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Alain scrisse un saggio dal titolo “L’odore del refettorio”, che è la chiave con cui riesco ad aprire tutte le mie serrature …
Ho passato quattro anni in convitto in un orfanotrofio di preti salesiani, qualcuno era pedofilo. Il fatto di non essere stato una loro vittima non significa che – durante tutti quegli anni – non abbia temuto di essere, diciamo così, un temperamento libertario – che non abbia vissuto, nel bel mezzo della campagna, una vita in prigione a cielo aperto. Tra i dieci e i quattordici anni ho vissuto solo con ragazzi o uomini adulti, con la rara eccezione delle donne laiche che arrivavano la mattina e se ne andavano la sera, senza scoprire mai che noi vivevamo in un inferno. La mia vita quotidiana era fatta di uomini che avevano fatto promessa di povertà, castità e obbedienza. Per necessità, erano poveri; per mancanza di opportunità alcuni erano casti, ma non tutti: se lo erano era solo per l’impossibilità di trovare qualche opportunità di disobbedire, quindi obbedivano.
Durante tutti questi anni ho imparato a sentire il mondo a seconda degli odori: il fetore di un curato che vendeva caramelle con una mano, mentre con l’altra mano si metteva calzini dove nascondeva le sue dita con le unghie nere, il buon padre Magueure; i cattivi odori di un altro che non aveva conosciuto mai il sapone; l’effluvio dolce di un terzo che si profumava con quello che si poteva dire un profumo da adolescente; l’alito cattivo di un quarto che insegnava i lavori manuali e coglieva ogni occasione per strofinarsi sul corpo dei ragazzini a cui doveva insegnare come maneggiare la sega o gli scalpelli; il profumo di un uomo ignorante, del padre-infermiere, che chiedeva di abbassare i pantaloni a chiunque gli diceva di aver un mal di testa o che si era tagliato un dito, il buon padre Robineau. Non conosco altro che questo odore forte degli uomini.
Poi c’era l’odore dei ragazzini, l’odore dei ragazzini che eravamo. Centoventi in un dormitorio, centoventi in un refettorio, centoventi insieme in classe, come pure sotto la doccia dove aspettavamo tutti in mutande , asciugamano e sapone in mano, tutti in fila indiana per cinque minuti di abluzioni che finivano con uno scroscio d’acqua bollente che usciva dai tubi della doccia, quando il prete che li apriva e chiudeva voleva che ci sbrigassimo – il buon padre Brillon. Una doccia a settimana e sport “all’aria aperta” tutti i giorni, una combinazione per cui restavamo sempre coperti di fango, lo sport del co’, come lo chiamavamo, che ci lasciava addosso uno strato di sudore che si incrostava mentre aspettavamo la prossima irrorazione, so che cosa sente un uomo: quando non si lava i piedi, quando sente il sesso sporco, quando non si cambia i calzini, quando ha le stesse mutande addosso per tre mesi, quando scoreggia sotto le lenzuola, ma non solo, quando sente la puzza delle fogne.
Non ho mai creduto nella virilità degli sport collettivi. Io ero abbastanza bravo nello sport, ma non mi piaceva. Facevo parte del gruppo di quelli bravi, ma sprecavo il mio potenziale perché non volevo correre dietro ai record, io preferivo leggere. E allora ero un frocio, come mi faceva capire un salesiano, uno che aveva professava il suo amore per il prossimo: il buon padre Moal.
In quattro anni, se posso dirlo, ho capito che vuol dire essere uomini …
Per questo, nella vita, ho sempre fatto fatica con il testosterone e adesso posso parlarne con cognizione di causa perché ho appena festeggiato i sessant’anni e posso dire che ho guadagnato in qualità quello che ha perso in quantità. Il testosterone fa effetto, se posso permettermi una certa approssimazione … È l’ormone delle grandi scimmie che si battono il petto con i pugni, dei leoni che ruggiscono mostrando i denti, dei cani che pisciano per segnare il territorio, delle civette che bilanciano la loro crisi identità con una faccia felice, dei galli che gonfiano il petto e poi scoreggiano, dei rospi che vorrebbero essere grossi come un bue, grossi come vorrebbe essere anche il presidente della Repubblica quando dice: “Non cambierò rotta”.
