DI CARLO BERTANI
carlobertani.blogspot.it
Ai più, sembra una barzelletta, una cattiva sorte che s’accanisce contro le popolazioni del Delta e prende per il naso tutti i vari cercatori super attrezzati, super concentrati, super addestrati delle forze di sicurezza italiane: non è così.
I militari italiani non sono degli sciocchi, sanno il loro mestiere: il problema è quando “qualcosa o qualcuno” che esula dalla tua esperienza e dalla tua cultura appare, e devi percorrere la sua vita per capire qualcosa: quasi impossibile.
Igor Vaclav nasce a Subotica (Суботица) nella parte Nord della Voivodina, terra di confine fra Serbia, Ungheria e Romania: zona di colline basse, laghi e paludi, proprio la “base” che, seguita da un certo percorso, conduce a quello che è oggi Igor Vaclav (o comunque si chiama). Interessante leggere qualcosa sul luogo d’origine, racconta molto: (1)
Ci sono due o tre punti salienti in questa storia: la capacità di muoversi su terreni impervi ed acquitrinosi lasciando pochissime tracce, quella di procurarsi facilmente armi, e quella di uccidere senza provare sentimenti, paure, senza essere minimamente scosso dall’avvenimento.
Da dove è arrivato, in Italia, Vaclav?
Dalla pista dei cinesi, quella che parte dalla Bosnia, attraversa Croazia e Slovenia (ma può benissimo essere stato un volo fino a Pola), poi il Carso: vuoto, deserto, dopo la caduta del nostro piccolo “Muro”.
Una breve parentesi. Ebbi una “soffiata”, che mi servì per un libro – circa 10 anni fa – da Trieste (ovviamente non dirò nulla, un giornalista protegge sempre le sue fonti) sullo stato del confine giuliano. Un tempo, c’era una enorme caserma della Guardia di Finanza presso Muggia (TS), e altrettanti vopos col Kalashnikov oltre le frontiere: tutto sparito.
S’interessò alla questione una ricercatrice del Censis, aprimmo un canale, ma appena ci fu il sentore che c’era una istituzione dello Stato, immediatamente tutto cessò. Anche una nota congregazione di frati cessò la collaborazione, perché tutto ciò che concerne il traffico d’esseri umani è gestito dai Servizi, i quali pagano quel “conto” – per precise disposizioni “dall’alto” – che salva l’Italia dall’essere una landa aperta al terrorismo di vari tipi.
Dal confine giuliano, le cifre indicavano un passaggio, annuo e costante, di circa 25.000 persone, in qualche modo censite, o almeno conosciute per sommi capi, dalle istituzioni italiane. Sono proprio 25.000? Non si sa: di certo, un Igor Vaclav non ha bisogno d’organizzazioni per il viaggio, per attraversare boschi deserti (infestati dagli orsi) dove, da un lato c’è una bandiera slovena, dall’altro una italiana. E nient’altro. Un Kalashnikov con due caricatori? Cento euro: di qua, lo rivendi per 2.000 al primo delinquente od organizzazione malavitosa.
Vi siete mai chiesti da dove giungono i cinesi? Ed a noi mandano le immagini dei barconi? Chiusa parentesi.
Igor Vaclav poteva rimanere in Serbia, diventare muratore o maestro, bere birra e rakja la sera con gli amici, ma la vita, il tempo, decise per lui: gli anni terribili coincidono con i suoi, è un modello perfetto del combattente di quelle guerre.
Non sappiamo con chi e perché combatté – se davvero fu un combattente – ma una cosa è certa: ha ricevuto un addestramento militare un po’ speciale: sembra, da come si comporta, un agente di unità speciali, di quinte colonne, d’infiltrazione dietro le linee del nemico, ecc.
Prendiamo la famosa balestra: molti si sono messi a ridere…questo va in giro con un arco…ne acquistai una qualche anno fa – 150 libbre – più per curiosità che per altro: mi resi subito conto che era un’arma potente e dai “risultati” terrificanti. Anche difficile da usare, per questo l’ho appesa al muro e morta lì: io, incompetente, non volevo rischiare d’infilzare qualcuno per mia incapacità.
Qualcuno, però, deve avergli insegnato che, in caso d’indisponibilità d’armi da fuoco, s’inizia con il coltello, poi con un arco od una balestra, proprio per procurarsi la pistola od il fucile. E, come si nota, Vaclav ha percorso tutto il “sentiero”: oggi, gira con un fucile e due pistole, ma state certi: la balestra l’ha lasciata in un luogo sicuro.
E come si fa a far perdere le proprie tracce?
Mai seguire un percorso regolare – anche queste cose qualcuno deve avergliele insegnate – perché bastano un centinaio di metri in un torrentello – senza uscire dall’acqua – ed i cani perdono la tramontana. Meglio, poi, se hai delle acciughe salate: ti mangi i filetti e frantumi la lisca, perché manda in “overloading” il fiuto animale. Mia bisnonna salvò così suo figlio dai rastrellamenti: il mio prozio viveva – di giorno – in una tana scavata sotto un letamaio e spesso cosparso con avanzi di pesce, ed i famosi cani da pastore tedeschi non avvertirono mai nulla. E poi: la cacca si fa nell’acqua, mai per terra.
