E il vincitore è…. Il Club Contro-rivoluzionario del Golfo (GCC), anche noto come Consiglio di Cooperazione del Golfo.
La loro festa di celebrazione collettiva sarà il Grand Prix di Formula 1 che avrà luogo questo fine settimana nel Bahrain – con tanto di secchi di ghiaccio per gli champagne Moet e Ferrari. Potete vederla come una cricca di sceicchi sunniti che dicono alla “comunità internazionale”: abbiamo vinto, ed ora è a modo nostro o a modo dell’autostrada nel deserto con il suo caldo rovente.
Come potrebbero non auto-compiacersi? Le insubordinate ondate di quella fastidiosa Primavera Araba non hanno mai avuto una speranza di disturbare le placide acque del Golfo. L’arrivo del circo (la Veloce Formula 1 dell’Uomo Bianco) – una spettacolare operazione di public relations – prova che il GCC è tanto “normale” come un principe arabo che sfreccia a Monte Carlo con una biondona dentro una Ferrari 458.Chi se ne importa se gli attivisti del Bahrain hanno inviato una lettera all’imperatore della Formula 1 Bernie Ecclestone denunciando lo stato di assedio nel placido reame della dinastia al-Khalifa, l’uccisione e la tortura dei manifestanti pro-democrazia, le migliaia ancora in galera e la mancanza dei più elementari diritti umani? Questo non riguarda il Veloce Uomo Bianco.
Vendetta!
Strategicamente, il GCC è stato inventato – con un esiziale input americano – per difendere quelle povere petrolmonarchie del Golfo dalle malefatte di Saddam Hussein e dei Khomeinisti Iraniani. I suoi membri comprendono Bahrain, Kuwait, Oman, Qatar, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti. Ma quando la rivolta araba del 2011 è esplosa nell’Africa del Nord per poi raggiungere il Golfo, il Bahrain, e generando proteste persino in Oman e Araba Saudita, le petrolmonarchie hanno affrontato un male ancora più grande che li ha lasciati pietrificati: la democrazia. Lo status quo doveva essere protetto a tutti i costi.
Il re Hamad al-Khalifa, tecnicamente ha chiesto al GCC un “aiuto” per fare a pezzi il movimento pro-democratico del Bahrain. Il fatto è che la Casa di Saud aveva già orchestrato un invasione lungo la strada che collega la capitale Manama con l’Arabia Saudita. A Manama, la rotatoria “La Perla”, ossia la Piazza Tahrir del Bahrain, dovette essere letteralmente rasa al suolo dalla dittatura al-Khalifa per cancellare ogni memoria fisica delle proteste.
Per il GCC e il suo capo-branco, la Casa di Saud, non solo il Bahrain è stato “contenuto”, ma sono anche stati placati alcuni soggetti sauditi a suon di mazzette miliardarie. Inoltre, si sono anche aperte ampie possibilità di trarre profitto dal buco nero geopolitico dell’Africa settentrionale.
Fin da quando la Casa di Saud e l’emiro del Qatar, Hamad al-Thani, hanno avuto insieme la loro parte, sono stati irrefrenabili – nonostante le recenti voci di un colpo di stato militare contro l’emiro. Il bombardamento “umanitario” della Libia ha rappresentato l’apice dell’abbraccio NATO-GCC, con il Qatar in testa e la Casa di Saud che bene o male comandava da dietro le quinte.
Sono seguiti dividendi favolosi. Abdel Hakrim Belhaj è ora il comandante militare di Tripoli: non è solo un ex jihadi connesso ad al-Qaeda, ma anche molto vicino ai servizi segreti del Qatar.
Ora, il Qatar e l’Arabia Saudita hanno dato nuova prova del proprio acume geopolitico in Siria: data l’assenza della NATO, forniscono armi ai mercenari – inclusi jihadisti e ribelli NATO esportati dalla Libia, fomentando così la guerra civile. Sia la Casa di Saud che il Qatar sanno che a Washington va sempre bene quando si scommette sull’alimentare la divisione settaria tra Sciiti e Sunniti.
E c’è anche il bonus di una ulteriore penetrazione Wahabita nell’Africa settentrionale – attraverso i fondi per gli Islamisti in Tunisia ed Egitto. Il Qatar ha offerto 10 miliardi di dollari in investimenti ai Fratelli Musulmani ed il Qatar ora sta controllando gran parte delle riserve energetiche della Libia, il che significa che trarrà il suo bel profitto dalle esportazioni di gas in Europa.
Doha, la capitale del Qatar, può essere vista come una versione molto più appettibile della medioevale Riyadh, capitale dell’Arabia Saudita, anche grazie all’architettura d’avanguardia e il marchio della Qatar Foundation sulle casacche del Barcellona. Lo scaltro emiro è più che felice di giocare alla galleria Anglo-Franco-Americana e usare tutti i tipi di trappole occidentali nel più ampio intreccio di una storia di copertina sul Golfo in nome del re-design occidentale del Medio Oriente.
Essenzialmente, potete chiamarlo Fast and Furios: La Vendetta (Sunnita). Per come la vedono gli sceicchi, stanno vincendo una guerra settaria contro gli Sciiti in Iran e Bahrain, gli Hezbollah in Libano, gli Alawiti in Siria, e sono sull’offensiva contro il governo a maggioranza sciita di Baghdad.
Per il Veloce Uomo Bianco, questi sono solo distanti rimbombi dalle terre barbare. E se tutti quelli che comprano un biglietto per il Grand Prix del Bahrain stanno supportando una dinastia sunnita locale omicida, retrograda e priva di sostegno popolare? Agli sceicchi non potrebbe importare di meno. Quindi divertiamoci tutti con il Grand Prix “Primavera Araba” – intriso di sangue e champagne.
Pepe Escobar è l’autore di Globalistan: How the Globalized World is Dissolving into Liquid War (Nimble Books, 2007) e Red Zone Blues: a snapshot of Baghdad during the surge. Il suo più recente libro, appena pubblicato, è Obama does Globalistan (Nimble Books, 2009). Può essere contattato a [email protected]
Link: http://www.atimes.com/atimes/Middle_East/ND19Ak02.html
18.04.2012
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di CARLO MARTINI