E’ come quando un’idea ne tira un’altra e come fanno i tifosi di tutto, compresi i miei, quelli dei calciatori, dei cacciatori e dei tatuati, e poi i tifosi dei peccatori, che si mettono insieme a quelli del “non uccidere”, quelli a cui piacerebbe poter ammazzare, ma che si trattengono, e non sono certo meglio degli altri perché vivono di una passione triste. Gli sportivi che arrivano a dare in escandescenze, i bevitori di birra che scommettono sui cavalli e sproloquiano sbronzi, quelli che mangiano carne rossa che se se ne vantano, i sindacalisti e i manifestanti che vanno alle manifestazioni, perché ci vanno i capi, e poi li seguono nei collegi elettorali o in televisione, anche se sono solo cosette da poco. Quelli che fanno come quei gatti grossi che vanno a pisciare nel giardino di qualche vecchio – insomma l’avrete capito, tutta questa dissolutezza al testosterone mi fa schifo.
Quando nel secolo scorso ne avevo da vendere, quando era meno sofisticato e meno nobile, quando potevo rispondere, facendo schizzare anche il mio – quelli non sono stati i momenti dei miei maggiori meriti. Meglio una saggia ironia che una rabbia a caldo, meglio un freddo umorismo che un’ira riscaldata. Oggi questi piccoli coglioncelli mi fanno ridere. Anche quelli grandi. Anche quelli secchi e quelli lunghi. Diciamo che oggi rido spesso, se non sempre.
Ho fatto un master e ho presentato la mia tesi con una donna – grazie, Madame Goyard, che è stata una professoressa meravigliosa. Per anni sono stato professore di filosofia in un liceo tecnico che era diretto da due donne, la prima fu quella che mi assunse in una scuola privata per i miei pensieri sulla religione, mi fece la domanda direttamente, io risposi con franchezza, allora non avevo ancora pubblicato niente e lei mi chiese solo di non prendere la mia classe per una passerella dove esporre le mie idee – grazie Madame Bovar. Penso di averlo fatto. In questi venti anni, non ho mai pensato per un solo secondo di avere come capo una donna. Non mi è nemmeno passato per la mente. E se volessi proprio cercare qualcosa che non mi è piaciuta, e molte volte è successo con la seconda, non ho mai creduto i suoi limiti fossero dovuti al sesso – cioè al suo genere.
Sono stato e sono femminista e spero di rimanere così per il resto della mia vita. Ma c’è un femminismo che nuota nel testosterone e che, per questo motivo, non mi piace per lo stesso motivo che non mi piacciono le cene dei cacciatori o dei centrocampisti del rugby. È un femminismo che prende in prestito il sistema dei cacciatori e dai mangiatori di carne cruda, un femminismo che fa sentire il sudore e l’odore dei miei salesiani: non mi piace. Rovesciare i valori non crea nuovi valori: un guanto rovesciato resta esattamente lo stesso guanto. Comportarsi come un uomo, o camuffarsi da uomo, o prendere un uomo per denunciare il comportamento di tutti gli uomini non è molto efficace, né intelligente e nemmeno pertinente. Quello che mi piace nelle donne è, a dire il vero, una verità lapalissiana, cioè che a loro manca il testosterone. Quando vogliono iniettarselo, le amo meno delle mie tre o quattro coppie di amici gay e di tutti gli omosessuali che non conosco e che non hanno testosterone.
Alla luce di queste considerazioni, delle quali mi scuso per la lunghezza della digressione, mi è venuto in mente che anche tra i gilet-gialli esiste una frattura e che questa frattura passa per il testosterone.
Abbiamo visto come qualche ragazzotto molto in vista sui media aveva fatto bella mostra dell’ormone dei tori e dei pitt-bull, delle piattole e dei topi che scopano come capita. Eric Drouet, non a caso venerato anche lui da Mélenchon, pieno del suo sangue da stallone, ha appena detto che il suo tasso ormonale sta diminuendo e che questo lo costringe a fare un passo indietro rispetto al movimento dei gilet gialli. Infatti questo camionista ha rinfacciato tante volte che non gli piaceva andare in giro come leader dei gilet-gialli, insieme a delle donne che poi prendevano visibilità sui media. Ha anche parlato del fatto che la lotta è simile a quelle delle banlieus, dove le donne spesso hanno solo la scelta tra essere mogli e madri devote oppure puttane da prendere a calci. Maxime Nicolle, soprannominato “Fly Rider”, beffardo e con il cappuccio sulle spalle, sposato con la sua macchina fotografica e con il suo computer, quello che minaccia di lasciare la Francia e di chiedere asilo politico altrove – non si sa dove (in Giappone ?) – se Macron non darà ascolto ai gilet-gialli, ma che se ne resta al caldo della sua Bretagna, mentre sembra che Macron continui a non ascoltare i gilet-gialli. Christophe Chalençon che chiede “un uomo forte” a Matignon, che ha citato il generale de Villiers e che è anche un brillante toreador, ha detto alla televisione italiana: “Il popolo potrebbe entrare all’ Eliseo e smonate tutto. Macron, sua moglie e tutta la sua cricca (…) Abbiamo gli uomini, abbiamo dei paramilitari che possono intervenire (…) Siamo sull’orlo della guerra civile “. Questo fabbro di Vaucluse, prima di uno degli atti dei gilet-gialli ha detto: “Sabato tireremo fuori i forconi e la Quinta Repubblica sarà rasa al suolo”. Non abbiamo visto i forconi e la Quinta Repubblica è ancora al suo posto.
