Dalla Svezia con orrore o del pericolo transumanista (2/2)

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Di , frontiere.me

Sebbene i primi transumanisti dichiarati iniziarono ad incontrarsi formalmente presso l’Università della California, nei primi anni 80, sulla scorta di quanto già elaborato da certa controcultura americana negli anni 60, è con la fondazione, nel 1998, della World Transhumanist Association, poi divenuta Humanity +, ad opera dell’americano David Pearce e dello svedese Nick Bostrom, professore di filosofia ad Oxford e principale ideologo del movimento, che si è soliti individuare la nascita ufficiale del movimento transumanista.

Nelle parole dello stesso Bostrom il transumanesimo è:

un movimento culturale, intellettuale e scientifico che afferma il dovere morale di migliorare le capacità fisiche e cognitive della specie umana e di applicare le nuove tecnologie all’uomo, affinché si possano eliminare aspetti non desiderati e non necessari della condizione umana come la sofferenza, la malattia, l’invecchiamento, e persino l’essere mortali.

Dante conia il verbo “trasumanar” nel primo canto del Paradiso nel tentativo, impossibile per sua stessa ammissione, di descrivere l’esperienza del passaggio dalla dimensione umana ad una superiore, ad un piano ontologico superiore, ma è il biologo Julian Huxley che, in un saggio del 1957 “New bottles for new wine”, fornisce una prima definizione “terrena” di transumanesimo:

…La nuova comprensione dell’universo è dovuta alle scoperte ammassate negli ultimi cento anni da psicologi, biologi, archeologi, antropologi, storici e altri scienziati. Essa ha definito la responsabilità ed il destino dell’uomo: agire per conto del resto del mondo nel realizzarne il più possibile le inerenti potenzialità… La razza umana può, se desidera, trascendere se stessa, non in maniera sporadica, un individuo qui, in un modo, un individuo là, in un altro modo, ma nella sua totalità, come umanità. Abbiamo bisogno di un nome per questa nuova consapevolezza. Forse il termine transumanesimo andrà bene: l’uomo che rimane umano, ma che trascende se stesso, realizzando le nuove potenzialità della sua natura umana, per la sua natura umana.

Siamo ovviamente agli antipodi di quanto concepito da Dante. Il transumanesimo di Huxley è ripiegato su questo mondo.

Si potrebbe essere tentati di liquidare il movimento come nient’altro che un’accozzaglia di fantasie e speculazioni di intellettuali visionari, a dispetto delle notevoli credenziali accademiche di Bostrom e della sua posizione, tutt’altro che isolata, nell’establishment culturale anglosassone cui appartiene, ma sarebbe piuttosto superficiale.

Di più: sarebbe un grave errore di sottovalutazione.

Dietro l’ampiezza e, talvolta, la vaghezza dei propositi del movimento, si intravede infatti il ritorno di pericolose aspirazioni, illusioni, filosofie vecchie quanto l’uomo che meritano, oggi più di ieri, una seria e approfondita riflessione, per non parlare dei giganteschi mezzi finanziari a disposizione dei suoi più celebri sostenitori.

Nelle parole di Roberto Pecchioli

Più Faust che Prometeo, l’uomo transumano nega ogni limite, nell’arrogante convinzione di poter dominare le forze della natura, assoggettandole alla propria ansia febbrile di onnipotenza, sino alla feroce volontà di abbattere la frontiera somma, quella della morte, o meglio, dell’alfa e dell’omega, ossia del principio naturale che assegna a tutto un inizio ed una fine.

L’aspirazione dell’uomo ad autodeterminarsi, fatta piazza pulita di ogni ontologia, di ogni metafisica, ma anche di ogni legge morale elaborata razionalmente e condivisa con i propri simili, guidato solo da una fiducia illimitata nel proprio intelletto, rievoca figure mitiche, tragiche come Prometeo, Icaro, Dedalo, punite dalle divinità per aver peccato d’orgoglio: l’atto di tracotanza inteso come superamento del limite consentito conduce inevitabilmente alla disfatta e alla catastrofe. La tecnica specialistica viene tragicamente confusa con la conoscenza, con la saggezza.

