GREG PALAST, LA SINISTRA DELLA LOBBY

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Image Hosted by ImageShack.usDI ISRAEL SHAMIR
The Truth Seeker

Greg Palast non mi è mai andato giù. In apparenza questo critico di Bush & Blair e della guerra in Iraq, ex giornalista per il Guardian e l’Observer è uno dalla nostra parte, un buon tipo di sinistra insomma; sembra essere contro le potenti lobby e il sistema neoliberista, ed alcune delle sue idee sono senz’altro buone. Viene considerato una sorta di “Chomsky for Dummies” [da un quotidiano venne definito in modo gentile “più accessibile di Chomsky”] ed ha una buona attitudine di classe, ad esempio quando afferma: “Le trecento persone più ricche del mondo valgono più dei miliardi di abitanti più poveri. Il mercato va bene, ma CHI è il mercato? L’ 1% possiede i quattro quinti delle azioni ed obbligazioni dell’intera nazione”. Le sue filippiche contro Bush (“un maligno figliodibuonadonna”) sono impetuose come quelle di un predicatore della moschea vicino a casa mia, e tutto ciò non è assolutamente un difetto, a mio avviso. Ed inoltre si è espresso allo stesso modo sulla guerra in Iraq; cos’altro si potrebbe chiedere a una persona?Ma con uno sguardo un po’ più attento si possono percepire i primi segnali di allarme: è passionalmente contro Bush e allo stesso tempo a favore di Gore e Kerry; come se Gore e Kerry (se fossero stati eletti) non avrebbero mandato le truppe statunitensi in Iraq. Come se Gore e Kerry non avrebbero permesso il saccheggio delle 3 miliardi di persone più povere da parte delle 300 più ricche. Ha affermato che Bush insabbiò il rapporto “I Sauditi finanziano il terrorismo”, e tutto ciò assomiglia all’idea diffusa che gli Usa avrebbero sbagliato ad attaccare l’Iraq al posto dell’Arabia Saudita o dell’Iran. Prova avversione per gli Stati Uniti (la sua terra natale) in un modo fin troppo forte. “Antisemita è colui che odia gli Ebrei un po’ troppo”, scherza Yael Lotan, scrittore israeliano. Allo stesso modo funziona con gli States: va bene provare antipatia per la Superpotenza, ma non detestarla troppo, fa male al tuo karma.

Palast scrisse: “Gli Stati Uniti sono brutti, non sono altro che un intorpidita distesa di Pizza Hut, Wal Mart, Kmart, Gap, Jiffy Lubes, Kentucky Fried Chickens, Starbucks e McDonalds fino ed oltre il Gran Canyon”. A mio parere questa affermazione è troppo spinta. Anche se tua madre è brutta (e la tua patria dovrebbe essere importante come tua madre) non lo diresti né lo penseresti mai.

L’inequivocabile supporto di Palast verso un’immigrazione senza limiti non è ispirata dalla compassione verso les miserables del Terzo Mondo (idea errata ma secondo me comprensibile) bensì dal suo profondo disprezzo per i comuni nativi di un certo posto. Nel suo libro “The Best Democracy Money Can Buy” [La miglior democrazia che il denaro possa comprare. Ndt], Palast racconta di una discussione avuta a Londra con un tassista nato nell’East End, sostenendo che l’Inghilterra dovrebbe accettare milioni di rifugiati o esiliati. Il tassista rimase scandalizzato dalla sua attitudine multiculturale e dalla sua indifferenza verso la cultura e le tradizioni locali. Ma Palast derise “la paura del tassista di perdere la propria identità inglese. Affrontate la realtà: Shakespeare è morto. La cultura che oggi esporta l’Inghilterra si limita agli hooligan, alle cianfrusaglie con l’immagine di Lady D e a Hugh Grant”. Caro Palast, affronta la realtà: “La cultura che oggi esporta l’Inghilterra si limita agli hooligan” perché ciò che l’Inghilterra importa non va oltre a Greg Palast e simili. Potrebbe esserci un nuovo Shakespeare in Inghilterra, così come un nuovo Melville negli Stati Uniti, ma non riusciresti neppure a riconoscerlo perché non si adatta alle tue idee. Secondo te le persone normali sono solo “gentaglia nazista che vota ultra-nazionalista” mentre per noi rappresentano il popolo sovrano.

