FONTE: ROLLINGSTONE.IT
Dal covo damascato di una non meglio precisata organizzazione della mafia cinese i prigionieri Domenico Dolce e Stefano Gabbana, quest’ultimo visibilmente gonfio e provato dalle ultime giornate di cattività mediatica, hanno finalmente parlato. Con uno dei messaggi più bizantini dai tempi del messaggio di Arecibo, i due stilisti hanno recitato un testo di scuse al popolo cinese con la convinzione del condannato a morte jihadista a cui si chiede la conversione all’Islam prima della sciabolata sulla giugulare. Oltre alle espressioni vagamente allucinate e allo scarso mordente dei soggetti, c’è da dire che anche il testo non li ha aiutati.
Un vero capolavoro d’avanspettacolo, con quel passaggio indimenticabile in cui si chiede scusa ai cinesi nientemeno “perché ce ne sono molti”. E l’amore che professano verso la cultura cinese “da cui abbiamo molto da imparare”? Roba che si sarebbe rifiutato di pronunciare anche Giuda Iscariota in persona, considerandola una boutade troppo grossa da far passare. E invece nulla, via libera a questa umiliazione maxima in diretta mondiale, tutto per colpa di un signore che voleva solo fare due battute da bar sull’inferiorità di 1,4 miliardi di persone, che però gli hanno appena ricordato che se non chiudi quella bocca e non stai alla larga da Instagram poi finisci a recitare il testo che scrivono loro. Sperando che basti. Minkia (che non è il saluto finale in mandarino ma quello che tutti abbiamo pensato alla fine del video dei due)
Fonte: https://www.rollingstone.it
Link: https://www.rollingstone.it/opinioni/il-video-di-scuse-di-dolce-gabbana-e-la-cosa-piu-surreale-del-giorno/437144/
23.11.2018
Tutti i numeri di D&G in Cina
Grosso guaio in Cina per Dolce & Gabbana, con spot accusati di razzismo, un’importante sfilata cancellata, boicottaggio del marchio. Venerdì 23 novembre Stefano Gabbana e Domenico Dolce, fondatori e proprietari dell’azienda, si sono “scusati moltissimo” in un video con “tutti i cinesi nel mondo”. Pillole di Giulia Pompili.
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Sono i video pubblicitari pubblicati in una settimana sul profilo ufficiale di Instagram della casa di moda Dolce & Gabbana. Tre video, per sponsorizzare il grande evento che si sarebbe dovuto tenere a Shanghai, in Cina, in cui una modella asiatica prova a mangiare del cibo italiano con le bacchette che si usano in oriente – ovviamente con risultati piuttosto ridicoli. Il gioco sugli stereotipi e la presunta superiorità occidentale manifestata nella pubblicità ha scatenato gli utenti cinesi, creando un notevole danno d’immagine alla maison. Ad aggravare la situazione, ci si sono messi i messaggi privati di Stefano Gabbana alla modella Michaela Tranova, nei quali lo stilista insultava la Cina, diffusi online e smentiti: mi hanno hackerato, ha detto lui.
In euro, il volume d’affari di Dolce & Gabbana nel 2017, secondo Business Insider. Dopo qualche giorno dalla messa online dei video, è iniziato il boicottaggio da parte della Cina – che sappiamo, quando ci si mette, fa le cose per bene. Online circolano video di negozi chiusi, con la polizia a presidiare manifestanti, e quelli di persone che distruggono o bruciano gli oggetti della casa di moda italiana. L’hashtag #BoycottDolce è stato trending su Weibo, il Twitter cinese. Intanto tutti gli store online cinesi hanno eliminato il marchio.
In dollari, quanto spendono i cinesi nel lusso annualmente. Sono soprattutto i giovani a spendere, e la classe media che ha sempre più potere d’acquisto. Secondo McKinsey, la Cina rappresenta quasi un terzo della spesa globale del lusso. E non è un caso quindi che negli ultimi cinque anni le grandi case di moda si siano buttate a capofitto sul mercato cinese.
30 per cento
La quota dei ricavi di Dolce & Gabbana che si presume sia coperta dal mercato cinese, come riportato l’altro giorno dal Sole 24 Ore. Si presume, perché l’azienda non segmenta i fatturati. Si parla di 400 milioni di euro, “una cifra alla quale bisogna aggiungere gli acquisti fatti in giro per il mondo”, scrive il Sole, perché secondo Global Blue “è dei cinesi il 30 per cento della spesa tax free in Europa. Da 400 si può arrivare quindi a 450, tutti legati allo shopping ‘fisico’ (monomarca, departement store e multimarca)”.
Giulia Pompili
Fonte: www.ilfoglio.it
Link; https://www.ilfoglio.it/dati-e-statistiche/2018/11/26/video/tutti-i-numeri-di-d-g-in-cina-226354/
24.11.2018