cambiare le carte in tavola (che sembrano cambiare molto poco) e di spacconate su “linee rosse”. Questa guerra sembra avere una dinamica inflessibile sul terreno e, indipendentemente dalle dichiarazioni altisonanti su quale sia la parte ad essere sull’orlo del collasso, il fronte tentacolare continua a macinare corpi e a solidificarsi in sanguinosi combattimenti posizionali.
Sembrerebbe difficile credere che una guerra di terra ad alta intensità in Europa, con centinaia di chilometri di fronte, possa essere noiosa, eppure la natura statica e ripetitiva del conflitto fatica a catturare l’attenzione degli osservatori stranieri che hanno poco in gioco nell’immediato.
La mia intenzione è quella di allontanarmi radicalmente da questi demoralizzanti e faticosi aggiornamenti su piccola scala (per quanto prezioso sia il lavoro dei mappatori bellici), e considerare l’insieme del 2024 – sostenendo che quest’anno è stato, di fatto, molto importante. Nel complesso, nel 2024 sono accadute tre cose molto importanti che hanno creato una prospettiva assai negativa per l’Ucraina e l’AFU. Più specificamente, il 2024 ha portato tre importanti sviluppi strategici:
1. La vittoria russa nel sud di Donetsk, che ha distrutto le posizioni dell’AFU su uno degli assi strategici chiave della guerra.
2. Il dispendio di risorse ucraine, accuratamente conservate, per un’offensiva fallita verso Kursk, che ha accelerato l’esaurimento degli insostituibili mezzi di manovra ucraini e ha sostanzialmente ridotto le loro prospettive nel Donbass.
3. L’esaurimento della capacità di escalation dell’Ucraina in rapporto ai nuovi sistemi d’attacco della NATO – più in generale, l’Occidente ha in gran parte esaurito le opzioni per potenziare le capacità offensive ucraine e la tanto decantata consegna di sistemi d’attacco a più lungo raggio non è riuscita a modificare la traiettoria della guerra sul terreno.
Nel complesso, il 2024 ha rivelato un esercito ucraino sempre più al limite, al punto che i russi sono stati in grado di eliminare un intero settore del fronte. Ci si continua a chiedere dove e quando il fronte ucraino potrebbe iniziare a crollare. Io sostengo che era crollato a sud negli ultimi mesi e che il 2025 inizia con un forte slancio russo che l’AFU difficilmente riuscirà ad arrestare.
Il crollo del fronte a sud di Donetsk
Ciò che salta subito all’occhio degli sviluppi operativi del 2024 è il marcato spostamento di energie dagli assi di combattimento che avevano visto i combattimenti più intensi nei primi due anni di guerra. In un certo senso, questa guerra ha visto ciascuno dei suoi fronti attivarsi in sequenza, uno dopo l’altro.
Dopo l’offensiva russa iniziale, con la cattura della costa del Mare di Azov e il collegamento di Donetsk-Crimea, l’azione si era spostata sul fronte settentrionale (l’asse Lugansk-Kharkov), con la Russia che, durante l’offensiva estiva, aveva occupato Severodonetsk e Lysychansk. Erano seguite un paio di controffensive ucraine in autunno, con una spinta da Kharkov che aveva fatto arretrare il fronte oltre l’Oskil e un’operazione diretta a Kherson che non era riuscita a sfondare le difese russe, ma che, alla fine aveva costretto i russi a ritirarsi in buon ordine oltre il Dnieper a causa delle preoccupazioni sulla connettività logistica e di un fronte troppo esteso. Le energie si erano poi nuovamente concentrate sull’asse del Donbass centrale, con l’enorme battaglia intorno a Bakhmut che si era protratta per tutta la primavera del 2023. A questa era seguita la fallita offensiva ucraina contro le difese russe a Zaporozhia, nel sud del Paese.
Giusto per ricapitolare brevemente, possiamo enumerare le diverse fasi operative nei primi due anni di guerra, che si sono verificare in sequenza e ciascuna con un centro di gravità in diverse parti del fronte:
* Un’offensiva russa attraverso il ponte di terra, che era culminata con la cattura di Mariupol. (Inverno-Primavera 2022, Fronte meridionale)
* Un’offensiva russa a Lugansk, con la cattura di Severodonetsk e Lysychansk. (Estate 2022, fronte Donets-Oskil)
* Controffensive ucraine verso l’Oskil e Kherson (Autunno 2022, fronti Oskil e Dnieper)
* L’assalto russo a Bakhmut (Inverno-Primavera 2023, fronte centrale)
* Controffensiva ucraina sul ponte di terra (Estate 2023)
In mezzo a tutto questo, il fronte che aveva visto meno movimenti era stato quello sud-orientale, intorno a Donetsk. Si tratta di un fatto alquanto singolare. Donetsk è il cuore urbano del Donbass: una vasta e popolosa città industriale al centro di un agglomerato tentacolare, che un tempo ospitava circa 2 milioni di persone. Anche se la Russia riuscirà a conquistare la città di Zaporizhia, Donetsk sarà di gran lunga la più popolosa delle ex città ucraine ad essere passata sotto il controllo di Mosca.
Nel 2014, con lo scoppio della guerra del Donbass, Donetsk era stata l’epicentro di gran parte dei combattimenti, con l’aeroporto all’ingresso nord della città teatro di scontri particolarmente intensi. È quindi piuttosto strano che, all’inizio del 2024, l’esercito ucraino continuasse a occupare molte delle stesse posizioni costruite un decennio prima. Mentre gli intensi combattimenti si susseguivano lungo altri settori del fronte, Donetsk rimaneva circondata da un potente sistema difensivo ucraino, ancorato su aree urbane pesantemente fortificate che si estendevano da Toretsk a Ugledar. I primi tentativi russi di aprire questo anello di ferro, compreso un assalto a Ugledar nell’inverno del 2023, erano falliti.
Lo sviluppo operativo più significativo del 2024 era stato la riattivazione del fronte di Donetsk, dopo anni di combattimenti statici. Non è esagerato dire che, dopo anni di stasi, nel 2024 l’esercito russo ha spaccato questo fronte e la lunga e solida rete di punti urbani di forza dell’Ucraina è crollata.
L’anno era iniziato con l’AFU in lotta per la sua fortezza di Avdiivka, che continuava a bloccare l’approccio settentrionale a Donetsk. All’epoca, l’argomentazione tipica da parte ucraina era che l’assalto russo ad Avdiivka era una vittoria di Pirro – che i russi stavano catturando la città con “assalti all’arma bianca” dai costi esorbitanti che avrebbero inevitabilmente intaccato la potenza di combattimento russa e esaurito la loro capacità di continuare l’offensiva.
Con l’intero anno alle spalle, possiamo sicuramente dire che non è così. Dopo la caduta di Avdiivka, lo slancio russo non si è mai seriamente affievolito, anzi è stata l’AFU ad apparire sempre più esausta. L’importante posizione ucraina di Ocheretyne (che in precedenza era stata il loro punto di raccolta per i contrattacchi intorno ad Avdiivka) era stata scavalcata in pochi giorni e, all’inizio dell’estate, la linea del fronte era arrivata nelle vicinanze di Pokrovsk.
