LA BORSA PETROLIFERA DELL'IRAN

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Needlenose

Oggi il San Francisco Chronicle ha pubblicato un articolo sulla Borsa petrolifera dell’Iran, firmato da David R. Baker, intitolato “Una rete di intrighi petroliferi – Il piano dell’Iran circola su innumerevoli blog”.

E’ un argomento di cui abbiamo parlato su questo sito lo scorso settembre (e per la verità, non ci aveva particolarmente colpito), tuttavia l’articolo di Baker è pieno di inesattezze e di dichiarazioni da parte di persone che sembrano essere rimaste al diciannovesimo secolo. Ecco qualche esempio:
“L’Iran ha un piano per distruggere gli Stati Uniti, e non ha niente a che vedere con la bomba.

In realtà, la repubblica islamica userà il petrolio e l’euro per distruggere il Grande Satana, come avverte un numero imprecisato di siti internet. L’attacco sarà così strutturato: l’Iran costituirà una borsa petrolifera che opererà in euro invece che in dollari, finora unica valuta usata nel mondo per acquistare il greggio. Gli altri paesi, le cui banche centrali si tengono ben strette le loro riserve di dollari per poter comprare il petrolio, si libereranno in massa di questa valuta.

Il valore del dollaro crollerà, e l’economia degli Stati Uniti arriverà al collasso. Il Nuovo Ordine Mondiale voluto dagli statunitensi scomparirà in un turbinio di scambi monetari.

Questa storiella circola sulla rete da mesi, e ovviamente i blogger si scatenano con commenti apocalittici. Persone che si auto-definiscono economisti, si infervorano in dibattiti dettagliati quanto oscuri, e alla fine, come ogni buona storia che circola su internet, la saga della borsa petrolifera iraniana si è animata di vita propria e si è diffusa come un virus”.

Consigliamo al signor Baker di dare uno sguardo alla nostra versione della storia, e di piantarla di prendersela con noi poveri e indifesi blogger ;-). Scrive ancora Baker:

“Prima di tutto, l’Iran avrebbe bisogno della collaborazione degli stati produttori di petrolio suoi vicini per mettere in piedi una borsa, e con molti di loro le relazioni sono piuttosto tese”.

In realtà questo non è affatto vero. L’Iran potrebbe tranquillamente istituire una borsa petrolifera basandosi solo sul suo petrolio e su quello dell’alleato Venezuela. Secondo il Financial Times, il Venezuela ha chiesto all’Iran di aiutarlo a spostare le sue vendite verso il mercato cinese, sottraendolo agli Stati Uniti. L’Iran sarebbe anche in grado di influenzare con discrezione alcuni dei suoi maggiori partner nel commercio di petrolio e gas, come Cina ed India, affinché partecipino attivamente all’attività della borsa. Per la verità non c’è neanche bisogno di tutto questo, basta molto meno per rendere fattibile quest’iniziativa (per una lista completa di chi possono far salire a bordo date un’occhiata a questo post).

[L’ex presidente iraniano Mohammad Khatami, a sinistra, e il presidente venezuelano Hugo Chavez, a destra, tengono una conferenza stampa congiunta vicino a Caracas (Jorge Silva – Reuters)]

Se l’Iran riesce a dimostrare che i venditori possono spuntare alla sua borsa migliori prezzi al barile, o che i compratori possono avere accesso ad un petrolio che non sia già contrattualmente pre-assegnato ad imprese petrolifere, questa borsa riscuoterà un gran successo. Continua Baker:

“Inoltre, spostare gli affari da New York e Londra alla repubblica teocratica dell’Iran potrebbe rivelarsi difficoltoso. All’Iran mancano molti degli elementi indispensabili a far sì che una borsa petrolifera abbia successo, inclusi stretti legami con istituzioni finanziarie internazionali, operatori di borsa, economisti e tecnici informatici.

