FULVIO GRIMALDI
Mondocane Fuorilinea
Bertinotti, Vendola,
Giordano, Migliore, Rossanda, Parlato, De Francesco, Zolo…
La banda del
buco…nell’acqua sporca
Hai l’intestino
pigro, fai fatica a digerire i rospi, l’acidità ti brucia lo stomaco, ti
tormentano i riflussi? Prendi il cachet
Parlato, infilati la supposta Rossanda, tracanna un digestivo Polo, sciroppati
un beverone Sgrena, prendi i fermenti De Francesco. Insomma, strafatto di
“ manifesto”, vedrai che digerisci ogni cosa ed evacui
solidissime certezze. Il “manifesto” imita sempre più da vicino le
depravazioni mediatiche di regime e così riesce ancora una volta a essere più
brutto di prima: sparita la cultura, per quanto astrusa e spocchiosa fosse,
squadernati sconfinati articoli su due pagine che spaccano i titoli e le facce
e richiedono un’apertura alare da gomiti negli occhi al passeggero a
fianco, rubati a “Repubblica” i suntini per lettori pigri e al “Corriere” i funebri numeretti
su fondo nero, ridotta a misura di cacchette di mosca
la corrispondenza con i lettori, inutile se non quando rende
omaggio ai facitori di questo ibrido pastrocchio
giornalistico, aperto ogni numero con le insulsaggini disperatamente non
spiritose dell’ex-coprologo Luttazzi…
Sarebbe il meno. A ogni
ricorrenza di crisi, interna o esterna, del giornale di cui non si può fare a
meno (e quelli
se ne approfittano), la direzione pignucola un
po’ , succhia qualcosa all’ingrato lettore colpevolizzandolo,
invoca gli dei e cambia veste. Ti sembra di girare su una giostra: una volta
sul cavalluccio, una volta in carrozzella, una volta
nel girello. Poi arrivi sempre al punto di partenza. E anche la musica non
cambia mai. E così le 12mila o 15mila copie restano quelle. Anche quando i
potenziali lettori potrebbero essere i centomila che sfilano in corteo. Oggi,
poi, che il gemello scemo “Liberazione” annaspa con Veltrendola verso la sponda salvifica dell’Altra
Destra, che il sovrano-becchino affoga, speriamo per sempre, tra le lacrime, le
ovazioni di ex-sudditi in preda a delirium tremens, quali praterie si
aprirebbero al “quotidiano comunista” meno comunista nella storia delle
aporie umane! Sciolto, dopo la nemesi elettorale e sociale e l’autodafé
del congresso, dall’abbraccio mortale con la ciurmaglia anticomunista del
cabalista gabbamondo Bertinotti, dell’ossimoro Vendola,
nefasto privatizzatore della Puglia e della sua acqua
(visto come entrambi i tossici rospi, schiacciati, ancora schizzassero veleno?),
e del muselide nel formaggio Grassi Claudio (che,
spiritoso, ha giurato di NON essere un traditore), “il manifesto”
sbarella vistosamente alla ricerca di un baricentro. Intanto passa il tempo e
scaccia lettori proseguendo imperterrito sulla strada lastricata dalle
megatruffe del nemico di classe e dei popoli.
Le praterie del
“manifesto”
Praterie incenerite e
desertificate con accanimento degno dei suicidi di massa dei
lemmi australiani, o di quei fanatici di Masada, una
specie di Al Qaida ebrea (un’anticipazione?),
che si favoleggia si fossero tuffati da quel picco per non soccombere al laico pluralismo
romano. Cito a caso fatti e protagonisti di questa
autodistruzione: ne ho qui una pila che, in due mesi, è arrivata dal pavimento
alle ginocchia. Nell’insieme, un vero coretto parrocchiale di
accompagnamento allo tsunami della mistificazione padronale e imperialista
mondiale, un’iniezione di cemento nelle crepe che le sempre più manifeste
balle di Stato aprono nella coscienza collettiva, un ipnotico che neutralizza
la sveglia dataci dalle mazzate in arrivo dal guitto mannaro e dai suoi succedanei “di centro
e sinistra” nel brodo primordiale
del clericofascismo veltrinottizzato.