Palast è ossessionato dal denaro, come si evince dal titolo del suo libro. Non pensa neppure possano esistere altre ragioni; Per lui “la prima domanda nella testa degli Statunitensi non è stata “Ma Saddam ha sul serio la bomba atomica?” ma “Quanto ci costerà questa piccola guerra?”

Non ho idea di quale siano le origini etniche di Palast, ma ideologicamente nessuno può essere più giudaico di quest’uomo che venera il denaro, disprezza gli indigeni e desidera il bombardamento di una nazione nel Medio Oriente. Questi sono atteggiamenti tipici del giudaismo, ecco perché non fui sorpreso quando venne fuori che Palast è un apologista degli Ebrei ed un oppositore degli avidi WASP ed Arabi. Nel suo articolo “Was the Invasion of Iraq a Jewish Conspiracy?” [“L’invasione dell’Iraq era forse una cospirazione ebraica?”, ndt] pubblicato sulla rivista ebraica progressista Tikkun, Palast rincara la dose: secondo lui chiunque pensi che l’establishment ebraico abbia spinto per invadere l’Iraq (inclusi Mearsheimer e Walt) non fa altro che attaccarsi alla storia dei Savi di Sion e dell’uccisione di Cristo. Egli scrive: “Dopo aver ucciso Gesù sono stati i Savi di Sion a manipolare il governo statunitense affinché invadesse la Babilonia all’interno di un progetto volto all’espansione di Israele?” Non è una sorpresa che alla fine ritenga gli Ebrei “non colpevoli”. I tipi cattivi sono “un devoto cristiano di nome Norquist che ha fatto arrivare milioni di dollari alla coalizione cristiana” e “il grande Asse del Petrolio Houston-Riyadh”. Gli Ebrei? Scordatevi di loro: “Wolfowitz e la sua combriccola di neo-conservatori – pedanti, stupidi, vanagloriosi – sono stati presi a calci in culo senza alcun problema […] Una mezza dozzina di ebrei confusi, armati solo di sciocchi aforismi scritti da Leo Strauss, non hanno potuto nulla contro le multinazionali petrolifere del Texas e i potentati OPEC”.

Non è questo il luogo per riproporre la discussione sulla lobby ebraica. E’ già stato fatto da molte persone, tra cui Mearsheimer e Walt (la loro recente risposta agli attacchi della Lobby si trova su http://www.foreignpolicy.com/story/cms.php?story_id=3506), da Philip Weiss (il cui blog è sempre più serio – quest’uomo è molto migliorato rispetto ai suoi articoli trionfalistici del 2001, e ora lo leggo con grande interesse), dal nostro amico Jeff Blankfort (la cui mailing-list [email protected] analizza diversi media britannici e statunitensi), e persino da me stesso.

Le conclusioni che abbiamo raggiunto sono state corroborate dalle scuse di masa per la Lobby dai vari Trots, Socialist Viewppoint e Greg Palast. La Lobby Ebraica è come un jet Stealth e personaggi come Palast contribuiscono a fornirle il dono dell’invisibilità. Palast dovrà vivere ancora molti anni se vuole vederci piangere perché “il leader dei neo-conservatori Wolfowitz è stato buttato fuori dalla stanza di guerra del Pentagono per essere sbattuto nella Banca Mondiale”. Siamo a conoscenza di un destino peggiore. E dovrà vivere quanto Matusalemme per vederci tristi a causa del licenziamento del Generale Jay Garner, il primo Gauleiter [1] nell’Iraq saccheggiato (si veda il punto 4).

In breve, abbiamo fatto una parte della strada con Palast, ma quando basta, basta. Lasciate che preferisca il generale Jay Garner a Paul Bremer III, Kerry a Bush, gli Ebrei ai Texani e l’Arabia Sauidta all’Iraq come buon posto da bombardare. I cropofagi possono scegliere tra vari tipi di escrementi, ma noi siamo liberi da questa preoccupazione.