L’anima non esiste per i transumanisti, come già sostenevano Helvetius e il medico e filosofo francese Julien Offray La Mettrie in L’Uomo Macchina (1747). L’uomo è materia bruta da modellare nei soli limiti posti delle possibilità tecniche disponibili in un determinato momento: non vi è traccia di alcuna dimensione spirituale, nessun dilemma esistenziale, nessuno scrupolo morale. Tutto ciò che è tecnicamente possibile va realizzato. La natura, incluso il corpo umano, va plasmata, forzata, assoggettata ai desideri dell’uomo. Che questi desideri siano sempre “buoni”, degni di essere soddisfatti, che non diano mai luogo a dilemmi morali, è uno dei fondamenti dell’ideologia transumanista.

Osserva sempre Pecchioli:

Nessuna possibilità che esistano fini nella presenza umana sul pianeta, l’esame al microscopio non li rileva, e neppure un piccolo dubbio che, per dirla con Saint Exupéry, l’essenziale sia invisibile agli occhi. L’essenziale non si può misurare, quindi non esiste. Chiuse per cessata attività la filosofia e l’antropologia culturale, ridotta a descrizione ogni sociologia, inutile la storia, perché solo il futuro ha senso, derisa come fiaba infantile la religione, ma del resto già l’illuminismo pretese di rappresentare l’uscita dell’umanità dall’infanzia, solo la scienza applicata ha lo statuto di vera conoscenza.

Il riduzionismo scientista, i cui limiti sono ormai ampiamente riconosciuti dalla scienza stessa, è l’unica guida.

Va notato tuttavia che, tra gli ispiratori del movimento, troviamo anche una singolare, enigmatica figura di cattolico come il filosofo e paleontologo gesuita Pierre Teilhard de Chardin, considerato il primo a concepire l’accelerazione del progresso tecnologico verso una “singolarità” in cui l’intelligenza umana diverrà una “super intelligenza”, la cui elaborazione, per quanto ricca di conclusioni discutibili, è molto al di sopra del livello tipicamente raggiunto dai teorici del movimento.

Il transumanesimo, radicato nell’illuminismo scientista, si inserisce in quel filone filosofico del materialismo che ha nell’elaborazione teorica di Feuerbach, Marx e Darwin i principali snodi nella storia del pensiero, e tuttavia vuole andare oltre il materialismo classico: bisogna sottrarre l’evoluzione alla natura, troppo lenta e mai ”perfetta”, nella valutazione miope dei transumanisti, nel suo operare.

L’evoluzione va accelerata dall’intervento umano attraverso l’impiego della tecnica.

È necessario, e ormai possibile, forzare la natura: neuro farmacologia, ingegneria genetica, nanotecnologie, permettono finalmente all’uomo di guidare il processo evolutivo dove desidera.

Dell’illuminismo eredita tutti i dilemmi senza approfondirli né riconoscerli. Leggendo la storia del pensiero transumanista tratteggiata da Bostrom non si troverà traccia delle pessimistiche riflessioni di Adorno e Horkheimer presenti in “Dialettica dell’illuminismo”.

Nel celebre lavoro uscito nel 1947, i due filosofi tedeschi cercano di capire come mai l’illuminismo, nato con l’obiettivo di liberare l’umanità dalle paure e dalle superstizioni attraverso l’uso della ragione, si sia rovesciato nella sua negazione, finendo con l’autodistruggersi. Si tratta di spiegare la presenza di elementi distruttivi insiti nelle idee di progresso e di razionalità. L’illuminismo eredita da Bacone l’idea del “sapere “come “potere”, così facendo, tuttavia, cade vittima dello stesso “errore” cui voleva porre rimedio: assolutizza se stesso riproponendosi in veste ‘mitica’, non criticabile, non superabile a sua volta, come esso ha voluto invece si facesse col mito.