Il tutto avvolto nella scintillante stagnola di
un’educata dialettica civile, straripante del moderatismo delle lobby
interne, pariolina, cattolica, ebrea, ongista. Confermano
e rafforzano (da sinistra ed è questo il crimine) i falsi stereotipi, le
megatruffe di chi ci si fotte, epperò
tuonano contro gli smarrimenti-cedimenti delle già vezzeggiate
“sinistre” e rilevano le cattiverie di chi si mangia vivi i
lavoratori e i popoli. E’ il terreno di coltura dal quale fioriscono poi,
liberatisi delle ambiguità d’origine, i Riotta, i Barenghi,
le Annunziate, le Maiolo, i Mineo (pur sempre cari alla chioccia Rossanda)…
La lucida equità di Valentino
Parlato
Emerge per pigra inconsapevolezza
e fastidiosa supponenza l’immarcescibile capofila della gerontocrazia manifestina, Valentino Parlato. Al quale, se solo non
voltasse lo sguardo sistematicamente dall’altra parte, basterebbe la
risposta delle due foto in capo a questo pezzo. Una risposta da incenerire le
sue miserie politico-morali. Ancora insiste nel redarguire lettori per lui
imbecilli e ovviamente antisemiti poichè azzardano
per Israele quei boicottaggi che liberarono i nativi sudafricani da un’apartheid che sta a quella dei nazisionisti
come il napalm sta all’uranio impoverito. Si stizzisce Parlato perché un
lettore ha dato del “Quisling” ad Abu Mazen, il burattino di USraele che dall’ira del suo
popolo resistente si protegge con una guardia pretoriana comprata, armata e addestrata
da massacratori Usa. E, tra un abbraccio con il boia Olmert
e l’altro, incarcera e tortura gli avversari politici. I suoi protettori?
Generali e spioni che si sono fatti le
ossa eliminando l’Iraq e un milione e mezzo di suoi cittadini (più quelli
tolti di mezzo dall’embargo e fanno tre milioni). Spande le sue
vacillanti ali protettive sui sopravvissuti olocausteggianti
dell’olocausto, Valentino Parlato, mentre il popolo di Gaza viene decimato come neanche Riccardo Cuor di Leone ad Acri
(tutti indistintamente gli abitanti sterminati), mentre si arriva al
centoventesimo gaziano morto del male che il blocco
israeliano gli ha impedito di curare in Israele o fuori. Ha voglia il
sopravvissuto Michele Giorgio a raccontare da Gerusalemme le ininterrotte efferatezze
di un regime che dagli aguzzini del proprio popolo tutto ha appreso e tutto pratica, tranne la brevità di quell’esperimento.
Ha voglia a riferire i dati di associazioni israeliane, fuori dalla criminalità
collettiva, sui detenuti bambini tra i 10mila sequestrati palestinesi nelle
carceri della tortura. Ha voglia che internet tracimi di giornalisti
palestinesi, premiati in Europa, ma bastonati e abusati dai pitbull israeliani,
di carcerati senza processso picchiati dai secondini
e minacciati di stupro delle mogli, madri, figli, di ragazzi palestinesi videografati mentre, bendati e legati, i nazisionisti in divisa gli sparano sulle gambe, di coloni
che pestano scolaretti palestinesi e sparano pesticidi in faccia a contadini crocifissi sui loro ultimi ulivi, di prigionieri-cavie per
esperimenti medico-farmaceutici alla Mengele, dell’acqua delle piscine
coloniche sottratta alla terra e alla sete di agonizzanti senza neanche più i
diritti dei neri nell’Alabama del Ku Klux Klan di “Mississipi burning”. Ha
voglia la quotidiana manifestazione di un sionismo terrorista, stadio ultimo
dell’imperialismo, che, mimetizzato da vittima, punta all’egemonia
economico-militare del mondo, praticato con il genocidio e il controllo sulla
politica estera e sulla formazione del consenso degli Stati Uniti. Hai voglia
ad avere sotto gli occhi il male assoluto, quello
grazie al quale un categoria di persone appropriatesi di indiscutibili
“diritti speciali” annienta i diritti umani di tutti gli altri. Hai voglia, vero Parlato,
e per questo anche D’Eramo, Rossanda, la catto-islamofoba Sgrena che, pur di strappare il velo a una
musulmana, ne nasconde tra lacrimose righe l’ininterrotto martirio ad opere delle armate cristiane, ispirate alla loro
“guerra giusta” dal catechismo di Ratzinger. Hai voglia. C’è davvero da porsi la
domanda, a salutare inorridimento di Parlato, se
Israele abbia il diritto a esistere. Questo Israele, in questa forma. Se abbia
il diritto a esistere finchè non torna a esistere la
Palestina depredata, sequestrata, massacrata, negata. Se non
abbia piuttosto il diritto a esistere una comunità ebraica, semita, che conviva
in uguaglianza con la comunità araba, semita, in un unico Stato multiconfessionale e multiculturale (chè
etnicamente non c’è differenza, salvo gli invasori ashkenaziti
europei). Certo finchè, oltre che nella destra
fascistizzante, i cannibali sionisti trovano puntelli in una sinistra che dalla
prima mutua i due pesi e le due misure per i suoi distinguo sui diritti umani,
il male assoluto ha agio a continuare ed espandersi.
