INFRANGERE IL VOTO DEL SILENZIO

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DI PAUL LEVY
Awaken In The Dream

Nelle nostre vite individuali, si svolgono alcuni eventi che riflettono le situazioni riconducibili alla vita collettiva della nostra nazione o del mondo. Un tale evento ebbe luogo molti anni fa nella stessa sinagoga in cui ricevetti il mio Bar-Mitzvah. In quello che oggi sembra come un sogno, ero insieme ai miei genitori nella più sacra notte dell’intero anno ebraico, “Kol Nidre”, la notte prima di “Yom Kippur”, il giorno dell’espiazione. Probabilmente non sono più stato in una sinagoga dal mio Bar-Mitzvah… anni e anni fa. Per il sermone, il rabbino tenne un appassionato discorso sul fatto che tutti odiavano gli ebrei, ed avevamo bisogno di unirci contro il mondo. Le sue parole erano ricolme di odio e livore. Stava letteralmente predicano la paura e la separazione. La sua visione non aveva niente a che fare con l’amore e la compassione, e sicuramente non si basava sulla ragione.

Fui oltraggiato dal discorso del rabbino. Con mia grande costernazione, quando espressi questi sentimenti ai miei genitori, non li condivisero, ed inoltre si arrabbiarono con me per l’impudenza di essere critico con il rabbino. Pensavano che fossi irrispettoso e sacrilego, mettendo in discussione la saggezza del rabbino, che era, oltre tutto, il leader della loro congregazione.Un paio di mesi dopo, il rabbino fu licenziato. Perchè? Perché teneva costantemente discorsi pieni di odio e che inducevano paura alla sua congregazione. I miei genitori mi dissero che il rabbino era stato licenziato e mi chiesero, del tutto increduli, “Come lo sapevi?”.

Il processo psicologico inconscio, sotteso, che si verificò tra i miei genitori ed il rabbino è molto rivelatore, in quanto isomorfico (simile nella struttura) con quel che sta avvenendo oggi nel nostro paese, dove la gente sostiene incondizionatamente il regime Bush e le sue politiche criminali. Sebbene ora la schiacciante maggioranza degli Statunitensi veda la rete di bugie dell’amministrazione, ci sono ancora abbastanza persone che, allo stesso modo in cui i miei genitori sostenevano ciecamente il rabbino, o continuano a sostenere Bush nella sua follia, ne riconoscono la follia e restano in silenzio. Ognuna di queste reazioni permette alla follia di avere luogo senza alcuna restrizione. Il processo psicologico inconscio che si verificò con il rabbino e la sua congregazione è come un frattale che si sta ripetendo in massa nel nostro paese e in numerose permutazioni nel mondo. Contemplare quel che fu simbolicamente rivelato nel processo con il rabbino può aiutarci a comprendere come meglio trattare con la follia esplicitata nel corpo politico della nostra nazione e, per estensione, del nostro mondo.

Poiché il rabbino era una figura d’autorità indiscussa assunta dai miei genitori per sapere di cosa stesse parlando, essi caddero sotto il suo incantesimo. Credendo ciecamente a quel che il rabbino stava dicendo, delegarono ingenuamente il loro potere nelle sue mani. Nel farlo, hanno rinunciato al loro diritto di pensare da sé, di vedere fuori dai propri occhi, di avere una propria esperienza, e di offrirla al rabbino, che avrebbe potuto accettare di buon grado tutte le donazioni dalle menti dei suoi discepoli. Ma il rabbino ha abusato del suo grado, privilegio, potere ed autorità manipolando le menti accondiscendenti della sua congregazione per alimentare le sue invenzioni paranoiche. Stava creando un sogno di paura, odio, separazione e violenza, e stava contagiando tutti i seguaci che poteva attirare.

Per qualche ragione, i miei genitori non furono in grado di riconoscere la follia – e la malevolenza – di quel che stava facendo il rabbino. Avevano proiettato nel rabbino la loro stessa fantasiosa immagine interna di un leader positivo e di una figura d’autorità che potesse guidarli saggiamente e proteggerli. Nel farlo, i miei genitori caddero nella trance della loro stessa allucinazione, ossia l’immagine di chi fosse il rabbino, ed erano diventati certi che la loro immaginazione interna fosse oggettivamente vera. Stregati dalle loro stesse proiezioni inconsce, i miei genitori non vedevano il rabbino per quel che era davvero, come se stessero soffrendo di una forma di cecità psicologica. Chiunque mettesse in discussione la loro invenzione era percepito come una minaccia e demonizzato.

