GAZA, BAGHDAD, BEIRUT: PSEUDOSINISTRE OFFRONO IL CAPPIO AL BOIA NAZISIONISTA

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DI FULVIO GRIMALDI
Mondocane Fuorilinea

E – lo sapevate? – l’olocausto di Gaza avviene da cinque anni in Iraq ogni giorno

Se raccontate una bugia sufficientemente grossa e continuate a ripeterla, la gente finirà col crederci. La bugia può essere mantenuta solo finchè lo Stato riesce a proteggere la gente dalle conseguenze politiche, economiche e militari della bugia. Diventa così di importanza vitale per lo Stato usare ogni suo potere per reprimere il dissenso, dato che la verità è il nemico mortale della menzogna e, di conseguenza, la verità è il massimo nemico dello Stato. (Joseph Goebbels)

La manipolazione dei media è oggi più efficiente che nella Germania nazista, dal momento che ora siamo convinti di ottenere tutta l’informazione che vogliamo. Questo equivoco impedisce alla gente addirittura di cercare la verità. (Mark Crispin Miller)

Non temete il nemico, poiché il nemico può solo prendervi la vita. Molto meglio che temiate i media, poiché quelli vi rubano l’onore. Quel potere orribile, l’opinione pubblica di una nazione, è creato da un’orda di ignoranti, compiaciuti sempliciotti che fallirono da zappatori o calzolai e si aggrapparono al giornalismo sulla via verso l’ospizio. (Mark Twain)

Boicottare i cannibali

La definizione della
Palestina come “terra senza popolo per un popolo senza terra”,
finzione ebraico-sionista accreditata in tutto il
mondo dalla fine del’800, inizio del piano
predatorio, fino al giugno 1967, quando le fiamme al cielo e la cenere al vento
dei villaggi e corpi palestinesi incendiati e dispersi si videro da un capo
all’altro del pianeta, sta per essere finalmente trasformata in realtà.
Esponenti dell’ultima delle giunte militari impegnate nel genocidio,
hanno una tale certezza di impunità internazionale da
aver espresso il proprio delirio sanguinario nei termini di “faremo un
olocausto a Gaza” (voce del governo). E in una loro settimana lavorativa,
pur di rimuovere quanto di una dirigenza non venduta e comprata insiste a
difendere il diritto alla vita del popolo palestinese, i carnefici addestrati
dal ricordo di Auschwitz e frementi di emulazione, hanno ammazzato centoventi
esseri umani e ne hanno ferito, mutilato,
neutralizzato altre centinaia. Come si conviene agli eredi di bagni di sangue
storici, per primo quello del progenitore Erode, delle loro vittime metà sono
civili, bambini e donne. Effetti collaterali! Allora sono effetti collaterali anche i
colpiti dal kamikaze sull’autobus. Com’è che si fa tanto casino per
questi e si glissa su quelli? Ignorando che il kamikaze colpisce comunque
occupanti, complici oggettivi o soggettivi di un genocidio, gli

F16, occupati e perseguitati. Effetti di un meccanismo collaudato sui civili
palestinesi – Puntate! Mirate! Fuoco! – dal fondatore dello stragismo
istituzionale israeliano, Ben Gurion, e praticato
ininterrottamente, da allora fino all’estinzione di tutti coloro che
opponevano pelle, ossa, ulivi e poesia al modulo “terra senza
popolo”.

Le armi proibite
dell’”Esercito più morale del mondo”

E vedendo le
agghiaccianti foto della gente maciullata dagli ordigni
dell’”esercito più morale del mondo”, mi sono riapparse le devastazioni
nei corpi dei colpiti mostratemi dai medici libanesi dopo l’invasione
israeliana. Devastazioni interne, organi trituratie quasi nessun segno esterno. Necrosi che vanificano
ogni imputazione. Armi nuove, segrete, proibite,chimiche,
ad energia. Armi che fanno finta di niente, ma che protraggono agonia e dolori
inenarrabili. Abominazioni scaturite da laboratori USraeliani, dalle psicopatie di chi deve arrampicarsi
su montagne di cadaveri, solcare imperturbato oceani di sofferenza, per
allontanare una nemesi che i grumi di umanità sepolti in fondo al pozzo delle
sue nequizie gli fanno tuttavia percepire inesorabile. Mai
come oggi è politicamente, moralmente, umanamente, giustificato e necessario il
boicottaggio di queste belve. E mica solo alla Fiera del Libro che ha
rimpiazzato l’Egitto con lo Stato sionista come ospite d’onore e ha
ostracizzato i palestinesi. E va qui segnalato l’appello per la
costituzione di un Tribunale
Internazionale sulla Palestina, sul terrorismo israeliano, nell’esempio
di quello di Bertrand Russell sul Vietnam (sottoscrivete a [email protected]).