Karadzic e il pugnale di Tommaso De Francesco
Non solo Parlato. Tommaso
De Francesco, il “balcanico”, costituita una specie di
“coppia maledetta” con Ennio Remondino e
rafforzato dalle pere tossiche di Danilo Zolo (L’arresto di Karadzic è una grande e inattesa vittoria della giustizia
internazionale – quella dell’Aja! – e la fine di un incubo) dopo aver vaneggiato per
anni sul despota Milosevic come meglio i pifferai di Washington e Berlino non
avrebbero potuto, dopo aver contrabbandato la pulizia etnica dei narcogangster di Pristina come contropulizia etnica, avvallando l’invenzione
imperialista di una pulizia etnica serba, con la cattura di Radovan
Karadzic ha reso agli inutilmente deprecati squartatori della
Jugoslavia il servizio più grato. Mi trattengo se definisco i suoi euforici
commenti alla vendita agli eurocrati, distruttori della Jugoslavia, di un Karadzic assolutamente incolpevole se non della difesa
della sua gente aggredita, da parte del presidente e prosseneta serbo Boris Tadic, la peggiore mascalzonata uscita dalla penna di
questo confusionario. “Buona
notizia”, “soprattutto per le vittime”, “buona notizia
balcanica”, “sospiro di sollievo”, “motivo di
compiacimento”: così l’esperto balcanico, il fustigatore
del furto del Kosovo, si inebria della porcata grazie
alla quale “l’Europa non ha più argomenti per escludere la Serbia dall’agognato
(da Tadic) nell’Unione Europea”. Poi
TDF, perso ormai ogni residuo di bussola di classe, divaga su stereotipi e
falsificazioni tanto a lui cari, quanto smascherati dai fatti e dalla storia:
le guerre in Bosnia e nel Balcani erano “nazionaliste” e “fratricide”.
Si sente l’eco di una menzogna più falsa dei Protocolli dei Savi di Sion:
“la Grande
Serbia”, causa della carneficina balcanica. Tutta colpa degli “ultranazionalisti”, altro termine
copiato dalle fabbriche della guerra psicologica, tipo i fornitori del
Pentagono Ruder & Finn,
Hill & Knowles, Reporters
Sans Frontieres. Quelli del
Saddam macinatore di oppositori nei tritacarta e gassatore di curdi, dei neonati kuwaitiani strappati alle
incubatrici dagli iracheni, dei campi di sterminio serbi, di Milosevic
dittatore, di Osama nelle grotte di Bora Bora, del trapanacrani Moqtada Al Sadr leader della resistenza anti-Usa, dei monaci tibetani vindici di uno Shangrilà della nonviolenza, spiritualità, amore del
prossimo, alla faccia di un feroce schiavismo praticato per secoli
sull’intero popolo della regione. Manca solo Padre Pio, quello che si fabbricava le stigmate e sguinzagliava gli squadristi neri
per conto degli agrari contro le sedi della sinistra. Però
tantissimo santo per aver sottratto ai poveri e ai creduloni e trasferito al
Vaticano più fondi di quanti Marcinkus ne abbia mai
potuto accumulare con la mafia e la
P2 dell’attuale guitto mannaro. Non
gli passa per l’anticamera del cervello manifestizzato,
a TdF, che per la cattura del presunto autore della
presunta strage di Sebrenica (smentita da ogni
documento serio) e per l’assoluzione di Naser Oric, che invece una strage vera, di 3500 donne, uomini e
bambini serbi, la compì nei villaggi attorno a Sebrenica,
come già nel caso di Slobodan Milosevic, la cricca rinnegata che governa la
svendita della Serbia riceve i trenta denari dell’ingresso in
un’Europa delle disuguaglianze, del razzismo, di un neoprotocapitalismo
più feroce del primo, dell’abdicazione a ogni sovranità di popolo.