Ora, Vaclav, si trova imprigionato in un’area piuttosto vasta, ma sa che – se non trova una soluzione – prima o dopo lo prenderanno: a mio avviso, si farà prendere vivo, non è un eroe né uno spostato, è semplicemente un tizio che continua una vita che forse gli andò a genio, su e giù fra monti e fiumi della Jugoslavia. Una sorta d’imprinting al quale non è riuscito a sottrarsi.
Anche la scelta di rubare una piccola barca denota furbizia e conoscenza delle tecniche di fuga: quando, di notte, si sposta semplicemente di qualche centinaio di metri con la barca, i rastrellamenti devono ripartire da un nuovo punto, e risistemare tutto lo schema del rastrellamento. Sempre che Vaclav non abbia deciso d’uscire dal quadrilatero dov’è imprigionato: in questo caso, si avvicinerà ad un corso d’acqua che fa da confine e, una volta raggiunta l’opposta sponda – è poi così difficile attraversare cento metri di fiume o canale, se prima hai osservato bene la disposizione di chi ti cerca? Quanti, di notte, resteranno in agguato in tutti i canneti della zona? Sono centinaia di chilometri quadrati! – affonderà la zattera e sparirà in una zona altrettanto impervia.
Di certo non gli manca una cartina, ma non è così fesso da utilizzare un rilevatore satellitare: s’orienta con il sole e con le stelle.
Di certo deve andarsene dall’Italia, oramai è troppo braccato e conosciuto: se riuscirà ad uscire dalla trappola, può darsi che fra poco sparirà una barca od un gommone a motore con il quale, a luci spente nella notte, in poche ore sarà in Istria, e da lì…Ungheria, Romania, chissà…
Possiamo fare tante ipotesi – può anche darsi un colpo di fortuna, un errore… – ma se un Magistrato ha detto, sconsolato “Se non lo trovano loro…” riferendosi al meglio che abbiamo in Italia, probabilmente sanno chi è e la sua storia.
L’ultima riflessione è ciò che generano i militari e le loro sconsiderate guerre.
Osama Bin Laden “resuscitò” a Sarajevo le due divisioni delle Waffen-SS “Handsar” e “Kama” (la prima fu operativa) – le tristemente famose divisioni islamiche del III Reich – e, da lì, si generò la guerriglia afgana, poi quella irachena, oggi quella siriana…
Perché, dall’altra parte, subito nascono i “Navy Seals” e tutto il resto…preda e cavallo, carro armato e caccia-carri, bombardiere e caccia, corazzata e sommergibile…il problema è quando s’addestra della gente per fare queste cose, perché – dopo – i militari li abbandonano. Se non servi più, oggi, non vali un centesimo: ricevono un addestramento così pressante e distruttivo tale per cui un loro utilizzo, lontano dall’uccidere, diventa problematico.
Queste persone, prima hanno distrutto una loro vita affettiva di qualche tipo, poi s’è dissolta l’ultima comunità che li accoglieva: il plotone, entità pluri-anima di un singolo animale, in continua mutazione.
E quando non esiste più il plotone?
Il mondo diventa una plaga priva di relazioni, nella quale niente ha valore: il povero barista di Budrio, con i suoi affetti e la sua vita di relazione (lavoro, amici, affetti, ecc) era uno sconosciuto per Vaclav, intendo sconosciuto come “genere esistente” sulla faccia del pianeta.
Stessa cosa per gli “sparatori” statunitensi, che uccidono senza senso – scuole, piazze, ecc – perché è l’unica cosa che hanno loro insegnato, privandoli – anzitutto – della coscienza di relazione, in primis la propria capacità di poter avere relazioni appaganti, sincere, produttive. E sparano, come al tiro a segno: distruggono cose che non comprendono più.
Per questa ragione ho sempre sostenuto che “il problema” della guerra, è la guerra stessa.
“L’animale soldato” – per essere adatto allo scopo – deve essere privato d’ogni capacità affettiva e relazionale: altrimenti, come potrebbe sganciare una bomba sul quartiere di una città? In tempi passati, i dopoguerra – sempre difficili – erano acquietati dalla ricchezza per i vincitori e dalla volontà di sopravvivenza per i vinti, potenti anestetici. Ma, tutti, inclusi nelle rispettive comunità.
Oggi, con le guerre a “geometria variabile” – nel senso che amico e nemico mutano continuamente con lo scorrere degli eventi – nemmeno più la retorica nazionalista regge: come puoi giurare su un’alleanza che domani sparirà? Italiani e tedeschi ne sanno qualcosa.
L’unica soluzione è perpetuare “Scartiland”, dove impiegare queste “maestranze” alla bisogna: dal Vietnam alla Siria. Con apparenti risultati immediati, ed una inevitabile sciagura finale.
E se qualcuno sfugge, o rimane indietro…beh…una pallottola, prima o dopo, terminerà la sua corsa…ma non prima d’averci mostrato tutta la sua solitudine: tragicamente, nemmeno percepita come tale.
Carlo Bertani
Fonte: http://carlobertani.blogspot.it
Link: http://carlobertani.blogspot.it/2017/04/igor-vaclav-chi-e.html
12.04.2017