Brulicano le larve tra le carogne
del palazzo

Intanto, una classe
politica irrimediabilmente e universalmente veltrusconizzata
(sono lieto che la mia crasi “Veltrusconi”
abbia incontrato tanto favore) e, dunque, in una fase terminale di
decomposizione che soltanto il brulicare frenetico di larve fa sembrare viva e
attiva, si volta dall’altra parte, per non vedere, ma anche
per occultare il proprio compiacimento. E se la talpa non ha
affatto ben scavato, ben scavato ha invece la lobby. Quella che non
c’è, ma che si manifesta onnipotente e onnipresente. Quella composita e
compatta USraeliana che, da
un empireo sopra le nuvole, manovra le sue carogne di burattini dai variopinti
cappelli in testa: PD, PDL, Sinistra l’Arcobaleno, Lega, UDC, Destra (gli
unici che ammettono di esserlo)… Ologrammi dell’antipolitica che ci
ammorbano di putrefazione sfilando incessantemente, come carillon impazziti, il

Veltroblob (“la cosa più orribile che abbia mai
visto”) in testa, nei telegiornali e nei cianciaspettacoli
e rovesciandoci addosso borborigmi senza senso e senza verità. Sono riusciti
nel colpo maestro esemplificato al meglio dagli Stati Uniti: controllare sia
l’amico che il nemico fabbricandoli tutti e due
e poi facendoli giocare alla lotta di classe, o alla guerra. Il primato
assoluto di una strategia che risale ai primordi della Chiesa cattolica
apostolica romana, con la simultanea identificazione con i potenti (gerarchia,
Salesiani, Opus Dei) e la manipolazione dei deboli (Francescani, teologie della
liberazione), lo ha raggiunto il complessino
terroristico Bush-Rumsfeld-Wolfowitz-Cheney-Rice-Clinton
& Co. quando, coglionando il mondo intero, hanno messo in campo il pupazzo
islamico Al Qaida e gli hanno lanciato contro le
“armate del Bene”. Da noi, ripetizione in
sedicesimo, con la sceneggiata di quello che Grillo chiama psiconano

contro l’omino di burro.

L’omino di burro, il Paese
dei balocchi e i ciuchini

E intanto si
era fatta notte e notte buia: quando a un tratto videro muoversi in lontananza
un lumicino… e sentirono un suon di bubboli e uno squillo di trombetta…Finalmente
il carro
(targa PD) arrivò: e arrivò senza
fare il minimo rumore, perché le sue ruote erano fasciate di stoppa e di
cenci… Lo tiravano dodici pariglie di ciuchini… ma la cosa più
singolare era questa: che quelle dodici pariglie, ossia quei ventiquattro
ciuchini, invece di essere ferrati come tutte le altre bestie da tiro o da soma,
avevano in piedi degli stivaletti da uomo di vacchetta bianca
. E il conduttore del carro?… Figuratevi un
omino più largo che lungo, tenero e untuoso come una palla di burro, con un
visino di melarosa, una bocca che rideva sempre e una voce sottile e
carezzevole, come quella d’un gatto che si raccomanda al buon cuore della
padrona di casa. Tutti i ragazzi, appena lo vedevano, ne restavano innamorati e
facevano a gara nel montare sul suo carro, per essere condotti da lui in quella
vera cuccagna conosciuta nella carta geografica col seducente nome di
“Paese dei Balocchi”. I ragazzetti erano ammonticchiati gli uni
sugli altri, come tante acciughe nella salamoia. Stavano male, stavano pigiati, non potevano quasi respirare: ma nessuno
diceva ohi! Nessuno si lamentava. La consolazione di sapere che fra poche ore sarebbero giunti in un paese, dove non c’erano né
libri, né scuole, né maestri, li rendeva così contenti e rassegnati, che non
sentivano né i disagi, né gli strapazzi, né la fame, né la sete, né il
sonno…Ma l’omino non rise.
Si accostò pieno di amorevolezza al ciuchino ribelle e, facendo finta di dargli
un bacio, gli staccò con un morso la metà dell’orecchio destro.
Scusate
la lunga citazione, ma che forza profetica quel

Collodi! Per me, in Italia, prima di lui non c’è che Dante.

Il buonismo da rettile di Fabio
Fazio

Fabio Fazio, il buonista
ontologico dalla testa di uovo sodo spellato, definito dall’acuto
Celentano il peggiore di tutti, si sdilinqua, pur
ponendosi protervo su una cattedra più alta di mezzo
metro dei suoi ospiti, in smancerosi e incongrui panegirici per Abraham Jehoshua, della triade letteraria israeliana – lui,
più Grossman e Oz – sguinzagliata
dalla giunta di Tel Aviv ogni qual volta alle sue zanne intrise di sangue
occorre un veloce risciacquo. E quando questo puntellatore

di muri di contenzione, esaurita il suo fiele contro “l’intifada
terrorista”, conclude scagliandosi contro la
soluzione dell’unico Stato binazionale, anatema
per chi da anni lavora alla reclusione dei palestinesi in inoffensivi e non
contagiosi bantustan, il marchettaro
del fine settimana si precipita a farlo santo subito: Questa è
onestà intellettuale
. E’ appena meno farisaico di quell’ Abu Mazen che, presidente golpista di un
popolo pugnalato alle spalle, per spianare il necropercorso

