A CURA DI: IRIN NEWS
BAGHDAD – Ho 22 anni e sono una studentessa cristiana in Iraq. Due mesi fa sono stata stuprata da un soldato iracheno in seguito ad un raid alla mia casa.
Ci ho pensato molto prima di accettare di raccontare la mia storia. Ma non posso permettere ad altre ragazze di soffrire la stessa violenza che ho sofferto io, oltre ad essere discriminate e non ricevere assistenza.
Con l’eccezione di mio fratello maggiore, Khalil, tutta la mia famiglia aveva lasciato il paese recandosi ad Amman, Giordania, e poi in Svezia. Stavo aspettando di finire il mio ultimo anno all’università prima di raggiungerli. Solo io e Khalil rimanemmo qui. Un giorno, mentre lui era all’università, un gruppo di soldati iracheni fece un raid nella nostra casa dicendo che avevano informazioni per cui c’erano degli insorti nell’area.Quando erano dentro la mia casa li vidi darmi delle strane occhiate. Mi fecero delle domande per circa 15 minuti e poi se ne andarono.
Due giorni dopo, il pomeriggio del 27 novembre scorso, ero da sola nella casa e udii un suono venire dal soggiorno. Prima pensai che Khalil era tornato a casa prima e poi realizzai che era uno dei soldati iracheni che aveva effettuato il raid due giorni prima.
Fui sorpresa e stavo per chiedergli se stesse conducendo un altro raid quando mi mise la mano sopra la bocca e mi disse che se facevo un solo rumore avrebbe aspettato mio fratello per ucciderlo.
Sapeva che ero a casa da sola per via delle risposte che avevo dato nel giorno del raid.
Cercai di liberarmi dalle sue braccia e di scappare ma era molto più forte di me. Mi trascinò nella camera da letto e mi fece fare quello che non avevo mai fatto prima in vita mia. Mi stuprò mentre piangevo e cercavo di mordergli la mano, ma ogni volta che lo facevo mi colpiva in faccia con l’altra mano.
Quando finì mi disse che se lo avessi raccontato alla polizia sarebbero ritornato per farlo ancora e per uccidere mio fratello, così la casa sarebbe stata solo per me e lui.
Quando mio fratello tornò a casa gli dissi tutto. Era così sconvolto che mi costrinse ad andare dalla polizia con lui. Lì incontrammo un sergente, il quale chiese una prova che fosse stato un soldato iracheno a stuprarmi, dicendo che forse non era un soldato regolare ma solo qualcuno vestito come tale.
Dopo due ore di umiliazione, dopo essere stata guardata dagli agenti di polizia come l’ultima ragazza che aveva perso la verginità in Iraq, andammo a casa. Khalil pianse più di me perché non poteva credere che sua sorella avesse sofferto un tale abuso mentre lui era via e che lo stupratore non sarebbe stato accusato.
Chiamammo la nostra famiglia in Svezia lo stesso giorno e raccontammo loro cos’era successo. Da allora, hanno cercato di farci avere i passaporti per raggiungerli.
Due settimane fa, ho scoperto di essere incinta dallo stupratore. Khalil mi portò da un medico che eseguì un aborto e da allora il mio vicino si è preso cura di me.
Spero che la mia storia aiuterà le ragazze irachene che vengono stuprate in Iraq a decidersi a raccontare la loro storia anche se è difficile in un paese musulmano tradizionalista come l’Iraq. Ma se rimaniamo in silenzio, ci saranno ancora più ragazze vittime e ancora più ragazze perderanno quella cosa così preziosa che Dio ha donato loro: la propria verginità.
[Questo resoconto non riflette necessariamente le opinioni delle Nazioni Unite]
Foto: Afif Sarhan/IRIN
Irin News
Fonte: http://www.irinnews.org/
Link: http://www.irinnews.org/HOVReport.aspx?ReportId=69996
Febbraio 2007
Scelto e tradotto per www.comedonchisciotte.org da CARLO MARTINI