Invece, proprio come il NASDAQ [1], la Borsa Petrolifera Iraniana sarà totalmente informatizzata, e non richiederà dunque la presenza di operatori sudati e drogati di caffè, con i loro strani gesti e sommersi da fogli di carta. Hossein Talebi, il direttore della Borsa, ha dichiarato “la maggior parte degli affari verrà conclusa attraverso internet”. Qualcosa di simile a quello che la NYMEX ha fatto nel 2000 con l’istituzione dell’eNYMEX [2]. Non che interessi più di tanto, ma se qualcuno sentisse l’insopprimibile desiderio di accedere fisicamente ai servizi finanziari, le società si trovano a pochi chilometri di distanza, negli Emirati Arabi.

La borsa dell’Iran nascerà con l’aiuto di un consorzio di consulenti tecnici europei (documento PDF), in possesso di una profonda conoscenza dell’industria petrolifera, e che si occuperà anche delle perizie informatiche ed economiche. Nel suo articolo, Baker cita un professore di Stanford, John Taylor, il quale afferma che “non si può fondare una borsa petrolifera ad Omaha”. Il professor Taylor probabilmente è poco informato sul funzionamento dell’outsourcing [3], sui collegamenti internet con fibre ottiche ad alta velocità, o sui terminali per il trading. Infatti, è molto probabile che anche le banche dati del NYMEX siano da qualche parte lontano da New York, magari perfino nel midwest, mentre gli uffici di New York si occupano dei servizi amministrativi e di marketing. Quindi in definitiva si potrebbe fondare una borsa petrolifera anche ad Omaha. Benvenuti nel 21esimo secolo.

Baker scrive anche:

“Molta gente non crede che i commercianti di petrolio internazionali, ora sprofondati nelle loro confortevoli poltrone a New York o Londra, siano impazienti di stabilirsi in Iran. Queste persone e le loro società potrebbero non essere così entusiaste di entrare in affari con un paese noto per il suo governo evanescente, per la sua rigida applicazione della legge coranica e per la sua ostilità nei confronti dell’occidente”

Quest’affermazione è alquanto stupida. Forse è il caso di ripeterlo: Internet Trading, commercio via internet. Non c’è bisogno che qualcuno vada a piantare le tende al centro del Golfo Persico, si possono fare affari stando tranquillamente seduti in mutande a casa o mentre ci si sposta in metropolitana.

Molti economisti considerano totalmente irragionevole l’ipotesi che un’eventuale borsa iraniana possa distruggere il dollaro. Sostengono che le valute possono facilmente essere scambiate sui mercati internazionali, e che non c’è bisogno di avere enormi riserve di banconote per poter comprare petrolio. I paesi conservano o vendono dollari per molte altre ragioni oltre al commercio del petrolio.

“C’è differenza fra la moneta di fatturazione e la moneta che di fatto la gente vuole possedere.” dice Richard Lyons, preside della Haas School of Business di Berkeley”.

La ragione per cui molti economisti ritengono quell’ipotesi irragionevole è perché quell’ipotesi è fottutamente irragionevole! Non è un gioco a somma zero [4]. E’ un modo per distribuire i rischi, utile a coloro che non hanno voglia di puntare tutto su una sola carta. Si chiama hedging [5]. Certo, farà defluire parte del mercato dalle borse basate sul dollaro, ma anche se la borsa iraniana ottenesse un successo clamoroso, non potrà che fungere da alternativa, utile a ridurre i rischi di perdite finanziarie. Chris Cook, ex direttore dell’IPE [6], il quale, come abbiamo fatto notare in un altro articolo, è immerso fino al collo nella progettazione della borsa iraniana, usa toni prudenti:

“L’idea dell’Iran, a medio o a lungo termine, sarebbe quella di entrare nel commercio del greggio, ma sappiamo quanto sia delicata la questione”.

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[Alla Cina manca l’energia per finanziare il proprio Boom]

Il mondo, in contrasto col fervore iperbolico dell’Iran, tende ad un’evoluzione, più che ad una rivoluzione, soprattutto il mondo dei mercati finanziari. Il signor Baker confonde la retorica sbandierata dai politici iraniani (più che altro ad uso e consumo domestico) con la realtà economica. Per quanto possano dire di voler “distruggere gli USA”, il dollaro non corre alcun pericolo.

