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La Redazione

 

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Eugenetica, Agenda 2050. Parte II

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A cura di Sonia Milone
Il 4 Luglio 2024
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Di Sonia Milone per Comedonchisciotte

Qui la I parte di “Eugenetica, l’Agenda 2050”. 

“E che dire degli organismi insufficienti per condizioni congenite, che la medicina e i servizi sociali oggi salvano e lasciano proliferare? Aiutare gli infelici è bene, indubbiamente. Ma non meno indubbiamente è male trasmettere interi ai nostri posteri i risultati di mutazioni negative; come è un male la progressiva contaminazione del fondo genetico a cui dovranno attingere i membri della nostra specie. Siamo presi fra le corna di un dilemma morale: per trovare la soluzione occorrerà tutta la nostra intelligenza, tutta la nostra buona volontà.”

Così scrive nel 1958 Aldous Huxley nel saggio “Ritorno al mondo nuovo” in cui torna a riflettere sul suo celebre romanzo “Il mondo nuovo” del 1932 in cui immagina un futuro dominato da una dittatura scientifica dove alle donne sono asportate le ovaie, le parole “padre” e “madre” sono vietate, i bambini vengono generati da “ovuli biologicamente superiori, fertilizzati da spermatozoi biologicamente superiori “ e si sviluppano dentro incubatori.

Oggi, nel 2024, le parole “padre” e “madre” sono sostituite da “genitore 1” e “genitore 2”, mentre entro 5 anni è prevista la realizzazione dei primi uteri artificiali. A che punto siamo dell’Agenda eugenetica?

Sembra che Aldous abbia precisato tutti i particolari ma non per particolari doti di intuito bensì per affinità elettiva con il fratello Julian di cui condivideva i piani e il fine di correggere la “delinquenza genetica che inquina la razza umana superiore” con la procreazione controllata scientificamente.

Il titolo del saggio, in effetti, è inequivocabile: la costruzione del “mondo nuovo” ideata e progettata dal sacerdozio tecnocratico a fine ‘800, “ritorna” subito dopo l’incidente del Nazismo.

Con la fine della guerra, già a partire da giugno del 1945, i servizi segreti degli Stati Uniti avviarono l’“Operazione Paperclip” (1), il programma con cui trasferirono in America 1.600 scienziati nazisti. Nessuno di loro verrà mai processato, tranne uno. Anzi, alcuni di loro ebbero una carriera di enorme successo, come Wernher von Braun (nella foto sotto con Kennedy nel 1963) che divenne una celebrità, premiato da presidenti e inserito nel pantheon degli eroi della Nasa per il suo apporto fondamentale nello sviluppo del Saturn V, il razzo che ha portato i primi uomini sulla Luna.

Stanley Kubrick ne fece una graffiante parodia ne “Il dottor Stranamore” in cui lo scienziato (interpretato da Peter Sellers) parla con forte accento tedesco e ogni tanto si rivolge al presidente americano chiamandolo “Mein Führer”, giusto per ricordare al pubblico, fra una celebrazione e un’altra, che von Braun era un ex membro delle SS.

Wernher von Braun: " Missileman", Time Magazine, February … | Flickr

Anche il padre della medicina spaziale Hubertus Strughold era un ex membro delle SS reclutato dalla Nasa. A lui si devono le moderne tute da astronauta e alcuni sistemi di supporto vitale utilizzati nelle missioni “Apollo”. In suo onore la Nasa istituì nel 1963 lo “Hubertus Strughold Award”, un premio destinato ai migliori scienziati, salvo poi, nel 2013, cambiare denominazione in fretta e furia a fronte dell’emergere della responsabilità diretta di Strughold in una serie di esperimenti atroci nei lager tedeschi, incluso quello in cui sei bambini furono chiusi in una camera sotto vuoto per studiare la reazione del corpo umano alla mancanza di ossigeno.

