Di Megas Alexandros (alias Fabio Bonciani), ComeDonChisciotte.org
Il nostro premier Mario Draghi si è presentato al parlamento europeo di Strasburgo nelle vesti del leader autorevole di questa Europa ed autodefinendosi pacifista, ha prospettato al mondo ma soprattutto a Putin la priorità di un “cessate il fuoco”, attraverso le seguenti parole:
«La piena integrazione dei Paesi che manifestano aspirazioni europee non rappresenta una minaccia per la tenuta del progetto europeo. È parte della sua realizzazione. L’Italia sostiene l’apertura immediata dei negoziati di adesione con l’Albania e con la Macedonia del Nord, in linea con la decisione assunta dal Consiglio Europeo nel marzo 2020. Vogliamo dare nuovo slancio ai negoziati con Serbia e Montenegro, e assicurare la massima attenzione alle legittime aspettative di Bosnia Erzegovina e Kosovo. Siamo favorevoli all’ingresso di tutti questi Paesi e vogliamo l’Ucraina nell’UE». [1]
Praticamente se, invece di pronunciare queste parole, avesse ordinato ai nostri militari di lanciare missili su Mosca, le probabilità di essere considerato meno guerrafondaio ed ostile dal Cremlino, sarebbero state molto maggiori.
Se a questo aggiungiamo le dure parole, con le quali il nostro premier, ha stigmatizzato l’intervista andata in onda su Rete 4 al ministro russo Lavrov, sinceramente resta difficile comprendere cosa realmente stia passando nella sua testa in tema di posizionamento strategico per il nostro paese rispetto ai rapporti con il Cremlino. Rapporti già nettamente compromessi, alla luce della ferma condanna italiana della guerra lanciata dalla Russia all’Ucraina, che ha di fatto messo fine all’amicizia di lungo corso tra Mosca e Roma”.
Di tale repentino e pericoloso cambiamento se ne è reso conto perfino il Financial Times, secondo il quale ”il nuovo e duro approccio dell’Italia del premier Mario Draghi rispetto alla Russia segna uno dei più grandi cambiamenti di politica estera in Europa da anni”. [2]
Ma andiamo oltre e parliamo dell’argomento dell’articolo, anche se certamente con queste parole e questo atteggiamento Super Mario non contribuisce a rendere tranquillo il popolo italiano.
Quello che però ha sorpreso (non il sottoscritto), nell’intervento di Draghi a Strasburgo è l’aver toccato un argomento apparentemente di stretta rilevanza nazionale, ovvero la quotidiana ed altalenante questione del Superbonus-110. [3]
Dicevo appunto, che per chi scrive, tutta questa avversione di Draghi verso il provvedimento del bonus 110%, non è affatto una sorpresa. Già in tempo lontani e non sospetti, ho più volte scritto ed evidenziato le reali ragioni di tale avversione.
Chi invece sono rimasti ancora una volta sorpresi ed apparentemente delusi, sono tutti gli esponenti del M5S che lo hanno introdotto e tutti coloro che si fanno promotori di proposte e disegni di legge che prevedono l’utilizzo dello strumento dei tax-credit (crediti fiscali), per bypassare i famosi parametri europei, che di fatto bloccano lo sviluppo economico del nostro paese.
Ve lo dirò ancora una volta e molto più chiaramente:
L’intento di Draghi non è quello di bloccare il provvedimento del bonus 110 – ma quello di bloccare l’uso dello strumento dei tax-credit
E, non a caso, ha voluto dichiarare questa sua intenzione a tutti i partner europei a Strasburgo. Ha voluto rassicurarli che l’Italia ed il suo governo continueranno a seguire follemente quelle regole e quei parametri che ci hanno portato all’attuale disastro economico.
Non voglio essere ripetitivo e nemmeno contrariare i “Galileo Galilei” dei crediti fiscali, ma la moneta fiat, ricordo ancora, è per definizione un credito fiscale e quindi i crediti fiscali (tax-credit) sono soldi veri – e questo Super Mario lo sa molto bene.
I tax-credit, ovvero i soldi, sono l’elemento essenziale che serve per far riprendere occupazione e consumi e far tornare il nostro paese ad un livello di benessere diffuso e purtroppo a noi negato da diverse decadi, per mano delle politiche di austerity fedelmente applicate da tutti i nostri governi.
Quindi, giorno dopo giorno, siamo qui ancora a chiederci per quale motivo Draghi ed il suo fedele ministro Franco, le provino tutte per boicottare il bonus 110!
Se vi ricordate, Draghi e Franco, già pochi mesi fa, con la scusa ridicola delle truffe, ci avevano già provato a farlo fuori Ve ne avevo già parlato in articolo sul tema (IL DIBATTITO INQUINATO SUI CREDITI FISCALI CHE CAUSEREBBERO FRODI FAVORISCE L’AUSTERITÀ DI DRAGHI).
