“Dobbiamo convivere con l’incertezza”

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di Francis Lecompte

Le Journal.cnrs.fr

 Il filosofo Edgar Morin. “Non sto dicendo di aver previsto questa epidemia ma, da diversi anni, dico che con il degrado della nostra biosfera, dobbiamo prepararci alle catastrofi. “

Confinato nella sua casa di Montpellier, il filosofo Edgar Morin rimane fedele alla sua visione globale della società. La crisi epidemica, dice, deve insegnarci a capire meglio la scienza e a (con)vivere con l’incertezza. E riscoprire una forma di umanità.

La pandemia di coronavirus ha brutalmente riportato la scienza al centro della società. La nostra società ne uscirà trasformata?

Edgar Morin: Quello che mi colpisce è che gran parte delle persone vede la scienza come un ventaglio di verità assolute, di affermazioni inconfutabili. E tutti si sono sentiti rassicurati nel vedere che il presidente si è circondato da un consiglio scientifico. Ma che cosa è successo? Ci si è subito resi conto che questi scienziati difendevano punti di vista molto diversi e talvolta contraddittori tra di loro, sia sulle misure da adottare, sia sui possibili nuovi rimedi per rispondere all’emergenza sulla validità di questo o di quel farmaco, sulla durata delle sperimentazioni cliniche da mettere in campo … Tutte queste controversie hanno introdotto dei dubbi nella mente dei cittadini.

Vuol dire che le persone potrebbero perdere fiducia nella scienza?

E.M .: No, se comprenderanno che le scienze vivono e si sviluppano per mezzo delle polemiche. I dibattiti sulla clorochina, per esempio, hanno permesso di sollevare la questione sulla alternativa: urgenza o prudenza? Il mondo scientifico aveva già conosciuto delle forti controversie quando negli anni Ottanta, comparve l’AIDS. Ora quello che ci hanno mostrato i filosofi delle scienze, è precisamente che le polemiche sono parte integrante della ricerca. Ne hanno perfino bisogno per andare avanti.

Sfortunatamente, pochissimi scienziati hanno letto Karl Popper, che ha stabilito che una teoria scientifica è solo tale se è confutabile, Gaston Bachelard, che ha posto il problema della complessità della conoscenza, o Thomas Kuhn, che ha dimostrato come la storia della scienza sia un processo discontinuo. Troppi scienziati ignorano il contributo di questi grandi epistemologi e lavorano ancora con una prospettiva dogmatica.

Crede che la crisi che stiamo vivendo servirà a modificare questa visione della scienza? 

EM: Non posso prevederlo, ma spero che servirà a rivelare quanto la scienza sia una cosa molto più complessa di quanto si vorrebbe credere – che ci si metta dalla parte di chi la vede come un catalogo di dogmi, o di chi non  vede gli scienziati solo come tanti Diafoirus (ciarlatano del Malato Immaginario di Molière, ndr) che sono sempre in contraddizione ….  Spero che questa crisi serva a rivelare quanto la scienza sia più complessa di quanto si vorrebbe credere. È una realtà umana che, come la democrazia, si basa sul dibattito delle idee.

La scienza è una realtà umana che, come la democrazia, poggia su dibattiti di idee, anche se i suoi metodi di verifica sono più rigorosi. Malgrado ciò, le principali teorie accettate tendono a dogmatizzarsi e i grandi innovatori hanno sempre dovuto lottare per far riconoscere le loro scoperte. L’episodio che stiamo vivendo oggi potrebbe quindi essere il momento buono per sensibilizzare cittadini e ricercatori sulla necessità di comprendere che le teorie scientifiche non sono assolute, come i dogmi delle religioni, ma sono biodegradabili …

Il disastro sanitario o la situazione di confinamento senza precedenti che stiamo vivendo oggi: cosa è, secondo lei, più importante?

EM: Non vale la pena stabilire una gerarchia tra queste due situazioni, perché il loro collegamento è stato cronologico e porta a una crisi che si può dire della civiltà, perché costringe a cambiare il nostro comportamento e a cambiare le nostre vite , sia a livello locale che a livello planetario. Tutto questo è un insieme complesso. Se lo si vuol guardare da un punto di vista filosofico, bisogna tentare di stabilire una connessione tra tutte queste crisi e riflettere prima di tutto sull’incertezza, che è la caratteristica principale.

Ciò che è molto interessante, nella crisi del coronavirus, è che non esiste ancora nessuna certezza sull’origine stessa di questo virus, né sulle sue diverse forme, sulle popolazioni su cui attecchisce, sul livello della sua nocività … Ma noi stiamo attraversando una grande incertezza anche su tutte le conseguenze dell’epidemia in tutti i campi sociali, economici …

Ma in cosa, secondo lei, queste incertezze formano il legame tra tutte queste crisi?     

E.M: Dobbiamo imparare ad accettarle e a convivere con loro, dato che la nostra civiltà ha instillato in noi la necessità di avere sempre più certezze sul futuro, spesso illusorie, a volte frivole, quando ci hanno raccontato con precisione che cosa ci riserverà il 2025! L’arrivo di questo virus deve ricordarci che l’incertezza resta un elemento inespugnabile della condizione umana. Tutte le assicurazioni sociali che potremo stipulare non saranno mai in grado di garantirci che non ci ammaleremo o che saremo felice con la nostra famiglia! Cerchiamo di circondarci di tutte le certezze possibili, ma vivere significa navigare in un mare di incertezze, attraverso isolotti e arcipelaghi di certezze dove dovremo fermarci per fare rifornimento …

È questa la sua regola di vita? 