Fidandosi irrazionalmente e seguendo il rabbino, la facoltà critica di discernimento dei miei genitori, cioè l’essere in grado di distinguere tra fantasia e realtà, era stata spenta. Stranamente, non si poteva parlare di questa situazione ai miei genitori con il ragionamento o la logica. Ogni prova che fosse contraria alle proiezioni dei miei genitori veniva o ignorata e scartata, come se non esistesse, o perversamente integrata nella loro psiche per confermare ulteriormente e validare la stessa proiezione che questi fatti in realtà smentivano (questa è anche una perfetta descrizione della dinamica che ha luogo nelle menti delle persone che stanno sostenendo Bush nella sua follia).

Come un ipnotista, il rabbino aveva “incantato” una parte della coscienza auto-riflessiva dei miei genitori, “agganciandoli” grazie al loro cieco inconscio. Come un mago nero travestito, il rabbino aveva predato, giocato, lavorato e alimentato i bisogni e le paure dei miei genitori per drenare il loro potere e intrappolarli co-dipendentemente in questa ragnatela di bugie. Come i miei genitori, il resto della congregazione che sosteneva il rabbino stava soffrendo di una forma di cecità psicologica, come se fossero stati infettati da una contagiosa epidemia psichica, una follia collettiva. Non voglio essere maleducato dicendolo, ma c’è forse un modo più adatto per descrivere delle persone che, al pari di una setta, stanno seguendo una persona impazzita?

Nel sostenere il rabbino con la sua prospettiva illusoria, i miei genitori erano letteralmente stregati dalla paura, che il rabbino offriva liberamente e in abbondanza. Una volta che lo ebbero privato del loro potere, essi furono intrappolati nella negazione dovuta alla dolorosità dello shock che sarebbe stato necessario se avessero visto come avevano dato il proprio potere a qualcuno che stava abusando della loro fiducia. In seguito si ammantarono nella loro negazione per proteggersi dall’orrore di aver sperimentato coscientemente la bugia che avevano vissuto, una disillusione [dis-illusion-ment nel testo originale, ndt] che per loro sarebbe stata “troppo” da sopportare. Vedere la verità della loro situazione sarebbe stato così opprimentemente traumatico da aver costruito all’interno della situazione stessa un contro-stimolo da sperimentare pienamente, che il rabbino rafforzava continuamente creando colpa, paura – e terrore – per tenere buono il suo gregge.

blankDUE FACCE DELLA STESSA MONETA

Per capire il processo psicologico che fu inconsciamente fatto entrare in scena, è importante comprendere che la cecità psicologica in cui erano caduti i miei genitori non può essere contemplata separatamente dalla figura del rabbino. Nella loro mutua interazione, i ruoli dei miei genitori da un lato e del rabbino dall’altro sono intimamente connessi e legati. I loro ruoli non esistono in statico isolamento l’uno dall’altro ma, piuttosto, in una reciproca co-relazione dinamica. Questi due ruoli non esistono mai l’uno senza l’altro, in quanto si trovano sempre insieme, emergendo simultaneamente e reciprocamente nello stesso momento, parti unite di un processo più profondo. Per dirla con altre parole: i miei genitori e il rabbino sono aspetti di un processo più profondo che si sta manifestando, e rivelando, attraverso la loro interazione. Vederlo significa ottenere un’espansione di coscienza in cui spezziamo l’idea arbitraria e artificiale che esistiamo separatamente l’uno dall’altro, per poi entrare in quel fondamentale campo di coscienza, unificato e unificante, che ci connette e sta dando forma a quanto si manifesta nel nostro mondo.

Il rabbino era caduto vittima di un incantesimo da lui creato che lo aveva ipnotizzato, facendogli credere che il nemico fosse fuori da lui. Aveva proiettato la sua stessa ombra, la sua stessa oscurità, fuori da sé stesso, dove l’universo onirico ha semplicemente fornito tutte le prove di cui aveva bisogno per dimostrare la verità apparentemente oggettiva delle sue proiezioni in un ciclo retroattivo auto-generato e auto-corroborante che aveva la natura di una profezia che si realizza. Per esempio, ci sono davvero delle persone che vogliono distruggere Israele, ma identificandosi nel ruolo della vittima virtuosa e passiva, il rabbino non ha realizzato il vero ruolo che egli, o lo stato di Israele, giocano collaborativamente nell’evocare la stessa risposta dagli altri a cui poi reagiscono (si veda il mio articolo, Middle East Madness). Ipnotizzato dalla sua stessa mente, il rabbino si stava mettendo in relazione con un problema spirituale interno come se esso esistesse fuori di lui. Dividendosi dalla sua ombra e proiettandola fuori di sè, il rabbino stava reagendo contro un nemico che lui stesso aveva evocato. Questa è una forma molto peculiare di follia che è fin troppo comune nel nostro mondo di oggi.