Di fronte a questi stalloni che sanno di sperma o che puzzano di stalla, ci sono donne …
Le Donne!
A tutti i signori, tutti gli onori: Per cominciare prendiamo Priscillia Ludovski che, il 29 maggio 2018, mise online una petizione sulla necessità di “ridurre le tasse sui beni essenziali, fare un referendum proposto dai cittadini, per abbassare pensioni e salari dei burocrati e dei politici-eletti “. Convocò una manifestazione il 17 novembre 2018, io firmai la sua petizione come più di un milione di persone. Lo stesso Eric Drouet, che ha rovinato la vita a Jacline Mouraud, si è messo di traverso nell’esistenza di Priscillia Ludovski più o meno allo stesso modo … Il 20 gennaio 2019 ha organizzato una marcia delle donne: per me quello è il nucleo dei gilet-gialli. Priscillia Ludovski è lì. Lontana dal femminismo mondano e da quello di Saint Germaine, lungi dalle insulsaggini neo-femministe delle pretese di femminilizzare le parole o di di scrivere in modo inclusivo, che non vuole usare più parole come “onore” e “patrimonio” preferendo dire “femmage” e ” matrimonio”. Queste povere donne che fanno lavori precari, sottopagate rispetto agli uomini, spesso disoccupate, malpagate, picchiate, disprezzate dai loro ex che non pagano nemmeno gli alimenti, che vengono molestate sessualmente. Queste donne, si sono fatte sentire senza pensare di essere costrette a gridare il loro odio per gli uomini, senza dichiarare disprezzo di genere, senza animosità verso il sesso, con il solo desiderio di una vera eguaglianza tra i sessi. Eric Drouet ha molestato Priscillia Ludowski.
Poi Jacline Mouraud che, con la sua brutta faccia vista da oltre sei milioni di internauti nell’ottobre 2018, ha squarciato il velo sulle miserie della gente piccola e modesta. La stampa ne ha fatto una caricatura, ma ne ha descritto il carattere: lei che suona la fisarmonica, lei, una ipnoterapeuta, una proselite dell’occulto già basta questo per farne una caricaturae – se non fosse bastato questo per farle la festa, la stampa di Maastricht avrebbe detto che suona lo stesso strumento che suonanva Astor Piazzolla, che pratica l’ipnosi come Charcot alla Salpêtrière o come Freud a Vienna all’inizio del XX secolo, oppure ci sarebbe stata Elisabeth Roudinesco a opinare su di lei, su Libé(ration) o su France-Inter, avrebbe potuto dire anche che ha una predilezione per il paranormale, come Victor Hugo in Guernsey, oppure che crede alle forze della mente come François Mitterrand … … Moderata, modesta, pratica e pragmatica, si èfatta male da sola. Anche Drouet ha contribuito alla sua agonia, ha dato a tutti il numero del cellulare, l’indirizzo e il nome dei suoi figli, in modo che tutti potessero cominciare a molestarli – cosa che è punibile dalla legge …
Poi è arrivata Ingrid Levavasseur. Giovane, bella rossa, che parla un linguaggio semplice e chiaro davanti ai media, fa il giro delle TV e mette in ombra i gilet-gialli. Lei è ambita dai canali televisivi: BFMTV le offre una rubrica regolare. Allo stesso tempo, viene avvicinata delicatamente da Tapie che gioca la sua carta, è il suo modo di lanciare segnali ai politici: quest’uomo non è più niente, ma ha ancora molto potere – Macron lo sa perché conosce il potere di dare fastidio che resta a chi non ha più niente da perdere. Una lista di Tapisti alle europee prenderebbe solo uno, due o tre punti, ma basterebbero rubare voti e per farne cadere un’altra, quella dei Macroniani, e per far arrivare primi quelli del Rassemblement national.