E.M .: Direi che questo è più il risultato della mia esperienza. Ho assistito a così tanti eventi imprevisti nella mia vita – dalla resistenza sovietica negli anni ’30 alla caduta dell’URSS, per menzionare solo due fatti storici improbabili, prima che accadessero – che queste cose fanno parte del mio modo di essere. Non vivo in uno stato di ansia permanente, ma mi aspetto che si verifichino eventi più o meno catastrofici. Non sto dicendo di aver previsto questa epidemia, ma per esempio da diversi anni dico che con il degrado della nostra biosfera, dobbiamo prepararci alle catastrofi. Sì, questo fa parte della mia filosofia: «Aspettati l’inaspettato ».  Inoltre, mi preoccupo del destino del mondo dopo aver capito, quando nel 1960 lessi Heidegger, che viviamo nell’era planetaria, poi nel 2000 che la globalizzazione è un processo che può causare sia danni che benefici. Osservo inoltre che l’esplosione incontrollata dello sviluppo tecno-economico, animato da una sete di profitto illimitata e favorita da una politica neoliberista generalizzata, è diventata pericolosa e provoca crisi di ogni tipo … Da quel momento in poi, io sono intellettualmente pronto ad affrontare l’imprevisto, ad affrontare gli sconvolgimenti.

Per restare in Francia, come giudica la gestione dell’epidemia fatta dalla pubblica amministrazione?    

E.M .: Mi dispiace che certe esigenze siano state negate, come quella di indossare le mascherine, solo per … nascondere il fatto che non c’erano mascherine! Si è anche detto che i test erano inutili, solo per camuffare il fatto che non c’erano test disponibili. Sarebbe stato umano riconoscere che sono stati commessi errori e che questi errori saranno corretti. La responsabilità passa per il riconoscimento dei propri errori. Detto ciò, ho notato che, dal suo primo discorso sulla crisi, il presidente Macron non ha parlato solo di imprrse, ma anche di salari e di lavoratori. È un primo cambiamento! Spero che alla fine si libererà dal mondo finanziario, poi ha anche evocato la possibilità di cambiare il modello di sviluppo …

Stiamo andando verso un cambiamento economico?

E.M .: Il nostro sistema basato sulla competitività e sulla redditività ha spesso gravi conseguenze per le condizioni del lavoro. L’enorme pratica del telelavoro, diffusasi con questo confinamento, può contribuire a cambiare il modo in cui funzionano le imprese che sono ancora troppo gerarchiche o autoritarie. Questa crisi può anche accelerare il ritorno alla produzione locale e l’abbandono dell’intera industria del monouso, offrendo così nuovi posti di lavoro agli artigiani e alle imprese locali. In questo periodo in cui i sindacati sono molto indeboliti, sono tutte queste azioni collettive che possono avere un impatto sul miglioramento delle condizioni del lavoro.

Stiamo vivendo un cambiamento politico, dove stanno trasformandosi le relazioni tra l’individuo e il collettivo?

E.M .: L’interesse individuale ha dominato tutto, e ora la solidarietà si sta risvegliando. Guardiamo il mondo ospedaliero: questo settore era in uno stato di profondi dissensi e malcontenti, ma, di fronte all’afflusso di pazienti, ha dato prova di una straordinaria solidarietà. Anche confinata, la popolazione l’ha capito bene, applaudendo ogni sera, tutte quelle persone che si dedicano e che lavorano per loro. Questo è senza dubbio un momento di progresso, almeno a livello nazionale.

Sfortunatamente, non possiamo parlare di un risveglio della solidarietà umana o planetaria. Quindi eravamo già, esseri umani, di tutti i paesi, che si confrontavano con gli stessi problemi di degrado ambientale o di cinismo economico. Mentre oggi, dalla Nigeria alla Nuova Zelanda, tutti confinati in casa, dovremmo renderci conto che i nostri destini sono tutti collegati, che ci piaccia o no. Ora sarebbe un buon momento per rinverdire il nostro umanesimo, fino a quando cominceremo a vedere l’umanità come una comunità del destino, non potremo spingere i governi a comportarsi in modo innovativo.

Cosa possiamo imparare, dal filosofo che è in lei, per superare questi lunghi periodi di confinamento?

E.M .: È vero che per molti di noi che vivono gran parte della propria vita lontano da casa, questo improvviso confinamento può rappresentare un fastidio terribile. Penso però che possa essere una occasione per riflettere, per chiedersi cosa nella nostra vita sia frivolo o sia inutile.

Non sto dicendo che saggezza vuol dire restare per tutta la vita nella propria stanza, ma forse questo confinamento forzato potrà avere qualche effetto sul nostro modo di consumare o di alimentarci e che, forse questo è proprio il momento di sbarazzarci di tutta questa cultura industriale di cui sono noti i vizi, forse è questo il momento di disintossicarci. È anche l’occasione per prendere definitivamente consapevolezza di queste verità umane che conosciamo tutti, ma che teniamo represse nel subconscio: amore, amicizia, comunione, solidarietà  è questo che ci dà la qualità della vita.

♦  Edgar Morin 

 

Fonte : https://lejournal.cnrs.fr/

Link    : https://lejournal.cnrs.fr/articles/edgar-morin-nous-devons-vivre-avec-lincertitude?fbclid=IwAR2uB6qogDD8t5SQVbdY8CAMazvuOgg7Xfat4TvcrlTpwkGykYTal0NQ2Vw   4.4.2020

Il testo di questo articolo è liberamente utilizzabile a scopi non commerciali, citando la fonte  comedonchisciotte.org  e l’autore della traduzione Bosque Primario

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