Nessuno dei medici condannati a Norimberga si è mai pentìto, tutti dichiararono di aver agito per il progresso della scienza. Non c’è stato regime politico che abbia esaltato e idolatrato la medicina come il Nazismo per il quale la biologia è già politica e viceversa. Rudolf Hess, vice di Hitler, lo esplicita con chiarezza cristallina: “Il nazionalsocialismo non è altro che biologia applicata”.

Nell’allucinato immaginario biomedico nazista, impastato di social-darwinismo, eugenismo e razzismo, i biologi appaiono come i depositari delle regole di governo e i medici come gli autentici esecutori di quelle regole, lo stesso Hitler viene definito il “grande medico tedesco” da scienziati di fama quali Eugen Fischer, Erwin Bauer e Fritz Lenz.

È una visione della scienza come potere supremo ed un’idea della biologia rozza e semplicistica che ignora la complessità del corpo riducendolo a una serie fissa di funzioni organiche. Alla base di tutto vi è, però, una concezione riduzionista dell’essere umano, una visione che il Nazismo non inventa ma eredita dalla “cultura” eugenetica dell’epoca che altro non è che l’inquietante deriva del pensiero illuminista materialistico-biologistica.

Lo sviluppo dell’eugenetica, infatti, non è avvenuto a causa di un regime totalitario ma di una concezione deterministica secondo la quale ogni uomo si risolve nel suo materiale biologico, nel suo stock genetico.

Sopravvissuto all’indignazione popolare suscitata dai campi di concentramento, il movimento eugenetico si ricompatta fedele alla propria missione di indirizzare lo sviluppo del mondo verso il “cambiamento desiderabile”, sicuro dell’avanzare del progresso scientifico. Non per caso, l’origine della ricerca sull’utero artificiale è un progetto di lunga data, risale al 1926.

Nel secondo dopoguerra, infatti, i suoi più attivi fautori assumono cariche di primo piano in autorevoli istituzioni internazionali ed enti filantropici da loro stessi fondati.

Nel 1952, John David Rockefeller III fonda il Population Council che presto diventa una delle più influenti organizzazioni non governative per la promozione delle politiche di controllo demografico. A riprova delle reali intenzioni dell’organizzazione nel 1957 viene nominato presidente Frederick Osborn, uno dei maggiori propugnatori dell’eugenetica, leader dell’American Eugenics Society e autore di “Preface to Eugenics”, pubblicato a New York nel 1940.

L’anno prima Osborn aveva riconosciuto che “La parola eugenetica è caduta in disgrazia in alcuni ambienti” e propone di mirare a una “selezione volontaria inconsapevole” modificando il linguaggio e la strategia del movimento eugenetico: “Smettiamo di dire alle persone che hanno una qualità genetica inferiore, perché esse non accetteranno mai. Ma fondiamo le nostre proposte sulla desiderabilità di avere figli che nascano in case dove avranno una cura responsabile e affettuosa, e forse le nostre proposte saranno accettate.” (2)

Le associazioni eugeniste cambiano dunque lessico e strategia adottando un’impostazione più cauta, depurata di visibili venature razziste, e continuano la propria azione diffusa sul territorio puntando su nuovi termini quali “controllo delle nascite” o “pianificazione familiare” promosse da diverse agenzie internazionali.

Fra le varie azioni di propaganda anti-natalista (“pochi ma buoni” è il motto) intraprese dal Population Council figura anche la collaborazione con la Disney per  realizzare, nel 1967, un cartone animato intitolato “Family Planning” e tradotto in venticinque lingue.

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Il video inizia mostrando come i moderni progressi della medicina e delle condizioni igieniche abbiano provocato un calo della mortalità, la cui conseguenza è però un forte squilibrio demografico con un rapido aumento della popolazione mondiale, una tesi simile a quella espressa da Aldous Huxley, come abbiamo visto prima. A questo punto viene mostrata una famigliola di un Paese in via di sviluppo in cui sono presenti tre figli. Le risorse sono abbondanti, i prodotti del campicello coltivato dal papà bastano per sfamare tutti, i figli possono andare tranquillamente a scuola e c’è anche un surplus che viene venduto per soddisfare uno sfizio: l’acquisto di una radio. L’immagine è a colori e trasmette serenità.