Seguite il filo del ragionamento … Tapie compra perché sa che tutti, in questo mondo, comprano tutti. Stuprata intellettualmente, Ingrid Levavasseur cade nella trappola di quest’uomo “sévèrement burné” con si dice di questo beniamino di Mitterrand e della sinistra … Lei dice candidamente in televisione che ha ricevuto solo … “un supporto morale “! Effetto disastroso. Annuncia una lista per le europee, allora tiene! Le ha prestato solo dei locali … beh … Nelle interviste con i media, inciampa non sapendo come rispondere a domande elementari: la sua lista sarà sovranista o no? Lei non lo sa. Quali saranno i suoi punti di forza? Lei non lo sa. Chiederà di lasciare la zona euro? Lei non lo sa, vedrà, vedrà, se ne parlerà. I gilet-gialli più radicali la bloccano per strada: sono immagini terribili. Viene insultata, chiamata “puttana”, “venduta”, la sua sicurezza fisica è in gioco, potrebbe essere aggredita, si sente il sapore del sangue sulla strada. Lei mantiene una gran calma senza ignorare che le belve potrebbero azzannarla. I social network le si scatenano contro. La sua vita diventa un inferno. Alla fine, questa giovane donna voleva solo comprare qualche giocattolo ai suoi bambini, per Natale. Chiaro che ha peccato di ingenuità. Ma chi altri al suo posto non sarebbe inciampato? Diciamo che era una vittima designata. Ancora una volta, Eric Drouet, il nuovo amico di Melenchon, non è molto lontano e batte un colpo.
Il 3 dicembre 2018, è morta una donna a Marsiglia dopo le era stato sparato un proiettile in faccia, mentre chiudeva le persiane, nel bel mezzo del giorno, per proteggersi dai gas lacrimogeni, vicino alla Cannebière. Ferita il sabato, l’ottuagenaria è morta il giorno dopo nella sala operatoria dell’ospedale di la Timone. Abbiamo trovato dei frammenti di granata nell’appartamento della vecchia signora che viveva al quarto piano, e questo serve a spiegare la violenza delle azioni di polizia e la direzione verso cui sono stati sparati quei colpi. All’arrivo dei pompieri, aveva detto che la polizia l’aveva deliberatamente presa di mira. La morte della signora Zineb Redouane non ha impedito a Emmanuel Macron di rallegrarsi per il fatto che la polizia non abbia mai provocato la morte di una sola persona. Questa signora di origine algerina e nessuno, quindi sarebbero la stessa cosa?
Ai primi di gennaio del 2019, c’è stata anche una giovane cantante di nome Marguerite – il cui vero nome è Marguerite Chauvin, che sulla musica di “Les gentils, les méchants” di Michel Fugain, ha fatto una parodia e ha pasticciato le parole e poi ha pubblicato il tutto su Facebook e, non senza umorismo, l’ha dedicato a BHL e a Cohn-Bendit. Ecco le parole:
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Chi è che prende i taxi?
I gentili
E chi paga la benzina?
I poveracci
Chi blatera in televisione?
I gentili
Chi grida la sua collera agli Champs?
I poveracci
Chi è che fa l’economia?
I gentili
E chi è che è a corto di soldi?
I poveracci
Chi sono l’ENA, i Rothschild, i Bercy
I gentili
Chi sono i piccoli commercianti
I poveracci
È come uno spettacolo permanente del guignol!
Lunga vita alle banche e lunga vita al parlamento
Stanno scherzando tutti
E non ci crede più nessuno
Ecco qui …
Per chi provi antipatia?
Per i gentili
Chi fa il 70%?
I poveracci
Chi lancia le bombe di gas lacry?
I gentili
E chi sta dall’altra parte?
I poveracci
I Sessantottardi sono contenti
I gentili
Adesso, hanno paura delle sassate
I poveracci
Vogliono l’Europa a tutti i costi
I gentili
Vogliono nutrire i loro bambini
I poveracci
I gentili poveracci …
Su L’Observateur, un giornale che una volta era di sinistra, un articolo di Marie Vaton dal titolo “Dietro la clip innocua di ‘Les gentils, les méchants’ in versione gilet gialli incombe l’ombra di Manif per tutti” (9 .I.2019) – un fascista, forse anche un nazista, che sa ….