Oggi, dopo averci studiato un po’, sono tornati alla carica con argomentazioni, a prima vista per i meno esperti, più credibili
Il nostro governo è nato come governo ecologico, fa del clima e della transizione digitale i suoi pilastri più importanti. Ma non siamo d’accordo su tutto, sul Superbonus 110% non lo siamo, perché il costo di efficientamento è più che triplicato e il prezzo degli investimenti per attuare le ristrutturazioni sono triplicati, perché toglie la trattativa sul prezzo
ha tuonato Draghi dallo scranno del Parlamento Europeo. [3 ibidem]
Se da una parte non vi è dubbio che le imprese edili esecutrici dei lavori non si siano fatte scrupoli ad applicare i prezzi massimi dei listini, forti dell’indifferenza di chi ha ordinato i lavori (tanto non si paga di tasca), dall’altra parte è inaccettabile che un paese definitosi democratico e sovrano, debba ricorrere a tali misure perché per lunghi anni i suoi governi hanno fatto mancare deliberatamente le risorse necessarie ad una reale e diffusa ripresa della nostra economia.
Se il nostro fosse un governo serio e rispettoso del benessere della nazione – visto che oggi, di fatto, la BCE garantisce il nostro debito pubblico, non avrebbe assolutamente bisogno dello strumento dei tax-credit per spendere – lo potrebbe fare tranquillamente a deficit.
Come del resto ha fatto negli anni della pandemia; quando dopo aver messo in soffitta il “mantra” dei parametri di Maastricht, abbiamo potuto toccare con mano che con un deficit del 11%, niente di catastrofico è accaduto sui mercati e nessun downgrade da parte delle Agenzie di rating si è abbattuto sui nostri bond.
Un po’ di luce in fatto di comprensione sui reali intenti di Draghi rispetto al super bonus, è arrivato finalmente da alcuni senatori del M5S, (evidentemente già spinti da Conte in campagna elettorale), in un comunicato hanno dichiarato all’indirizzo di Draghi:
é stata gettata una volta per tutte la maschera: forse alla base dei continui paletti normativi e della ossessiva smania dell’esecutivo di voler limitare la circolazione dei crediti fiscali, c’è proprio questa insofferenza del presidente del Consiglio nei confronti del provvedimento
[3 ibidem]
Finalmente qualcuno ci arriva, il nodo cruciale è la limitazione nella circolazione. E certo, se impedisci ai soldi di circolare, ne anestetizzi la loro utilità e l’effetto moltiplicatore della spesa che il governo ha fatto con quei soldi.
Insomma, Draghi e chi l’ha preceduto, in piena linea su come dovrà essere il nuovo ordine economico mondiale, eseguono alla perfezione quello che è uno dei principali dettami di Davos: togliere la moneta dalla disponibilità del popolo. E certamente il veto sui crediti fiscali va in questa direzione.
Purtroppo, mio malgrado, devo constatare che sono ancora molti, sia fra gli amici, sia fra chi opera nell’informazione indipendente, coloro che ancora non riescono o non vogliono cogliere questo aspetto fondamentale, continuando a dare fiducia al nostro premier.
Mi fa veramente preoccupare chi ancora crede, in maniera del tutto ingenua, che l’obiettivo da impallinare da parte di Draghi, sia il Superbonus e non lo strumento tax-credit; autoconvincendosi dietro frasi del tipo “non l’ha mai detto”, oppure facendo finta di credere che Draghi stesso sia promotore dello strumento dei crediti fiscali, stante il fatto che il suo governo li sta utilizzando per ridurre il peso del caro energetico per le aziende. [4]
Sarò sintetico: se ad una azienda, raddoppi il suo costo per approvvigionarsi dell’energia e poi glielo riduci del 20% concedendo un credito fiscale, non è impossibile da comprendere che questa azienda avrà sempre un aumento dell’80%. Come non è difficile da capire che questo aumento sarà per lei una perdita secca che andrà a minare, forse anche in modo definitivo, la sua redditività e quindi la prospettiva di una eventuale chiusura dell’attività.
Quindi, cari amici conferenzieri, cari lettori, come ho sempre sostenuto con forza fin dall’inizio (a maggior ragione quando sono stato interpellato dagli addetti ai lavori), è inutile magnificare e promuovere lo strumento dei crediti fiscali, se parallelamente non si identificano le prospettive a livello macroeconomico, ovvero quantità e qualità della spesa pubblica che intendiamo mettere in atto a livello di politica fiscale.
Se non abbiamo chiaro questo, si ottiene solo l’effetto di portare acqua al Mulino di Draghi e di quelli come lui che hanno come unico intento quello di far bere lo schiavo un poco alla volta, tanto per non farlo morire troppo alla svelta, altrimenti poi chi è che lavora per loro?
Ed è sempre con lo stesso spirito di tenere in vita lo schiavo, che ieri nella conferenza stampa riservata al Consiglio dei ministri, Draghi ha avuto il sadico piacere di comunicare agli italiani afflitti dal caro bollette e da un carrello della spesa sempre più pesante, che saranno elemosinati della mastodontica cifra di 200 euro una tantum. [5]
Di Megas Alexandros (alias Fabio Bonciani), ComeDonChisciotte.org
NOTE
[3] Draghi liquida il Superbonus 110%: “Non sono d’accordo, ha triplicato i costi” (mediaset.it)
[4] Gas, crediti d’imposta dal 20% al 25% – MilanoFinanza.it
[5] Decreto aiuti, la conferenza stampa con Mario Draghi: la diretta – Il Fatto Quotidiano