Non si avvede, TdF, che la criminalizzazione perenne
dei serbi (come dei “terroristi”arabi e musulmani in Palestina,
Iraq, Afghanistan, Sudan, Somalia), simboleggiata dai “mostri” Karadzic e Mladic, e prima da
Milosevic, fatto morire innocente provato in carcere,
è il
pegno chiesto alla Serbia perché non avanzi crediti di riparazioni e di
giustizia ai criminali che l’hanno distrutta. Non si ricorda, il festante
e disinvolto De Francesco, che nel ’91 Karadzic
e i croati di Tudjman e i musulmani di Izetbegovic (gli unici, con l’UCK,
cui spetti il titolo di
“ultranazionalisti”) si erano accordati per una pacifica
tripartizione e convivenza nella Bosnia? Non rammenta che furono gli USA a
intervenire sul caporione musulmano perché ritirasse la firma
dall’accordo e iniziasse la guerra? Guerra civile, guerra
fratricida, guerra di nazionalismi, guerra della Grande Serbia? O guerra della confraternita imperialista euro-atlantica, con i
suoi ascari locali, per togliere di mezzo un modello altro di convivenza umana,
un impedimento all’espansione verso est, un caposaldo delle costituzioni
di pace.
Fisologicamente
speculare alla satanizzazione di Karadzic
è poi un’ulteriore prodigio d’inversione
del vero, operato da TdF: l’esaltazione in
morte, in sincronismo con gli organi dell’imperialismo, del trasformista
polacco Bronislav Geremek,
della banda cattosionista di Solidarnosc,
passato da marxista, con al potere i marxisti, al pizzo vaticano con al potere
il Vaticano, pagatogli per sgretolare il socialismo reale (bruttino, ma
infinitamente migliore del capitalismo) e, subito, alla passione per il mercato
deregolamentato all’americana quando al potere arrivarono i mercatisti Nato, sodomizzatori
proprio dei famosi operai di Danzica in rivolta.
Le 20mila donne irachene uccise
che Sgrena non vede
Andare avanti è un vero
tormento perché si deve ogni giorno confrontare, al di là dei
tabloid e delle televisioni scandalistici e malavitosi della Grande
Informazione, con quel lascito del PCI che è il “manifesto”
(salvandone, con partecipazione alle loro frustrazioni, i resistenti della
gloriosa tradizione di Stefano Chiarini, come Manlio Dinucci,
Michele di Giorgio, Roberto Zanini e pochi altri). La
perfetta omologazione con l’assassinio della verità operata da una Sgrena
che non perde occasione per sguazzare nelle balle del “terrorismo
islamico” e del “mostro” Saddam Hussein e che nella sua fobia
antislamica sorvola sulle 20mila donne e le migliaia
di omosessuali, liberi e affrancati sotto Saddam, trucidati dalle milizie del
“patriota” Moqtada per non attenersi ai
dettami medievali della marionetta USA Khomeini; i miserabili trafiletti del
giornale sull’Iraq che riprende la deformazione in un’inesistente
Al Qaida di tutta la Resistenza nazionale
irachena e condivide con le fonti collaborazioniste la riduzione a 90mila del
comprovato milione e mezzo di vittime civili irachene; la spocchia astiosa con
la quale il giornale ha diffamato la manifestazione di Piazza Navona contro
l’emergenza fascismo, realizzata nel silenzio di una sinistra abbagliata
dal proprio ombelico, per la quale manifestazione
“impura”un sondaggio di Mannheimer ha scoperto il consenso del 30%
degli italiani; la tanto scellerata quanto stupida accettazione della
mistificazione di una guerra USraeliana contro
l’Iran, utile a distogliere l’attenzione dai genocidi già in atto e
a presentare al mondo un Iran antimperialista, favorendone invece il complice
ruolo di compare capitalista e demolitore dell’unità nazionale laica
araba e del suo ultimo avamposto , l’Iraq; l’altrettanto demenziale
e collateralista diffamazione di paesi e governi
anticolonialisti come lo Zimbabwe di Mugabe, saccheggiato dal boicottaggio
internazionale e sabotato all’interno da una’opposizione venduta a