Il ‘lume’ della ragione, nella società borghese, perde totalmente la sua ‘autonomia’ dalle cose. Se la razionalità illuministica crede di liberarsi dal legame di sudditanza nei confronti della realtà, rendendola quantificabile e scientificamente dominabile, in verità, dicono gli autori, tanto più la conoscenza scientifica viene asservita alla struttura economica e sociale della borghesia, che si caratterizza, marxianamente, come condizione di essenziale alienazione dell’uomo da sé e dalla natura.

Il dominio sulla natura da parte dell’uomo si rivela come domino dell’uomo sull’uomo, e più in generale come dominio della struttura sociale sulla coscienza:

Non c’è altro che tenga. Privo di riguardi verso se stesso, l’Illuminismo ha bruciato anche l’ultimo residuo della propria autocoscienza.

L’emergere del soggetto [distinto dalla natura-oggetto] è pagato col riconoscimento del potere come principio di tutti i rapporti. […] La somiglianza dell’uomo con Dio consiste nella sovranità sull’esistente, nello sguardo padronale, nel comando. Il mito trapassa nell’Illuminismo e la natura in pura oggettività. Gli uomini pagano l’accrescimento del loro potere con l’estraniazione da ciò su cui lo esercitano.

Il progresso del pensiero è in realtà un regresso sociale e umano.

I problemi etici posti dal movimento transumanista sono troppo vasti per essere trattati in questa sede né abbiamo la presunzione di essere in grado di affrontarli con la profondità che meriterebbero.

Tuttavia, è necessario precisare che la nostra non è in nessun modo un’avversione tout court alla tecnologia, intesa come prodotto dell’ingegno umano, mero strumento per migliorare le nostre vite.

Il transumanesimo inquieta, dal punto di vista teoretico, nella misura in cui si configura come un vero e proprio anti-umanesimo che nel tentativo di trascendere la condizioni materiali dell’uomo, sordo ad ogni sapere, ad ogni cultura che non si esaurisca nella sfera della tecnica, più che trascendere l’uomo rischia di degradarlo ad ammasso di materia da modellare in laboratorio, di cancellarne così ogni dignità, e infine, un giorno, di “abolirlo”.

Si capisce come non sia soltanto il “pensiero” transumanista a destare preoccupazione ma le ricadute che l’accelerazione del progresso tecnologico, le sue conquiste fino a poco tempo fa liquidate come speculazioni fantascientifiche, possono avere in termini di compressione dei diritti personali e di generale erosione delle già fiacche democrazie dei cosiddetti paesi avanzati.

Il fenomeno transumanista infatti, non è limitato ad eccentrici professori universitari o a reduci della controcultura degli anni 60 e 70.

Tra i più attivi ed entusiasti esponenti del transumanesimo, è d’obbligo citare gli influenti e ricchissimi Ray Kurzweil, ingegnere capo di Google, Elon Musk, fondatore di Tesla e Space X, Peter Thiel, fondatore di Paypal, ma la lista è lunghissima: la crema del tecno-capitalismo ne ha fatto la propria ideologia.

Il connubio tra transumanesimo e capitalismo avanzato è per certi versi auto-evidente: per finanziare progetti di ricerca ambiziosi e allo stesso tempo estremamente rischiosi, necessari per raggiungere gli obiettivi cari ai transumanisti, sono necessari ingenti capitali, nella disponibilità dei mega moguls del tecno-capitalismo e delle loro imprese che rivaleggiano per quotazioni in borsa con i bilanci di uno stato di medie dimensioni. Tralasciamo, per motivi di spazio, il ruolo svolto dallo stato, soprattutto da agenzie del pentagono come DARPA, negli Stati Uniti, nel finanziamento di Big Tech, o delle porte girevoli tra i campioni del tecno-capitalismo a stelle strisce e il deep state.