La spinta russa verso Pokrovsk aveva indotto molti a credere che questa città fosse essa stessa l’oggetto delle energie russe, ma si trattava di una lettura errata del progetto operativo. Nel 2024, la Russia non aveva bisogno di conquistare Pokrovsk per sterilizzarla come hub logistico. Semplicemente avanzando verso l’autostrada E50, le forze russe sono state in grado di tagliare fuori Pokrovsk dalle posizioni ucraine a sud sul fronte di Donetsk, e Pokvrovsk è ora una città di prima linea soggetta all’intero spettro di sorveglianza dei droni e dell’artiglieria tubolare russa.
In autunno, l’avanzata russa aveva intrappolato gli ucraini in un pericoloso saliente, creando una catena instabile di posizioni a Selydove, Kurakhove, Ugledar e Krasnogorivka. Negli ultimi mesi dell’anno, l’avanzata russa da Ocheretyne e diretta a sud di Pokrovsk ha agito come un’enorme falce, isolando l’intero settore sud-orientale del fronte e consentendo alle forze russe di eroderlo.
Questa guerra ha trasformato il termine “collasso” in uno slogan svalutato. Ci viene ripetutamente detto che una parte o l’altra è sull’orlo del collasso: le sanzioni “faranno crollare” l’economia russa, la rivolta del gruppo Wagner del 2023 era stata la dimostrazione che il sistema politico russo stava “collassando” e, naturalmente, sentiamo dire che le perdite esorbitanti hanno portato l’uno o l’altro esercito sull’orlo del fallimento totale – di quale esercito si tratti dipende a chi lo chiedete.
Io sostengo, tuttavia, che ciò che abbiamo visto dall’ottobre 2024 in poi rappresenta il vero significato di questa parola spesso ripetuta fino all’esaurimento. L’AFU ha subito un vero e proprio collasso del fronte sud-orientale, con le truppe posizionate nei punti di forza troppo logore e isolate per poter effettuare una difesa decisa, con il fuoco russo concentrato in aree sempre più compresse per poter resistere e nessuna riserva meccanizzata nel teatro disponibile per contrattaccare o alleviare l’incessante pressione russa.
L’Ucraina mantiene un numero sufficiente di droni e di concentramento di fuoco per limitare lo sfondamento russo, in pratica la Russia non è ancora in grado di manovrare in profondità. Questo ha dato all’avanzata russa una particolare qualità di start e stop, con salti da un insediamento e da una fortificazione all’altra. Più in generale, la preferenza della Russia per assalti dispersi di piccole unità limita la possibilità di sfruttare una potenziale avanzata. Dobbiamo tuttavia sottolineare che, da ottobre, lo slancio russo su questo asse non si è mai seriamente allentato e molte delle posizioni chiave ucraine sono state superate o abbandonate molto rapidamente.
Ugledar è un buon esempio: i russi avevano iniziato la loro spinta finale verso la città il 24 settembre. Il 29 settembre, la 72a Brigata meccanizzata aveva evacuato la città. Il 1° ottobre Ugledar era completamente sotto il controllo russo. Era una posizione chiave dell’Ucraina diventata completamente insostenibile e caduta in una settimana. Si potrebbe obiettare, naturalmente, che Ugledar aveva resistito per anni (e allora come si fa a dire che è stata conquistata in una settimana), ma è proprio questo il punto. All’inizio del 2023 Ugledar (con l’aiuto dell’artiglieria di stanza intorno a Kurakhove) aveva respinto con successo un attacco russo multi-brigata in mesi di pesanti combattimenti. Nell’ottobre 2024, la posizione era diventata completamente insostenibile ed era stata abbandonata quasi immediatamente al momento dell’attacco.
Gli ucraini non hanno fatto meglio nel tentativo di tenere Kurakhove – in precedenza un’area critica nelle retrovie che serviva sia come hub logistico che come base di fuoco per sostenere (ex) punti di forza in prima linea, come Ugledar e Krasnogorivka. Kurakhove, ora sotto il pieno controllo russo, servirà a sua volta come base di supporto per la spinta russa in corso a ovest, verso Andriivka.
Considerando globalmente lo stato del fronte, l’AFU sta attualmente tenendo due gravi salienti all’estremità meridionale della linea: uno intorno a Velyka Novosilka e un altro intorno ad Andriivka. È probabile che cada per primo quello di Velyka Novosilka, poiché la città è stata completamente isolata dalle avanzate russe sui fianchi. Non si tratta di una situazione simile a quella di Bakhmut, dove le vie di comunicazione erano state descritte come “tagliate” perché erano sotto il fuoco dei russi: in questo caso, tutte le strade che portano a Velyka Novosilka sono fisicamente tagliate dai posti di blocco russi, rendendo la perdita della posizione solo una questione di tempo. Più a nord, tra Grodivka e Toretsk esiste un saliente più delicato e debole. Con Toretsk ormai in fase finale di cattura (le forze ucraine ora tengono solo un piccolo quartiere residenziale alla periferia della città), nei prossimi mesi il fronte dovrebbe spianarsi anche qui. Questo lascia ai russi più o meno il pieno controllo degli approcci a Kostyantinivka e Pokrovsk, che,per molti versi, sono le penultime posizioni tenute dagli ucraini a Donetsk. Pokrovsk è già stata aggirata per diversi chilometri a ovest, e la mappa lascia presagire una riproposizione della tipica metodologia tattica russa per l’assalto alle aree urbane: un’avanzata metodica ai fianchi della città per isolarla dalle arterie stradali, seguita da un attacco alla città stessa attraverso diversi assi.
I prossimi mesi promettono continue avanzate russe su questo fronte, in una continuazione di quello che può essere considerato solo come il collasso di un fronte critico per AFU. L’esercito russo sta avanzando verso il confine occidentale dell’oblast’ di Donetsk e porterà gli ucraini fuori dai punti di forza rimasti a Velyka Novosilka e Andriivka, spingendosi al centro di Pokrovsk. Dalla caduta di Avdiivka, gli ucraini non hanno mai dimostrato la capacità di poter frenare seriamente lo slancio russo lungo questo fronte di 75 miglia e la continua dissipazione delle risorse di combattimento ucraine indica che poco cambierà in questo senso nel 2025.
L’incredibile restringimento del saliente di Kursk
Per tutto l’autunno del 2024 e in questi primi mesi d’inverno, mentre le forze ucraine venivano espulse dalla loro fitta rete di posizioni fortificate nel Donbass meridionale, i loro camerati hanno continuato a mantenere ostinatamente la loro posizione nell’Oblast’ di Kursk in Russia. La forma di base dell’offensiva ucraina verso Kursk è ormai ben nota: presentata da Kiev come una mossa per cambiare la traiettoria psicologica della guerra e sferrare un colpo di prestigio alla Russia, l’attacco ucraino aveva sfruttato la sorpresa strategica e, all’nizio, aveva avuto un certo successo, arrestandosi però subito dopo che le colonne ucraine si erano imbattute in efficaci posizioni di blocco russe sulle autostrade in uscita da Sudzha. I tentativi di continuare l’avanzata attraverso Korenovo e Bolshoe Soldatskoe erano falliti e il raggruppamento ucraino era rimasto aggrappato a un modesto saliente intorno a Sudzha.
