DI NICOLAS BONNAL
reseauinternational.net
C’è urgente bisogno di una guerra per risalire nei sondaggi (leggetevi Ralph Raico). Quel pagliaccio di Trump sa a cosa aggrapparsi, con la benedizione dei fake site come Infowars.com!
Ripresa della quadrupla terza guerra mondiale, benedizione dei burocrati mondialisti, della sinistra societaria e degli umanisti neocon.
Detto questo, sarà difficile infliggere una batosta a tutto il mondo contemporaneamente. Siria, Russia, Iran, Corea, Cina, Venezuela… L’impero del bene non sa dove iniziare la festa!
Ora, la cosa buffa, come ha ricordato Fred Reed questa mattina su Unz.com, è che l’impero non fa più paura a nessuno. La Corea se ne frega di Donald, l’Iran fa spallucce, la Cina ricostruisce la sua via della seta. E allora perché questo circo?
Emmanuel Todd è uno di quelli che, già nel 2002, aveva previsto tutto. Lo cito senza aggiungere commenti:
Stiamo assistendo allo sviluppo di un militarismo teatrale che ha tre caratteristiche essenziali:
- Non risolvere mai definitivamente un problema, così da poter giustificare l’infinita azione militare dell’«unica superpotenza» mondiale.
- Prendere di mira le micropotenze — Irak, Iran, Corea del Nord, Cuba, etc. Il solo mezzo attraverso il quale restare politicamente sulla cresta dell’onda è di «affrontare» degli attori minori, gratificanti per la potenza americana, al fine di impedire, o quanto meno di ritardare la presa di coscienza delle potenze maggiori chiamate a dividere con gli Stati Uniti il controllo del pianeta: l’Europa, il Giappone e la Russia nel medio periodo, la Cina nel lungo periodo.
- Sviluppare nuove armi che dovrebbero mettere gli USA «molto più avanti», in una corsa agli armamenti che non deve aver fine.
Todd ama questa metafora teatrale e la impiega in tutto il suo libro. L’impero dei transformers ha creato questo circo planetario tra gli applausi dei vari Slate.fr, lemonde.fr e liberation.fr, di questa bella sinistra, dei diritti e della democrazia.
C’è una logica nascosta nei comportamenti apparentemente sconnessi della diplomazia americana. L’America reale è troppo debole per affrontare qualcosa di diverso da questi nani militari. Provocando tutti gli attori secondari, essa riafferma il proprio ruolo nel mondo. La sua dipendenza economica dal mondo implica, che in un modo o nell’altro, essa faccia sentire la propria presenza universale. L’insufficienza delle sue risorse reali conduce all’isterica teatralità dei conflitti secondari.
Il pompiere piromane si agita:
Un nuovo teatro si è recentemente aperto per l’attività del pompiere piromane statunitense: il conflitto tra India e Pakistan. Ampiamente responsabili della destabilizzazione in corso in Pakistan e della virulenza locale dell’islamismo, gli Stati Uniti si sono presentati niente meno che come mediatori indispensabili.
Dopo quindici anni tutti ne hanno abbastanza di questo circo statunitense, tranne i media controllati e letti dai robot e dai borghesi galleggianti.
Riguardo all’Afghanistan, Todd scrive:
La guerra in Afghanistan, conseguenza degli attentati dell’11 settembre, ha confermato la tesi. Ancora una volta i dirigenti americani si sono riversati in un conflitto che non avevano previsto, ma che era in linea con la strategia principale ribattezzata micro-militarismo teatrale: dimostare la necessità dell’America nel mondo schiacciando lentamente gli avversari insignificanti. Nel caso dell’Afghanistan, la dimostrazione è stata alquanto imperfetta.
Richiamiamoci a un celebre titolo dell’età d’oro hollywoodiana: non esiste show business come il business della guerra.
There no show business like war-business!
A proposito della NATO e dei movimenti nei paesi baltici, un colonnello francese, credo il colonnello Lion, ha parlato di operazioni di «comunicazione». Vedremo. Ma malgrado Libération e il NYT, credo che la Germania preferirà il gas russo al nucleare russo.
Emmanuel Todd evidenziava la totale assenza di paura dei nordcoreani o degli iraniani di fronte all’abbruttimento imperiale:
Buona parte dell’attività militare americana si concentra ormai sul mondo islamico, in nome della «lotta contro il terrorismo», ultima versione ufficale del «micro-militarismo teatrale». Tre fattori permettono di spiegare la fissazione dell’America per questa religione che è di fatto una regione. E ognuno di questi fattori rimanda a una mancanza — ideologica, economica, militare — dell’America imperiale.
Emmanuel Todd osserva anche il delirio transessuale e femminista dell’impero:
Dopo l’11 settembre questo conflitto culturale ha assunto caratteri ridicoli da commediola globalista. Da un lato, l’America, paese di femmine castratrici, nel quale un ex presidente ha dovuto sfilare davanti a una commissione per provare di non essere andato a letto con una stagista; dall’altro, Bin Laden. Un terrorista poligamo con innumerevoli fratellastri e sorellastre. Noi stiamo vivendo nella caricatura di un mondo che è scomparso. Il mondo islamico non ha alcun bisogno dei consigli dell’America per evolvere i propri costumi.
Saltiamo qualche riferimento e concludiamo:
L’incubo che si nasconde dietro il sogno di Brzezinski è in corso di realizzazione: l’Eurasia sta cercando il proprio equilibrio senza gli Stati Uniti.
È la fine di McKinder e del sogno imperiale anglo-sassone di controllare l’isola-mondo a colpi di bastone.
Termino con Plauto, che nel suo Miles Gloriosus tratteggiava l’immagine del militare fanfarone:
Badate, voi: il mio scudo deve sfolgorare più che i raggi del sole nel cielo più terso. Così che, se si presenta l’occasione, nel fuoco della battaglia, bruci gli occhi dei nemici. Io voglio consolarla, questa mia spada, che non si lamenti, poverina, e non si perda d’animo, poveraccia, poi che da troppo tempo la tengo in ozio mentre lei spasima dalla voglia di far polpette dei nemici.
Fonte: http://reseauinternational.net
Link: http://reseauinternational.net/emmanuel-todd-et-le-micro-theatre-militaire-americain/
12.08.2017
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di VOLLMOND
Nota: tutte le citazioni di Emmanuel Todd sono dal saggio Après l’empire, Gallimard, 2002. Trad. it. di Gaia Amaducci Dopo l’impero, Milano, Tropea (Le Querce), 2003