DI GILAD ATZMON
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Non sono nemmeno lontanamente un sostenitore di Trump. Penso però che sia riuscito ad esporre il livello di morbosità della politica occidentale, sia a destra che a sinistra. Trump è l’ultima icona post politica – il sintomo e la malattia.
Negli ultimi quarant’anni, l’Occidente ha sùbito un’intensa rivoluzione culturale e sociale. La causa della “giustizia sociale” ha apportato alcuni cambiamenti fondamentali nella società. I diritti elementari, come la libertà di pensiero, sono stati sradicati, e sostituiti da un rigido regime di politically correct. A posteriori, c’è stata poca resistenza a questi eroi della giustizia sociale. Solo cinque anni fa sembrava che la Tirannia della Correttezza fosse qui per restare. Ma poi, inaspettatamente, il vento è cambiato.
Prima il referendum scozzese ci ha fatto sapere che un cittadino su due voleva separarsi dal Regno Unito. Poco dopo, metà degli inglesi ha votato per separarsi dall’UE; infine, in modo totalmente inaspettato, Trump ha vinto le elezioni presidenziali.
È stata questa vittoria ad aver davvero portato alla ribalta la guerra dell’identità. Per qualche motivo, sono stati Trump e la sua retorica combattiva a mostrare chiaramente la linea di demarcazione che divide l’Occidente.
L’America, come il resto dell’Occidente, è divisa tra “Identitari” e “Nazionalisti”. I primi si identificano politicamente con i propri sintomi. Questi possono essere etnici o culturali, ma il più delle volte sono biologici (colore della pelle, orientamento sessuale, genere, razza, ecc.). I secondi invece si identificano politicamente con la propria terra.
I “nazionalisti” non sono necessariamente di destra. Come espongo nel mio recente libro, “Being in Time: A Post-Political Manifesto”, il populismo nazionalista di Trump condivide alcune caratteristiche con icone di sinistra come Sanders e Corbyn. Tutti e tre resistono alle divisive ideologie identitarie. Steve Bannon, il nemico numero uno dell’America liberale, ha chiarito questa idea in un recente dibattito televisivo: “Non è una questione se il populismo sia in aumento… la domanda è se sarà populismo nazionalista o populismo socialista…”.
Il populismo è tornato dappertutto. Il che solleva la questione se Trump sia davvero un populista. Ha davvero a cuore la gente? Non ne vedo alcuna prova evidente. Si comporta come un oligarca, legato all’oligarchia internazionale. È popolare, ma “popolarità” e “populismo” sono due cose diverse. La prima fa riferimento all’amore ricevuto dalle persone, il secondo a qualcuno che si prende cura delle persone. I liberal che bollano Trump come un “fascista” dovrebbero capire che, mentre il fascismo è una cosa “nazionalsocialista”, lui è più un “capitalista nazionale”. È popolare perché trasmette con successo un messaggio populista.
Dopo le elezioni di metà mandato c’è una nuova situazione politica. Trump non salverà l’America. Anche se prima pensava di poterlo fare, la finestra si è oramai chiusa. È poco probabile che sarà in grado di apportare modifiche significative. La Camera dei Rappresentanti, ora a maggioranza Democrat, probabilmente rifiuterà le sue iniziative. Il suo soggiorno alla Casa Bianca ha però rivelato il conflitto che frantuma l’Occidente. La vecchia battaglia politica tra sinistra e destra è stata sostituita da guerre identitarie post-politiche. La terza guerra mondiale non sarà combattuta tra Paesi, Stati o a cavallo di frontiere. Sarà una guerra che dividerà società e famiglie.
Anche se la promessa di Trump di rendere grande l’America aveva poca sostanza, la porzione rossa della mappa americana mostra una chiara divisione. Appena ci si allontana dalle coste, ci si accorge che la maggioranza non vuole ciò che i liberali offrono. Vogliono lavoro, confini sicuri, istruzione e servizi sanitari. Vogliono che l’America sia grande per davvero. Vogliono giustizia ed uguaglianza. Possono essere più o meno disturbati dalla questione gender, ma avere un lavoro decente interessa loro molto di più.
Se qualcuno nel partito Democratico o Repubblicano capisca veramente questo desiderio è una domanda aperta. Non ho però dubbi che la sete di un cambiamento radicale porterà più politica populista, in America e non solo.
Gilad Atzmon
Fonte: /www.gilad.co.uk/
Link: https://www.gilad.co.uk/writings/2018/11/7/divide-and-conquer
7.11.2018
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di HMG