Londra, o del Sudan di Bashir, del quale si inventano
massacri darfuriani a copertura dei complotti
imperialisti tesi a escludere la
Cina dai rifornimenti petroliferi e a disintegrare un altro
grande Stato multinazionale arabo; la patetica e nuovamente fiancheggiatrice
esaltazione di un Tibet dei tiranni monaci e nobili, il cui secolare schiavismo
feudale viene verniciato di pacifismo, spiritualità, democrazia; le scandalose
cadute di lucidità e le insensatezze analitiche nel trasporto affettivo per la
virago Hillary Clinton prima, e, poi, per la prima scelta dell’elite imperialsionista e guerrafondaia, Barack-Zio
Tom-Obama; l’accanimento eurorazzista,
dirittoumanista e democraticista,
in perfetta sintonia con le centrali della destabilizzazione imperialista,
contro paesi come la Somalia
e l’Afghanistan, i cui esiti apocalittici vengono in prima istanza
attribuiti (vedi un indecente Maurizio Veglio, 27/7/8, su quell’inserto
“Fuoriluogo” che per gli spinelli si
infervora e non ha mai speso una parola sulla gestione statunitense di tutto il
commercio di stupefacenti del mondo) alla condizione di società “ultraframmentate e dilaniate da decenni di conflitti
interni”, con a capo Al Qaida e le Corti
Islamiche, e non alla strategia staticida del
colonialismo occidentale; il davvero perfido avallo che si continua a dare, a
dispetto di tutte le incontrovertibili controdeduzioni, a quella grottesca
montatura che è la versione ufficiale dell’11/9, lasciapassare alla necrocrazia occidentale per la sua guerra infinita e
l’uccisione del pianeta (Paolo Virillo che, in
“Guerre impure”, dà del “Sendero
Luminoso” alle FARC colombiane, appaiate a “gang, mafie locali,
paramilitari” e ribadisce con Bush: “Con
l’emergere di un nuovo terrorismo …siamo di fronte a
un’enorme minaccia che incombe sulla democrazia di ogni paese, non
soltanto sulla testa dei regimi dell’est, del sud, del nord di dove vi
pare, ma anche sui paesi democratici, tanto in Europa quanto negli Stati Uniti.
Contro questo il Patriot Act è una dissuasione civile…”
Sorvoliamo sulla serie di
rievocazioni degli anni ’68-fine’70, puro folclore autoreferenziale
di insuperabile superficialità, se non distorsione, di
quel grandioso fenomeno epocale a cui “il manifesto”,
inguaribilmente pici-ista a dispetto dei suoi valzer
con l’ondivago e pusillanime Ingrao, “venerando maestro” del
nulla, ha fornito freni e ammortizzatori. Sorvoliamo anche sulle infantili
cronache della sinistra residua, basate su estemporanee esternazioni di intervistati, tipo TG sui prezzi delle mele o sul disagio
degli scioperi, del noto slavofobo albanese Astrit Dakli che, per una volta, ha lasciato a casa
l’ampolla di veleno da cui si abbevera quando parla di russi e di Russia.
Tralasciamo, con fatica, lo schianto antiambientalista e filo-malavita
industriale di Rossana Rossanda quando esalta la grande opera salva-Venezia del Mose. Sono
deleterie le aporie antinquinamento dell’industrialista
Loris Campetti che invoca dalla Fiat la conversione dal carburante fossile
all’auto elettrica, trascurando l’ineluttabile fine di qualsiasi
mezzo a motore privato, andasse anche a flatulenze, per l’ormai
insostenibile impronta ecologica che, non solo i gas serra, ma un parco
macchina dalla terra alla Luna e ritorno esercita su un pianeta. E non vogliamo
neppure infierire su Suor Adriana Zarri, transitata
impunemente da “Avvenimenti” a una smisurata colonna di
“parabole” nella pagina dove le corrispondenze dei lettori sono
ormai ridotte a fondi di bottiglia, tanto contano per il selettore Parlato. La Zarri,
cattolicona un po’ critica, si fa linguista per
deprecare l’uso del verbo “contattare”,
medita su quale paese mai dell’estremo (sic)
Oriente vieti alle donne di guidare l’auto e arriccia il naso
sull’uso di parole volgari (culo?