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Subito dopo si vede la stessa famiglia nell’ipotesi in cui ci siano otto figli. Le immagine non sono più a colori sgargianti, ma in una scala di grigio  che trasmette un’atmosfera triste. Ora tutto il raccolto viene utilizzato per sfamare i pargoli, tutti devono fare sacrifici e non ci si può permettere alcun lusso. Di fronte al fatalismo del padre di famiglia, una voce fuori campo rassicura: rispetto al passato la situazione oggi per fortuna è cambiata perché, grazie alla pianificazione familiare, si può decidere in anticipo quanti figli avere e quando farli nascere. Basta rivolgersi ad un dottore o ad una clinica specializzata, come viene mostrato da Paperino!

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Nel 1946 viene nominato direttore generale dell’Unesco Julian Huxley, biologo di fama, raffinato intellettuale, figura centrale nel traghettamento del pensiero eugenista dalla prima alla seconda metà del Novecento.

Fratello dello scrittore Aldous e nipote di Thomas Huxley (soprannominato “il mastino di Darwin” per il fervido sostegno alle teorie evoluzioniste), nonché professore universitario di George Orwell, Julian proviene da una delle famiglie più in vista di Londra e vanta una parentela di geni: il fratellastro Andrew Huxley era un biologo che ha vinto il premio Nobel; suo padre Leonard Huxley era scrittore ed editore; suo nonno materno era l’accademico Tom Arnold; il prozio era il poeta Matthew Arnold. Insomma, un Dna di pregio da proteggere e trasmettere puro alla discendenza.

Membro di spicco della British Eugenics Society, Julian ne fu vicepresidente dal 1937 al 1944 e presidente dal 1959 al 1962. Durante una Galton Lecture presso la Society, nel 1936, nel pieno dunque della propaganda nazista, disse: “Gli strati più bassi, presumibilmente meno dotati geneticamente, si riproducono relativamente troppo velocemente. Per questo motivo è necessario insegnare loro i metodi di controllo delle nascite; non devono avere un accesso facilitato all’assistenza o alle cure ospedaliere, per evitare che la rimozione dell’ultimo riscontro della selezione naturale renda troppo facile la produzione o la sopravvivenza dei bambini; una lunga disoccupazione dovrebbe essere un motivo di sterilizzazione”.

Huxley: the family that championed evolution

E ancora: “Se siamo ormai in grado di gestire il germoplasma delle piante e degli animali perché, allora, non dovremmo considerare ragionevole fare lo stesso con i ceppi umani?” L’uomo è un animale al pari degli altri, non sorprende che Huxley abbia fondato nel 1961 anche il WWF.

Intuendo il potere dei mezzi di comunicazione di massa per orientare l’opinione pubblica, Julian inventa la figura del tutto nuova del divulgatore scientifico. Nel 1934 realizza il primo documentario di storia naturale al mondo dedicato agli uccelli marini del Galles che viene trasmesso dalla BBC. (3) Prende parte a dibattiti, conferenze, interviste radiofoniche e televisive, oltre a scrivere saggi e articoli su riviste popolari.

Huxley diventa direttore dell’Unesco dopo un ancora poco documentato passaggio alla clinica londinese di Tavistock dove conosce il direttore John Rawlings Rees e G. Brock Chisholm (entrambi militari e psichiatri).

Huxley inoltre fonda insieme a Rees, la Wfmh (Federazione mondiale della sanità mentale) nel 1947, mentre Chisholm fonda l’Oms nel 1948, di cui sarà direttore fino al 1953, per poi divenire presidente della Wfmh nel 1957. Tutti e tre sono convinti sostenitori dell’eugenetica e le loro idee passano direttamente dalla clinica di Londra agli organi sovranazionali dell’Onu, insieme ai progetti di ingegneria sociale di cui Tavistock è, tutt’ora, il centro mondiale.