di F16 e carri Merkava sui sopravvissuti di Gaza,
rinnova la già giudiziariamente smantellata bufala israeliana di un Al Qaida a Gaza. A Jehoshua e ai
suoi compari di dissimulazione, andrebbe messo davanti il
concittadino Jeff Halper, la cui vera “onestà
intellettuale” viene chiusa dal “manifesto” tra nefandezze
giornalistiche che, pure, non rappresentano che i tentacoli della piovra USraeliana. Quel Jeff Halper che, rifiutando l’infame simmetria tra vittime
che si difendono da assassini e assassini in serie che si fanno passare per
aggrediti, nel progetto “Due Stati per due popoli” individua e
denuncia il complotto colonialista di Israele e della comunità internazionale,
con la collaborazione di Abu Mazen. Il
progetto di apartheidizzare i palestinesi in uno
pseudo stato bantustan composto da Gaza e tre, quattro cantoni in
Cisgiordania, senza continuità territoriale.
E senza tutto il resto.
E già, come farebbero i razzisti sionisti a infliggere l’apartheid a quei
“cani”, “scimmie”, “ragni” di palestinesi
(così li potete udire e leggere descritti nell’”Unico Stato
Democratico del Medioriente”) quando ci fosse
uno Stato democratico per entrambi i popoli? Oltretutto a rischio di sorpasso
demografico palestinese (e semita)?

L’astuto imbonitore
del consumismo pseudoculturale di Rai Tre, fosse un
giornalista vero, avrebbe potuto far balenare all’interlocutore ebreo ciò
che Veltroni in periodico viaggio di lavoro ad Auschwitz sicuramente percepisce
e accuratamente tace: il parallelo agghiacciante tra quel campo di
concentramento nazista e il consimile lager di Gaza. I tedeschi rastrellarono
gli ebrei polacchi e li rinchiusero dietro a una barriera perimetrale in una
minuscola zona di Varsavia.

I tedeschi privarono i
reclusi del ghetto di cibo e beni essenziali. I tedeschi ridussero a 241
calorie al giorno la media alimentare degli ebrei. La
media per i reclusi di Gaza è al 61% del necessario. I tedeschi tagliarono
servizi indispensabili come acqua ed elettricità, sabotarono l’assistenza
sanitaria, infine distrussero il ghetto radendo al suolo case ed infrastrutture. I reclusi del ghetto si ribellarono e furono dai nazisti
schiacciati a suon di stragi. Segnalare le differenze tra Varsavia e Gaza. Ce
n’è una: il mondo onorò e onora le vittime e i sopravvissuti di quella
resistenza e di quel massacro; il mondo volta le spalle all’altra parte,
quando non regge il cappio del boia avallandone

la diffamazioni.

Quando TDF molla la contropulizia etnica di
Milosevic e s’avventura a Gaza

E qui ci mette del suo
anche il “buon Tommaso Di Francesco”, di formazione (e a volte
deformazione) balcanica e di depistaggi mediorientali Ho già scritto della sussunzione da parte sua dell’inversione
sionista-imperialista della vicenda Fatah-Hamas a
Gaza, quando TDF stigmatizza “il golpe perpetrato da Hamas”. Da
anni si sapeva che era vero il contrario, già la stampa egiziana aveva
pubblicato i documenti scoperti da Hamas nell’arcoriana

villa dello spione USraeliano
Mohammed Dahlan, capo della sicurezza del quisling
Abu Mazen, che provavano il progetto Usa della liquidazione fisica della
dirigenza di Hamas, quella regolarmente eletta alla guida del governo
palestinese e già decimata dai rapimenti israeliani. Già l’emittente
“Al Jazira” aveva condotto
un’inchiesta coronata dallo stesso esito. Ma
TDF, con l’orecchio ai megafoni sionisti, tirava dritto. Poi è venuta la rivista “Vanity
Fair”, frivola, mondana, ma non nuova a exploit giornalistici seri e in
controtendenza, a pubblicare quei documenti che dimostravano come Hamas abbia
solo prevenuto il golpe dei rinnegati. A questo punto anche Di Francesco deve
cedere. Lo fa in prima pagina (6/3/08), divincolandosi un po’, ma compensando
la ritirata con un profluvio di derisioni e dileggi a carico della
pubblicazione statunitense. Capisco l’imbarazzo.

Pasolini e la stampa di sinistra
che “aballa”

E’ una vera
tragedia questa “sinistra”, questa “stampa di
sinistra”, che avalla (aballa!) le peggio cose confermando l’omologazione del profeta
Pasolini. Omologazione veltrusconiana

tra vampiri e succhiati: tutti vampiri alla fine, di prima, seconda e terza
classe. Morti viventi di morte. E così
“il manifesto”, ove più grave è il torto, perché più alta la
responsabilità. Nel pieno dello tsunami omicida israeliano a Gaza,
l’opinionista di lusso Zvi Schuldiner,
con credibilità attestata dalle sue compassionevoli
frequentazioni dei bersagliati dai fuochi d’artificio di Hamas a Sderot, ci spara dalle pagine nobili del
“manifesto” carichi di cerchiobottismo
che, come è intrinseco all’atteggiamento, comportano un colpo al cerchio
e dieci, risolutivi, alla botte. Cerchiobottismo che,

senza più tema di correttive intemerate del compianto
Stefano Chiarini, avvolge nella
vasellina la mazza ferrata del crociato sionista. Le bombe-carta “Kassam” diventano “pioggia di missili”;
la politica di Hamas, ricorrendo al diritto dell’occupato di difendersi
con tutti i mezzi, sancito dall’ONU, oltreché
dall’etica, è criminale e sbagliata; palestinesi e israeliani pagano prezzi durissimi, e non si
precisa, a parte l’abissale squilibrio nei prezzi pagati, che i secondi
se li meritano in quanto occupanti e oppressori, mentre ai primi sono
indebitamente imposti. Alla pari, secondo Schuldiner,
Hamas, con il suo popolo decimato e i suoi rappresentanti eletti rapiti e sotto
chiave senza processo, e la leadership israeliana, impegnata da
sessant’anni nel genocidio, ci stanno

portando su una strada senza uscita, colma di sangue e dolore. Chè, vogliamo forse avere il
cattivo gusto di misurare col bilancino morti e distruzioni, ma anche
responsabilità, dell’una e dell’altra parte?

