Kravchuk Shushkevich e Burbulis festeggiano negli USA i 25 anni del crollo dell’URSS

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DI ARINA TSUKONOVA

fondsk.ru

Il Centro americano per gli studi russi ed eurasiatici “Davis” presso l’Harvard University, con altre organizzazioni che si occupano di mondo post-sovietico, hanno organizzato, negli USA, una serie di eventi dedicati a una data memorabile per gli Stati Uniti: 25 anni senza l’Unione Sovietica. Va da sé, che non potevano mancare i principali artefici della commemorazione, gli ex presidenti che l’8 dicembre (1991 n.d.t.), in Bielorussia nella tenuta di Viskuli, a pochi chilometri dal confine dell’Unione Sovietica con la Polonia, sottoscrissero i cosiddetti “accordi di Belavezha” – la fine dell’Unione Sovietica come soggetto di diritto internazionale.

Boris Eltsin non è sopravvissuto fino al 25° anniversario degli “accordi di Belavezha”, a sostenere la sua causa c’era l’ex segretario di stato della RSFSR (Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa n.d.t.) Gennadij Burbulis, un altro componente dell’incontro di Viskuli. In America, dall’Ucraina, è giunto Leonid Kravchuk, ex capo del Soviet Supremo della RSS ucraina e primo presidente dell’Ucraina indipendente. Dalla Bielorussia è arrivato Stanislav Shushkevich, guidò il Parlamento della repubblica, ma non riuscì a diventarne presidente; nelle elezioni del 1994 per la sua candidatura votarono solo il 10% degli elettori bielorussi, non riuscì a passare nemmeno il secondo turno. Un altro partecipante all’incontro nella foresta di Belavezha fu l’ex capo del Consiglio dei Ministri della Bielorussia Vyacheslav Kebich, clamorosamente battuto alle elezioni presidenziali da Alexander Lukashenko che raggiunse l’80,6% dei voti.

Un destino molto simile a quello del “becchino dell’URSS” ucraino, Leonid Kravchuk: dopo due anni e mezzo, sotto pressione dai minatori che versavano in condizioni di grave crisi economica, fu costretto ad accettare elezioni anticipate, vinte da Leonid Kuchma. Ancor meno durò l’incarico dell’ex presidente del Consiglio dei Ministri dell’Ucraina Witold Fokin, che con Kravchuk firmò l’“accordo di Belavezha”; nel mese di ottobre del 1992 il Parlamento ucraino espresse la sua sfiducia e lo esonerò dall’incarico.

Nonostante i cospiratori “bielorussi” non riuscirono, in pratica, a gustare i frutti dell’indipendenza, la Russia e l’Ucraina si rimpinzarono comunque fino a fare il pieno, a oggi lo stato ucraino non è stato in grado di rialzarsi dal tavolo apparecchiato nel 1991 nella foresta di Belavezha.

È del tutto logico che i firmatari di Belavezha (tre su sei) siano quindi andati negli Stati Uniti a festeggiare i 25 anni del crollo dell’Unione Sovietica, causato dalle loro stesse mani.

Era il 25 dicembre 1991, l’allora presidente degli Stati Uniti George HW Bush annunciò ufficialmente il riconoscimento degli stati indipendenti: Russia, Ucraina, Bielorussia, Armenia, Kazakhstan e Kirghizistan. Battezzò il crollo dell’Unione Sovietica come: “Una vittoria per la democrazia e la libertà”, “La vittoria della forza morale dei nostri valori”, inoltre dichiarò che: “Ogni americano può essere orgoglioso di questa vittoria”. Bush diede il benvenuto ai nuovi paesi nati sulle macerie dell’Unione Sovietica, e sottolineò: “Nonostante il loro potenziale di instabilità e caos, questi eventi corrispondono chiaramente ai nostri interessi nazionali”.

Per questo motivo i “becchini dell’URSS” sono ora calorosamente accolti negli Stati Uniti: nel dicembre del 1991, in sostanza, agirono come agenti di un paese straniero.

