I non vaccinati scalzi

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Di ACCATTONE IL CENSORE

Comedonchisciotte

Una domanda ci toglie il sonno: esiste una crepa attraverso cui sgattaiolare fuori dal muro della dittatura? C’è un’alternativa all’annichilimento dei valori umani e dell’uomo stesso?  Alla fitta nebbia che oscura l’orizzonte della libertà?

Siamo fiduciosi: un po’ ovunque stiamo assistendo ai primi vagiti di piccole aggregazioni di “risvegliati”, che intendono rigettare la schiavitù zootecnica.

Il fenomeno comunitario è vecchio quanto l’uomo e tipico dei periodi di cambiamento epocale, circonfuso di un alone millenaristico e mitico: i primi cristiani; gli amanuensi dei monasteri medievali; gli hippies capelloni coi pantaloni a zampa d’elefante.

Il ritorno alla natura è sempre stato una precondizione quasi universalmente condivisa, persino dagli architetti del grande reset. Anche in questo caso si tratta di una utopia millenaristica, che prevede una nuova comunità di sopravvissuti su scala mondiale: gli iscritti al circolo del golf.

Oggi vi presentiamo uno degli esempi più interessanti delle comunità che stanno sorgendo dal basso: i non vaccinati scalzi.

Non sappiamo se un gruppo del genere nasca per vocazione, ma qualche sospetto lo abbiamo: siamo infatti tutti chiamati a rimanere in mutande. Qualcuno, non rassegnato, per averle ancora firmate, dovrà farci un autografo.

I membri sono tutti ex qualcosa, ma determinati a non diventare ex uomini. Non è, tuttavia, chiaro se tali fossero in partenza: sotto il risvolto retorico degli alti principi, spesso la stoffa umana è piena di buchi. Del resto, scriveva Flaiano, il nostro Paese vanta una lunga tradizione di rifiuto della coscienza in favore della sopravvivenza.

Abbiamo intervistato F., un alcolista che desidera rimanere anonimo.

«Chi si firma è perduto», esordisce.

«Accettate vaccinati?»

«La prima dose è già un’overdose». Dalla faccia, credo che sappia di cosa parla.

Presto su internet apriranno un sito ed un canale per fare proselitismo e selezione dei nuovi accoliti. Per ora, fervono i preparativi e ci è stata richiesta discrezione: il nemico è sempre in ascolto.

Il sentimento religioso è diffuso, ma non costretto in un recinto confessionale: è piuttosto un panteismo che comprende anche le serie di Netflix.

Si litiga per le regole alimentari da dare alla comunità: i vegani sembrano i più intransigenti ed agguerriti, seppure non in grado di imporre le proprie posizioni qualora la diatriba fosse decisa sul piano fisico.

Non si capisce chi potrebbe occuparsi delle coltivazioni agricole – escludendo le piantine di marijuana, la cui conoscenza agronomica appare, viceversa, solidamente padroneggiata.

Ognuno ha dovuto reinventarsi; tranne i nullafacenti, che continuano, come altrove, la propria professione.

In giro non si vedono nemmeno libri: i pochi posseduti nella vita precedente devono essere finiti in tribunale durante qualche procedura fallimentare.

In questa confusione, almeno la metafisica è chiara.

«E’ in corso una lotta tra bene e male» mi dice F. «una battaglia spirituale».

Paludato con tunica e turbante, si avvicina un individuo che percuote ossessivamente un tamburo.

«Abbiamo anche uno sciamano: quando va in trance predice il futuro…».

«Credo sia meglio che stia zitto», osservo.

«Lei conosce i frati trumpisti?»

«Mi mancano».

«Peccato, siamo già in contatto: gente in gamba. Sono ossigenati e con la chierica: apriranno un profilo su Truth Social».

In lontananza, dei colpi di pistola.

Aspettando tempi ancora peggiori, ci si esercita a sparare: ci sono già due feriti e una casa diruta: è stata centrata in pieno la bombola del gas.

«Passeremo alla legna», conclude F.

«Come pensate di sopravvivere?»

«Col denaro digitale sarà un problema: non vi avremo accesso. Dobbiamo perseguire la strada della completa autonomia».

«Quanta terra avete?»

«Un paio di ettari, pieni di sassi. Ma progettiamo di allargarci: stiamo aspettando la morte del confinante per esercitare il diritto di prelazione».

«E’ molto vecchio?»

«Ha 25 anni, ma è già alla quarta dose. Adesso, però, la devo lasciare: dobbiamo ascoltare il talk di Francesco Toscano».

Nel frattempo, hanno occupato una costruzione abusiva: più che all’etica del dono, si crede ancora a quella del condono.

«Ci vediamo per la cena», soggiunge.

Sembrerebbe una freddura, ma non lo è: un’ora più tardi ci sediamo intorno al desco, a lume di candela, in attesa di un succulento menu, opera della spericolata inventiva del cuoco: finocchi al grafene e QR code alla vaccinara.

Mangiamo in religioso silenzio e finalmente comprendo la spiritualità del luogo: ci si sente davvero come dentro al Vangelo: ogni cena può essere l’ultima.

Al calare della sera, l’estremo sacrificio: i cinque euro rimasti in cassa sono offerti per indovinare i risultati delle partite di domenica. Forse si è smarrito il fascino del monte Sinai, ma non quello della SNAI.

Accattone il Censore

 

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