Cerchiobottismo: i primatisti del “manifesto”

Schuldiner
ha anche la fortuna di poter ricorrere a una spalla. Con entusiasmo cita
l’europarlamentare PRC Luisa Morgantini che,
recandosi con lui nella martoriata Sderot, ha ben
potuto ascoltare le voci di chi subisce l’attacco dei
“missili” di Hamas, accreditata tra gli israeliani
“buoni” per il fatto che non critica lo Stato di Israele (criticare uno Stato
teocratico fondato sul dominio della razza eletta? Non sia mai!), ma la politica sbagliata
dei suoi governi.
“Sbagliata”? Una politica che ha per
obiettivo precipuo di sbranare i popoli di questa terra, di annichilirne i
resti e di porsi come modello di Stato alla Destra avanzante del Terzo Millennio,
è solo un refuso? Non per nulla, Hugo Chavez, che insieme a Fidel la sa più lunga di tutti, e come tanti in
America Latina ha potuto sperimentare il ruolo di sostegno e guida che Israele
ha avuto e ha per i servizi di sicurezza e di repressione delle dittature e
oligarchie del Continente, ha definito la Colombia del dittatore fantoccio degli Usa, Uribe, “l’Israele dell’America
Latina”. Immancabile la dilagante presenza della Morgantini

e affini nel “manifesto” dall’iniqua equivicinanza
sulla carneficina colonialista di Gaza. Non solo nelle citazioni
dell’occhiuto Schuldiner. C’è anche nella
firma che la sua “Associazione per la pace”, insieme ad altri (Arci, Cgil, Donne in Nero, Fiom, Pax Christi, Ong varie, Un ponte
per…) pone sotto una lettera aperta ai candidati delle elezioni
politiche. Qui, alterando ancora una volta i fattori, si parla della penalizzazione di un milione e mezzo di persone, per le azioni e
decisioni di una piccola minoranza
. Se
credete che come “piccola minoranza” questi promotori di fiori nei
cannoni degli assediati intendano la ciurmaglia di
tagliagole che governa la politica e l’esercito di Israele, avete
sbagliato. Riprovate. Saremmo fuori bersaglio se interpretassimo quella
“piccola minoranza” come un milione mezzo di disperati, incazzati,
insanguinati, mutilati che, nella stragrande maggioranza, appoggiano chi ha il
coraggio e la dignità di far valere il diritto alla vita, almeno morendo in
piedi, reagendo all’aggressione. I bravi firmatari insistono: Condanniamo i lanci di razzi “Qassam”
in Israele da parte di gruppi armati di Hamas ed altre
forze
estremiste. I razzi
fanno vivere la popolazione di Sderot nella paura e
creano un clima sempre più ostile ai palestinesi
. Davvero alle
generazioni di bambini frantumati dalle bombe e granate mirate di Tsahal, incarcerati,
torturati, e ai loro genitori esperti di analogo trattamento, dovrebbero
rompere il cuore le afflizioni degli abitanti di Sderot, di quelle brave persone che, rubata la loro terra,
distrutto il loro villaggio, sradicato le loro coltivazioni, cacciato nei campi
profughi i titolari, hanno fatto fiorire quella terra? E non sono correttamente estremisti di entrambe le
parti
sia coloro che arrivano con le bombe, la fame e la peste,
avendo dietro le salmerie di tutto il mondo, sia quelli che, soli come tonni
nella mattanza, non si rassegnano a subire tutto questo, limitandosi a invocare

morgantinianamente il solito dialogo tra lupo e
agnello tra i battimani dei bravi signori in tribuna? Peccato che Luisa e co.,
mentre invocano un cessate il fuoco,
non si ricordino – come si ostina a non ricordarlo nessuno – che
gli “estremisti” di Hamas quel cessate il fuoco l’hanno
proposto invano già mezza dozzina di volte. Ora ci aspettiamo che la simpatica
combriccola di pseudo-equivicini formuli un appello
anche per l’Iraq, chiedendo agli “estremisti” della
Resistenza di smetterla di far vivere
nella paura
i portatori guantanamisti di
democrazia, come anche le loro marionette nella “Zona verde” e
associate milizie tagliagole a mezzo servizio con l’Iran.

Ah, quegli estremisti di Hamas!