Per tutto l’autunno, i contrattacchi russi si sono concentrati sull’erosione della base del saliente ucraino – costringendo gli ucraini a uscire da Snagost e allontanandoli da Korenovo. I progressi sono stati incrementali, ma significativi e, all’inizio di gennaio, il “collo” del saliente ucraino si era ridotto a poco più di nove miglia di larghezza, dopo che la penetrazione iniziale, in estate, aveva aperto una breccia di oltre venti miglia. Complessivamente, l’Ucraina ha perso circa il 50% del territorio conquistato in agosto.
La pressione russa sui fianchi del saliente ha amplificato molte delle caratteristiche che rendono questa posizione dispendiosa e pericolosa per l’AFU. La connettività stradale per le forze ucraine è limitata, un problema esacerbato dalla ritirata da Snagost, che è costata agli ucraini l’accesso all’autostrada che va da Korenovo a Sumy. A parte alcune tortuose strade secondarie, le forze ucraine dispongono di una sola autostrada – la R200 – per trasportare materiali e rinforzi nella sacca, il che consente alle forze russe di sorvegliare queste linee di comunicazione e di condurre efficaci attacchi di interdizione. La compressione della sacca restringe inoltre notevolmente l’area di puntamento per i droni, l’artiglieria tubolare e la missilistica russa, con la possibilità di arrivare a bombardamenti più condensati e saturanti.
Nonostante il fatto che questa posizione sia profondamente improduttiva per l’Ucraina – essendo costantemente costretta alla ritirata e non avendo alcuna sinergia con altri teatri più critici – questo raggruppamento di unità ucraine continua a rimanere sul posto, combattendo in uno spazio sempre più ristretto. Ancora più sconcertante è il fatto che il raggruppamento ucraino consiste in gran parte di mezzi di prima scelta – brigate meccanizzate e di paracadutisti – che, negli ultimi tre mesi, avrebbero potuto essere utilizzate in modo significativo come riserve nel Donbass.
Il 5 gennaio c’è stata una sorpresa sotto forma di un nuovo attacco ucraino fuori dal saliente. Internet è ovviamente saltato alla conclusione che l’AFU stesse montando una qualche offensiva generale a Kursk, ma la realtà era molto sottotono: qualcosa di simile ad un assalto a livello di battaglione lungo l’asse verso Bolshoe Soldaskoe, assalto che è progredito per qualche chilometro prima di esaurire la sua spinta. Gli sforzi ucraini per bloccare i droni russi sono stati ostacolati dalla crescente ubiquità dei sistemi a fibra ottica e l’attacco ucraino è crollato nel giro di un giorno.
I dettagli tattici dell’attacco ucraino sono interessanti e si continua a speculare sul suo scopo: forse era destinato a coprire una rotazione o una ritirata, a migliorare le posizioni tattiche sul bordo settentrionale del saliente, o seguiva imperscrutabili scopi propagandistici. Tuttavia, questi dettagli sono piuttosto irrilevanti: attaccare l’estremità del saliente (cioè cercare di approfondire la penetrazione in Russia) non serve a risolvere i problemi dell’Ucraina a Kursk. Questi problemi sono innanzitutto, a livello tattico, il fatto che il saliente è notevolmente compresso sui fianchi e continua a restringersi e, a livello strategico, il dispendio intenzionale di preziose risorse meccanizzate su un fronte che non ha alcun impatto sui teatri critici della guerra. Più semplicemente, Kursk è uno spettacolo secondario, fallito anche all’interno della sua stessa logica operativa.
Una cosa che ha suscitato un interesse infinito, naturalmente, sono state le continue voci di truppe nordcoreane che combatterebbero a Kursk. Le agenzie di intelligence occidentali sono state irremovibili sulla presenza di nordcoreani a Kursk. Alcune persone sono predisposte a non credere istintivamente a tutto ciò che dice l’ufficialità occidentale – personalmente, anche se penso che un certo scetticismo sia giustificato, non do automaticamente per scontato che i media mainstream stiano mentendo. Un recente rapporto presenta quella che sembrerebbe una versione plausibile di questa storia: sembrerebbe che l’idea sia nata a Pyongyang, non a Mosca, e che un numero modesto di truppe coreane (forse 10.000) sia incorporato nelle unità russe. Il presupposto è che i coreani abbiano concepito l’idea come un modo per acquisire esperienza di combattimento, mentre i russi hanno ottenuto a loro volta forze ausiliarie, anche se di dubbia efficacia in combattimento.
Tuttavia, vale la pena notare che questo aspetto non è così importante come si vorrebbe far credere. È stata avanzata l’idea che la presenza nordcoreana dimostri una sorta di stato di disperazione da parte della Russia, ma si tratta di un’idea piuttosto sciocca: con oltre 1,5 milioni di effettivi attivi nell’esercito russo, 10.000 truppe coreane a Kursk rappresentano una misera appendice. Ancora più importante è il tentativo di dipingere il contingente nordcoreano come un importante punto di svolta nella guerra. In particolare, il mantra delle “truppe nordcoreane in Europa” è stata usato per evocare l’immaginario, tipico della Guerra Fredda, del dispotismo comunista che si scaglia contro il mondo libero.
Il punto, tuttavia, è che si presume che le truppe nordcoreane si trovino specificamente a Kursk, all’interno della Russia. Ciò è legato, ovviamente, all’accordo di mutua difesa recentemente concluso tra Mosca e Pyongyang. Attaccando a Kursk – allargando il fronte al territorio russo prebellico – l’Ucraina ha coinvolto la Russia in un combattimento difensivo, cosa che ha innescato la possibilità di assistenza militare da parte della Corea del Nord. Per quanto si voglia collegare il contingente coreano alla temuta “guerra di aggressione” della Russia, i russi a Kursk sono oggettivamente impegnata nella difesa del proprio territorio nazionale e questo rende possibile per la Russia l’uso in loco di forze ausiliarie – compresi i coscritti e le truppe dei suoi alleati.
In definitiva, quindi, la presenza dei nordcoreani a Kursk è interessante, ma forse non molto importante. Queste truppe non sono in Ucraina (anche secondo la definizione più ampia di unità territoriale ucraina), non stanno portando il carico primario di combattimento e non sono inequivocabilmente il problema che l’AFU sta affrontando a Kursk. Il “grosso problema” per l’Ucraina, molto semplicemente, non è la presenza di una qualche amorfa orda coreana dedita a diffondere in Europa il glorioso Juche nordcoreano – il problema è un certo numero delle proprie preziose brigate meccanizzate che si aggira in un saliente compresso e molto lontano dal Donbass, dove queste brigate sarebbero assolutamente necessarie.
Raschiare il fondo barile: la generazione di forze dell’AFU
Penso che sia ormai chiaro che l’Ucraina ha gravi limitazioni di arruolamento rispetto alla Russia, sia in termini di numero totale di coscritti disponibili – con circa 35 milioni di maschi in età arruolabile in Russia contro forse 9 milioni nell’Ucraina prebellica – ma anche in termini di capacità di mobilitazione.