L’articolo di Petrov a cui Baker fa riferimento parte come un convincente, sebbene isterico, esame della situazione (“Il governo iraniano ha infine sviluppato l’arma ‘ nucleare’ definitiva in grado di distruggere rapidamente il sistema finanziario che costituisce le fondamenta dell’Impero Americano”). Sembra un’analisi ragionevole, finché non inizia a parlare di cosa faranno gli Stati Uniti per bloccare la nascita della borsa iraniana. Da quel punto in poi deraglia rapidamente verso la pura paranoia:

# Sabotare la Borsa – possibili virus informatici, attacchi alle reti di comunicazione e ai server, varie violazioni ai sistemi di sicurezza, o un attacco stile 11 settembre alle strutture centrali e di supporto.
# Colpo di Stato – questa è di gran lunga la migliore strategia a lungo termine che gli Stati Uniti possano mettere in pratica.
# Negoziare Termini e Limitazioni Ragionevoli – un’altra eccellente soluzione per gli Stati Uniti.
# Risoluzioni di Guerra Congiunte dell’ONU – …
# Attacco Nucleare Unilaterale – …
# Guerra Totale Unilaterale – …

Lo scenario non prende in considerazione la cosa migliore che gli Stati Uniti possono fare, almeno a breve termine, cioè niente. Per quanto gli Statunitensi abbiano demonizzato il governo iraniano, il petrolio dell’Iran continua a scorrere nei mercati mondiali, e parte di esso arriva in un modo o nell’altro anche negli Usa (per esempio attraverso le materie plastiche Made in China, o i tessuti sintetici che arrivano dalla Corea), quindi è improbabile che gli Stati Uniti vogliano pregiudicarsi le loro forniture (a meno che gli amici petrolieri di Dick Cheney non inizino a sentire l’impellente desiderio che il petrolio raggiunga i 100$ al barile).

L’articolo finisce menzionando la Dubai Mercantile Exchange, ma omette di ricordare che il suo progetto di commercio petrolifero si sta realizzando grazie all’aiuto del NYMEX, e che il suo successo è dovuto al fatto che commercerà in dollari e che non aggiungerà nemmeno un centesimo ai prezzi stabiliti dal NYMEX e dall’IPE.

Vale la pena ripeterlo: non è un gioco a somma zero. L’Iran non sembra essersi imbarcato in questa impresa per tagliare fuori il dollaro, ma per offrire un’alternativa a chi non vuole dipendere dalla valuta statunitense. E’ una classica strategia di copertura, e non ci sarebbe da sorprendersi se alla fine i concorrenti degli Usa sul mercato globale (e sappiamo chi sono) entrassero in una borsa basata sull’euro per tenersi le spalle coperte, giusto nel caso in cui succedesse qualcosa e fossimo tutti costretti a pagare i nostri debiti di miliardi di dollari.

Note del traduttore:

[1] NASDQ = National Association of Securities Dealers Automated Quotation (Quotazione automatizzata dell’Associazione Nazionale degli Operatori in Titoli). Istituito il 5 febbraio 1971, negli Stati Uniti, si tratta del primo esempio al mondo di mercato borsistico elettronico, cioè di un mercato costituito da una rete di computer.

[2] ENIMEX = New York Mercantile Exchange, il Mercato di New York specializzato in petrolio e prodotti energetici.

[3] Outsourcing = affidamento a terzi di specifiche funzioni o servizi.

[4] Un gioco a somma zero descrive una situazione dove, perché uno possa vincere, uno o più devono perdere.

[5] Hedging = espressione anglosassone che indica un’operazione di copertura effettuata per cautelarsi contro eventuali perdite derivanti da fluttuazioni di cambio o di prezzo.

[6] IPE = International Petroleum Exchange (Borsa Petrolifera Internazionale), con sedee a Londra.

Fubar
Fonte: Link: http://www.needlenose.com/
Link: http://www.needlenose.com/node/view/2809
04.04.2006

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di GIUSEPPE SCHIAVONI

VEDI ANCHE: UNA RETE DI INTRIGHI PETROLIFERI

LA BORSA PETROLIFERA DELL’IRAN NON E’ UN CASUS BELLI…

LA BORSA PETROLIFERA IRANIANA E’ UN GROSSO PERICOLO PER IL DOLLARO

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