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La Redazione

 

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LA BATTAGLIA DI SEATTLE (SETTE ANNI DOPO)
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A cura di God
Il 17 Novembre 2006
54 Views

blankDI MICKEY Z
Movieset

Quando, verso la fine del 1999, gli attivisti fecero notizia a livello globale essenzialmente interrompendo gli incontri della Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC) – o World Trade Organization (WTO) – che si stavano tenendo a Seattle, venne cucito loro addosso il termine “anti globalizzazione” senza fornire troppe spiegazioni. La maggior parte di coloro che presero parte alle manifestazioni nelle strade non erano contrari al concetto letterale di interazione a livello globale; erano contrari alla forma attuale di imperialismo con il telecomando conosciuta in maniera eufemistica con il termine di commercio o di globalizzazione e fu quella opposizione ad ispirare le manifestazioni.Creata nel 1995, la OMC è una vera e propria miniera d’oro per le multinazionali che è riuscita a sfuggire allo scrutinio del radar pubblico. “La maggior parte degli Statunitensi era profondamente addormentata durante lo svolgimento del processo che ha portato alla nascita di questa organizzazione che raccoglie 134 nazioni, compresi molti nel Congresso Usa che votarono a favore della ratifica della membership Statunitense”, dice Mark Weisbrot, Direttore per le Ricerche del Preamble Center, a Washington DC. “Nell’autunno del 1994 Public Citizen, l’organizzazione per la difesa del consumatore creata da Ralph Nader, offrì 10.000 dollari a qualunque membro del Congresso che avesse accettato di leggere le 500 pagine del trattato e quindi di rispondere a dieci semplici domande per provarlo. Il Senatore Hank Brown del Colorado, un Repubblicano che aveva votato a favore del NAFTA [North American Free Trade Agreement, area del libero commercio di cui fanno parte gli USA, il Canada e il Messico – N.d.T.] e che era intenzionato a votare a favore dell’OMC, accettò la sfida. Superò il quiz con il massimo punteggio, riscosse il denaro [da devolvere ad un istituto di beneficenza a sua scelta] e quindi procedette ad annunciare che dopo aver letto l’accordo, si sentiva obbligato a votare contro la sua approvazione”.

Il voto di Brown non bastò ad impedire la ratifica da parte degli Stati Uniti. Perciò quando alla fine la verità su questa organizzazione divenne nota ad un livello più ampio, l’unica possibilità rimasta a disposizione fu quella di scatenare un inferno. La decisione da parte dell’Organizzazione Mondiale del Commercio di tenere il suo incontro annuale a Seattle fornì agli attivisti quel palco di cui avevano bisogno per farsi sentire da milioni di persone.

Il tutto si svolse sicuramente non in maniera perfetta e neppure ci si avvicinò alla perfezione. Le diverse fazioni presenti fra i manifestanti si divisero sugli obiettivi, sulle problematiche e sulle tattiche da usare. Anche i media mainstream riconobbero il paradosso, con il Los Angeles Times che dichiarò: “I leader delle dimostrazioni pacifiche si sono scagliati contro gli anarchici, accusandoli di stare minando alla base il loro messaggio anti globale mentre si danno da fare a rompere finestre e a distruggere proprietà. Gli anarchici a loro volta accusano i dimostranti di Seattle di voler proteggere gli stessi interessi della proprietà privata che la OMC rappresenta”.

Ma a parte le faide interne e i compromessi, quei cinque giorni a Seattle fecero confluire i dissidenti degli Stati Uniti all’interno di un movimento internazionale. Nel loro libro “I 5 giorni che scossero il mondo: Seattle e oltre”, Jeffrey St. Clair e Alexander Cockburn [di CounterPunch.org] dichiarano che i “guerrieri della strada” che “vennero inizialmente evitati e denunciati da rispettabili ‘strateghi interni’, disprezzati dalla stampa, gassati e pestati dai poliziotti e dalla guardia nazionale” furono capaci di far annullare la cerimonia di apertura; impedirono al Presidente Bill Clinton di rivolgersi ai delegati dell’OMC; riuscirono addirittura a far menzionare alla stampa delle multinazionali la brutalità della polizia, e obbligarono la cancellazione delle cerimonie di chiusura.

Chuck Munson di Infoshop ha elencato i numerosi obiettivi che sono stati raggiunti da parte del movimento dopo Seattle. Questi includono l’aver creato il network internazionale Indymedia; il ritorno all’azione diretta, allo stile di confronto della protesta; l’aver messo al microscopio organizzazioni come la OMC, la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale; l’aver stabilito internet come il mezzo di comunicazione di maggior valore di cui dispongono gli attivisti; e l’aver ispirato milioni di persone in tutto il mondo a mettere in azione le proprie passioni. Come ha articolato Michael Albert di Znet, l’obiettivo è quello di globalizzare condizioni di maggiore equità e non di maggiore povertà, la solidarietà e non l’anti socialità, la diversità e non il conformismo, la democrazia e non la subordinazione, e un maggiore equilibrio ecologico e non una rapacità suicida. “Nelle circostanze attuali”, aggiunge Arundhati Roy, “direi che l’unica cosa che valga la pena di globalizzare è il dissenso”.

A tutto questo, io aggiungo: l’unica cosa che valga la pena diversificare è il dissenso.

Mickey Z. è l’autore di cinque libri, dei quali il più recente è “50 American Revolutions You’re Not Supposed to Know: Reclaiming American Patriotism” (Disinformation Books). Lo si può trovare on line sul sito: www.mickeyz.net.

Versione originale

Mickey Z.
Fonte: http://movieset.com
Link
30.10.2006

Versione italiana

Fonte: http://www.radiokcentrale.it/
Link: http://www.radiokcentrale.it/articolinuovaera/itapiece202.htm

Traduzione a cura di Melektro per www.radioforpeace.info

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