Il bacio

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DI ROSANNA SPADINI

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La foto del bacio fraterno socialista tra Erich Honecker e Leonid Brezhnev, fotografati durante i festeggiamenti del 30° anniversario della DDR nel 1979, ebbe diffusione mondiale e venne immediatamente utilizzata da una moltitudine di riviste, alla quale attribuirono il sottotitolo «Il bacio».

Quella fotografia divenne il ritratto immediato e profondo di tutto il mondo comunista. Rito ricorrente della chiesa ortodossa, il bacio era visto come una questione di formalità tra i leader politici comunisti. Alla caduta del muro di Berlino nel 1989, l’artista sovietico Dmitri Vrubel decise di dipingere l’immagine iconica sul lato est del muro di Berlino. La didascalia che scrisse sotto il murales diceva: «Dio mi aiuti a sopravvivere a questa storia d’amore mortale»

In un vicoletto dietro Montecitorio ad abbracciarsi appassionatamente e a baciarsi in bocca invece sono stati visti Giggino e Matteo, disegnati sul muro da un artista visionario della street art. E i passanti, di questa via del Collegio Capranica, hanno fatto selfie insieme alla coppia avvinghiata. Il murales, poi cancellato, portava la tag di Tvboy, artista palermitano esponente del movimento NeoPop. Murales profetico perché solo attraverso l’uccisione del padre, la mummia incatramata, Matteo potrà liberarsi e convolare a giuste nozze con Giggino. Oggi si è consumato il primo atto del parricidio, ma i prossimi tempi vedranno compiersi la completa liberazione. Anche perché l’Italexit, così tanto sponsorizzato dagli economisti Borghi e Bagnai, pretende piena libertà di azione. Nulla però accade per caso.

Infatti mentre i candidati alla Presidenza delle Camere si sparigliano alla partenza come fanno i cavalli al Palio di Siena,  i sondaggi confermano il cosiddetto «effetto traino», se si tornasse a votare domani infatti il M5S e la Lega vedrebbero aumentare i propri voti, rubandoli in particolare a Forza Italia e a FdI. Secondo Index Research, il Carroccio passerebbe dal 17,4% al 23,5, con un balzo in avanti del 6,1%, mentre il M5s dal 32,7 per cento al 34,9 (più 2,2). In caduta libera Forza Italia, che passerebbe dal 14 al 10,9, seguita dal Pd in ulteriore calo: dal 18,7 al 17,5%. Male andrebbero anche i «partitini», come Fratelli d’Italia dal 4,3 al 3,3% e Liberi e Uguali dal 3,4 al 2,1%, quindi fuori dal Parlamento. Se Salvini risucchia voti da tutto il Cdx, nel centrosinistra il Pd potenziale 17,4% subisce un travaso di voti verso i 5S, e non va meglio alle altre forze politiche della coalizione: sommando i loro voti, Insieme, Civica Popolare, +Europa, arriverebbero a stento al 3% (4,1% il 4 marzo).

E’ il momento delle tattiche e delle strategie, e lo strappo di Salvini appare come uno scacco al re, ma è solo il primo atto. Infatti un governo stabile e duraturo Lega/M5S è ancora molto improbabile, perché per il momento non tornerebbe certo comodo a Salvini fare il gregario di Di Maio, dati i sondaggi che lo danno in forte crescita.  La sua mossa è stata una sfida allo stesso Silvio, per fargli bere l’amaro calice della leadership del Cdx. Ma è una sfida che comunque cela molte altre insidie, perché effettivamente il nuovo bipolarismo che si sta delineando, è quello della Lega , divenuta egemone nel Cdx e quello del M5S nel Csx. Alla luce delle nuove previsioni di voto, potrebbero anche arrivare a formare un governo di scopo, per affrontare alcuni punti assolutamente urgenti, quali immigrazione, aggiornamento dei centri per l’impiego in previsione del RdC, taglio delle tasse, e forse una nuova legge elettorale per elezioni anticipate, da tenersi la prossima primavera insieme a quelle europee. In questo modo si toglierebbero definitivamente di mezzo quei dinosauri di FI e PD.

Ma la mossa di Salvini, forse non è risultata così inattesa nei retrobottega dell’affarismo berlusconiano, anzi potrebbe essere stato proprio lui ad insistere sul nome del pregiudicato Paolo Romani (condannato per reato di concussione), per smuovere la palude e far emergere gli accordi segreti tra Lega e M5S. Berlusconi voleva che la Lega continuasse a votare Romani in obbedienza all’unità della coalizione, anche per dimostrare che era lui  che comandava, per la possibile formazione di un governo di centro destra con l’eventuale soccorso rosso smorto del PD, che comunque mettesse all’angolo i 5 Stelle. Però la montagna ha partorito un topolino, perché subito dopo la minaccia di smarcarsi, Salvini è ritornato nei ranghi, con la soddisfazione comunque di aver ottenuto una vittoria importante.

Insomma alla fine i giochi tra alfieri e cavalli hanno prodotto Roberto Fico alla Camera e Maria Elisabetta Alberti Casellati Viendalmare al Senato. La presidenza dei 5 Stelle, un po’ naif, ingenua, primitiva e improvvisata, ma seria e fedele ai valori della Costituzione, ha risvegliato gli animi della sinistra storica, e il vecchio moribondo sistema che, in stato comatoso tenta di sopravvivere nella veste della senatrice amica di viaggi del Berlu.

