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DALLA BARBARIE COLONIALE ALLA POLITICA NAZISTA DI STERMINIO

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A cura di God
Il 31 Luglio 2007
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DI ROSA AMELIA PLUMELLE-URIBE
Afrikara

L’autrice di La Férocité blanche, (La ferocia bianca) [Albin Michel, 2001], sviluppa un’argomentazione originale e pertinente per la quale Césaire aveva dispiegato molto
interesse nel suo Discours sur le colonialisme (Discorso sul colonialismo): il legame tra le politiche di sterminio coloniale, l’imbarbarimento delle società europee e il trauma di ritorno del nazismo su queste medesime società. Afrikara pubblica il testo di una relazione di
questa militante di origini africane, presentata il 15 giugno a Berlino nel quadro del Forum del Dialogo organizzato dalla sezione europea della Fondation Afric Avenir.

Siamo qui riuniti per analizzare insieme il legame storico che, come un filo conduttore,
porta dalla barbarie coloniale alla politica nazista di sterminio. Si tratta di uno sforzo volto a rilevare almeno la maggior parte dei fattori che, in modo diretto o indiretto, avrebbero favorito lo sviluppo politico e l’espansione ideologica di un’opera di disumanizzazione come la barbarie nazista in Germania ed al di là delle sue frontiere.Questo contributo è utile per ogni percorso che volesse por fine ad ogni forma di discriminazione basata sull’identità delle vittime o l’identità dei carnefici, selezionando il crimine che bisogna condannare. Questa gerarchizzazione dei crimini e dunque della loro condanna rimane l’ostacolo maggiore nella lotta per la prevenzione dei crimini contro l’umanità tra cui il crimine di genocidio.

Schiavismo e traffico di schiavi

Conviene precisare immediatamente che le guerre di conquista ed i crimini legati al dominio
coloniale, così come la riduzione di esseri umani in schiavitù, erano già una realtà nei tempi antichi. Ad esempio, quando il dominio dei Musulmani arabi si estese verso l’Europa, il commercio di esseri umani era un’attività millenaria tra gli Europei. Il regno dell’Islam in Spagna, dal 711 al 1492, ha semplicemente dinamizzato la tratta di schiavi intraeuropea1, facendo del continente un importante fornitore di schiavi, donne e uomini, spediti verso i paesi dell’Islam.

I prigionieri, soprattutto slavi, alimentavano il commercio di uomini tra Venezia e l’impero
arabo-muslmano del sud Mediterraneo. È così che nelle lingue occidentali
la parola schiavo o slavo si sostituiscono al latino servus, per designare i lavoratori privi di libertà. Detto diversamente, per molti secoli, dei Cristiani europei vendevano altri Europei a dei commercianti ebrei specializzati nella fabbricazione di eunuchi2, una merce considerata molto pregiata e molto richiesta nei paesi dell’impero musulmano.

Ricercatori e specialisti dello schiavismo in Europa durante il Medioevo, hanno visto nel sistema
di asservimento inaugurato in America dal dominio coloniale un legame di continuità con le istituzioni schiavistiche dell’Europa. Jacques Heers sostiene che ‘È merito incontestabile di Charles Verlinden,
su questo punto un autentico pioniere, di aver evidenziato che la conquista e lo sfruttamento coloniale delle Americhe si erano largamente ispirate a certe esperienze molto recenti nel Mediterraneo e si iscriveva in linea diretta in una continuità ininterrotta di precedenti medievali3.

Ho tuttavia scelto di affrontare questa analisi a partire dal 1492, l’anno dell’arrivo
degli Europei nel continente americano. Ed ho compiuto questa scelta
perché, malgrado quanto detto, la distruzione dei popoli indigeni d’America,
l’instaurazione del dominio coloniale ed il sistema di disumanizzazione
dei Neri in questo continente non avevano precedenti nella storia.
E soprattutto perché il prolungamento di questa esperienza per più di tre secoli ha ampiamente condizionato la sistematizzazione teorica delle disuguaglianze, compresa la disuguaglianza razziale, le cui conseguenze restano attuali.

Il primo genocidio dei tempi moderni

Gli storici del 20° secolo, lavorando sulla conquista dell’America, sono giunti a
mettersi più o meno d’accordo nello stimare il numero di abitanti del continente americano alla vigilia dell’invasione. È stato dunque sostenuto che alla vigilia del 1500, circa 80 milioni di persone abitavano
il continente americano. Queste cifre sono state confrontate con quelle ottenute cinquanta anni dopo a partire dai censimenti spagnoli4.

Ne risulta che verso il 1550, degli 80 milioni di Indigeni non ne restavano che 10 milioni. Cioè,
in termini relativi una distruzione dell’ordine del 90% della popolazione.
Una vera ecatombe perché in termini assoluti si tratta di una diminuzione di 70 milioni di esseri umani. E, per di più, è importante sapere che in anni recenti alcuni storici sudamericani sono giunti alla conclusione che in realtà, alla vigilia della conquista vi erano in America più di 100 milioni di abitanti. Da un punto di vista europeo, queste stime sono inaccettabili, ovviamente! Se ciò fosse vero, saremmo di fronte ad una diminuzione di 90 milioni di esseri umani.

Ma, aldilà del numero di indigeni sterminati, il comportamento collettivamente adottato dai
conquistatori cristiani ha avuto delle conseguenze perduranti. Ad esempio, la giustificazione a posteriori di questo genocidio ha condizionato l’evoluzione culturale, ideologica e politica della supremazia bianca nei confronti di altri popoli non europei, e infine all’interno stesso d’Europa.