Stronzo? Puttana? Cazzo?) nel linguaggio di bocche e
penne. Ne sentivamo la mancanza nel “quotidiano comunista”.
Come della vetriolica satira di Luttazzi tipo “Sydney, il papa converte un canguro” ,
o “D’Alema fonda Red, Marini fonda White
e Rutelli fonda beige”, o anche Israele e
Hezbollah si scambiano miliziani, soldati e ricettedi
cucina”, o ancora Batman picchia la madre,
Robin sodomizza la nonna… Ridete, ridete. Sono risate
intelligenti.
I paginoni alla page
Chi, nel
“manifesto” cura i paginoni c’è da esser certi che presto
seguirà le orme dei battistrada Riotta, Sofri, Barenghi,
Maiolo, Annunziata e di tanti altri maturati dalle
ristrettezze ideologiche e finanziarie dell’origine al grande mondo
dell’informazione di gran classe. Non si pone in
un articolo anche il “New York Times”, la grande signora grigia, nel novero delle fonti autorevoli?
Proprio lui, il quotidiano sionista che, più di qualsiasi altro organo e più di
tutti facendo uso di falsari provati, ha aizzato l’Occidente anglofono
alla carneficina irachena. C’è il paginone che esalta con gigantografia
di gusto ghandiano quel
megacialtrone del cosiddetto microcredito che è Mohammad Yunis,
quello la cui banca Grameen aiuta i poveri a
indebitarsi, a scomparire, o a entrare in un capitalismo che il microusuraio
definisce “incompiuto”
perché ancora scarso di numeri. Alla faccia di un Marx, dell’accumulazione di plusvalore connaturato a
un capitalismo necessariamente dei pochissimi ai danni dei moltissimi. Alè, tutti capitalisti ed è arrivata la felicità.
Segue il paginone sui “ragazzi
del papa” con foto del Matzinger in elevazione
come una mongolfiera, attornato da danzatori aborigeni, euforizzati dal perdono chiesto
dal pastore tedesco per i misfatti dei suoi lanzichenecchi in tunica nera e
incuranti della patente di “guida morale del mondo” tributata ai proseguitori anglosassoni dell’opera. Congruamente,
nel momento in cui la Bolivia
di Evo Morales è assaltata dai rigurgiti della
reazione e dalle brighe USA che mettono a rischio la speranza di riscatto di un
popolo, esce il paginone che illustra con raccapriccio le infamie di una
prigione a La
Paz nella quale i detenuti – tutti delinquenti –
si autogestiscono spazi e vita. Ma Evo che fa,
non vede? La reazione ringrazia. Con lo stesso equilibrio informativo,
c’è poi il paginone dedicato ai radicali di “Nessuno
tocchi Caino”, cari al “manifesto” quanto i cattobuonisti col
vizietto missionario di Lettera 22, che apprezzerebbero le bombe
sull’Afghanistan, se solo ci fossero un po’ più Ong
e “società civile”. Peccato che, mentre non si deve toccare Caino,
ai radicali non gliene frega niente, anzi annuiscono,
se si tocca qualche milione di donne, uomini, bambini iracheni, palestinesi o
afghani. E vogliamo scordarci i profluvi
di celebrazioni dell’Unione Europea che scorrono per le pagine del
“manifesto”, lanciati da un Tommaso De Francesco entusiasta perché, consegnando
al nemico Karadzic, Tadic
caccerà il suo paese nella sciagurata Unione ipercapitalista
e imperialista? Lo fiancheggia tale Slavoj Zizek, già scoperto a
reggere il moccolo Nato e UE che deve alimentare
l’incenerimento della Serbia, con le sue geremiadi sul rifiuto
referendario irlandese, definito “scoppio oscuro e irrazionale”.
C’è Orsola Casagrande, altrimenti meritevole per il sostegno ai curdi
turchi, che ci raccomanda un tale Ahmet Altan,
scrittore, per l’infervorata spinta data al suo
popolo verso il carcere europeo, il che, concorda Casagrande, “porterebbe inevitabilmente la Turchia a uniformarsi ad alcune regole e leggi
standard, sia sul piano politico e dei diritti, che su quello economico”.