P.S. Dopo la prima pubblicazione dell’articolo, il nostro amico Ian Bucley ha scritto: In base a questo, Greg Palast è dunque ‘un ebreo di sinistra’: http://www.forward.com/issues/2003/03.08.15/faces.html . Egli è spesso divertente ed ha la condivisibile abitudine di prendere per il naso alcuni dei potenti, ma il suddetto articolo illustra le sue mancanze… L’articolo nel giornale ebraico Forward lo rende chiaro:

“[Ai suoi occhi] i suoi fan sono troppo propensi alla teoria della cospirazione. Troppo anti-americani, troppo anti-semiti. “C’è una gran parte dei mie lettori in Europa su cui non urinerei”, ha detto Palast a Forward. Alcuni Europei, però, non vanno pazzi per lui. A differenza di alcuni di alcuni ebrei di sinistra suoi sostenitori, Palast non è pronto a scacciare l’anti-semitismo quando lo vede. “I membri della sinistra ebraica – ed io sono sicuramente uno di loro – sono piuttosto disinvolti riguardo l’anti-semitismo e i pericoli che comporta”, ha detto. “La sinistra britannica è impregnata dei peggiori elementi di anti-semitismo”.

Vede l’anti-semitismo persino nelle pagine del suo stesso giornale.

“Quando gli insegnati ebrei a Tehran, in Iran, furono imprigionati come spie di Israele – e ciò era oltre l’improbabile – la mia rivista presentava un editoriale di qualche pazzo che diceva, beh, non dovremmo attaccare l’Iran – ci sono prove molte buone, e non dovremmo diffamare chiunque George Bush affermi essere nostro nemico”, disse. “Vogliono che Israele rilasci elementi i quali sono dichiarati assassini di bambini, eppure gli insegnanti ebrei dovrebbero giustamente essere in galera”.

Per non compromettere le sue opinioni, quando il canale arabo Al-Jazeera gli offrì un lavoro, Palst lo respinse a freddo; si riferisce alla stazione come a TNN, Terrorist News Network”.

Dunque un opinione di Palast sulla Lobby è valida quanto una di Abe Foxman o Daniel Pipes [2].

P.P.S. Con mio grande dispiacere, la nostra splendida Cynthia McKinney ha accettato l’aiuto di Greg Palast nella sua campagna elettorale, ed ha scritto:

Da: “Cynthia McKinney” Oggetto: Liberi!! Bloggate con Greg Palast e me alle 7:00 di questa sera!

Data: Mercoledì 28 giugno 2006, 15:12:47 -0400

Se vi piacerebbe bloggare direttamente con Greg Palast e me, unitevi a noi seguendo le seguenti istruzioni inviatemi da Christy nell’ufficio di Palast. L’accesso è libera e si spera che di divertiremo un sacco!

Probabilmente vedremo scomparire la sua posizione contro Israele molto presto. Non è da biasimare: nessun politico negli Stati Uniti può farcela senza un collegamento con la Lobby.

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[Greg Palast]

2. Ecco una risposta di Jeff Blankfort:

Questo è un interessante articolo scritto dal giornalista investigativo Greg Palast che, in passato, ha sempre evitato di menzionare Israele o la Lobby Ebraica persino nel suo libro “The Best Democracy Money Can Buy” quando, se davvero avesse voglia di sapere chi sono i più grossi compratori di democrazia, potrebbe trovarli belli e pronti su internet tra i Mother Jones 400 e tra i più grandi donatori delle industrie finanziarie e di comunicazione sul sito di Center for Public Integrity; e non si sta parlando di petrolieri. Tra le 400 persone che hanno finanziato maggiormente le elezioni del 2000, 7 tra i primi 10, 12 tra i primi 20 e almeno 125 tra i primi 250 erano ebrei. Haim Saban, un israelo-statunitense e grande sostenitore dell’ AIPAC, nel solo 2002 ha donato ai Democratici 12,3 milioni di dollari, vale a dire 2 milioni in più di quanto Ken Lay e Exxon hanno dato ai Repubblicani nell’arco di dieci anni; ma stranamente Saban non ha avuto la stessa attenzione da parte dei media.

