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La Redazione

 

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ISRAELE – 'UNA NAZIONE RAZZISTA'

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A cura di God
Il 28 Marzo 2006
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DI GIDEON LEVY
Ha’artez

Contrariamente a quanto sembra, le elezioni di questa settimana sono importanti, perché mostreranno la vera faccia della società israeliana e le sue ambizioni segrete. Più di 100 candidati eletti saranno mandati al Knesset come se appartenessero ad un unico schieramento – quello del razzismo. Se già pensavamo che ogni due Israeliani non ci fossero più di tre opinioni, ora sarà evidente che circa ogni israeliano ha una sola opinione – il razzismo. Le elezioni del 2006 lo renderanno più chiaro che mai. La maggioranza assoluta dei parlamentari, nel 17° Knesset, assumerà una posizione basata su una bugia: che Israele non ha un partner per la pace. Una maggioranza assoluta dei parlamentari, nel prossimo Knesset, non crede nella pace, né la vuole – proprio come i loro elettori – e peggio ancora, non considera i Palestinesi come esseri umani. Il razzismo non ha mai avuto tanti aperti sostenitori. Questo è il vero risultato di questa campagna elettorale.Non si deve essere Avigdor Lieberman per essere un razzista. La “pace” proposta da Ehud Olmert non è meno razzista. Lieberman vuole allontanarli dai nostri confini, Olmert e quelli della sua specie vogliono allontanarli dalla nostra consapevolezza. Nessuno sta parlando di pace con loro, nessuno la vuole davvero. C’è solo un’ambizione che unisce tutti – sbarazzarsi di loro, in un modo o in un altro. L’esilio o il muro, il “disimpegno” o la “convergenza” – il punto è che dovrebbero togliersi dalla nostra vista. L’unica carta in tavola, nota come ‘accordo unilaterale’, non è solo basata sulla bugia che non ci sia un partner, non è solo basata esclusivamente sui nostri “bisogni” a causa di un senso di superiorità, ma conduce anche ad un pericoloso tipo di comportamento che ignora del tutto l’esistenza dell’altra nazione.

Il problema è che questo sentimento si basa completamente su un’assunzione illusoria. I Palestinesi sono qui, proprio come noi. Nonostante ciò, saranno costretti a continuare a ricordarci della loro esistenza nell’unico modo che sia loro che noi conosciamo, mediante la violenza e il terrore.

L’oscuro capitolo della storia israeliana iniziò a Camp David, dove Ehud Barak riuscì a seminare la falsità per cui non c’è nessuno con cui parlare dalla parte palestinese, che noi offrivamo loro il cielo e loro ci rispondevano con la violenza. Poi venne la maggioranza degli attacchi terroristici e la società israeliana si ritirò in un malessere apatico mai conosciuto prima.

Mentre dimostrava una completa indifferenza verso i Palestinesi sofferenti, quell’apatia si diffuse ed aumentò fino ad includere gli Israeliani deboli – gli arabi, i poveri, gli afflitti. Da questo punto di vista, l’attuale campagna elettorale, più noiosa che mai, sembra quasi un’espressione dello stato di apatia pubblica. Nulla può svegliare gli Israeliani dal loro coma – non la prigionia di una nazione confinante, non gli omicidi e le distruzioni che seminiamo nelle loro società né la debolezza tra noi.

Chi avrebbe creduto che, nell’Israele del 2006, l’uccisione da vicino di una bambina di 8 anni, come è successo la scorsa settimana a Yamoun, quasi non sarebbe stata menzionata; che lo spietato tentativo di espellere un etiope malata di AIDS sposata ad un Israeliano, solo perché non è ebrea, non avrebbe sollevato l’indignazione popolare; e che i risultati di un sondaggio secondo cui la maggioranza degli Israeliani – il 68 % – non voglia vivere vicino ad un arabo, non abbiano suscitato scalpore. Se nel 1981 venivano lanciati pomodori a Shimon Peres e nel 1995 ci si ribellava a Yitzhak Rabin, ora non ci sono pomodori, nessun incitamento, e nemmeno competizioni elettorali.

Nulla può portare in piazza gli Israeliani, nulla può mandarli in collera. Un’elezione senza partecipazione ed interesse è più pericolosa per la democrazia di qualunque pomodoro. E’ una dimostrazione di apatia ed indifferenza, che il regime può sfruttare per fare quello che vuole. Il fatto che non ci siano vere differenze tra i tre partiti principali: l’uno a dire che circa tutto il paese è suo, l’altro a dire lo stesso. Sono cattive notizie per la democrazia.

Le prossime elezioni sono già state decise. Una grande maggioranza darà il proprio voto all’accordo razzista che ignora i Palestinesi, come proposto da Kadima, dal Likud e, in gran parte, dal Labor. Nessuno di loro ha provato a proporre una giusta pace; i loro leader non hanno mai detto una parola sui crimini di guerra e le sofferenze causate da Israele. Si uniranno a loro l’estrema destra e gli ultra-ortodossi ed ecco: una nazione in cui il razzismo è il vero denominatore comune che ci unisce. Più o meno tutti diranno no alla pace, sì a continuare l’occupazione (anche se sotto nuove mentite spoglie) e sì a pensare solo a noi.

La moralità è diventata una brutta parola, e la peggior corruzione nella storia del paese, l’occupazione, non è mai stata menzionata. Vedrete esclusivamente mappe con una sola parte, l’una simile all’altra, tutte che includono gli enormi “blocchi colonici”, un ritiro basato sui “nostri bisogni”, con un muro di separazione e la spaventosa aria di indifferenza che si libra sovrastando ogni cosa.

Gideon Levy
Fonte: http://www.rense.com
Link: http://www.rense.com/general70/one.htm
27.03.2006

Traduzione dall’inglese a cura di CARLO MARTINI per www.comedonchisciotte.org

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