L’ossessione per la continua innovazione, necessaria, insieme all’allargamento dei mercati, per sostenere la crescita dei profitti si coniuga perfettamente con l’ambizione transumanista di accelerare il progresso tecnologico per arrivare a superare le attuali capacità umane. Le grandi imprese tecnologiche vedono i limiti biologici e cognitivi dell’uomo come ostacoli all’accumulazione ma intravedono ormai la possibilità di abbattere quegli ostacoli attraverso i progressi di discipline come il machine learning, la robotica, e tutte le altre tecnologie al centro della cosiddetta quarta rivoluzione industriale.

L’intelligenza artificiale, le biotecnologie, la possibilità di innestare nel corpo umano microchip, sensori, protesi, e domani chissà cos’altro, combinata con l’ormai nota, sempre crescente, capacità di giganti come Google, Facebook, Amazon, ma ormai estesa a tutti i grandi attori del mercato, di accedere a una quasi illimitata quantità di dati relativi ai nostri comportamenti, interessi, spostamenti, da convertire in prodotti, danno luogo a quel fenomeno che Shoshana Zuboff, professoressa di Harvard, ha definito “capitalismo di sorveglianza”, e che ovviamente rimane fuori dalla narrazione transumanista, tutta incentrata sulle “magnifiche sorti e progressive” dello sviluppo tecnologico. Chi in Svezia o nel resto del mondo si sottopone, volontariamente e con entusiasmo, all’introduzione di un chip sottocutaneo non deve ignorare che quello strumento, prima o poi, e nella migliore delle ipotesi, verrà utilizzato per ricavare informazioni circa il suo stato di salute e i suoi comportamenti, “merce” per eccellenza nell’era digitale, destinata ad acquistare ancor più rilevanza con la diffusione della internet of things.

L’alleanza tra questa visione de-umanizzante e il tecno-capitalismo non può non spaventare. Come osserva Maurizio Blondet:

In Usa questi sognatori o fabbricatori di incubi, hanno incontrato il capitalismo speculativo, terminale, assetato di profitti; pronto a finanziare gli incubi per cui sperano ci sia “un mercato solvibile”, o un’illusione quotabile a Wall Street (come per Tesla o  Airbnb).  In altre parole, assolutamente determinato a fare, come di tutto, anche dell’Umano una “commodity”, un materiale da utilizzare per la sua utilità: raccogliere il DNA a tutti i neonati in vista di futuri utilizzi, come Facebook raccoglie informazioni su tutti quelli che vi si affacciano per rivenderle a agenzie di pubblicità mirata sulle idiosincrasie di ciascuno.

Gli esempi di questa infausta “alleanza” sono molteplici.

Ad inquietare è anche una certa avversione di alcuni importanti esponenti del movimento nei confronti dell’idea di democrazia, come se pensassero che, avendo una missione da portare a termine che non ha eguali in termini di importanza per il genere umano, le loro imprese, e tutto quanto può far avanzare il progresso tecnologico, debbano essere regolate non da processi democratici ma da qualcosa che, per quanto fumoso, assomiglia a un governo tecnocratico centralizzato. Bostrom parla infatti di una vaga entità globale che chiama “singleton” e che definisce come “un ordine mondiale che comprende un’agenzia decisionale al più alto livello.

Tra i suoi poteri ci sarebbero:

  1. l’abilità di sventare minacce alla propria esistenza e supremazia;
  2. l’abilità di esercitare il controllo sulle principali attività della sua sfera incluse la tassazione e l’allocazione territoriale”, specificando che potrebbe trattarsi indifferentemente di una dittatura o di una repubblica democratica mondiale.

La democrazia, conquista della civiltà europea, degli uomini europei, potrà soddisfare le aspirazioni dei transumani del futuro? In un articolo scritto per il Cato Institute, think-thank ultraliberista, il fondatore di Paypal Peter Thiel dichiara di non credere più che libertà e democrazia siano compatibili.

In un’intervista con il New Yorker del 2011, alla domanda se il tipo di tecnologie per allungare la vita umana in cui investe potrebbero esacerbare le disuguaglianze, già allarmanti, presenti nella società americana, Thiel risponde con un frase raggelante: “Probabilmente la più estrema forma di disuguaglianza è quella tra le persone in vita e le persone morte”.