Julian lo esplicita espressamente nelle linee guida redatte per l’Unesco: “Le capacità mentali umane potrebbero certamente essere ulteriormente incrementate per mezzo di deliberate misure eugenetiche, se consapevolmente ci disporremo ad incentivarle. Il progresso non è automatico o inevitabile ma dipende dalla scelta umana e dallo sforzo di volontà. Prendendo le tecniche di persuasione e informazione e vera propaganda che abbiamo imparato ad applicare come nazione in guerra, e deliberatamente unendole ai compiti internazionali di pace, se necessario utilizzandole, come Lenin previde, per superare la resistenza di milioni verso il cambiamento desiderabile”.

Nominata dal Time come una dei cento leader più importanti del Novecento, inventrice della pillola anticoncezionale, leader del movimento femminista, Margaret Sanger (1879-1966) testimonia la continuità tra il pensiero eugenista e le successive politiche di birth control.

1925 Margaret Sanger

Nel 1946 fonda Planned Parenthood Federation (continuazione dell’American Birth Control League da lei stessa fondato nel 1916) e ne assume la carica di presidente nel 1952. Specializzato in “pianificazione familiare” (700 cliniche solo negli USA), l’ente è oggi il principale partner e consulente speciale dell’Onu tramite l’Unfpa, il Fondo dell’Onu per la Popolazione.

Come scrisse la Sanger: ”Lo scopo di promuovere il controllo delle nascite è quello di creare una razza di purosangue […]. Il controllo delle nascite in sé, spesso denunciato come una violazione del diritto naturale, è né più né meno che la facilitazione del processo di estirpazione degli inadatti, di impedire la nascita di deficienti o di coloro che diventeranno deficienti […]. La cosa più misericordiosa che una famiglia numerosa può fare ad uno dei suoi figli è ucciderlo”.

Nel suo elenco delle “razze disgeniche” da sradicare compaiono “negri, ispanici, indiani americani, ebrei, slavi e italiani”, oltre a “fondamentalisti e cattolici”. A partire dal 1939 dedica le sue preoccupazioni eugeniche ai negri: “Le masse dei negri, specie nel Sud, si riproducono sventatamente e disastrosamente, col risultato che crescono fra i negri, ancor più che fra i bianchi, i meno intelligenti e meno adatti”.

A tal fine crea il “Negro Project”, un programma per il controllo demografico della popolazione afroamericana e, per evitare sospetti, ingaggia dei neri da infiltrare nelle comunità afroamericane (che chiama “ministri”). In una lettera privata, scrisse: “Non vogliamo che circoli la voce che intendiamo sterminare la popolazione Negra, e il ministro è l’uomo giusto che può raddrizzare questa idea se mai dovesse passare per la mente dei loro membri più ribelli.”

Il successo del suo piano nascosto sotto la retorica dell’emancipazione femminile è che nel 1973 la comunità afro-americana registra una riduzione del 25% di nascite. Alveda, nipote di Martin Luther King, denuncia direttamente Planned Parenthood Federation.

Nel suo libro “Il Fulcro della Civiltà”, la Sanger raccomanda l’estirpazione dal pianeta delle “erbacce umane” e la sterilizzazione delle “razze geneticamente inferiori”. Vedeva il controllo delle nascite come uno dei metodi utili per “migliorare la razza” attraverso “l’eliminazione degli inadatti”, che chiamava anche “igiene razziale”.
Nel 1926 venne invitata come oratore in una manifestazione del Ku Klux Klan che si tenne nel New Jersey.

