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Ho trascorso il 25 Aprile in casa, pensando a quando l’Italia era divisa, e il suo popolo oppresso, incarcerato, torturato e fucilato dai nazifascisti, e una parte di quel popolo rispondeva col piombo all’oppressione e alla morte. Mi sono ricordato di Marzabotto, di Sant’Anna di Stazzema, di Vinca, di Monchio e di molti luoghi teatro di stragi, di combattimenti, di città grigie, dove la gente non usciva per il coprifuoco e in cui la libertà era sospesa o annullata.
E poi ho considerato che alla data di questo 25 Aprile, quando l’Italia conta 26mila morti per l’epidemia di Covid-19, da due mesi il governo ha limitato alcuni fra i nostri diritti fondamentali, e l’attività del Parlamento è sempre più spesso sostituita dai report di task force di esperti conosciuti a pochi nella lotta al virus. Se la riduzione dei diritti si spiega con ragioni di sicurezza per contenere la pandemia, non ha invece ragione di essere il bombardamento mediatico a cui siamo stati sottoposti e che censura chiunque – non dico chi arrivi al punto di ribellarsi – osi esprimere delle critiche o ricordare semplicemente fatti recenti. Se prima le mascherine non servivano a niente, ora sono diventate necessarie, ma nessuno osa dire perché per un mese nelle sedi delle istituzioni vi era chi ripeteva di continuo che le mascherine andavano bene per le ortiche. Quante vite sono finite per aver prestato fede a quelle parole criminali?
Tutti questi decreti del presidente del consiglio sul “chiudi, cura e poi riapri Italia” sono stati discussi fra maggioranza ed opposizione o sono il risultato di un autoritarismo di un sistema sanitario-mediatico-finanziario che usa una crisi amplificata ad arte per finalità che con i diritti e la salute degli Italiani hanno poco a che vedere?
Ora siamo mascherati e ancora in troppi facciamo finta di non sapere che questa situazione è stata in parte causata dai medesimi che prima hanno negato il pericolo, ed ora dicono di volerlo risolvere e, richiamandoci al dovere e ai valori storici della Resistenza, ci invitano a resistere.
Abbiamo visto Conte rendere omaggio al monumento ai trucidati delle Fosse Ardeatine, eppure dovremmo ricordarcelo poco più di un anno fa quando sussurrava alla Merkel, senza esternare i suoi pensieri ai colleghi di governo, il cui programma si era impegnato a portare avanti. E’ la stessa Merkel avversa al nazismo e il cui governo dal 2005 ha sempre rifiutato sistematicamente che venissero estradati in Italia le ex-SS responsabili di eccidi nel periodo 1943-1945. La Germania si è anche rifiutata di applicare in patria le sentenze emesse dallo stato Italiano. Ha invece iniziato da capo le indagini, anche quando i soggetti erano rei confessi. Tre anni fa erano ancora in vita 8 di questi criminali, nazisti veri, per i quali le Sardine non hanno mai speso una parola. Uno, Alfred Luhmann, è morto lo scorso anno a 93 anni, senza aver mai fatto un giorno di galera. Un altro, Wilhelm Kusterer, ex-sergente della 16ª divisione delle Waffen SS Reichsführer, ha oggi 98 anni. E’stato condannato definitivamente all’ergastolo per le stragi di San Terenzo e Vinca, dove furono uccisi 350 vittime civili, e per l’eccidio di Marzabotto del 1944.
Libero da sempre, cinque anni fa fu premiato in Germania per l’attività politica che ha svolto. Conte non lo sapeva? Ecco, se chiedesse alla Merkel di darci Kusterer, potrebbe fare qualcosa di concreto per onorare davvero la memoria di chi alle Fosse Ardeatine o in altre stragi ha avuto morti uccisi dalla barbarie nazifascista. Se il presidente della Repubblica ci ha giustamente ricordato che nel celebrare la Resistenza dobbiamo ribadire “i valori di libertà e giustizia”, che cosa ribadiamo mai se le nostre istituzioni, che Lei rappresenta, presidente Conte, si rifiutano di cercare quella giustizia che è ancora così platealmente negata? O il negarla è forse un altro segno di quel rispetto che, come ha recentemente affermato, l’Italia ha saputo conquistarsi dai suoi partner europei?
In realtà la Resistenza nelle istituzioni iniziò ad essere infangata nell’immediato dopoguerra, quando polizia e magistratura poterono mantenere nei loro ranghi aguzzini e giudici invece di impiccarli. Fu così che grazie ai buoni uffici di Togliatti un antisemita come Azzariti finì a fare il presidente della Corte Costituzionale, di quello stato la cui legge avrebbe dovuto gettarlo in galera, la stessa galera dove i suoi scritti contribuirono ad eliminare gli Italiani di origine ebraica.
Tale “mancanza” di memoria forse spiega perché a 75 anni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale abbiamo un governo che ha fatto la “resistenza” al virus prima con la propaganda e i riflettori, ed ora ci incita con i testi di De Gregori che ci ricordano che dobbiamo resistere. Ci hanno chiusi in casa con la media di 140 morti ufficiali al giorno, e adesso che abbiamo solo 300 decessi ci invitano ad uscire, resistendo, finalmente “liberati”.
Sarò indegno di molti padri della patria cui appartengo, di chi fra i miei familiari nella Resistenza ha lottato col mitra in mano, e le mie parole non varranno come quelle che Calamandrei rivolse alla protervia di Kesselring. Lei non è un nazista, presidente Conte – ci mancherebbe che lo fosse! – ma nell’andare a omaggiare vittime di una strage che simboleggia tutte le stragi di guerra ancora impunite, i cui boia lei si rifiuta volutamente di nominare agli interessati a cui sussurra accortamente altri argomenti, mostra, indipendentemente da quale canzone lei possa scegliere per incitarci, il suo volto e l’interesse autentico che ha per la Resistenza e gli Italiani. Può farci multare, ma non potrà mai multare la verità, né annullarla.
Resistiamo tutti e prima o poi ci libereremo di nuovo.
27.04.2020
Alessandro Guardamagna lavora come insegnante d’inglese e auditor qualità a Parma. In precedenza ha ottenuto un PhD in Storia e un Master in American Studies presso University College Dublin, in Irlanda, dove ha lavorato e vissuto per 10 anni. Da sempre sovranista, scrive articoli di politica e storia su ComeDonChisciotte dal 2017.