Dai discorsi d’insediamento si riconoscono le linee programmatiche della loro presidenza. Roberto Fico parla di «valori costituzionali», ossequia la «lotta contro il nazifascismo», commemora «l’anniversario dell’eccidio delle Fosse Ardeatine», rivendica il suo attivismo per la «difesa del territorio e dei beni comuni», insieme alla tutela della «sovranità popolare» e della centralità del Parlamento nei confronti dell’Esecutivo.

Il riferimento implicito naturale è all’abuso di leggi delega, decreti legge, canguri e ghigliottine che da molto tempo hanno umiliato la sovranità parlamentare, un rimando alla possibilità di riacquistare la fiducia dei cittadini e un richiamo alla loro diretta partecipazione per la produzione di leggi, a garanzia dell’interesse collettivo e generale.

Il Presidente della Camera conclude dicendosi convinto che la razionalizzazione dei costi della Camera non è una mera questione di bilancio dello Stato, ma assume anche valenze etico politiche che garantiscono il rispetto verso i cittadini e prospettano una giusta ridistribuzione della ricchezza. Insomma un Parlamento come istituzione pensante, come istituzione culturale che sia capace di esprimere una visione di Paese e che rispetti i cittadini e riesca a recuperare il loro senso di appartenenza e di fiducia, nel futuro e nella classe politica.
Ma le clausole dell’accordo hanno partorito anche la presidenza della senatrice di Forza Italia Maria Elisabetta Alberti Casellati, che non è certo una scelta leghista, quanto la solita imposizione del padrone delle ferriere.

La prima donna a ricoprire il primo seggio al Senato ricorda le eroine del Risorgimento (mancava il ratto delle Sabine) e Liliana Segre, la donna «anima della lotta di liberazione», sopravvissuta ai campi di concentramento e nominata senatrice a vita negli scorsi mesi da Sergio Mattarella, un richiamo all’Europa «che deve pensare alle persone e non ai mercati, a iniziare dai migranti», e al ruolo della politica, chiamata a dare «risposte concrete» dopo la crisi che ha pesato su imprese, famiglie e lavoratori.

Un’Europa al fianco dei cittadini, ha detto, «significa attenzione alla vita reale delle persone, non solo ai mercati». E quella attenzione «va rafforzata, con l’aiuto e la disponibilità degli Stati membri, a partire dall’emergenza rappresentata dai fenomeni migratori». Insomma, uno small talk confezionato su misura per l’occasione.

 

Fondatrice di Forza Italia e vicinissima a Ghedini, la nuova presidente del Senato è stata più volte sottosegretaria, e soprattutto sempre in pole position tra gli avvocati difensori di Berlusconi. Sosteneva i ddl che ammazzavano i processi del capo e diffondeva gli slogan adeguati che divenivano poi virali, quali «toghe rosse» o «dittatura mediatica».  Testimonianza esemplare della nuova Presidente, è quella dello scontro in diretta con Marco Travaglio durante una puntata di Otto e Mezzo con la Gruber, che cercava con affanno di porre fine alla discordia.

Oggetto del contendere il processo Mediatrade e la condanna di Silvio Berlusconi. Dopo un lungo battibecco e varie interruzioni, Travaglio aveva sbottato «Mi dispiace ma chiudo qui. È impossibile restare, qui non si può interloquire. Ogni frase viene interrotta dalla puttanate che dice questa senatrice». La Casellati allora ribatteva «Semmai me ne vado io. Non resto qui a farmi insultare dal signor Travaglio».

La montagna stavolta ha partorito un ossimoro, cioè una figura incensurata, al contrario di Romani, che però fa più schifo di Romani stesso. Quanto al governo prossimo venturo in verità non sappiamo ancora se nascerà e come sarà composto, per ora sappiamo solo chi ha vinto (M5S e Lega), chi ha perso (Pd e FI) e quali sono le possibili maggioranze di governo sulla carta.

Un governo Lega+5Stelle risponderebbe agli esorcismi del Pd, ansioso di riprendersi una buona fetta degli elettori di Csx, e confermerebbe le male lingue sui patti occulti Giggino/Casaleggio/Salvini e sui 5Stelle fascio-razzisti. Per un verso converrebbe a Salvini, che ucciderebbe il vecchio caimano con un pugnale conficcato direttamente nel cuore, ma solo se si trovasse l’accordo per un premier terzo rispetto a loro due. Intanto però buona parte degli elettori stellati del Csx resterebbero fortemente delusi.

Centrodestra+Pd è stato il progetto fallito del Rosatellum, perché sinonimo di Grande Inciucio.  Avrebbe neutralizzato  Salvini e Meloni, e ricacciato per l’ennesima volta i 5 Stelle all’opposizione. Al momento però molto improbabile, perché la Lega ha preso il volo nei sondaggi e il caimano e il Pd sono in via di mummificazione.

5Stelle+Pd+LeU, con un Pd naturalmente derenzizzato, taglierebbe fuori dai giochi Renzi e la mummia, e potrebbe realizzare alcuni punti chiave del programma 5Stelle, come RdC, però non consentirebbe di affrontare con la giusta determinazione i rapporti con l’UE e il problema Italexit.

Insomma la situazione è piuttosto tragica, ma non del tutto seria …

 

Rosanna Spadini

www.comedonchisciotte.org

25.03.2018

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