Fin dai primi anni della sua attività, la Sanger riceve l’appoggio economico della dinastia Rockefeller come attesta un documento del 1924 del Bureau of Social Hygiene (un ente da loro controllato) in cui le viene elargito un cospicuo finanziamento. Lo slogan “controllo delle nascite” diventa un altro nome per dire eugenetica a cui la Fondazione Rockefeller provvede con ingenti somme in continuità con i finanziamenti alla medicina nazista.

lettera margaret sanger

La “madrina” storica del controllo delle nascite è la paleontologa Marie Stopes (1880-1958), una che aveva persino scritto lettere entusiaste ad Adolf Hitler inviandogli nel 1939 una copia del suo libro “Love Songs for Young Lovers” e che lascerà tutti i suoi beni alla Società Eugenetica disredando il figlio, il filosofo Harry Stopes-Roe, nato nel 1924, colpevole di aver sposato una donna geneticamente inferiore in quanto affetta da gravi difetti quali la miopia con cui avrebbe contaminato la discendenza.

Presente al congresso inaugurale della “Società Eugenetica” nel 1912, Stopes ne diviene membro nel 1921 , anno in cui fonda la “Società per il controllo della nascita costruttiva e il progresso razziale” allo scopo di “promuovere il controllo delle nascite eugenetiche.”

ll 17 marzo del 1921 apre a Londra la prima clinica per la salute riproduttiva femminile (la “Mothers’ Clinic”) dove, gratuitamente, insegna alle donne sposate vari metodi per favorire il controllo delle nascite e regala loro il “cappuccio cervicale” che, tuttavia, sconsiglia a quelle che riteneva essere le rappresentanti migliori della “razza”. Si oppose però all’aborto, sostenendo che solo la prevenzione eugenetica fosse necessaria. Il modello londinese è poi stato replicato di anno in anno in tutto il Regno Unito: ne è nata una rete che ha continuato a funzionare anche dopo la sua morte, fino alla bancarotta del 1975.

Married Love: the 1918 book by Marie Stopes that helped launch the ...

Amica di Margaret Sanger fin dal 1915, le chiede di revisionare i propri scritti dedicati al controllo delle nascite che vengono pubblicati nel 1918 con il titolo “Married Love”, un manuale  in cui promuove il tema della contraccezione scatenando un ampio dibattito pubblico.

Nel 1976, nello stesso edificio londinese in cui Stopes aveva fondato la sua “Mothers’ Clinic”, viene istituita la Marie Stopes International, organizzazione non governativa che, oggi, con 600 centri in trentotto Paesi e uffici a Londra, Bruxelles, Melbourne e negli Stati Uniti, è uno dei maggiori fornitori mondiali di servizi per l’interruzione volontaria della gravidanza.

Nel 2015 il provider ha cambiato nome ribattezzandosi “Msi Reproductive Choices”, una scelta obbligata per prendere le distanze dallo scomodo passato eugenetico della pioniera della pianificazione familiare. “Marie Stopes non è stata la nostra fondatrice”, fa sapere l’organizzazione precisando che ha preso il suo nome solo perché ha avuto origine nello stesso edificio londinese in cui Stopes, anni addietro, aveva fondato la sua «Mothers’ Clinic» e che da lei ha ereditato solo la determinazione ad aiutare le donne “ad avere più controllo delle proprie vite”.

Con lo sviluppo delle politiche di birth control  riaffiora, quindi, nel secondo dopoguerra, un fenomeno la cui origine risale al pensiero antinatalista maturato negli ambienti fabiani negli anni di fine Ottocento. La forte caratterizzazione eugenetica del controllo delle nascite emerge con chiarezza, ad esempio, nel libro “Woman and New Race” del 1920 in cui la Sanger auspica l’avvento di una nuova, migliore razza americana: “Questo è l’inizio. Le donne si scuotono dalla loro schiavitù. Affermano il proprio diritto ad essere libere. Nella loro libertà, il loro pensiero va alla razza.”

Con tale affermazione l’autrice pone anche le basi della strana associazione tra l’emancipazione femminile e i programmi eugenetici, un’associazione non dichiarata che verrà riproposta in seguito per veicolare tali programmi.

Dopo la caduta di prestigio del movimento eugenetico dovuta al Nazismo, infatti, alla fine degli anni Sessanta arriva l’insperato colpo di fortuna: si diffonde in tutto l’Occidente il femminismo che offrirà la copertura ideologica universalmente rispettata e farà del “controllo delle nascite”, della contraccezione e dell’aborto una questione di libertà femminile.