Allude, osiamo sospettare, ad un futuro in cui avremo da una parte pochi miliardari in grado di godere delle conquiste della tecnica, in termini anche e soprattutto di allungamento della vita e di miglioramento delle condizioni di salute generali, dall’altra masse di diseredati, travolti dall’automazione pressoché completa dei processi produttivi, tenuti sotto controllo attraverso le medesime tecnologie che, gli era stato promesso, li avrebbero resi liberi.

A rafforzare la fondatezza delle perplessità suscitate dal transumanesimo è arrivato il recente, esplicito endorsement da parte del gotha del capitale transnazionale per bocca di uno dei suoi principali portavoce, l’ingegnere tedesco Klaus Schwab, fondatore del World Economic Forum di Davos.

Nulla di cui sorprendersi a ben vedere.

Il transumanesimo infatti si sposa alla perfezione con quel conglomerato di progetti globali, tecnocratici e liberticidi, elaborati nel Forum di Davos, che va sotto il nome di “Great Reset” e che sembra aver ricevuto una spinta in avanti fenomenale dalla diffusione globale del Covid. L’agenda in questione, ben presente nei media mainstream a dispetto delle consuete accuse di “complottismo” rivolte a coloro che la citano, e sposata di recente dall’Unione Europea per bocca della Von der Leyen, è incentrata in sostanza sullo smantellamento dell’attuale assetto capitalista mondiale per far posto ad un governo centralizzato che dovrebbe guidarci verso un futuro caratterizzato da standard di vita più bassi, minore consumo di risorse fossili, ridotte libertà civili e da un’accelerazione dell’automazione di buona parte dei lavori oggi svolti dall’uomo.

Klaus Schwab dichiara senza mezzi termini che il transumanesimo è parte integrante del Great Reset in atto quando ci informa che “la quarta rivoluzione industriale porterà alla fusione della nostra identità fisica, digitale e biologica”, fusione che nel libro “The Fourth Industrial Revolution”, chiarisce, consisterà, tra le altre cose, in microchip sottocutanei in grado di leggere il pensiero.

In un altro passo spiega che “le nuove tecnologie permetteranno alle autorità di accedere allo spazio privato delle nostre menti, fino ad ora inaccessibile per leggerne il pensiero ed influenzare il comportamento”.

Altrove prevede che le nuove tecnologie consentiranno alle forze dell’ordine di predisporre programmi di prevenzione del crimine in stile Minority Report:

Mentre le possibilità in questo campo progrediscono, la tentazione per le forze dell’ordine e le corti di utilizzate tecniche per determinare la probabilità di un’atto criminale, di stabilire la colpevolezza o addirittura di recuperare i ricordi direttamente dal cervello aumenteranno … Anche attraversare i confini nazionali potrebbe un giorno implicare un dettagliato scan cereberale per accertare la pericolosità di un individuo.

Con lirico trasporto dichiara di sposare il sogno transumanista della creazione del cyborg:

Le tecnologie della quarta rivoluzione industriale non si accontenteranno di essere parte del mondo fisico intorno a noi, diventeranno parte di noi. […] A ben vedere alcuni di noi già considerano i nostri smartphones come estensioni di noi stessi. Dispositivi che oggi sono esterni, dai computer “indossabili” ai caschi per la realtà virtuale, saranno quasi certamente impiantabili nei nostri corpi.

Ne abbiamo parlato qui.

In altre parole: “La fusione delle nostre identità, fisica, digitale e biologica è in relazione con la singolarità prevista dai transumanisti in un futuro in cui le persone saranno tracciate in ogni loro movimento e ogni loro pensiero letto da un microchip impiantabile“.

Difficile comunicare l’angoscia che queste parole riescono a suscitare.

Impossibile liquidarle come i deliri di un blogger di terza categoria.

Non è possibile, per questioni di spazio, fornire una panoramica degli sviluppi più preoccupanti della tecnica, né siamo ovviamente in grado di fare previsioni su quali saranno i prossimi.