Lo schema di mobilitazione dell’Ucraina è ostacolato sia da una diffusa evasione dalla leva (con la disponibilità a servire che è diminuita con l’estendersi della guerra) sia da una ostinata riluttanza ad arruolare uomini più giovani, di età compresa tra i 18 e i 25 anni. L’Ucraina è strutturalmente gravata da un profondo squilibrio demografico: i maschi ucraini di 30 anni sono circa il 60% in più dei ventenni. Data la relativa scarsità di giovani, in particolare dei ventenni, il governo ucraino considera giustamente questa fascia di età, compresa tra i 18 e i 25 anni, come una fascia demografica privilegiata e non vuole bruciarla in combattimento. Data l’ubiquità dell’evasione dalla leva, il rifiuto di mobilitare i giovani, la corruzione e l’inefficienza che caratterizzano il governo ucraino, non dovrebbe sorprendere che la mobilitazione ucraina sia in crisi.
La Russia, al contrario, dispone di un bacino molto più ampio di potenziali reclute e di un apparato più efficiente per la mobilitazione. A differenza del regime di coscrizione obbligatoria dell’Ucraina, la Russia si è affidata a generosi bonus di arruolamento per sollecitare i volontari. Il sistema di incentivi della Russia, fino a questo momento, ha fornito un flusso costante di arruolamenti, più che sufficiente a compensare le perdite russe. Senza addentrarci troppo nelle varie stime speculative sulle perdite russe, è ampiamente riconosciuto dai vertici militari occidentali che la Russia ha un numero di effettivi significativamente superiore a quello che aveva all’inizio della guerra.
Tutto questo per dire che l”Ucraina si trova ad affrontare un grave svantaggio strutturale in termini di effettivi, esacerbato dalle idiosincrasie della legge ucraina sulla mobilitazione, leggermente mitigato dalla densità relativamente bassa delle truppe e dall’efficacia dei sistemi d’attacco usati in questa guerra.
L’argomentazione che voglio sostenere in questa sede, tuttavia, è che i problemi sistemici dell’Ucraina nei confronti delle forze russe sono stati esacerbati da diversi sviluppi che hanno assunto particolare rilievo nel 2024. In altre parole, il 2024 può e deve essere considerato l’anno in cui i vincoli ucraini in materia di effettivi sono peggiorati in modo marcato, e forse irrimediabile, a causa di specifiche decisioni prese a Kiev e di particolari sviluppi sul campo.
In pratica:
1. La decisione di espandere la struttura delle forze dell’AFU attraverso la creazione delle brigate “serie 15”
2. La decisione di allargare deliberatamente il fronte e di creare ulteriori richieste di effettivi lanciando l’incursione a Kursk
3. Lo stallo del nuovo programma di mobilitazione dell’Ucraina in autunno
4. L’accelerazione dei problemi di diserzione nell’AFU
Li esamineremo uno dopo l’altro.
Un esercito in cui entrano nuovi coscritti deve decidere tra due possibili allocazioni. I nuovi effettivi possono essere utilizzati come rimpiazzi per le unità di prima linea o per espandere la struttura delle forze creando nuove unità. Questo sembra abbastanza ovvio e, idealmente, la mobilitazione supererà le perdite e renderà possibile fare entrambe le cose. Tuttavia, nei casi in cui gli eserciti si trovino a dover far fronte a forti limitazioni nell’arruolamento, ossia quando le perdite sono pari o superiori all’assunzione di uomini, la decisione di espandere la struttura delle forze può avere conseguenze disastrose. L’esempio tipico, naturalmente, è quello della Wehrmacht alla fine della guerra, quando aveva creato nuove risorse di prima grandezza sotto forma di divisioni Waffen SS con accesso privilegiato alle reclute e all’equipaggiamento, mentre le divisioni dell’esercito regolare non riuscivano a tenere il passo con le perdite.
L’Ucraina, con la sua confusa struttura di forze, ha creato un pasticcio attraverso i suoi stessi tentativi di espandere la propria struttura di forze a fronte della diminuzione delle forze in linea. Alla fine del 2023, l’AFU aveva annunciato l’intenzione di formare un gruppo di brigate completamente nuovo – la cosiddetta “serie 15” delle Brigate Meccanizzate, con le denominazioni 150ª, 151ª, 152ª, 153ª e 154ª. Nel 2024 era stata aggiunta la 155ª Brigata Meccanizzata, che sarebbe stata addestrata ed equipaggiata in Francia.
La formazione di un nuovo raggruppamento di brigate meccanizzate è essenziale per il modo in cui l’Ucraina presenta la sua guerra. Poiché l’Ucraina mira ancora (almeno sulla carta) a riconquistare tutto il territorio occupato dai russi, deve sempre esistere l’illusoria possibilità di un’offensiva futura e, affinché tale illusoria possibilità permanga, l’Ucraina deve presentarsi come se si stesse preparando attivamente a future operazioni offensive. La presentazione da parte dell’Ucraina della propria anima strategica – l’idea che stia tenendo il fronte mentre si prepara a tornare all’offensiva – in pratica la costringe ad impegnarsi in un programma di espansione della propria struttura di forze.
Il problema per l’Ucraina è che l’immensa pressione sul fronte le rende sostanzialmente impossibile distribuire adeguatamente le risorse come vorrebbe. Addestrare ed equipaggiare adeguatamente una mezza dozzina di brigate meccanizzate fresche e tenerle in riserva sarebbe molto utile, ma non è possibile farlo alla luce delle richieste di uomini da inviare al fronte. Queste brigate diventano così “formazioni sulla carta”, con un’esistenza esclusivamente burocratica, mentre le loro risorse organiche vengono smontate e risucchiate al fronte – ridotte alle dimensioni di battaglione o compagnia ed inserite, a seconda delle esigenze, nei settori di prima linea. Al momento, nessuna delle 15 brigate di serie è entrata in azione come unità organica, cioè combattendo da sola.
La 155a brigata, addestrata dalla Francia, costituisce un utile esempio. Originariamente progettata come una ipertrofica formazione di circa 5800 uomini, dotata di equipaggiamenti europei di prim’ordine, la brigata aveva subito un’emorragia di personale fin dall’inizio: fonti ucraine riferiscono che circa 1700 uomini – molti dei quali prelevati con la forza dalle strade dell’Ucraina – avevano disertato dall’unità durante l’addestramento e la formazione. Un crollo della leadership della brigata – con le dimissioni del suo comandante – aveva reso le cose ancora più complicate e la prima azione della formazione nella zona di Pokrovsk era stata un fallimento. Ora la brigata è stata smembrata, se non formalmente sciolta, e il personale e i veicoli sono statio utilizzati per rafforzare le unità vicine.
