DI GASANOV KAMRAN
katehon.com
L’ analisi degli avvenimenti recenti suggerisce l’ineluttabilità di un confronto militare tra gli Stati Uniti e l’Iran. Ma la Casa Bianca è veramente pronta a imbarcarsi nella più grande operazione militare del XXI secolo?
Le ipotesi circa un’escalation della crisi tra gli Stati Uniti e la Repubblica islamica dell’Iran (RII) si ingrandiscono a valanga. Anche se chi ragiona freddamente capisce il rischio e l’assurdità di un attacco americano all’Iran, ogni nuovo avvenimento non fa che moltiplicare i dubbi che vi possa essere una conclusione positiva.
5000 soldati
L’ultimo degli avvenimenti recenti è un comunicato di Reuters, secondo il quale il Dipartimento di Stato pensa di mandare in Medio Oriente 5000 soldati americani di rinforzo per contrastare l’Iran. Di fronte a una proposta del genere, il Comando Centrale delle Forze Armate americane (Centcom) si è rivolto al Ministero.
Lo stesso numero di militari che servirono a rovesciare Saddam Hussein.
Una settimana prima, il capo pro-tempore del pentagono, Patrick Shanghai, ha citato delle cifre più impressionanti. Ha proposto di mandare 120.000 soldati. Si pensa che l’ispiratore di questo progetto sia John Bolton, Consigliere della sicurezza nazionale del presidente americano. Come ha scritto il New York Times in quel momento, il numero dei militari (previsto) ha molto colpito quelli che avevano preso in esame il piano, perché è lo stesso numero di effettivi che George Bush aveva mandato nel 2003 per occupare l’Iraq. .
Se l’ aumento del numero dei soldati, che sarebbe il segnale principale della volontà di colpire l’Iran, è ancora in discussione, una”Fortezza galleggiante” americana è già in vista dell’Iran. Il 15 maggio, una flotta guidata dalla portaerei nucleare Abraham Lincoln è entrata nel Golfo di Oman. Affiancavano la “Lincoln” l’incrociatore lanciamissili Leyte Gulf, i tre cacciatorpediniere Bainbridge, Mason e Nitze, e uno o due sottomarini nucleari armati di Tomahawks.
Gli spagnoli hanno paura di battersi contro l’Iran
Si noti che la fregata spagnola Mendez Nuñez che faceva parte della flotta americana, si è rifiutata di entrare nelle acque del Golfo Persico. Il ministro spagnolo della difesa, Margarita Robles, ha giustificato la decisione con delle ragioni tecniche.
Nel comunicato fatto a Bruxelles ha spiegato che da due anni Madrid e Washington erano d’accordo che 215 marinai spagnoli avrebbero partecipato ad alcune esercitazioni militari in onore del cinquecentesimo anniversario del primo giro del mondo compiuto da Fernando di Magellano. Ma quando Il 5 maggio il Pentagono ha deciso di cambiare obiettivo e di entrare nel Golfo Persico, gli spagnoli hanno sospeso l’esecuzione dell’accordo. Nonostante i giri di parole di Robles, è evidente che la Spagna non vuole semplicemente essere coinvolta in conflitti, dato che la partecipazione di Madrid a un’offensiva contro l’Iran potrebbe coinvolgere altri paesi dell’Unione europea che, nella diatriba circa “il trattato nucleare”, stanno dalla parte Iraniana. La fregata spagnola raggiungerà la Abraham Lincoln soltanto quando quest’ultima sarà arrivata nell’Oceano Indiano e con il passo che hanno preso le cose, questo non capiterà molto presto.
Anche le difese terrestri europee vacillano.
Le difese europee tremano non solo sul mare ma anche sulla terra. Il 15 maggio la Germania e l’Olanda hanno annunciato la sospensione delle esercitazioni militari in Iraq. La giustificazione era l’allarme degli Stati Uniti riguardante le provocazioni e gli eventuali attacchi contro soldati europei eseguiti da forze sostenute dall’Iran, come la milizia sciita Al-Hashd al-Sha’Abi. La Germania ha impegnato 160 soldati per addestrare le forze Irachene a combattere i miliziani del gruppo Stato islamico (fuorilegge in Russia). I Paesi Bassi da parte loro, hanno 160 tra militari e civili dei quali 50 stanno a Erbil e vi addestrano dei miliziani curdi Peshmerga.