D’altra parte l’articolo di Palast avvalora ciò che sostengo da tre anni, vale a dire che non ha senso pensare ai neo-conservatori come ideatori del piano per prendere il controllo e privatizzare il petrolio iracheno, senza considerare che tutto ciò fa a pugni in faccia con il modo in cui opera normalmente l’industria petrolifera. Dunque non sarebbero più i neo-con a tenere i fili della situazione, e stranamente Palast non considera l’iniziale opposizione da parte di Bush senior e James Baker all’invasione dell’Iraq così come quella dei dirigenti delle grandi compagnie petrolifere (tra cui Philip Carroll della Shell). E stranamente si dimentica anche di citare come la maggior parte dei comizi a favore della guerra erano supportati e sponsorizzati dalle più importanti organizzazioni delle Lobby israeliane, con in testa l’ AIPAC e la sfilata dei giornalisti ebrei pro-Israele guidata da Tom Freedman, William Safire (da allora sostituito con David Brooks), Charles Krauthammer, Jeff Jacoby e tutte le pubblicazioni di Rupert Murdoch e Mortimer Zuckerman. La guerra venne chiesta a gran voce anche dai dirigenti sia del Likud sia del Partito Laburista Israeliano, Sharon, Netanyahu e Peres, così come dal capo di stato Shall Mofaz, il quale dichiarò che dopo essersi presi cura dell’Iraq, gli Usa avrebbero dovuto fare lo stesso con Siria e Iran.

Se Palast non fosse così intento a fare da scudo ad Israele e ai suoi sostenitori nordamericani si sarebbe probabilmente accorto che la ragione per cui i Democratici si sono uniti a Bush nell’appoggiare la guerra deriva dal fatto che la maggior parte dei loro fondi viene donata da esponenti di lobby ebraiche, e tutto ciò rende il partito Democratico “una copertura per l’AIPAC” come afferma il professor Francis Boyle. Ora che Saddam è fuori gioco ed il paese è stato letteralmente distrutto, i Democratici sono autorizzati a criticare il modo in cui è stata condotta la guerra ma non la guerra in sé, e saranno pronti a rispondere alla chiamata della lobby quando ci sarà da imbarcarsi per l’Iran. Hanno già approvato a larga maggioranza l’ Iran Freedom Act, l’ultimo sforzo in ordine di tempo fatto dall’AIPAC per dare inizio al futuro conflitto.

E’ un peccato che Palast non abbia utilizzato le sue qualità investigative per esaminare questo aspetto della società statunitense, impiegandole invece per fare il doppio gioco mediante il suo attaccamento ad Israele. Altrimenti non starebbe cercando di convincerci che sia Bolton che Wolfowitz hanno ancora dei ruoli importanti all’interno del regime di Bush.

Ho spedito una copia di questa mail a Greg Palast, con cui ho fatto un paio di belle interviste nella mia trasmissione in radio, anche se non a proposito di questo argomento. Spero che mi risponda, e in quel caso vi inoltrerò le sue considerazioni.

blank

[Jeff Blankfort]

3. Francamente parlando, Greg Palast è una versione magra di Micheal Moore. Ecco un interessante articolo a riguardo: Wendy Campbell Vs. Michael Moore

4. L’invasione dell’Iraq è stata una cospirazione ebraica?
Di GREG PALAST – Tikkun Magazine – LUGLIO/AGOSTO 2006
Sono stati gli Ebrei?

Il congresso degli Stati Uniti comincerà questa settimana il dibattito sulla guerra in Iraq – un attimo in ritardo, si potrebbe pensare. Di certo una domanda che è in prima linea nelle teste sia di chi sta a sinistra che di chi sta a destra non verrà posta: Sono stati gli Ebrei a fare pressione per invadere l’Iraq? Voglio dire, dopo aver ucciso Gesù i Savi di Sion hanno manipolato il governo statunitense al fine di invadere la Babilonia per favorire l’espansione del Grande Israele?