Quando, come un rabbino, si cade nello stato degenere di credere alle proprie bugie, si emana un certo carisma, che è magico e convincente per le persone che non sono sufficientemente in contatto con sé stesse per aver sviluppo il loro proprio “centro” di discriminazione e sono quindi altamente suggestionabili. L’illusione del rabbino aveva una sufficiente carica energetica o un campo di forza per attrarre, come le lime di ferro si allineano attorno ad un magnete, i membri della congregazione attorno al suo punto di vista. Allo stesso modo dei miei genitori, altri fedeli nella sinagoga, nell’essere d’accordo con il rabbino sul fatto che il male si trovasse al di fuori di loro, avevano creato un ricettacolo molto conveniente, o almeno così sembrava, per sbarazzarsi e proiettare all’esterno la loro oscurità. Questo processo li salvaguardava dal dover contemplare e quindi affrontare l’oscurità dentro di loro. Avere un nemico che fungesse da capro espiatorio collettivo e sui cui proiettare l’ombra fu un grande sollievo, nonostante il fatto che questo processo fosse basato su una bugia e avesse la certezza di non creare nulla, se non colpa, paura e violenza. Tutto ciò non fu notato dai membri della congregazione. Piuttosto, si sentirono uniti nella rettitudine e dalle loro illusioni, che si rafforzavano a vicenda, di trovare il male fuori da sè. Proiettando collettivamente la loro ombra, il rabbino e i suoi seguaci erano divenuti inconsciamente posseduti dalla stessa ombra che stavano combattendo nel mondo esterno. Combattere contro la propria ombra riflessa nel palco del mondo non è solo una battaglia che non può essere vinta; è follia.

Sostenendo il rabbino nella sua paranoia, i miei genitori e la congregazione stavano irrazionalmente alimentando la follia del rabbino nel ciclo retroattivo auto-perpetuante che corroborava simultaneamente il loro bisogno infantile di delegare il proprio potere e avere qualcuno che li proteggesse. Delegando il loro potere al rabbino, divennero come bambini dipendenti da un’autorità genitoriale. Delegando il loro potere e seguendo il rabbino, confermarono di fatto le invenzioni del rabbino, rafforzano la sua convinzione che dovesse essere un vero leader in quanto le persone, effettivamente, lo seguivano.

Il rabbino e la sua congregazione furono collegati in un ciclo retroattivo co-dipendente e patologico che aveva sviluppato un momento o energia sufficiente per auto-generarsi continuamente, al pari del mostro di Frankestein: una vita autonoma a sé stante. Come se racchiusi in una bolla, il rabbino e la congregazione divennero apparentemente tagliati fuori e separati dagli altri, oltre che disconnessi da ogni riflessione o influenza co-evoluzionistica informativa dal mondo esterno. Una situazione di “narcisismo di gruppo” fu creata tra il rabbino e i suoi seguaci, in quanto alimentavano le reciproche ferite, necessità, paure narcisistiche e inconsce. Evitando l’auto-analisi a tutti i costi, rafforzavano reciprocamente l’inconscia follia e colludevano in essa. Fu invocato attorno a loro un impenetrabile campo di in-conscio che, letteralmente, resisteva alla coscienza auto-riflessiva. Quando questa situazione si verifica in una famiglia, comunità, nazione, o specie, non è altro che una forma di psicosi collettiva (si veda il mio libro, The Madness of George W. Bush: A Reflection of our Collective Psychosis; di cui potete leggere on-line il primo capitolo).

Quando il rabbino e la sua congregazione sono compresi come interconnessi, un sistema intero, si riconosce la presenza di una certa “stasi”, o non-fluidità delle dinamiche del sistema. Esso non stava crescendo organicamente ed evolvendosi, permettendo ad altre voci di essere udite, ma aveva una rigidità auto-corroborante della sua struttura. In ogni sistema come questo c’è, comunque, in ogni singolo momento un ruolo potenzialmente nuovo nel campo che emerge spontaneamente entro il sistema e “catalizza” (in chimica significa “accelera una reazione”) un cambio nell’intero sistema.