Nonostante i 25 anni dalla firma degli “accordi di Belavezha” Kravchuk, Shushkevich e Burbulis trovano sempre nuove giustificazioni per approvare ciò per cui agirono così attivamente. Non ha fatto eccezione, in questo senso, la riunione presso la sede dell’Atlantic Council a Washington, all’apertura del tour americano dei firmatari di Belavezha.

“Se parliamo da un punto di vista storico, l’URSS non era fattibile fin dal suo stesso esordio. I suoi sistemi di repressione diventarono una catastrofe antropologica”, ha dichiarato Burbulis che giustifica con l’antropologia gli “accordi di Belavezha”.

“È stata una potenza nucleare che con i suoi missili minacciò il mondo intero. Chi dice che aveva una ragione di esistere può essere solo un filosofo, un filosofo con il senso dell’eroismo”, ha aggiunto Shushkevich.

L’ex presidente dell’Ucraina è riuscito ad andare ancora oltre, affermando: “Abbiamo firmato gli “accordi di Belavezha”, ascoltando i nostri popoli”. Ricordiamo che al referendum del marzo 1991 relativo al mantenimento dell’URSS, a cui partecipò l’83,5% degli abitanti della RSS dell’Ucraina (non erano forse in possesso del diritto di voto?), il 70,2% espresse il proprio a favore per vivere in Unione Sovietica, solo una minoranza, il 28% votò contro, ma, evidentemente, la voce della minoranza per Kravchuk era “la voce del popolo”.

Ora, 25 anni dopo il complotto di Belavezha, i suoi artefici ritengono che ciò che cominciarono non è stato ancora portato al suo logico compimento. “L’intera serie dei vecchi simboli sovietici si è nuovamente rianimata poiché la mentalità dell’uomo sovietico è sopravvissuta”, si è rammaricato Shushkevich.

Al “becchino dell’URSS” bielorusso ha fatto eco anche il Washington Post: “Nonostante il fatto che il crollo dell’Unione Sovietica abbia portato una speranza di liberalizzazione, solo alcuni paesi post-sovietici sono diventati veri e propri stati democratici”. Pubblicando queste “rivelazioni” dei firmatari degli “accordi di Belavezha” induce i lettori americani a dedurre che queste persone, artefici del collasso dell’Unione, siano dotate di una sorta di conoscenza superiore su come risolvere i problemi del mondo. Chi altri, se non loro, sarebbero in grado di spartire con le ricette americane la “democratizzazione” della Bielorussia, per esempio, o la soluzione del conflitto di Kiev col Donbass!

Riguardo alla questione bielorussa Shushkevich propone di scommettere sui giovani. Secondo l’opinione di tal personaggio, la Bielorussia non ha intrapreso la via dell’Ucraina a causa di Lukashenko in quanto (citazione): “Presidente anti-bielorusso che ha degenerato tutto ciò che è stato raggiunto nella foresta di Belavezha”.

La retorica di Shushkevich è molto simile alla retorica di Kravchuk, colui che possiede un acuto udito selettivo per la “voce del popolo”, Lukashenko, che ha il supporto assoluto della maggioranza dei cittadini della Repubblica, dalle labbra del ex-capo del Parlamento bielorusso (Shushkevich n.d.t.) diventa il “presidente anti-bielorusso”.

Shushkevich, assicurando gli americani che: “Prima o poi la Bielorussia diventerà un Paese normale e civile” ha diffuso un invidiabile ottimismo. D’altro canto non poteva dire nulla di diverso, visto la sua forte dipendenza dall’onorario a lui versato negli Stati Uniti e in Europa per la sua lezione sul crollo dell’Unione Sovietica e sulla situazione attuale della “non-democratica” Bielorussia.