Questa domanda mi venne posta per la prima volta mentre tenevo una conferenza ad un incontro di Mobilization For Peace a San Jose; dalla platea mi chiesero: “consideri la situazione nel suo insieme: chi c’è dietro questa guerra? Paul Wolfowitz e Elliot Abrams e “Project for a Jew American Century”, e, e, perché non parla di ciò, eh? E…”

Ma l’ascoltatore non ebbe l’opportunità di finire la sua domanda perché, rosso in viso, cominciò a dirigersi verso il palco. Gli attivisti pacifisti provarono a trattenerlo mentre i suoi compari cominciarono ad agitare delle sedie in aria. Mentre il Peace Center assumeva sempre più i contorni di uno scenario guerresco, decisi di chiamare le autorità ed andarmene da un’uscita secondaria.

Ma la sua domanda mi intrigò; da giornalista investigativo la domanda “Chi c’è dietro questa guerra?” suonava come una sfida stimolante: e se fosse un complotto degli uccisori di Cristo e degli Illuminati? Signore e signori, sto solo riportando i fatti.

…è stata più una sorta di offerta pubblica d’acquisto, solo che al posto dei bond-spazzatura c’erano i carri armati Abrams. Tutto ciò non mi ha colpito come fosse una cospirazione legittimata per favorire l’Impero israeliano. Infatti sembrava più una sorta di grande torta con le grandi multinazionali statunitensi che cercavano di accaparrarsene una fetta. Ho annusato un po’ in giro e sono abbastanza sicuro di aver sentito l’odore di Grover Norquist.

Norquist è il grande capo della destra, una sorta di ricco venditore ambulante a Washington con tantissima influenza sulla vita politica. Le persone gelose dei suoi percorsi preferenziali all’interno della Casa Bianca lo chiamano “Gropher Volta-naso”.

Devoto cristiano, Norquist ha canalizzato milioni di dollari verso la Christian Coalition per combattere lo strumento del demonio: il gioco d’azzardo legalizzato. Non ha però detto alla Christian Coalition che il bottino in questione arrivava da una tribù pellerossa rappresentata dal suo consociato Jack Abramoff (la tribù non voleva assolutamente che si creasse concorrenza ai loro casinò).

Ho fatto un salto all’ufficio di Norquist in L Street, e sotto un poster del suo idolo (“NIXON – ORA PIU’ CHE MAI”), diede un’occhiata al piano per il “recupero” dell’Iraq e praticamente saltò sopra la scrivania per firmarlo, orgoglioso come se avesse visto suo figlio per la prima volta… Il fortemente anti-ebraico Norquist avrebbe potuto criticare la maggior parte dello scippo statunitense in Iraq, ma senza dubbio c’era un’importante nota nelle 101 pagine del progetto per l’Iraq che aveva chiaramente il marchio di Sion impresso. A pagina settantatre il progetto richiedeva una “privatizzazione… del petrolio e delle industrie connesse”, la svendita di ogni grammo di petrolio iracheno e delle sue riserve. Il cervello di questa operazione, ho scoperto in seguito, era Ariel Cohen della Heritage Foundation.

…”E’ un decerebrato!”” mi disse Cohen nel suo ufficio a Heritage. Era uno stanzino appena illuminato e, nell’ora o due passate con lui, il telefono suonò una volta sola; per una persona ritenuta Il Padrino di un piano sionista a livello globale per distruggere il monopolio arabo del petrolio, beh sembrava abbastanza… patetico.

Ed infatti quel progetto fallì. Mentre le privatizzazioni promosse da Norquist, le imposte proporzionali e le leggi sul copyright vennero inserite nella legislazione irachena dal capo dell’occupazione Paul Bremer, il progetto neo-conservatore di Cohen per privatizzare il petrolio non ebbe successo. Cos’è successo Ari?

“Gli economisti arabi”, sibilò, “assunti dal Dipartimento di Stato – vale a dire, le pozioni magiche e stregonesche della Famiglia Reale Saudita e del blocco sovietico”.

Beh, il blocco sovietico non esiste più, ma gli economisti arabi sì, ed ho parlato con loro a Riyadh, Londra e California; parlano con pronunce strascicate e accenti a metà tra Oxford e il deserto Arabo. Sono sicuri di loro stessi, consci che l’autorità politica saudita è protetta dalle famiglie reali del petrolio texano.

IL DECLINO DI WOLFOWITZ: IL CREPUSCOLO DELLE DIVINITA’ NEO-CON

Ora avete tutti i dati a vostra disposizione. Wolfowitz e la sua combriccola di neo-conservatori idiotim, pedanti e vanagloriosi sono stati presi una volta per tutte a calci nel sedere dai Grandi del petrolio: l’Asse del Petrolio Houston-Riyadh.