Potrei insistere con quel
gioiello di giornalismo equilibrato che questo Schuldiner
da prima pagina, pagina cui non accede l’unica
voce decente e competente, dopo Chiarini, che il “manifesto” abbia
in Medioriente, Michele Giorgio. Quello di Hamas,
“fazione dura” (?), sarebbe avventurismo militare. Hamas ha aggravato la situazione”, Hamas forza militarmente la crisi,
“sono i duri di Hamas che erano disposti a una nuova invasione
israeliana… Palestinesi e israeliani sono oggi vittime

del gioco di scacchi tra gli Stati Uniti, sempre più attivi con la loro
politica del terrore (
mica quella di Israele!), Israele e la
fazione militare di Hamas… il gioco sporco di due leadership criminali… il lancio criminale dei
razzi…Sangue e vendetta, vendetta e sangue.
Sangue e vendetta?
E già, mica occupazione e liberazione, mica genocidio
e resistenza, cosa vi credevate? Con la “modernità” di Veltroni e “l’innovazione”
di Bertinotti, con l’equidistanza-vicinanza di pacifisti a 360 utilissimi
gradi e degli avvoltoi Ong, vogliamo ancora
trascinarci dietro le bubbole del diritto internazionale, delle risoluzioni
Onu, della sacrosanta legalità della lotta di
liberazione, di quella algerina, africana, araba, irlandese, cubana,
vietnamita…? Stiamo dalla parte giusta, stiamo
con i “moderati” di entrambe le parti, dividiamo a metà torti e
ragioni (un po’ più della metà versus molto
meno della metà). Estremisti di entrambe le parti (ma soprattutto quei
terroristi di resistenti), raus!

Quei martiri di Sderot

Per raddrizzare una
bilancia pericolosamente pencolante sotto il peso abnorme del sangue
palestinese, questo campionissimo della mistificazione manifestaiola
si precipita a Sderot al momento in cui la macelleria
israeliana a Gaza raggiunge il – momentaneo – culmine. Bella mossa.
Come spararti una torcia in faccia mentre stai guardando bruciare Gaza.
Permette al “manifesto” del Valentino Parlato, che marchia di
“antisemiti” coloro che non vogliono
onorare alla Fiera del Libro di Torino lo Stato serial
killer
di semiti, di porre sullo stesso piano e in analoga evidenza
il massacro nazistoide a Gaza, raccontato dalla vox clamantis in deserto Michele
Giorgio, e le ambasce dei colonizzatori e predatori di Sderot.
Costoro sono alla mercè della pioggia
criminale di missili, effetto della politica criminale

dell’ala dura di Hamas. Schuldiner
si aggiusta la foglia di fico dell’equidistante, invocando in chiusura un
negoziato serio ed equo che, solo, potrebbe rompere
il circolo di sangue…
Peccato che questo criptosionista
non si chieda chi abbia offerto cento volte il dialogo e la tregua, venendo sistematicamente respinto a forza di assassini e atrocità
disumane. Chi lo abbia perseguito invano, perfino a costo della propria dignità
e della sopravvivenza del suo popolo.

Giuliana Sgrena col cappio in
mano

L’epitome della
giornalista piagnona epperò dotata di scudiscio a
sette code in difesa dei valori occidentali, glorificata per meriti di
sequestro a dispetto dei suoi deragliamenti scritti, è Giuliana Sgrena,
l’eroina del “manifesto”, rapita a Baghdad dopo aver
intervistato le donne di Falluja sopravvissute allo sterminio al fosforo degli
Usa (senza peraltro averci mai raccontato, prima dell’inchiesta di
Sigfrido Ranucci su Rai News
24, le cose che quelle donne le avevano rivelato). Giuliana Sgrena è di quella
categoria di inviati, prospicua
nel “manifesto”, che versano calde lacrime sulle vittime della
guerra, confortando al tempo stesso le ragioni propagandistiche che
l’aggressione l’hanno voluta giustificare. Così sugli
“integralisti islamici” di Algeria e di tutti i paesi, così su Al Qaida, così sul “terrorismo islamico”, così
sulla “società civile” afghana che vorrebbe tanto
l’occupazione occidentale, solo un po’ meno bombarola.
Sgrena e i suoi colleghi nel giornale non ci hanno mai spiegato come mai il “quarto
uomo” della macchina che portava Calipari, l’agente Sismi e Sgrena,
di cui per tre giorni loro e l’unità di crisi affermavano
l’esistenza, sia poi svaporato nel nulla, mai esistito.Un

patto con gli Usa che cela un passaggio inconfessabile delle trattative di
Calipari con i rapitori? Una dimenticanza? Un refuso?

Alì, il chimico?

Ma
Giuliana Sgrena ha dato ancora una volta il meglio di sé in occasione
dell’annuncio dell’imminente impiccagione a Baghdad di Ali Hassan Majid, detto anche da lei
“Ali il chimico”, come prescritto dalle centrali di demonizzazione
Cia. Il tribunale che lo ha condannato è uno scherzo
giuridico osceno, istituito e governato
dagli Usa, nel quale gli avvocati della difesa vengono ammazzati e i testimoni
sfavorevoli alla sentenza predecisa picchiati e
incarcerati. Ma Sgrena si limita a deplorare che il tribunale speciale iracheno non va molto per il sottile sui
prigionieri eccellenti
. Gentile. Non fosse per quello, e non si
trattasse di mera vendetta, la sentenza potrebbe
anche passare, vero? Per Sgrena, Ali Hassan Majid è, come da copione, un
criminale, uno dei più feroci esponenti del regime di