La decisione di assegnare il personale a nuove brigate meccanizzate (anche se, date le scorte di veicoli blindati, è discutibile che queste denominazioni abbiano ancora un significato) non cambia necessariamente l’equilibrio complessivo della forza ucraina, ma è certamente un modo inefficiente di utilizzare il personale. Per tornare ancora una volta alla 155ª brigata, un problema rilevato dagli analisti ucraini è il fatto che gran parte della brigata era costituita da personale mobilitato con la forza, senza un adeguato quadro di veterani e sottufficiali esperti – circa il 75% della brigata, si è scoperto, era stato mobilitato meno di due mesi prima di arrivare in Francia per l’addestramento. Questo fatto è stato certamente determinante per le diserzioni di massa e la scarsa efficacia in combattimento della brigata.
Date le limitazioni dell’Ucraina, la migliore linea d’azione sarebbe senza dubbio quella di utilizzare il nuovo personale e l’equipaggiamento come rimpiazzo alle logore brigate di veterani in prima linea, mescolando le truppe fresche con i veterani e gli ufficiali esistenti. Kiev, tuttavia, apprezza il prestigio che deriva dall’espansione delle forze e l’idea del “nuovo giocattolo”, le nuove formazioni dotate di equipaggiamenti scarsi e preziosi come i carri armati Leopard. Queste nuove brigate, benché presentate come risorse di prim’ordine, hanno chiaramente un’efficacia di combattimento inferiore rispetto alle formazioni esistenti, data la loro mancanza di esperienza, la carenza di ufficiali veterani e la scarsa coesione dell’unità.
La semplice realtà, tuttavia, è che i rimpiazzi per le brigate esistenti non sono neanche lontanamente in grado di tenere il passo con i tassi di abbandono. Le unità in prima linea lamentano da mesi carenze di fanteria sempre più gravi, e alcune brigate sull’asse di Pokrovsk hanno riferito di avere meno del 40% degli effettivi di fanteria assegnati.
In breve, la decisione dell’Ucraina di intraprendere l’espansione delle forze a fronte di una significativa carenza di personale ha esacerbato il problema – sia privando dei rimpiazzi le unità veterane, sia concentrando il personale appena mobilitato in formazioni inefficaci per il combattimento, prive di un nucleo di veterani, di ufficiali esperti e di equipaggiamento vitale. Si è cercato, tardivamente, di far quadrare il cerchio parcellizzando le nuove formazioni per sostenere le brigate di linea, ma questo non è l’ideale: porta a un ordine di battaglia disomogeneo con una minore coesione delle unità e una difesa frammentata.
Purtroppo, ciò avviene proprio quando l’Ucraina ha creato, tutta da sola, ulteriori tensioni sulle proprie risorse, in particolare con l’incursione a Kursk. Al momento, elementi di almeno sette brigate meccanizzate, due brigate di fanti di marina e tre brigate di paracadutisti sono stanziate sull’asse di Kursk. Senza entrare troppo nel merito dell’operazione, è importante ricordare che l’Ucraina – che si trova ad affrontare pressioni estreme sulla generazione di forze – ha scelto volontariamente di ampliare il fronte in un teatro secondario, dirottando risorse scarse e riducendo la propria capacità di economizzare le forze.
In sintesi, l’Ucraina ha preso decisioni deliberate per ampliare il fronte ed espandere la propria struttura di forze, entrambe estremamente dannose per i suoi sforzi di economizzare il personale. Questo è avvenuto proprio quando lo sforzo per aumentare la mobilitazione nel 2024 eraderagliato.
Il programma di mobilitazione dell’Ucraina soffriva di una serie di difetti, tra cui lacune ed errori nei database, corruzione endemica e inefficienza burocratica. Le leggi approvate nel 2024 miravano a correggere molti di questi problemi, anche attraverso il lancio di un‘applicazione che avrebbe permesso ai maschi idonei alla leva di registrarsi e controllare il loro stato senza doversi recare negli uffici di reclutamento. Nel 2023, era sembrato a che la situazione fosse giunta a un punto morto quando Zelensky aveva licenziato diversi capi del servizio reclutamento, e c’era un vero senso di urgenza. Dopo alcune promesse iniziali, questa intensificazione della mobilitazione aveva segnato il passo durante l’autunno e l’inizio dell’inverno.
Inizialmente, per l’Ucraina c’erano stati segnali di ottimismo: nel primo mese dopo l’approvazione della nuova legge sulla mobilitazione, c’era stata un’impennata e l’esercito aveva arruolato 30.000 nuovi effettivi. Tuttavia, alla fine dell’estate, l’ondata iniziale di arruolamenti si era affievolita e la mobilitazione era tornata a essere in ritardo rispetto alle perdite dell’AFU. Un briefing di ottobre dello Stato Maggiore ucraino aveva confermato che gli arruolamenti erano già diminuiti del 40% dopo il breve rialzo provocato dalla nuova legge sulla mobilitazione. Nello stesso periodo, i funzionari di Odessa (la terza città più grande dell’Ucraina) avevano ammesso di aver raggiunto solo il 20% della loro quota di mobilitazione.
I problemi sono molteplici. La nuova legge sulla mobilitazione ha portato ad alcuni miglioramenti iniziali, ma, alla fine, non è riuscita a risolvere i problemi di evasione dalla leva, gli errori burocratici rimangono endemici e i datori di lavoro, alla disperata ricerca di mano d’opera, hanno presentato una valanga di rinvii agli obblighi di leva dei loro dipendenti. Incapace di sostenere l’ondata iniziale di arruolamenti, l’Ucraina si trova ad affrontare una incombente crisi nel reclutamento.
Inoltre, la continua incapacità dell’Ucraina di garantire la smobilitazione o la rotazione tempestiva significa che il personale mobilitato si trova di fronte alla prospettiva di un servizio indefinito in prima linea. Questo è ovviamente negativo per il morale, i soldati si trovano di fronte alla possibilità di anni di servizio ininterrotto e questo, a sua volta, spinge le diserzioni che stanno diventando un problema crescente per l’AFU. Alcuni rapporti indicano che, a questo punto, hanno già disertato almeno 100.000 soldati ucraini, molti dei quali senza dubbio spinti dalle tensioni psicologiche e fisiche di un combattimento senza fine e senza prospettive di rotazione.
La mancanza di rotazioni e la scarsità di rimpiazzi si combinano per accelerare l’esaurimento del personale ucraino. L’AFU non è in grado di ruotare regolarmente le unità fuori dalla zona di combattimento e l’inadeguato flusso di rimpiazzi fa sì che i complementi di fanteria in prima linea si esauriscano. Non potendo ruotare o rinforzare, le brigate di linea ricorrono alla cannibalizzazione, ovvero al recupero di personale di supporto, come mortaisti, autisti e operatori di droni per riempire le posizioni in prima linea. Questo accelera ulteriormente le perdite, dato che le brigate combattono con elementi di supporto e di fuoco assottigliati, e rende gli ucraini più restii ad arruolarsi, perché ora non c’è alcuna garanzia che diventare un operatore di droni, ad esempio, possa evitare di essere mandato in una trincea di prima linea.