Sarà per questo che la corrispondente, che è anche irlandologa,
non ci parla più di quegli scimuniti di irlandesi che
hanno votato no al referendum su quella licenza di uccidere i lavoratori, i
diritti e la giustizia sociale che è il Trattato di Lisbona. Chiudo con i
paginoni raccapriccianti, indubbiamente suggeriti dal
complesso militarindustriale Usa, nei quali
dei disturbati psichici si entusiasmano per le bellezze grafiche, le soluzioni
tematiche, le invenzioni tecnologiche su come ammazzare meglio e più, di certi
nuovi videogames splatter, usciti dalle scuole della violenza
assoluta. Scuole che, si sottace, sono indispensabili per la formazione di
militari, contractors, forze dell’ordine, al
confronto con il “terrorismo” di popoli e classi non docili
all’estinzione.
Il nuovo soggetto rivoluzionario
di Rossanda
Lasciamo perdere
gli smisurati paginoni di Rossana Rossanda, la ragazza del secolo scorso che
continua a rompere i coglioni perfino da Rue Rivoli.
Solitamente sono dei
bignamini saccenti e apodittici sull’universo mondo che, di passaggio in contropassaggio, ci devono comunque convincere che la
“veneranda maestra” è infallibile quanto il pomposone
con la mitra. Non si può però non evidenziare l’ultima, per ora,
giravolta della coerente rivoluzionaria ingraiana
alla quale è dedicato la parafrasi laurantonelliana
del titolo. Sotto l’apertura, già foriera di lietezza,
“Prove d’opposizione”, il
doppio femminile del segretario chic Bertinotti esordisce trionfale in
primissima pagina (noblesse oblige): “Finalmente un
segnale inequivocabile (sic) di opposizione!” I bolscevichi? I bolivariani?
Fidel? I maoisti del Nepal? Mumia Abu Jamal? Leggete: “…è venuto dalle
diverse fondazioni che hanno raccolto lunedì scorso a Roma una folla di
giuristi, impegnati dalle raccomandazioni di
Giuliano Amato (sic) ad affrontare il tema
della deriva presidenzialista, più che la legge elettorale (sic)”). Come?
Ma è ovvio, mettendo dei paletti, i famosi paletti: va
bene più poteri al premier, ma, per carità, bilanciati da più poteri
delle Camere; vogliono variare la Costituzione? E noi
ci immoliamo rispondendo con la barriera
dell’art. 138. Quanto allo spappolamento psicosociale dei
partiti, ebbene basta dare regole interne precise e
verificabili. Al referendum va data minore
manovrabilità (?) e lo sbarramento, perdirindina,
non deve superare il 3% . E così saranno
costoro, i compagni di merende Amato e il giustiziere Nato D’Alema, il
portatore d’acqua Bertinotti e tutte le altre camarille partitiche, vomitate dagli elettori e perciò risuscitatesi
in fondazioni, assolutamente antidemocratiche, verticistiche e opache, a
salvarci dalla “deriva berlusconiana”. E già, mica sono “un pezzo di ceto politico con i condizionamenti relativi, e neanche
frammenti di società civile indifferenziata. Sono livelli di paese parlante, né puramente politici, né
semplicemente corporativi, che interpellano istituzioni, partiti e movimenti. Ne può venire una vivificazione degli uni e degli altri”.
Insomma, il vero proletariato, il soggetto rivoluzionario, stanno lì, nei salotti e tra i broccati delle fondazioni. Ma pensa, era l’uovo di Colombo, dalla classe operaia
alle fondazioni, a D’Alema, Giuliano Amato e le loro banche. Poveri
plebei, non avevate visto che sta là il sol dell’avvenir? E anche le brioches. C’è addirittura la benevolenza di Calderoli,
affettuosamente ricordato da Rossanda per avere,
l’esperto di porcate e xenofobia, detto solo “ni”
alla grande rivoluzione delle fondazioni. “Fuori dalla
tv appare fin riflessivo”.
Ricuperato anche Calderoli!