“Se la riproduzione della specie venisse rimpiazzata dalla riproduzione artificiale la tirannia della famiglia biologica sarebbe finalmente spezzata”, scrive Shulamith Firestone, leader dell’ala femminista estremista,  della parità di genere e del pansessualismo. (4)

Lo scopo fondamentale dell’eugenetica è sempre stato quello di mettere sotto il controllo della scienza la riproduzione umana: “il miglioramento della specie umana attraverso l’utilizzo di fattori esterni all’evoluzione naturale e introdotti dall’uomo stesso”, come scrisse Galton.

Il movimento eugenetico non si è mai fermato: è un treno partito nell’Ottocento che non ha mai rallentato la sua corsa e che oggi è in forte accelerazione grazie alla “rivoluzione genetica”. Di tanto in tanto il treno fa qualche fermata per far salire alcuni gruppi sociali che strumentalizza accompagnandone le cause per qualche tappa senza che essi siano consapevoli di chi guida la locomotiva.

E se negli anni Settanta l’eugenetica sposava il femminismo più fanatico e radicale, oggi sposa il genderismo: i finanziatori sono sempre gli stessi, a partire dalla Fondazione Rockefeller, dalla Fondazione Ford, ecc.

Non a caso, Marie Stopes, in anticipo sui tempi, trattò il suo unico figlio come un esperimento sociale vestendolo come una ragazza e obbligandolo a portare la gonna fino all’età di 11 anni. Un esperimento simile a quello compiuto nel 1967 dal dottor John Money a Baltimora che segna la nascita ufficiale della teoria gender. (5) L’endocrinologo convinse i genitori a crescere il proprio bambino come una femmina sottoponendolo fin dall’età di 5 anni a terapie ormonali e interventi chirurgici, annunciando poi trionfalmente che era riuscito a creare un’identità femminile da un corpo biologico maschile. L’esperimento finirà in tragedia: nel 2002, all’età di 38 anni, Bruce si suicidò. Oggi il crimine è diventato norma.

Negli anni Settanta nascono anche i movimenti di liberazione sessuale: la sessualità viene separata dalla sua funzione storica riproduttiva e confinata sempre più nell’edonismo dove viene presa in carico e amministrata dal Politico. E se la manipolazione del femminismo allora richiedeva il diritto all’aborto, oggi la strumentalizzazione del genderismo pretende il diritto al figlio per tutti.

Ad esempio, proprio Planned Parenthood, alla fine degli anni ’60,  stila per l’Oms un memorandum strategico con l’obiettivo di ridurre la natalità in cui indica come incrementare percentualmente l’omosessualità, oltre a come ristrutturare la famiglia, posticipando o evitando il matrimonio. La politica dell’Onu a favore del birth control  come diritto umano internazionalmente riconosciuto ha origine, dunque, nelle ideologie eugeniste e neomalthusiane.

Il “mondo nuovo” si annuncia così, con l’intrusività onnipotente della tecnica che forgia la cultura e impone la sua falsa ideologia che poi diventa dottrina, progresso e conformismo di massa.

Continua

Di Sonia Milone per Comedonchisciotte

NOTE
Qui la I parte di “Eugenetica, l’Agenda 2050”
(1) Lasby, Clarence G. (1971). Progetto Paperclip: gli scienziati tedeschi e la Guerra Fredda. New York, NY
(2) R. Cascioli, A. Gaspari, Le bugie degli ambientalisti, Piemme 2004, pp. 30-31
(3) Il titolo è “The Private Life of the Gannets” e descrive la vita di una colonia di Sule
(4) Firestone, “La dialettica dei sessi. Autoritarismo maschile e società tardo capitalistica”, Guaraldi, 1971
(5) Vedi il mio “La storia del grande reset dell’uomo: dal transgender al transumanesimo”

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