Nel nostro esempio del rabbino e i suoi seguaci, questo ruolo si manifestò quando le persone che videro cosa stava agendo distruttivamente nella comunità misero fine al voto del silenzio, accesero al loro potere interno, connessi l’un l’altro, e poi si mobilitarono schierandosi e agendo in un modo che fece la differenza. Dal punto di vista dell’intero sistema interdipendente, questa nuova voce era lo strumento mediante cui il sistema si evolse e si ricreò liricamente in un ordine superiore di coerenza, integrazione, salute e integrità.

La chiave per l’avanzamento nel sistema e la rottura dell’incantesimo – in questo caso, quando il rabbino fu licenziato – è il raggiungimento di un certo punto in cui abbastanza persone della comunità, una certa massa critica, vedono l’abuso che sta avendo luogo e, come in una recita o in un sogno, assumono i loro ruoli di fautori del cambiamento dotati di potere e agiscono collettivamente. Come le celle T che si uniscono per combattere un cancro nel corpo politico, essi si riunirono in una sola voce, attivarono il loro intrinseco potere e autorità in quanto vero corpo della sinagoga e si organizzarono co-operativamente per risolvere la fondamentale disfunzione nella loro comunità.

UN PROCESSO ONIRICO

Visto come un processo onirico – in cui la situazione esterna, proprio come in un sogno, sta esprimendo lo stato interno della psiche – il rabbino fu “sognato” in una forma del tutto materializzata come un’espressione di un processo inconscio che esisteva in ogni membro della congregazione, e viceversa. Cadere nell’incantesimo lanciato dal rabbino, in ultima analisi, era riconducibile ad un processo produttivo della stessa congregazione, il loro “fare” (che è il significato della parola “karma”), in quanto la loro situazione di delega dei poteri era un’espressione esterna del loro stato interno dell’inconscio. La loro condizione remissiva, da gregge di pecore, era uno stato in cui si sentivano vittime, e per il quale erano in ultima analisi responsabili.

Dal punto di vista onirico, nell’essere personificazione di una figura che abusa della sua posizione di potere, il rabbino veniva sognato per riflettere alla congregazione la loro dis-associazione dal proprio stesso potere conferito da Dio. Come riflessione esternalizzata di un processo interno, il rabbino entrò in un ruolo e divenne la personificazione vivente di una figura che esiste nell’interno potenziale non solo di ogni membro della congregazione, ma anche di noi stessi. Svelando una figura archetipica che esiste profondamente dentro l’inconscio collettivo dell’umanità, il rabbino sta rappresentando [re-presenting nell’originale, ndt] la figura interna/esterna che ad ogni singolo momento cerca di “ipnotizzarci” per toglierci il nostro potere. Questo tentativo della figura di inggannarci è un’espressione della sua stessa paura: la mancanza e l’estensione del mentire a sè stessa.

Quando manchiamo di discernimento, connessione e scorrevolezza con il nostro stesso potere, destiniamo invariabilmente il nostro potere a volgersi contro di noi, sia internamente che nel mondo apparentemente esterno. Dal punto di vista onirico, il rabbino veniva semplicemente sognato per svolgere un ruolo che esisteva all’interno del campo di forza; se questa particolare persona non fosse stata lì per recitare la parte, il “casting centrale” avrebbe semplicemente incaricato qualcun altro. Il rabbino e la congregazione colludevano e permettevano l’uno all’altro di mettere in pratica una decisione collettiva inconscia di abrogare il potere della comunità per inventare creativamente e coscientemente il loro mondo.

Vista simbolicamente, di fatto, la situazione esterna con il rabbino contribuì a far attivare l’intrinseco potere della congregazione, il quale ovviamente non era stato coscientemente realizzato fino ad allora, altrimenti la figura del rabbino non sarebbe mai stata sognata per abusare del suo potere. Contemplando questa situazione come un processo onirico, la figura del rabbino è un alleato segreto, il cui segreto è segreto anche per lui stesso, perché attraverso il suo abuso di potere sta irrazionalmente aiutando la congregazione a connettersi con il potere genuino (sebbene il suo “aiuto” alla congregazione non fu quello che immaginava).