Saddam. Naturalmente Al Majid, in quanto comandante in capo delle truppe irachene nel 1988,
durante l’offensiva “Anfal” contro
i secessionisti curdi, quinta colonna del nemico iraniano, condusse a Halabja una feroce offensiva contro
la popolazione kurda… che aveva provocato
secondo una stima di Human Rights

Watch, circa 100.000 vittime, se non 180.000…
un bombardamento di gas mostarda e di gas nervino (sarin) provocò la morte di
5000 civili…
Pari pari dal
“New York Times”, massimo fautore
mediatico dell’aggressione all’Iraq, proprio perché motivata –
secondo Bush – dal fatto che Saddam gassò la propria
gente
. Peccato che l’emula del “più
autorevole giornale di lingua inglese”, però dichiaratamente ed
entusiasticamente filo-israeliano, non abbia riportato anche l’ampio
articolo sullo stesso giornale il 31/1/2004, nel quale il massimo responsabile
al tempo della Cia per il conflitto Iraq-Iran,
Stephen Pelletiere, confortato da altri documenti
Cia, dimostra come a Halabja non morirono 5000, ma
qualche centinaio di abitanti e che morirono non per un bombardamento iracheno
(è provato che in quella campagna non furono impiegati aerei), ma per uno
scambio di mortaio tra iraniani e iracheni. Le granate contenevano gas
nervino, poi spostato dal vento verso l’infelice Halabja.
Di nuovo, peccato che i servizi segreti di tutti i paesi abbiano dimostrato che
l’Iraq non possedeva gas nervino, ma solo
antrace, e che il gas nervino invece era in possesso delle forze persiane e da
loro ripetutamente utilizzato nella guerra. Per Pelletiere

e tutti gli esperti non asserviti alle diffamazioni Cia, quel gas era stato
sparato dagli iraniani. Come dissero tutte le fonti sul posto e anche il
Dipartimento di Stato Usa al momento del fatto. Quanto al massimo propulsore
della leggenda gas-Halabja, la Ong
“Human Rights Watch”, presieduta dal filo-israeliano Roth e nota
per un sistematico approccio tipo due pesi e due misure nei confronti dei
nemici degli Usa, delle sue 100.000 e più vittime di “Anfal”
non si è mai trovato traccia. E sì che si sono dati da fare per scovare le
“fosse comuni di Saddam” (esperti com’erano di clamorosi flop per le “fosse comuni di Milosevic” in
Kosovo).

Inevitabilmente,
spargendo vittime lungo il suo corso deragliato, Sgrena attribuisce le
esitazioni Usa sull’attribuzione ad “Ali
il chimico” delle nefandezze chimiche, al solito dogma dell’occidente che ha rifornito il regime di Baghdad di armi chimiche, implicando la trita patacca del “Saddam uomo degli
americani” che tanto è servita a sabotare il sacrosanto sostegno della
sinistra mondiale al paese aggredito. Le famose armi Usa fornite
all’alleato Saddam, le avete mai viste? In quale dei milioni di immagini delle guerra Iraq-Iran,
della prima guerra del Golfo, del successivo conflitto tra governativi e
secessionisti sciti e curdi, della guerra del 2003, avete visto anche solo un
fucile di fabbricazione Usa? Sempre e solo armamenti sovietici vecchi di
trent’anni, qualcosina di est-europeo, di italiano e di francese. Giuliana Sgrena sospenda un
attimo il lacrimare sui bimbetti iracheni – quelli del tutto dimenticati
dell’”una Gaza al giorno per cinque anni” – e ricordi
come fosse proprio l’anatema di Bush, della Cia e del consanguineo
“Human Rights Watch” contro “Saddam gassatore

del proprio popolo”, a fornire il pretesto per la più criminale guerra di
aggressione, occupazione e sterminio del nostro tempo. Poi le permettiamo una
lacrima sul fatto che, ripetendo ad usura il concetto,
anche lei abbia dato una mano a quel crimine. Esattamente come ora ha offerto
il cappio al boia di “Alì il chimico”. Dimmi con chi vai…

Di fascisti e “narcoguerriglieri”

Non poteva mancare, nella
scia del cerchiobottismo imperfetto di Sgrena, Di
Francesco o Schuldiner (cerchiobottismo

che salva il cerchio e sfascia la botte) chi, approfittando dell’assenza
del valido latinoamericanista Matteuzzi,
s’intrufola nel giornale come Guido Piccoli, o in rete come Gennaro
Carotenuto, per schizzare fango sulle FARC colombiane, a supporto di chi ne
demonizza la lotta di liberazione facendone “terroristi” e “narcoguerriglieri”. Agevolando così il ruolo che gli
Usa hanno assegnato alla Colombia del narcofascista vero, Uribe, quale
ascaro contro i paesi e governi che si sono affrancati dal dominio
imperialista, Venezuela, Bolivia, Ecuador. Nel momento in cui
l’operazione controrivoluzionaria e destabilizzatrice