Dove ci porta tutto questo? L’Ucraina continua a disporre di una forza molto grande, con più di cento brigate e centinaia di migliaia di uomini sotto le armi. Questa forza, tuttavia, è in sostanziale inferiorità numerica rispetto all’esercito russo e in chiara tendenza al declino. Nel 2024, nonostante il tentativo, molto pubblicizzato, di rinvigorire l’apparato di mobilitazione, l’arruolamento di nuovo personale era chiaramente troppo basso per compensare le perdite, e le formazioni nei settori più caldi del fronte hanno visto la loro forza – in particolare i complementi di fanteria – diminuire, in alcuni casi a livelli critici.
Il fallimento del programma di mobilitazione dell’Ucraina per il 2024 ha coinciso con diverse scelte strategiche che hanno esacerbato le preoccupazioni in materia di complementi – in particolare la decisione di intraprendere un programma di espansione delle forze anche quando l’AFU aveva volontariamente esteso i suoi impegni aprendo un nuovo fronte secondario a Kursk. In altre parole, la mobilitazione dell’Ucraina è al di sotto del suo fabbisogno di forze, e l’AFU ha anche fatto scelte che hanno sabotato la sua capacità di economizzare. Le unità vengono triturate, i rimpiazzi arrivano con il contagocce, le rotazioni sono in ritardo o assenti, le unità si auto-cannibalizzano e gli uomini, arrabbiati e stanchi, disertano.
Non è affatto chiaro se questo porterà a un “punto di rottura”, nel senso previsto dalla gente. Le [residue] capacità d’attacco ucraine e la preferenza russa per gli assalti dispersi e a balzi limitano la possibilità di grandi sfondamenti. Tuttavia, ciò che abbiamo visto negli ultimi tre mesi sull’asse meridionale di Donetsk offre un’anticipazione di ciò che ci aspetta: una forza esausta che viene costantemente fatta arretrare, espulsa dai suoi punti di forza e fatta a pezzi – che copre la propria ritirata con i droni, ma che perde posizione dopo posizione. La linea regge, fino a quando non regge più.
Al capolinea: ATACM, JASSM e Hazelnut
La capacità dell’Ucraina di rimanere sul campo dipende da due risorse indispensabili: in primo luogo, la biomassa maschile ucraina e, in secondo luogo, l’armamento occidentale, che conferisce efficacia in combattimento. Abbiamo valutato la prima: l’Ucraina non è esattamente a corto di uomini, ma le prospettive del suo programma di mobilitazione sono scarse e la carenza di personale sta aumentando. Le tendenze relative alla seconda risorsa sono, semmai, ancora più preoccupanti per Kiev.
Sono emerse due dinamiche generali, che non creano un quadro ottimistico per l’Ucraina e che esamineremo a turno.
1. La consegna di armamenti pesanti all’Ucraina (carri armati, veicoli da combattimento per fanteria [IFV] e artiglieria a tubo) si è in gran parte esaurita negli ultimi mesi.
2. L’Occidente ha sostanzialmente esaurito gli armamenti di escalation (sistemi d’attacco) da fornire, e quelli già forniti non sono riusciti a modificare significativamente la traiettoria della guerra.
Nel 2023, la costruzione di nuove unità meccanizzate era ancora possibile e il Pentagono aveva guidato uno sforzo multinazionale per mettere in piedi un intero corpo d’armata di unità equipaggiate con Leopard, Challenger e tutta una serie di IFV e APC occidentali. Quando questo gruppo amorevolmente assemblato si era frantumato nel pessimo assalto alla linea di Zaporizhia, gli Stati Uniti avevano tardivamente e a malincuore inviato i propri Abrams per sostenere le formazioni corazzate ucraine. Nel 2024, tuttavia, le consegne di armi pesanti avevano rallentato fino a ridursi a un rivolo.
Il ruolo del carro armato in Ucraina è stato molto frainteso. La vulnerabilità dei carri armati alla miriade di sistemi d’attacco del campo di battaglia moderno ha portato alcuni osservatori a dichiarare che il carro armato come sistema d’arma è ormai obsoleto, ma questo non si concilia con il fatto che entrambi i combattenti in questa guerra sono desiderosi di schierarne il maggior numero possibile. I carri armati hanno bisogno di ulteriori strumenti critici – più ingegneria di combattimento, difesa aerea e supporto alla guerra elettronica – ma continuano a svolgere un ruolo indispensabile e rimangono un elemento essenziale in questa guerra. Il fallimento della controffensiva ucraina del 2023 aveva dimostrato, se non altro, che i carri armati non sono semplicemente sistemi “che cambiano le carte in tavola”, ma articoli di consumo di massa – ma è sempre stato così. La qualità distintiva di carri armati iconici come lo Sherman e il T34 era il fatto che venivano prodotti in gran numero.
Purtroppo per l’Ucraina, le consegne di carri armati sono diminuite drasticamente dopo i fallimenti del 2023. Nel 2024, le forniture americane destinate all’Ucraina erano quasi del tutto prive di veicoli blindati, di qualsiasi tipo. I dati dell’Istituto Kiel, che ha seguito meticolosamente gli impegni e le consegne di armamenti, confermano una forte diminuzione delle armi pesanti nel 2024. Nel 2023, i finanziatori dell’Ucraina avevano promesso 384 carri armati. Nel 2024 ne erano arrivati solamente 98, il che spiega perché le nuove brigate meccanizzate ucraine hanno un equipaggiamento pericolosamente scarso, indicativo della loro denominazione.
Mentre il 2023 era stato dedicato alla costituzione del pacchetto meccanizzato dell’Ucraina con carri armati, IFV e ingegneria, il 2024 è stato in gran parte dedicato al potenziamento delle capacità di attacco dell’Ucraina. Ci sono stati due elementi distinti: in primo luogo, la fornitura di sistemi di lancio sia aerei che terrestri (in particolare gli Storm Shadows britannici e gli ATACM americani) e, in secondo luogo, l’allentamento delle regole di ingaggio per consentire all’Ucraina di colpire obiettivi all’interno della Russia prebellica.
Ciò è avvenuto in concomitanza con l’operazione ucraina a Kursk e, per molti versi, l’impatto più diretto dell’incursione a Kursk è stato quello di forzare la mano all’Occidente sulle regole di ingaggio. Anche se l’Ucraina da tempo colpisce all’interno della Russia con sistemi di produzione nazionale, in particolare con i droni, la Casa Bianca aveva continuato a rimandare l’approvazione formale per gli attacchi con sistemi americani. Lanciando un assalto di terra a Kursk, l’Ucraina ha preso la decisione al posto suo: gli Stati Uniti hanno autorizzato l’uso di ATACM per sostenere le forze di terra a Kursk, e questo si è trasformato in una licenza generale per colpire la Russia con l’intera gamma di sistemi disponibili. Si è trattato di un toccante promemoria del fatto che, comunque si concepisca il rapporto proxy-sponsor, l’Ucraina ha una certa capacità di forzare la mano all’America: un classico esempio di coda che scodinzola il cane.
In ogni caso, il 2024 ha visto l’Ucraina e i suoi sostenitori occidentali sfondare lentamente ma inesorabilmente tutte le presunte linee rosse in questo campo: i britannici erano stati i primi con la consegna degli Storm Shadows alla fine del 2023, seguita dalla consegna degli ATACM (più una manciata di F16) e, infine, dall’allentamento delle regole di ingaggio per autorizzare gli attacchi all’interno della Russia.