Una volta che un numero sufficiente di persone nella congregazione si liberò dal suo incantesimo e vide la follia del rabbino, e ci riuscì solo perché era tornato alla sanità, fu in grado di agire collettivamente e rimuovere il rabbino dalla sua posizione di potere. Proprio come in un sogno, una carica interna nella coscienza della congregazione fu riflessa nel mondo esterno, in quanto la realizzazione interna veniva creativamente espressa nella situazione esterna mediante un’abile azione. Il cambiamento fondamentale originò da una trasformazione interna, a cui fu poi data espressione e forma nel mondo esterno. Incarnare la nostra invenzione interna del mondo esterno è lo stesso atto che stimola ulteriormente la nostra illusione interna, la quale ci rende più abilei di attuare un cambiamento nel mondo esterno, ad infinitum. Questo è un ciclo retroattivo positivo, “creativo”, in cui anziché continuare a distruggere inconsciamente gli altri, il mondo esterno, e noi stessi, possiamo connetterci e potenziarci a vicenda con la gentilezza della consapevolezza lucida e creare coscientemente il mondo in cui vogliamo vivere.

E’ importante enfatizzarlo: non basta semplicemente vedere quel che sta avvenendo e non fare altro. Il mondo esterno diviene il medium o la tela, per così dire, in cui attualizziamo e rendiamo reale la nostra invenzione interna, in quanto le due, quella interna e quella esterna, sono riconosciute come riflessioni [reflex-ions nell’originale, ndt] l’una dell’altra e aspetti inseparabili di un Uno più grande. Approfondiamo la nostra realizzazione interna esprimendola nel mondo esterno. Reciprocamente, cambiamo il mondo esterno acuendo la nostra realizzazione interna.

RITROVARE LA VOCE SIGNIFICA RISVEGLIARSI

La situazione del rabbino e della sua congregazione è analoga alla situazione nel nostro paese di George Bush e quelli che vedono il suo abuso e rimangono in silenzio. Dovrebbe essere notato che il problema nella congregazione non fu risolto convincendo le persone come i miei genitori, che avevano abboccato completamente, e si erano fissati su un punto di vista che mancava di coscienza riflessiva, come se fosse congelato in un trauma. Allo stesso modo in cui era inutile che cercassi di convincere i miei genitori della loro illusione, stiamo sprecando la nostra energia creativa se tentiamo di convincere le persone che stanno seguendo Bush del fatto che stiano seguendo un lupo travestito da pecora. E’ come cercare di convincere una persona folle della sua follia: se persistiamo nei nostri sforzi è un’espressione della nostra stessa follia (ossia, la nostra mancanza di discernimento della natura della situazione che stiamo cercando di trattare). Al contrario, la situazione nella comunità si sanò quando abbastanza persone che videro l’abuso posero fine alla loro inerzia e resistenza e si espressero coraggiosamente in un modo che fece la differenza.

Chi compie un abuso in un sistema famigliare come una comunità spirituale o una nazione può continuare solo se abbastanza persone colludono con l’abuso mediante il silenzio. Restare in silenzio alla presenza di un abuso significa marginalizzare il nostro potere e alimentare irrazionalmente la cultura dell’inconscio che permette all’abuso di prosperare. Connetterci gli uni con gli altri, investire il potere della nostra voce collettiva ed esprimerci come una cosa sola è il punto di elevamento attraverso il quale possiamo intervenire nel sistema attuale per trasformarlo.

L’abuso può avere luogo solo se abbastanza persone lo tacciono, ossia quelli che restano in silenzio riguardo all’abuso sono complici. Il male può manifestarsi senza restrizioni quando le buone persone vedono quel che sta accadendo e non fanno nulla. Rimanere in silenzio alla presenza dell’abuso, sebbene sembri un ruolo passivo, significa giocare irrazionalmente un ruolo attivo nel permettere la nostra vittimizzazione.

Proprio come nella situazione con il rabbino, comunque, quando una massa critica di persone che vedono il male che si sta manifestando mediante il nostro governo si unisce e rompe il voto del silenzio e agisce, esse escono dal ruolo delle vittime che permettono e suscitano l’abuso, e si dotano di potere per trasformare le dinamiche dell’intero sistema. Si dice che il luogo più profondo di tutto l’inferno sia riservato alla persone che, vedendo il perpetrarsi del male, rimasero in silenzio, non volendo scuotere la barca. Attualmente, volendo sottolineare l’ovvio, la nostra barca di stata sta affondando poiché non viene “scossa” abbastanza. Per citare il Martin Luther King Jr. degli ultimi tempi, “Le nostre vite iniziano a finire il giorno in cui rimarremo in silenzio per le cose che hanno importanza”.

Paul Levy
Fonte: http://www.awakeninthedream.com/vow.html
Link: http://www.awakeninthedream.com/vow.html
2007

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di CARLO MARTINI

Foto di apertura: Sandman – il Dio dei sogni creato da Neil Gaiman – in un’illustrazione di Brian Bollands.

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