Certo Comparaison n’est pas raison, ma io pubblicai un libro sulle donne della Rivoluzione francese dal titolo ironico “La forza del sesso debole” in cui ho messo questo periodo in prospettiva con le donne e con quello che hanno fatto le donne. Manon Roland, Charlotte Corday, Olympe de Gouges, Theroigne Méricourt, Germaine de Stael chiariscono, per così dire, quello che gli attori maschi della rivoluzione francese hanno generato con un cervello immerso nel testosterone: pensiamo ai ritratti che vediamo nelle gallerie dove vediamo i giacobini e i montagnards, dove vediamo la concussione di Mirabeau, il corrotto Danton, il congiuratore Hebert, il nemico del popolo Marat, il perfido Fouché, il genocida Robespierre, il terrorista Saint-Just, e mettiamoli in parallelo con l’amore per la libertà di Manon Roland, con le virtù tirannicide di Charlotte Corday, con la la Carta dei diritti delle donne di Olympe de Gouges, con le legioni delle amazzoni di Theroigne Méricourt e con la ragione pragmatica di Germaine de Stael. Queste donne sono state la grandezza e la bellezza girondina della rivoluzione francese.
Oggi le donne potrebbero essere la bellezza e la grandezza dei gilet-gialli. Penso a ‘Lisistrata’ di Aristofane, dove le donne ateniesi, stanche delle devastazioni della guerra tra Atene e Sparta, annunciano agli uomini il loro sciopero del sesso che durerà fino a quando loro non la smetteranno di combattere. Io non voglio necessariamente invitare a fare uno sciopero del sesso, la cosa era solo un pretesto comico e stringente come la retorica di Aristofane, ma le donne sono quelle che riparano sempre alle stupidità degli uomini, a quelle stupidità che sono un lascito del testosterone che si fa legge, tutta la legge.
Questo virilismo ha fatto molto male ai gilet-gialli e spiega come questo movimento sia stato recuperato dai politicanti di destra e di sinistra, come abbia potuto essere sfruttato da parte dei black-block, compagni di viaggio e obiettivamente alleati di Macron e del macronisme, la manipolazione che ne ha fatto il potere, che ha creato, con le violenze di strada di pochi (perché, se non fosse così, nessuno avrebbe lasciato distruggere così a lungo gli Champs Elysées, sotto l’occhio delle telecamere) una repressione che è scattata contro tutti. Mi piacciono meno le minacce del camionista o i sogni militarizzati del fabbro, i cocktail Molotov e i black block, addestrati che bruciano l’immondizia e che si rifanno al filosofo radicale Agamben. Amo meno lo stato della nostra società di Maastricht che per imporsi si serve di una povera madre single che vuole solo far crescere i suoi figli e della proposta di una piattaforma politica abbozzata da una neo laureata che non trova lavoro – io l’ho conosciuta a Caen.
Aspetto che si giri pagina in questa avventura dei gilet-gialli, per continuare a sostenere questa lotta con animo e cuore leggero: c’è bisogno di girare questa pagina, pregna di fuoco e di insulti, di provocazioni e di #morte, di degrado e di grida, di oscene escalation anonime sui social network, di passioni tristi e di caccia all’uomo come può succedere con una coppia gay, con un filosofo ebreo, con una donna di colore, ma come succede anche con la polizia quando scherza mentre conta i morti. E’ tutto così ripugnante e puzza di testosterone: è quella roba che sa di ghigliottina.
Vorrei che le donne scrivessero un’altra pagina e che questa pagina calmasse i maschi e il loro ardore bellicoso, le loro provocazioni da bulletti e le loro grandi fauci vociferanti. Vorrei una pagina scritta sul principio delle Femen che sono impertinenti e sfacciate, felici, allegre, strambe e divertenti, traboccanti di pulsione per la vita, quella che gli uomini ignorano per quanto sono presi – troppo spesso – dalla pulsione per la morte. Sogno quella donna dal seno nudo che brandisce la bandiera tricolore del magnifico dipinto di Delacroix: “La libertà che guida il popolo”. Sembra emanare un “Odore di femmina” per dirla con le parole del librettista di Mozart …
Michel Onfray
Fonte: https://michelonfray.com
Link: https://michelonfray.com/interventions-hebdomadaires/femmes-je-vous-aime?mode=video
settimana del 29 apr. 2019
Il testo di questo articolo è liberamente utilizzabile a scopi non commerciali, citando la fonte comedonchisciotte.org e l’autore della traduzione Bosque Primario