Dove ci porta tutto questo? Sembrano esserci tre cose importanti da considerare.
1. L’Occidente ha essenzialmente raggiunto la fine della sua catena di escalation. L’unico passo che può fare è fornire all’Ucraina gli JASSM (Joint Air-to-Surface Standoff Missile), che rappresenterebbero un miglioramento quantitativo, ma non qualitativo, delle capacità d’attacco dell’Ucraina.
2. L’uso da parte dell’Ucraina di mezzi d’attacco forniti dall’Occidente è stato dissipato e non ha migliorato in modo sostanziale la situazione sul campo.
3. La Russia mantiene una dominanza d’attacco, sia qualitativa che quantitativa.
L’Ucraina si trova in netto svantaggio rispetto alla Russia per quanto riguarda la capacità di attacco, sotto diversi aspetti. I mezzi d’attacco russi sono molto più numerosi e hanno vantaggi significativi in termini di raggio d’azione, ma è anche importante prendere in considerazione la profondità strategica significativamente maggiore della Russia e la sua difesa aerea più densa e relativamente indenne. A differenza dell’Ucraina, che ha visto la sua difesa aerea ridotta al limite con lanciatori distrutti e una crescente carenza di intercettori, le difese aeree della Russia sono sostanzialmente intatte.
Alla luce di questo calcolo di base, l’utilizzo di sistemi d’attacco occidentali per condurre una campagna aerea strategica “colpo su colpo” non è una buona idea per l’Ucraina. In genere non è saggio impegnarsi in una lotta con la mazza quando l’avversario è più grande e ha una mazza molto più lunga. I sistemi d’attacco ucraini avrebbero invece dovuto essere sfruttati per supportare le operazioni a terra, concentrando gli attacchi in modo spaziale e tempestivo e sinegizzati con gli sforzi sul terreno. Come semplice esperimento mentale, non è difficile immaginare che gli ATACM avrebbero fatto la differenza se fossero stati disponibili nel 2023 e fossero stati usati per saturare le retrovierusse durante l’assalto alla linea di Zaporizhia, in contemporanea all’assalto meccanizzato, per interrompere il comando e il controllo russo e impedire il rafforzamento delle aree critiche.
Invece, la capacità d’attacco dell’Ucraina è stata in gran parte dissipata in attacchi che talvolta hanno anche avuto successo colpendo le installazioni russe, ma che non sono riusciti a sostenere operazioni di successo sul terreno. Il risultato è una diffusione del potere d’attacco ucraino che è inferiore alla somma delle sue parti. Ora, l’Ucraina è sostanzialmente a secco di missili: dei 500 ATACM inviati dagli Stati Uniti, ne sono rimasti forse 50 nelle scorte di Kiev. Le scorte di missili Storm Shadow aviolanciati sono altrettanto ridotte e l’impegno della Gran Bretagna per il rifornimento è limitato a “poche decine“.
L’ultima opzione a disposizione dell’Occidente per sostenere la capacità d’attacco ucraina sono gli JASSM americani. Sebbene sia in produzione una variante a più lungo raggio (gli JASSM-ER, o Extended Range sono relativamente nuovi e costosi e sono destinati alle scorte americane) si presume che che gli ucraini riceveranno la variante standard. Lo JASSM standard ha un leggero vantaggio in termini di gittata rispetto agli Storm Shadow e agli ATACM, con circa 230 miglia [342 km.]. Nel caso in cui gli JASSM non siano disponibili, esiste un sistema a corto raggio chiamato SLAM (Standoff Land Attack Missile) con una gittata di circa 170 miglia [253 km.]. Sia gli JASSM che gli SLAM sarebbero compatibili con gli F-16 ucraini.
Due cose vanno notate riguardo allo JASSM. In primo luogo, lo JASSM – pur offrendo un raggio d’azione leggermente più esteso – servirebbe essenzialmente a sostituire gli ATACM, che stanno rapidamente diminuendo, e, in particolare, gli Storm Shadows aviolanciati: invece dei SU-24 ucraini che lanciano gli Storm Shadows, si utilizzerebbero gli F-16 che lanciano gli JASSM. Questo non rappresenterebbe un drastico miglioramento delle capacità ucraine, servirebbe semplicemente a mantenere una minima capacità d’attacco.
In secondo luogo, bisogna capire che gli JASSM sono l’ultima tappa. Stiamo entrando nel territorio non di linee rosse costruite artificialmente, ma di limiti fisici e reali. La Russia si è essenzialmente divorata le scorte di ATACM e Storm Shadows, con un effetto minimo sulla sua capacità di combattimento, e gli JASSM sono l’ultimo elemento disponibile negli inventari occidentali per mantenere operative le capacità di attacco ucraine. Siamo all’ultimo gradino della scala degli aiuti.
Nel caso degli JASSM, tuttavia, ci sono notevoli svantaggi per gli Stati Uniti. Si tratta di un caso importante di come mettere tutte le uova nello stesso paniere tecnologico. Nel 2020, gli Stati Uniti avevano abbandonato lo sviluppo del missile Long Range Standoff a testata convenzionale, rendendo lo JASSM – in particolare le nuove varianti a raggio esteso – il sistema standard degli Stati Uniti, destinato a svolgere un ruolo critico nei conflitti futuri, in particolare nel Pacifico. Ciò rende lo JASSM un sistema estremamente sensibile, in quanto fulcro delle capacità di attacco americane, in particolare con la modernizzazione del sistema Tomahawk che procede a ritmo di poche decine di unità all’anno.
Dato che gli JASSM utilizzano la guida satellitare, ci sono ragioni reali per essere reticenti nel dare all’Ucraina un sistema così tecnologicamente sensibile. La guerra elettronica russa ha avuto un notevole successo nel disturbare il sistema GPS e nell’interrompere i sistemi americani a guida analoga. Permettere ai russi di acquisire familiarità con un sistema americano fondamentale potrebbe creare scompiglio nella pianificazione bellica del Pentagono: la maggior parte, se non tutte, le uova d’attacco americane sono in questo paniere, quindi perché lasciare che un avversario possa sbirciare all’interno?
È probabile, dato ciò che abbiamo visto fino a questo punto, che queste preoccupazioni saranno alla fine respinte e l’Ucraina riceverà una fornitura di JASSM per sostenere le sue capacità di attacco – ma, date le dimensioni del suo contingente di F-16, la portata sarà limitata.
Di certo, non darà mai all’Ucraina la possibilità di eguagliare la capacità di attacco della Russia. Dopo aver sentito ripetere all’infinito che la Russia sta esaurendo i missili, si è finalmente giunti alla conclusione che questo non è vero, né lo è mai stato. Recentemente, i servizi segreti ucraini hanno ammesso che, secondo le loro stesse stime, la Russia ha ancora circa 1.400 missili a lungo raggio nelle sue riserve, con una produzione mensile di circa 150 unità. Anche la produzione russa di droni Geran a basso costo è salita alle stelle e l’intelligence ucraina stima un tetto massimo di 2.000 droni al mese.