L’idea principale che il cospiratore di Belavezha, primo firmatario dell’accordo di Viskuli, non si è mai stancato di ripetere è che l’Occidente dovrebbe aiutare l’opposizione bielorussa (che rappresenta una minoranza assoluta) a rompere i legami tra la leadership bielorussa e la Russia. “Se l’Occidente ci avesse aiutato a liberarci dal supporto russo a Lukashenko, da molto tempo in Bielorussia ci saremmo già sbarazzati di lui”, ha, infatti, dichiarato Shushkevich negli incontri con gli americani.

L’ex presidente ucraino Kravchuk è stato più contenuto, si è mostrato degno del suo soprannome “la volpe furba”. Commentando la situazione in Ucraina, ha assunto un tono nebbioso: “La situazione attuale non è più complessa di quanto non fosse alla vigilia della firma degli “accordi di Belavezha”. Ma perché oggi i leader mondiali non riescono a trovare una soluzione in nome delle persone che non vogliono la guerra? Sono sicuro che in Ucraina una strada, che non sia quella della pace, non esista”. Beh! È stato veramente una volpe: in primo luogo, abilmente ha sottolineato quanto sia stato difficile firmare gli “accordi di Belavezha”; in secondo luogo, sempre con molto destrezza ha riposto nelle mani dei “leader del mondo” la soluzione del problema ucraino. Ancora con maggior abilità si è espresso sulle sanzioni contro la Russia: “La mia posizione è la stessa di quei paesi che hanno imposto le sanzioni”.

Allo stesso tempo Kravchuk, cantando in duetto con Burbulis, ritiene che le dure misure contro Mosca non porteranno all’effetto dovuto. Acutamente Kravchuk ha osservato: “Sono d’accordo nel ritenere che non si raggiungerà l’ordine mondiale solo attraverso le sanzioni”, riuscendo contemporaneamente a sottolineare come l’instaurazione di un ordine mondiale sia prerogativa degli Stati Uniti.

Non invano l’ex presidente ucraino scelse la carriera di funzionario del PCUS, che lo portò prima alla Verkhovna Rada, e poi al Viskuli. Kravchuk è un secondo Talleyrand (Charles Maurice de Talleyrand-Périgord un esperto del camaleontismo n.d.t.): che abbia scelto la via della diplomazia, si vede, ma non avrebbe mai dovuto tradire la sua patria firmando gli infami “accordi di Belavezha”.

Ora rimane in attesa su cosa dirà e farà Donald Trump dopo la sua entrata nell’ufficio presidenziale. Conformemente alle dichiarazioni del nuovo presidente degli Stati Uniti aggiusterà il tiro delle sue opinioni. Fino a che la Casa Bianca, non acquisirà il nuovo proprietario, e lo stesso non esprimerà il suo punto di vista sulla questione ucraina, anche Kravchuk rimarrà in silenzio: “Per ora, in qualità di presidente, lui (Trump) non ha ancora detto nulla. Ma se riconoscerà l’annessione della Crimea, io riterrò questo molto negativo”, ha affermato Kravchuk a Washington, sapendo di non rischiare quasi nulla, dal momento che la questione della Crimea potrà essere discussa ancora per molti anni nel mondo, indipendentemente dal fatto che Trump la possa o meno riconoscere.

L’esordio del tour americano dei cospiratori di Belavezha non ha brillato. Non hanno niente di cui vantarsi. In Russia c’è Putin, in Bielorussia c’è Lukashenko.

L’Ucraina, invece, che nel pensiero di questi demolitori dell’URSS ha fatto molti progressi sul percorso della “democrazia e libertà” funge da spauracchio, non solo per la maggioranza dei paesi post-sovietici, ma anche per molti paesi che componevano la comunità socialista ai tempi dell’URSS.

 

Fonte: www.fondsk.ru

Link: http://www.fondsk.ru/news/2016/11/21/kravchuk-shushkevich-burbulis-otmechaut-25-letie-razvala-sssr-us-43082.html

 

Scelto e tradotto per www.comedonchisciotte.org da ELISEO BERTOLASI

 

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