Il PCI rimpianto da Zolo
Tutto questo spostamento
progressivo del degrado, perfettamente in parallelo con quello delle sinistra italiana, trova un punto di riferimento
politico e addirittura antropologico nell’editoriale del direttore
Gabriele Polo (27/7/8). Ripiegandosi sulle radici sempre riaffioranti del
collettivo guidato da Ingrao verso il sincretismo tra oligarchismo PCI e inesorabile
deriva moderata, percorsa però con gli altezzosi distinguo del grillo parlante,
Polo apre sentenziando “Il comunismo
italiano non ha fatto nulla per meritarsi l’epilogo cui sembra
costringersi in questo inizio di secolo. Non i crimini e le
illibertà staliniane (quanto alle illibertà
avremmo voluto vederlo al potere, dopo averne viste di trucide
come partito), né le burocratiche oligarchie del grande Est”.
Né le burocratiche oligarchie??? Andiamo avanti in
questo Amarcord, quando si sbatte il cranio contro il
presente, si tende a guardare e scivolare indietro. “Il
PCI era riuscito a rinnovare se stesso , a
condizionare la politica nostrana…. E aveva mantenuto aperto il rapporto
con i movimenti… con una dialettica continua con le altre parti del
movimento operaio, mai chiuso nel guscio istituzionale e in pulsioni
settarie… virtù progressivamente sfumate, per poi essere gettate via
dall’arrendersi alle ragioni dell’avversario…” Ma D’Alema,
Fassino, Minniti, Napolitano, Bersani, Bassolino e
tutta la confraternita della sinistra più antioperaia della storia, da quale
cazzo di nido è uscita? Ma chi le ha depositato e
covato quelle uova? Mutazione genetica per passaggio di meteorite? Caduta dal
somaro sulla via di Damasco? E San
Berlinguer, quello dell’ufficializzazione dell’ingresso, oltreché nella Nato e nello Stato borghese sancito da
Togliatti, nella peggiore cosca di regime che la malavita politica italiana
abbia prodotto dopo Mussolini? Parla di
dialettica e apertura ai movimenti. Si riferisce a quel Pecchioli
che, in anticamera al Viminale, compilava le liste dei proscritti del
’68-‘77 che, oltre a minacciare lo Stato in cui il PCI
si era confortevolmente annidato, avevano osato rivelare al mondo di che
corruzione ideologica e culturale grondasse la cupola di quel partito e di cosa
si dovesse fare per cambiare davvero il mondo?
Il PCR, il congresso, i topi
Mancano le parole. E
mancano anche per scrivere due righe sul congresso di luglio del PCR. Sono
stati mandati in piccionaia, pur tra incongrui sentimentalismi di tipo
familistico, i massacratori del partito e della prospettiva socialista in
questo paese. E da lì hanno subito cominciato a scagazzare
su quelli sotto. Sono stati cacciati un
monarca vipparolo, cinico arrampicatore e decimatore, e tutta il suo codazzo
di minus habentes. Gli ominicchi,
i quaquaraquà, i giullari. E’ uscito fuori uno
che, perlomeno, pare un galantuomo, a dispetto della cristianamente
sofferta acquiescenza praticata sotto il mazzapicchio confindustriale Prodi. Il
problema è che gli sta sotto l’ascella il muselide Claudio Grassi, specialista dell’opposizione
finta, quello che avrebbe baciato l’altergender
Vendola se i suoi non l’avessero strappato al
lubrico connubio. Il muselide ama stare nel formaggio
e di formaggio dalle parti di Ferrero (a parte il
solito stipendio del funzionario politico che non sa fare una mazza) pare che
per un bel po’ ce ne sarà pochino. Il neosegretario lo tenga
d’occhio. Tenga anche d’occhio il fan di Woytila
e privatizzatore delle Puglie, che parla da
azzeccagarbugli, ma prepara l’armagheddon di un
partito che non ne ha saputo apprezzare, né la poesia, né il veltrusconismo, né le oscene moltiplicazioni degli
iscritti. Quello che però non capisco è
quell’eccitato rapimento che si diffonde in rete tra i compagni per “l’imminente
rientro in famiglia di tutti i comunisti”. Con chi? Con Vendola, Migliore, Giordano e tutta la schiera degli arraffatori? Con Katia Belillo? Guardate che cosa ci ha combinato chi ha
prosperato sotto Togliatti e Berlinguer. Credete che vada meglio con chi ha
prosperato sotto Bertinotti, Bertisconi, Cossuttotti, Fagiolotti, Veltrinotti
e chi più ne ha più ne metta?
Fulvio Grimaldi
Mondocane Fuorilinea