Gli Stati Uniti hanno chiuso la loro ambasciata a Baghdad.
Lo stesso giorno in cui i tedeschi e gli olandesi hanno interrotto le esercitazioni, il Dipartimento di Stato ha richiamato tutto il personale che non aveva dei compiti particolarmente importanti dall’ Ambasciata Americana a Baghdad e dal Consolato di Erbil. Una settimana prima, il segretario di Stato Mike Pompeo si era recato d’urgenza in Iraq, e per fare questo aveva dovuto annullare la sua visita a Berlino.
Attacchi contro il petrolio Saudita.
Aattaccando l’Iran, gli Stati Uniti si appoggeranno ai loro grandi alleati nella regione: Israele e l’Arabia Saudita. Anche questi sono altrettanto preoccupati per la crescente influenza dell’Iran nel Medio Oriente: Israele si preoccupa di Hezbollah e del Corpo dei Guardiani della Rivoluzione Islamica (CGRI) in Libano e in Siria, i Sauditi degli Houti nello Yemen. La settimana scorsa l’Arabia Saudita è stata oggetto di due attacchi. Il 12 Maggio due sue petroliere sono state prese a bersaglio da dei droni nelle acque territoriali degli Emirati Arabi Uniti. Una delle petroliere si dirigeva al porto Saudita di Ras Tanura per caricare del petrolio e trasportarlo negli Stati Uniti. Secondo alcune fonti i droni sono stati lanciati da alcuni commando di Hezbollah schierati sull’isola Iraniana di Kish. Il giorno dopo, l’oleodotto Saudita che va da est a ovest è stato attaccato. L’attacco, che ha danneggiato due stazioni di pompaggio, è stato rivendicato dal Movimento Houti Ansar Alla.
Le dichiarazioni di Trump.
Anche se sono numerosi i populisti tra i politici e Trump ne è un esempio notevole, bisogna comunque ascoltare le sue dichiarazioni con attenzione: ogni giorno la retorica del capo della Casa Bianca diventa sempre più dura. L’altro giorno ha richiamato le “conseguenze” e gli “errori” fatali dell’Iran ed anche la “fine dell’Iran”.
L’Iran getta benzina sul fuoco.
Anche se nell’insieme sono gli Stati Uniti che hanno iniziato il conflitto ritIrandosi dall’accordo nucleare, neanche l’Iran rallenta la sua corsa. Circa a metà maggio, Hassan Rouhani ha annunciato il ritiro parziale dal piano di azione congiunta sul nucleare di Vienna, e questo permette a Trump di accusare l’Iran di riprendere lo sviluppo di armi nucleari. Ogni tanto, gli Iraniani minacciano di chiudere lo stretto di Hormuz, attraverso il quale passa il 20% del commercio mondiale del petrolio. Le occasioni di gravi incidenti sono numerose. La minaccia non si rivolge solo alle navi mercantili, ma anche alle navi militari. Che cosa succederebbe se il gruppo navale americano attraversasse lo Stretto mettendo a dura prova la pazienza di Teheran?
Putin se ne lava le mani.
Un segnale allarmante è la dichiarazione che ha fatto Vladimir Putin durante un incontro con il presidente austriaco.
Putin ha chiaramente spiegato che il mondo dipende attualmente dalle azioni degli Stati Uniti e dell’Iran. Se i due paesi fanno scoppiare una guerra, la Russia non potrà far niente per salvare l’Iran.
In conclusione, non è ancora chiaro se il Pentagono approverà la richiesta di CentCom, secondo Reuters. Il Dipartimento della Difesa americano riceve e respinge regolarmente le richieste delle basi americane in tutto il mondo perché sì mandino loro dei rinforzi. L’operazione militare contro l’Iran richiederebbe l’impiego di mezzo milione di persone. Se Trump sia risoluto a prendere questa decisione, lo sa solo lui. Questi 10 fatti indicano tuttavia che gli Stati Uniti si preparano a uno scenario del genere.
Gasanov Kamran
Fonte: https://lesakerfrancophone.fr
Link: https://lesakerfrancophone.fr/dix-signes-qui-indiquent-une-possible-guerre-entre-les-etats-unis-et-liran
24.05.2019
Tradotto dal francese da Giakki49 per Come don Chisciotte