diventa lampante, con il massacro di Raul Reyes e altri 20 compagni delle FARC in territorio
ecuadoriano, al fine di sabotare uno scambio di ostaggi che stava procurando il
giusto riconoscimento alle FARC ed esaltava la mediazione di Chavez, cosa fanno il “colombista”
Piccoli e il tuttologo Carotenuto? Paratosi il culo con
qualche biasimo al farabutto degli Usa, Uribe, tornano
ad avventarsi sulle FARC, come penosamente fatto quando, all’epoca del
primo scambio, fecero proprie le calunnie di Uribe su
una presunta truffa della guerriglia relativa al figlio di uno degli ostaggi.
Smentiti e svergognati dagli avvenimenti, Piccoli e Carotenuto non si
ravvedono, ma contrappongono alla grande e generalizzata
barbarie
di Uribe una, più limitata e sporadica, ma sempre ingiustificata, delle
FARC
! Riecheggiando poi l’insinuante dubbio dei benpensanti di
complemento se questo protagonista armato sia forza
belligerante d’origine politica, o banda di terroristi o di
narcoterroristi.
Piccoli non risponde esplicitamente, ed è già una
mascalzonata e un insulto a quanto tutti gli onesti e competenti sanno. Ma, con
perfidia, avvolge la sua risposta al cianuro (del resto già data molte volte) nel
cellophane: E’ vero: le Farc

assomigliano poco ai rivoluzionari cubani della Sierra Maestra, ai sandinisti
del Nicaragua e, ancora meno, agli zapatisti messicani, avendo troppe volte
usato gli stessi metodi del nemico, contribuendo a imbarbarire la guerra
interna…
Ma il sublime della professionalità giornalistica la
raggiunge questo Carotenuto quando così suddivide il bilancio delle nefandezze
in Colombia: 95% a Uribe, 5%
alle Farc
. Ovviamente questo luminare della statistica ha battuto
palmo palmo i milioni di chilometri quadrati della
Colombia, non lasciandosi sfuggire neanche la più piccola delle nefandezze di
ambo le parti. Scientifico. Pulitzer non avrebbe saputo fare meglio. Sapendo
quali sono i termini del conflitto cubano e latinoamericano, nel quale le FARC
sono da quasi mezzo secolo un’avanguardia della liberazione, a leggere
queste cose viene la nausea. Precisiamo, comunque, come sia una bella fortuna che la guerriglia colombiana non assomigli ai fasulloni messicani, governati da 14 anni da un despota
onanista, modellato su Zorro, il quale non ha saputo far di meglio che sabotare
la vittoria presidenziale del candidato della sinistra, Lopez Obrador. Quel candidato più o meno

socialdemocratico, ma certamente un’ottima tortilla rispetto al rigurgito
tossico dell’amerikano Caldiron,
che, alla faccia del logoro vaniloquista mascherato
del Chapas, avrebbe se non altro sottratto il Messico
allo schiavista Usa.

Pane avariato e vino con lo spunto

Annunciando
l’edizione speciale del giornale il lunedì durante la campagna
elettorale, Valentino Parlato, un altro lacrimatore
sulle sventure causate dai cattivi e, d’altro canto, sdegnato fustigatore
degli “antisemiti” promotori di olocausti che boicottano la Fiera del Libro, invoca
l’ennesimo soccorso dei suoi lettori. Lettori, peraltro, obnubilati dalla
ripetizione di stereotipi perfidi e falsi. Dice che il giornale vuole essere presente in questa campagna elettorale, anche il lunedì, per
dire pane al pane e vino al vino, per dire la
verità…
Viste le premesse, si va verso un altro festival di
patacche imperialiste e, dunque, verso un altro salasso di vendite. Basta
vedere come il giornale ora pencoli verso quella
quintessenza dell’impostura e del cinismo capitalista che è Hillary
Clinton. Orrida ma donna. E a proposito di elezioni, scartato
l’ambiguo appello del solito Campo Antimperialista ad

“astenersi”, cioè ad annullarsi nella palude indistinta dei
menefreghisti, mai come stavolta risalta l’opportunità di intervenire,
attivamente e in modo da potersi contare, con la scheda annullata. Rifiuto
esplicito e riconoscibile della complicità oggettiva con quella galleria degli
orrori che si dipana dalla Sinistra l’Arcobaleno fino allo squadrista
Storace. Una galleria degli orrori al cui capezzale sinistro, alla faccia di
tutto, sono subito accorsi la Veneranda Maestra
di Rue de Rivoli, Rossana Rossanda (solita spocchia: niente è più
derisorio delle punte di astensionismo che emergono qua e là, infantile
“non gioco più” mentre rotola il mondo
), e il suo scudiero
Parlato che fantastica di voto utile per frenare il
PD
nel quale tanti sono
compagni
. Compagni tuoi, Valentino, soprattutto se insisti col
mantra filo-nazisionista
dell’”antisemitismo” e col far imbrattare il tuo giornale
dalle diffamazioni elaborate nei laboratori della menzogna guerrocratica.
Compagni di quel Bertinotti che, preso a pesci in faccia dal restauratore veltrusconiano di un protocapitalismo

in salsa fascistoide, sulla cui lista svettano i
gagliardetti di generali Nato, sbirri di rango, fanatici cattolici, radicali
dei diritti civili e di Israele e licantropi dell’economia
capitalista, promette che se saremo forti, il PD
sarà costretto a guardare un po’ a sinistra
. Giusto un po’, mica pretendiamo molto. Solo un po’,
come con Prodi.