La diffusione del Covid sembra aver offerto un’occasione unica per accelerare la svolta tecnocratica da parte di quei conglomerati economico-finanziari che sono i principali motori dell’innovazione tecnologica a livello globale, in presenza di stati nazionali che, imbelli o complici, non oppongono resistenza.

Ancora non esistono studi peer-reviewed sui risultati dei test per il vaccino anti-Covid, basato su tecnologie a mRna, sbandierati trionfalmente dalla Pfizer eppure già notiamo, in Italia e altrove, nei media e tra i politici, una deprimente gara a chi invoca la misura più orwelliana per individuare domani chi non si sarà vaccinato in modo da limitarne la possibilità di muoversi, di accedere a luoghi e servizi pubblici, tutto su inesistenti presupposti giuridici oltre che scientifici.

La Svezia è stata il punto di partenza della nostra riflessione, in virtù della singolare traiettoria percorsa dalla società svedese nel secondo dopoguerra, nell’alveo di una socialdemocrazia con risvolti totalitari, sulla quale si sono innestati negli ultimi decenni elementi neoliberisti che ne hanno accelerato la secolarizzazione, predisponendola all’accettazione, ingenua e semplicistica, di tutto quanto si va elaborando nell’empireo della tecnocrazia globalista: dalla fiducia aprioristica nel progresso tecnologico alla smania ecologista, passando per la teoria del gender e la demonizzazione della famiglia tradizionale. (vedi qui e qui).

Certo è che, mutatis mutandis, le forze che spingono per la realizzazione dei cambiamenti descritti sono all’opera ovunque, Italia compresa.
E’ quindi di vitale importanza porsi il problema di rafforzare le difese, chiarendo, rielaborando e diffondendo il pensiero che può opporsi alla deriva liberticida e disumanizzante in corso che abbiamo cercato di rappresentare.

Guardando in casa nostra, notiamo come le forze politiche all’opposizione risultino in definitiva generalmente innocue, proprio perché incapaci di cogliere la profondità di fenomeni come quelli da noi descritti, e dunque di valutarne le conseguenze e di elaborare una visione innanzitutto antropologica, e solo in un secondo momento economica, che sia in grado di opporsi all’aggressione del tecno-capitalismo, di cui spesso invece, volontariamente o meno, risultano semplici strumenti.

La gestione della recente pandemia da parte delle democrazie avanzate, Italia inclusa, ha mostrato senza mezzi termini l’idea di uomo che si vuole imporre: isolato dagli affetti e dal resto della società, interessato solo a difendere quella che Agamben chiama la “nuda vita”, docile perché impaurito e privo sia del coraggio che degli strumenti intellettuali necessari per ribellarsi al dispotismo tecno-sanitario, bollato come “negazionista” al primo accenno di attività cerebrale, al primo dubbio che le cose non stiano esattamente come raccontato dal telegiornale, inevitabilmente destinato alla sottomissione.

Ci sovviene il dubbio che tutto questo non sia slegato dal progetto transumanista e dal tecno-capitalismo con il quale ormai si identifica. Rabbrividiamo al sospetto che dietro il sogno tecnocratico della creazione dell’ “uomo nuovo”, si nasconda in realtà, almeno per le masse, l’obiettivo inconfessabile di livellare gli uomini verso il basso, di farne modelli diversi di uno stesso prodotto, unità standardizzate , il più possibile deumanizzati, privati cioè di tutto quanto li rende unici e li distingue, nel bene e nel male, da quell’intelligenza artificiale che sembra oggetto di gnostica adorazione da parte dei tecno-capitalisti.

Dal transumano al subumano il passo appare breve.

Servono nuove forme di Resistenza.

(2/2 – Fine)

Di , frontiere.me

Link fonte: https://frontiere.me/dalla-svezia-con-orrore-o-del-pericolo-transumanista-2/

Pubblicato da Jacopo Brogi per ComeDonChisciotte.org

 

 

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