Tra i neo-conservatori e l’Asse del Petrolio non c’è stata proprio partita: la sconfitta dei primi è stata schiacciante e definitiva, e gli Israeliti hanno perso ancora una volta in terra di Babilonia… mentre il rozzo John Bolton, colui che imponeva l’ortodossia neo-con al Dipartimento di Stato, è stato trasferito da Washington a New York, con l’inutile ruolo di ambasciatore delle Nazioni Unite, un incarico assolutamente privo di potere. E per finire, il 16 marzo 2005 (il secondo anniversario dell’invasione), il leader neo-con Wolfowitz venne estromesso dal consiglio di guerra del Pentagono e sballottato alla Banca Mondiale; in pratica si è trattato di un trasferimento dall’ambiente ad alto contenuto di testosterone dove vengono prese le decisioni cruciali per la guerra in Iraq, all’ufficio prestiti per gli allevatori di polli del Bangladesh.

“I realisti”, esclamò trionfante l’editore del giornale del Consiglio per le Relazioni Estere “hanno sconfitto i fantasisti!”

Questa sarebbe la Grande Cospirazione Sionista che si crede abbia manovrato la guerra. Una mezza dozzina di ebrei confusi che vagano nel deserto della politica, lontanissimi dalle idee ebraiche mainstream, armati solo di qualche sciocco aforismo di Leo Strauss: ebbene essi non hanno rappresentato alcun pericolo per le multinazionali petrolifere del Texas e i potenti OPEC, che assieme estraggono circa 500 miliardi di barili.

5. L’apologia di Palast per Gauleiter Garner

Greg Palast, autore di Armed Madhouse, osserva: perché il 21 aprile 2003 il Segretario della Difesa Donald Rumsfeld ha licenziato il Generale Jay Garner? Garner, nominato da Bush, commise l’errore di “prendere in parola il presidente”. Pensava che il suo lavoro consistesse nel mantenere la pace e portare la democrazia; poi gli venne consegnato un piano: era un documento di 101 pagine con indicazioni riguardo il futuro a lungo termine dell’Iraq. Non conteneva niente riguardo né la democrazia, né le elezioni, né la sicurezza nazionale; c’era invece un programma dettagliato per la privatizzazione “di tutte le risorse irachene, in particolar modo”, chiariva il progetto, “il petrolio e le industrie del settore”.

Secondo Garner il piano prevedeva la vendita delle banche irachene e, curiosamente, il cambiamento delle leggi relative ai diritti d’autore; “un programma che mirava più al saccheggio aziendale dei beni della nazione piuttosto che a risollevare l’Iraq”.

Garner non pensò molto al progetto, aveva altre priorità come la distribuzione del cibo per prevenire carestie. “Accaparrarsi la proprietà dei giacimenti di petrolio iracheni non era sulla sul lista delle cose da fare, e lasciò intendere a Washington che “ciò che occorre fare è instaurare un governo iracheno liberamente eletto in rappresentanza del volere del popolo. E’ la loro nazione, il loro petrolio”.

Chiaramente Rumsfeld non era d’accordo. “Ciò che è peggio” scrive Palast “è che Garner stava facendo da mediatore per ottenere una tregua tra sunniti, sciiti e curdi e stava per iniziare ad organizzare degli incontri per appianare le differenze tra le varie etnie e fissare una data per le elezioni. Ma elezioni fatte in tempi rapidi avrebbero significato la fine del piano per la privatizzazione delle risorse irachene, un governo controllato dal popolo non l’avrebbe mai permesso. Garner aveva trascorso diversi anni in Iraq a capo della zona curda a nord del paese e conosceva molto bene anche gli Iracheni: era certo che un saccheggio delle risorse, “privatizzazione”, avrebbe causato un’ampia rivolta popolare. “Questa è una guerra che non vogliamo affrontare proprio adesso!”