I Cobas, sempre loro

Dovremmo mandare a
memoria le inserzioni dei Cobas. La cantano in maniera ineccepibile

agli invotabili delle spedizioni coloniali,
dell’apartheid sindacale, dei contratti nazionali evirati e triennalizzati, delle privatizzazioni, esternalizzazioni,
aziendalizzazioni, a massacro degli utenti paganti e a iperprofitto
di una classe dirigente tutta fatta da mafiosi, scaldini, furbetti del
quartierino, degli sconti del fisco (cioè di tutti noi) su salari massacrati
dalle imprese, degli otto ammazzati al giorno sul lavoro e da malattie
professionali, della devastazione demenziale dell’ambiente e della
civiltà con Grandi Opere predatorie, del ritorno al nucleare,
dell’incenerimento diossinico, della spesa
pubblica dirottata a scuole e cliniche private e via dall’istruzione e
dalla salute. La devono cantare, costretti in un angolo a
pagamento da un “manifesto”
che gli nega visibilità per non irritare i firmatari degli accordi su welfare, legge Biagi, precariato, contratti metalmeccanici e
missioni di guerra. Non un candidato, non una lista da votare, dicono i Cobas. Non un candidato, non una lista.

All’armi, all’armi! Siam veltruschini…

E mentre tutta la
galleria degli orrori stende la sua tacita connivenza sullo
tsunami di morte con cui i più cari e democratici dei nostri alleati investono
mezzo mondo, davanti alle coste libano-palestinesi alza le sue batterie di
missili l’incrociatore Usa “Cole”. Pronto a dirottare
quell’uragano anche contro gli irriducibili di un Libano nel quale i
“nostri ragazzi” col casco blù
si stanno preparando a dare corso al mandato della “comunità
internazionale”. Un mandato che farebbe l’invidia dei Graziani e
dei Badoglio di Libia e Abissinia, pivellini in orbace di quanto ci apprestiamo
a fare noi in casco blù, dal
Libano all’Afghanistan, dal Sudan al mondo, sgambettando allegri al filo
dei pupari. E se Prodi, saltando a piè pari macerie di ospedali e scuole,
servizi pubblici da rottamare e sfascio industriale, ci ha fatto settima
potenza militare mondiale, possiamo immaginarci cosa
farà l’omino di burro, il Veltroblob. Tutto
questo ci renderà pezzenti, ma incrementerà il PIL. Tutto questo si chiama
“sviluppo”, strumento della Banca Mondiale e del FMI per indebitare
e privare della sovranità i paesi deboli e poveri, “Sviluppo” che
oggi è diventato “bipartisan”, condiviso perfino dalla sedicente
dissidenza interna del bertinottume. Quella fintidenza di
magniloquenti rivoluzionari

e, al tempo stesso, firmaioli di guerra e portatori d’acqua
del regime. Coloro che se ne intendono pensano e Claudio Grassi e Alberto Burgio, poltronari parlamentari
ex-“Ernesto”. Sviluppo come strumento di lavoro per la costruzione di quel consenso dei subalterni
che Antonio Gramsci definisce cruciale per qualsiasi progetto di egemonia
(Ugo
Mattei, in quegli spazi del”manifesto” per i quali ancora ci
sottoponiamo alla gogna delle sue adulterazioni). Ricordiamoci anche che questo
“sviluppo”, o “crescita”, mantra che incessantemente
rotola nell’ ore rotundo
di tutti, dal Capo dello Stato all’antagonista dello “sviluppo
sostenibile”, si incarna nelle privatizzazioni e produce ovunque disastri
sociali spietati e irrimediabili che, a loro volta, esigono apparati repressivi
fascisti (es. Legge Acerbo= Porcellum),
comportano la Genova
del G8 e successiva sfilza ininterrotta di mazzate, le condanne delittuose di
Firenze, Milano, Cosenza, il soffocamento di ogni anelito di rivolta e di ogni
tentativo di emancipazione.

In origine fu la guerra. Dove
casca l’asino dell’omino di burro.

Siccome al centro di
tutto questo sta la guerra e la politica di riconquista coloniale del Mondo, con in prospettiva lo
scontro Armagheddon tra Asia e Occidente, le cadute
del “manifesto” e delle “sinistre radicali”, le
mistificazioni, il passivo o attivo ripetere dei falsi stereotipi fabbricati
per una lobotomizzazione a fini di dominio, sono da
denunciare e combattere con precedenza assoluta. Sono avvolte nella nebbia della
credibilità tradita, non verificata. E’ quella
nebbia che va dissipata. Se

la mia casa brucia, con chi me la prendo per primo, con
l’incendiario, o con mio fratello (si fa per dire) che mi impedisce di
spegnere? Sempre che non voglia
ricorrere al sicuramente miracologenico cadavere
riesumato di Padre Pio, che spegne ogni cosa, anche il lume della ragione.
Battuta? Perché, quel Bertisconi, sodale e
missionario dello sbiancacervelli Massimo Fagioli,
una specie di guru alla Raineesh dalle dodici Rolls Royce bianche, è una
battuta? E pensare che sfottevamo Craxi per i suoi
nani e ballerine.

Fulvio Grimaldi
Mondocane Fuorilinea
04.03.2008

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