C’è anche la questione del nuovo sistema missilistico russo – l’ormai famoso Oreshnik, o Hazelnut. Il 21 novembre 2024 la Russia ha testato il sistema Oreshnik su un grande impianto di lavorazione a Dnipro, che ha permesso di misurarne le capacità di base. L’Oreshnik è un missile balistico a gittata intermedia, caratterizzato da capacità ipersoniche (superiori a Mach-10) e da un veicolo di rientro indipendente multiplo dotato di sei testate separate, ognuna con la possibilità di contenere altre submunizioni. Sebbene l’attacco a Dnipro sia stato essenzialmente una dimostrazione che ha utilizzato testate di addestramento inerti (cioè senza carichi esplosivi), il missile può essere configurato con testate nucleari o convenzionali.
Come nel caso delle truppe nordcoreane a Kursk, penso che il lancio dell’Oreshnik non sia così importante come è stato fatto credere. Il sistema è costoso e probabilmente poco pratico per un uso convenzionale. Capisco il desiderio di concepire l’Oreshnik come un’arma convenzionale enormemente potente – che investe il suo bersaglio con una mezza dozzina di testate con la potenza di una intera salva di missili Kalibr – ma ci sono diversi problemi. La precisione del sistema (il CEP, o “Circular Error Probable” nel linguaggio tecnico) è molto più coerente con un sistema di lancio nucleare che con uno convenzionale. Inoltre, il problema dell’utilizzo di un IRBM per attacchi convenzionali è che potrebbe indurre a pericolosi errori di calcolo: gli avversari stranieri potrebbero interpretarne il lancio come un attacco nucleare e rispondere in modo appropriato. Proprio per questo motivo, il governo russo aveva avvisato in anticipo gli Stati Uniti del lancio: un’ottima soluzione per una dimostrazione, ma poco pratica per un’arma destinata a essere usata regolarmente.
Potremmo vedere un altro uso dell’Oreshnik contro l’Ucraina, ma, in definitiva, è improbabile che questo sistema abbia conseguenze in questa guerra. La dimostrazione di Dnipro aveva probabilmente lo scopo di inviare un messaggio all’Europa, ricordando alla NATO che la Russia ha la capacità di sferrare contro obiettivi europei attacchi che non possono essere intercettati. Serve anche a ricordare che l’Europa non ha una capacità equivalente e, in sostanza, fornisce una dimostrazione della capacità della Russia di lanciare missili da ben oltre la portata della risposta ucraina o europea. L’Hazelnut è un promemoria tangibile della profondità strategica e della capacità di attacco della Russia in Ucraina.
In definitiva, l’Ucraina perderà al gioco degli attacchi. La sua capacità di attacco è diminuita, ha sprecato i suoi missili in una inefficace campagna aerea, e, sebbene l’esaurimento delle scorte di Storm Shadow e ATACM possa essere in qualche modo compensato dagli JASSM, l’Ucraina semplicemente non ha la portata o le quantità necessarie per eguagliare le capacità russe. Dovendo fare di più con meno, l’Ucraina ha invece disperso i suoi mezzi e non è riuscita a sinergizzare i suoi attacchi con le operazioni di terra. Ora siamo al capolinea: dopo gli JASSM, non c’è più nulla nei magazzini occidentali che possa migliorare le capacità ucraine. Hazelnut o no, i conti di questo duello con le mazze sono negativi per Kiev.
Conclusione: una disfatta totale
Intrappolati in un ciclo di notizie senza fine, con filmati quotidiani di attacchi FPV e veicoli che esplodono e con una dovizia di mappatori di guerra che ci avvisano di ogni avanzata di 100 metri, può facilmente sembrare che la guerra russo-ucraina sia bloccata in un interminabile ciclo di morte destinato a non finire mai – Mad Max incontra il Giorno della Marmotta.
Quello che ho cercato di fare qui, tuttavia, è sostenere che il 2024 ha visto, in realtà, diversi sviluppi molto importanti che rendono relativamente chiara la dinamica della guerra. Per ricapitolare brevemente:
1. Le forze russe hanno distrutto le difese ucraine in profondità su un intero asse critico del fronte. Dopo essere rimasta statica per anni, la posizione dell’Ucraina nel sud di Donetsk è stata cancellata, con le forze russe che avanzano attraverso un’intera cintura di posizioni fortificate, spingendo il fronte verso Pokrovsk e Kostayantinivka.
2. La principale mossa ucraina sul terreno (l’incursione a Kursk) è fallita in modo spettacolare, con il progressivo cedimento del saliente. Un intero gruppo di formazioni meccanizzate critiche ha sprecato gran parte dell’anno combattendo su questo fronte improduttivo e secondario, lasciando le posizioni ucraine nel Donbass sempre più scarne e prive di riserve.
3. Un tentativo del governo ucraino di rinvigorire il suo programma di mobilitazione è fallito, con gli arruolamenti che si sono rapidamente ridotti. La decisione di espandere la struttura delle forze armate ha esacerbato la carenza di personale e, di conseguenza, la decadenza delle brigate di prima linea.
4. I tanto attesi aggiornamenti occidentali alle capacità di attacco dell’Ucraina non sono riusciti a rallentare lo slancio russo e le scorte di ATACM e Storm Shadows sono quasi esaurite. Ora rimangono poche opzioni per sostenere la capacità d’attacco ucraina e non c’è alcuna possibilità che l’Ucraina ottenga il predominio in questa dimensione bellica.
In breve, l’Ucraina è sulla via della debellazione, ovvero della sconfitta per esaurimento totale della sua capacità di resistenza. Non sono esattamente a corto di uomini, veicoli e missili, ma queste tendenze puntano tutte verso il basso. Una sconfitta strategica dell’Ucraina – un tempo impensabile per l’apparato di politica estera e i commentatori occidentali – è ora sul tavolo. È interessante notare che, mentre Donald Trump sta per tornare alla Casa Bianca, è improvvisamente diventato accettabile parlare di sconfitta ucraina. Robert Kagan – uno strenuo difensore dell’Ucraina, se mai ce n’è stato uno – ora proclama l’impensabile ad alta voce:
L’Ucraina probabilmente perderà la guerra entro i prossimi 12-18 mesi. L’Ucraina non perderà in modo piacevole e negoziato, con territori vitali sacrificati ma con un’Ucraina indipendente mantenuta in vita, sovrana e protetta da garanzie di sicurezza occidentali. Si troverà invece di fronte a una sconfitta completa, alla perdita della sovranità e al pieno controllo russo.
Proprio così.
Nulla di tutto ciò dovrebbe sorprendere. Semmai è scioccante che la mia posizione – che la Russia è essenzialmente un Paese molto potente che molto difficilmente avrebbe perso una guerra (che percepisce come esistenziale) proprio nel suo cortile di casa – fosse diventata in qualche modo controversa o marginale. Ma eccoci qui.
Carthago delenda est
Big Serge
Fonte: bigserge.substack.com
Link: https://bigserge.substack.com/p/total-kievan-debellation
10.01.2025
Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org