Ma quella era proprio la guerra che volevano i neo-conservatori. Palast continua: “E come sostituto di Garner, Rumsfeld aveva pronto un uomo che aveva molta voglia di iniziare quella guerra. Paul Bremer III non aveva alcuna esperienza sul campo in Iraq, ma possedeva un’importantissima credenziale che mancava a Garner: Bremen era stato amministratore delegato di Kissinger e soci”. Il Generale Garner, osservando esplodere l’insurrezione a causa delle provocazioni degli occupanti, disse a Palast: “Sono uno di quelli che pensa che non si debba finire una giornata con più nemici di quando l’hai iniziata”. Queste parole sembrano lontane anni luce dai nostri tempi. Palast conclude dicendo: “Non puoi avere un presidente guerrafondaio senza una guerra da combattere. E non puoi avere una guerra senza nemici. “Fatevi sotto!”, come disse il nostro comandante in capo. E Zarqawi ha risposto alla chiamata”.
http://lists.riseup.net/www/arc/iac-discussion/2006-06/msg00105.html

[Jay Garner]

6. Da Laura Lewis

Sei molto più intransigente tu verso Palast rispetto al mio semplice disappunto riguardo il suo costante rifiuto di prendere coscienza delle situazioni in cui Israele è coinvolto. Devo ammettere che il suo articolo mi ha davvero infastidito, specialmente il suo bisogno di infarcirne il contenuto con la classica retorica anti-ebraica degli Uccisori di Cristo e i Vecchi di Sion. Tutto ciò getta discredito sul resto dell’articolo se chi lo legge è informato sui fatti reali. Ma il problema è che, a causa di pezzi come quello di Palast, la maggior parte di noi non può essere informata e quindi il suo articolo pubblicato su Tikkun dimostra che lui è parte del problema e non parte della soluzione. Abbiamo troppe “parti di problemi”, ora abbiamo bisogno di qualche “parte di soluzioni”.

Da Jim Dean

I compari della lobby ebraica all’interno dei media sono facilmente individuabili, tutto ciò che occorre fare è leggere qualsiasi cosa su un problema o una controversia in cui ci sono interessi ebraici indiscutibili: osserverete come questi giornalisti che di solito sembrano attenti ed intelligenti diventano improvvisamente ciechi di fronte a questa problematica. Nessun’altra questione li rende istantaneamente cerebrolesi.

Per il giornalista anti-ebraico la paura è una componente primaria quando si discute di Israele, dato che egli si trova solitamente in un ambiente lavorativo stile ghetto; e poi c’è l’ignoranza… di sicuro abbonda in questo settore , e per ultimo ovviamente… il pregiudizio. Ma bisogna anche considerare l’aspetto che riguarda l’intelligence.

L’infiltrazione dei servizi segreti nei media è un gioco vecchissimo eppure non si legge neppure una riga su questo argomento nel giornalismo investigativo. La nostra CIA (ma anche le altre organizzazioni) l’hanno fatto per anni, così come il nostro magnifico alleato Israele, proprio qui, nella terra della libertà di parola.

Non sto dicendo che i loro burattini siano membri del Mossad, sarebbe molto costoso. Vengono reclutati nei soliti modi, alcuni per soldi (agevolazioni per fare carriera), altri solo per ragioni ideologiche, più spesso è una combinazione dei due fattori. Entrano a far parte dei tele-evangelisti nello stesso modo; si parte da una buona posizione e poi vengono costruiti a patto che capiscano al volo un paio di cosette. Ce n’è uno di loro che ha volato per un paio di anni in jet del governo israeliano.

E’ l’infiltrazione perfetta: hai la protezzione delle fonti e sei in qualche modo protetto dalle indagini dell’FBI. Una volta che la tua carriera è abbastanza “a buon punto” (diciamo… Judith Miller?) puoi anche renderti protagonista di qualche fuga di notizie, e puoi perfino rivelare le tue fonti al tuo manipolatore israeliano, dato che i protettori richiedono qualche contropartita per la carriera che ti hanno offerto.

Ci sono diversi progetti per generali statunitensi e alti gradi dell’esercito in procinto di andare in pensione: vengono monitorati per decidere chì avrà più possibilità di rimanere nella vita pubblica, si analizzano i loro progetti post-pensionamento e se sono sufficientementi servili vengono loro offerti dei posti da dirigente o da consigliere “per questi buonissimi amici di Israele”. Per dare il tocco finale vengono premiati con un viaggio a cinque stelle in Israele dove saranno serviti e riveriti.

C’è molto disgusto per questo sistema da parte di chi non arriva a quei livelli. I nostri ufficiali di rango più elevato continuano ad essere sedotti dalla macchina di propaganda della lobby ebraica, in un modo che molti mi dicono sia una classica operazione di infiltrazione da parte dell’Intelligence. I nostri agenti segreti (quelli non israelo-fobici) sono semplicemente atterriti da questa sorta di compromettente doppia cittadinanza degli alti livelli: Dio solo sa cosa danno in cambio agli Israeliani per le porte che vengono loro aperte.

Un risultato di questa situazione è la mancanza di qualsiasi critica da parte delle nostre organizzazioni militari verso i più ovvi eccessi di Israele, tra cui le tantissime operazioni di intelligence effettuate sul nostro territorio nel corso degli ultimi decenni. Non ho conosciuto una sola persona dell’intelligence statunitense che non sia al corrente di ciò, e la maggiorparte di essi è assolutamente compiacente. Le scuse più comuni sono: “Accade ai miei superiori” e “a dire il vero è un problema politico”. Non si parla nemmeno più della USS Liberty, loro si limitano ad abbassare il capo per la vergnogna.

Non ho informazioni specifiche su Palast, ma è il classico esempio della persona che potremmo definire nel gergo dell’Intelligence “di tutto interesse”. E Judith Miller può benissimo essere sul loro libro paga, dopo tutto è stata in grado di farsi strada fino agli interrogatori di alcuni dei più stretti collaboratori di Saddam mentre girava per l’Iraq come reporter embedded. Le mie fonti mi dicono che un giornalista in questo tipo di situazione è un fatto assolutamente senza precedenti. I suoi amichetti neo-conservatori al Ministero della Difesa l’hanno messa lì per fare loro un favore, non è stato certo un caso.

E secondo voi quale altra nazione avrebbe potuto avere interesse a sapere cosa ha scoperto la Miller in questi interrogatori… ed oltretutto in tempi molto rapidi? Qualcuno pensa che i suoi amichetti neo-conservatori (chi ha deciso di permettere la sua presenza) non hanno ricevuto dettagli in tempo reale su ciò che stesse succedendo?

Questo si chiama “spionaggio a porte aperte”. Non serve alcuna intrusione, occorre semplicemente prendere un appuntamento. E i media si rifiutano di dare copertura a un fatto del genere per un ottima ragione: ci sono dentro fino al collo. Ma quando pensiamo a quante spie israeliane sono state scoperte l’anno scorso dall’intelligence statunitense… e l’anno prima… e via dicendo, possiamo capire come coloro non si trovano ai piani alti di queste organizzazione possano averne abbastanza di tutto questo casino.

E’ una disgrazia nazionale.

Jim Dean
Heritage TV… Atlanta

Israel Shamir
28.06.2006

Parti I-V

Fonte: http://www.thetruthseeker.co.uk/
Link: http://www.thetruthseeker.co.uk/article.asp?ID=4713

Parte VI

Fonte: http://www.israelshamir.net
Link: http://www.israelshamir.net/English/Palast.htm

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di ANDREA GUSMEROLI

Note del traduttore:

[1] Gauleiter: Dirigente territoriale del partito nazionalsocialista in Germania. Il termine derivava dall’antica suddivisione della Germania in Gaue. Istituiti nella fase iniziale dell’ascesa del partito con lo scopo di organizzarne la diffusione, i Gauleiter divennero progressivamente autonomi. Scelti personalmente da Hitler fra i seguaci più fedeli, rappresentavano il nucleo originale del nazionalsocialismo. Allo stesso tempo dovevano soddisfare le richieste e gli interessi dei cittadini abitanti nei rispettivi territori. Dopo lo scoppio della seconda guerra mondiale, molti Gauleiter furono promossi da Hitler a responsabili politici dei territori occupati militarmente. Alcuni di essi, come Hans Frank in Polonia, detennero in questa veste un potere assoluto.

[2] Noti giornalisti/sionisti.

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