La situazione di impunità di cui beneficiavano i conquistadores doveva, fatalmente, favorire la
rapida apparizione di pratiche molto inquietanti. Come la criminale abitudine di nutrire i cani con gli indigeni e a volte con dei lattanti strappati alla loro madre e gettati in pasto a cani affamati. O la tendenza a divertirsi bruciando vivi degli Indigeni gettati in roghi accesi per farli ardere5. Questo disastro fu la prima conseguenza diretta di quella che i manuali di storia continuano a chiamare ‘la scoperta dell’America’.

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La soluzione africana

Dopo aver svuotato il continente americano della sua popolazione, le potenze occidentali
nascenti hanno fatto dell’Africa nera la fornitrice di schiavi per l’America. Questa impresa ha disgregato l’economia dei paesi africani e svuotato il continente di una parte della sua popolazione, la più gigantesca deportazione di esseri umani che la storia dell’umanità abbia conosciuto. Conviene ricordare la situazione dei paesi africani nel momento in cui sono avvicinati dagli Europei.

È un fatto che, anche se il modo di produzione in Africa non era fondamentalmente schiavista,
le società conoscevano alcune forme di asservimento. Come abbiamo già detto, durante il Medioevo, la schiavitù così come la vendita di esseri umani, era una pratica molto diffusa e l’Africa non è stata un’eccezione.
Dopo il 7° secolo, l’Africa nera, così come l’Europa dopo l’8° secolo, rifornisce di schiavi i paesi dell’impero arabo-musulmano.

Sembrerebbe che, all’epoca, la dimensione e le modalità del traffico di schiavi non sarebbero state
incompatibili con la crescita dell’economia nei paesi interessati da questo commercio di esseri umani. È d’altronde solitamente ammesso che è durante il regno dell’islam in Spagna che l’Europa ha cominciato ad uscire dalle tenebre del Medioevo. Per quel che riguarda l’Africa, noteremo che nel 15° secolo, malgrado l’emorragia effettuata dalla tratta negriera arabo-musulmana, i paesi di questo continente usufruiscono di un buon livello di benessere sociale.

Lo spopolamento del continente così come la miseria e l’indigenza dei suoi abitanti malati
ed affamati, descritti dai viaggiatori che si recarono in Africa nera
durante il 19° secolo, contrastano con i paesi densamente popolati,
l’economia prospera, l’agricoltura rigogliosa, l’artigianato diversificato,
il commercio intenso e, soprattutto, con il livello di benessere sociale
descritto dai viaggiatori, geografi e navigatori sbarcati in Africa
nera tra l’8° ed il 17° secolo, e di cui conosciamo ora le testimonianze
grazie alle diverse ricerche, tra cui quelle di Diop Maes6.

Tra il 16° ed il 19° secolo, le guerre e le razzie a catena, provocate dai negrieri
per procurarsi i prigionieri, hanno portato alla distruzione pressoché
irreversibile dell’economia, del tessuto sociale e della demografia dei popoli africani. La somma delle tratte arabe ed europee, attraverso l’impiego di armi da fuoco, il suo carattere imponente, cioè industriale, della tratta negriera transatlantica in costante crescita, ha causato
in tre secoli devastazioni che il continente non aveva mai conosciuto sino a quel momento. Questo nuovo disastro fu la seconda conseguenza della colonizzazione dell’America.

Un evento disumanizzante

Nel quadro del dominio coloniale sul continente americano, i sopravvissuti indigeni, spogliati
delle loro terre, furono respinti e sistemati in riserve. Allo stesso tempo, milioni di donne, bambini e uomini Africani strappati da casa loro e trasportati in America, furono sistematicamente espulsi dalla
specie umana e ridotti alla categoria di beni mobili o subumani. L’inferiorità razziale dei non Bianchi, e sua sorella gemella, la superiorità della razza bianca, furono inserite nella legge, consacrate dal cristianesimo e rafforzate dai fatti.

Le potenze coloniali, Spagna, Portogallo, Francia, Inghilterra, Olanda, legiferavano per dotarsi
del quadro giuridico all’interno del quale la disumanizzazione dei Neri divenne legale. Di conseguenza, ogni metropoli aveva un arsenale giuridico per regolamentare la sua politica genocida nell’universo
concentrazionario dell’America. A questo proposito, la codificazione più compiuta sarà il codice nero francese7. Promulgato nel 1685, questa mostruosità giuridica è rimasta in vigore fino al
1848, anno della seconda abolizione della schiavitù nelle colonie francesi.

È significativo che, almeno durante i secoli 16° e 17°, per quanto ne sappiamo, non vi
fu una sola voce autorizzata a denunciare e condannare l’espulsione legale dei Neri fuori dalla specie umana. Anche nel 18° secolo, che era pur sempre il secolo dei Lumi, nessuno di quei grandi filosofi ha richiesto formalmente alle autorità competenti la soppressione immediata, reale, senza indugi, delle leggi che regolavano questi crimini8.

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Un’ideologia unanimemente condivisa

Si ha l’abitudine di ignorare che grazie alla razzializzazione dello schiavismo nell’universo
concentrazionario dell’America, la superiorità della razza bianca e l’inferiorità dei Neri sono diventate un assioma profondamente radicato nella cultura occidentale. Bisogna sapere che questa eredità
deleteria del dominio coloniale europeo combinata agli effetti nefasti della mania dei Lumi di ordinare tutto, gerarchizzare, classificare, ha stimolato l’emergere di una cultura più o meno favorevole allo
sterminio dei gruppi considerati inferiori.

Tra il 15° ed il 19° secolo, tutta la produzione letteraria e scientifica concernente
i popoli indigeni d’America mirava a giustificare il loro sterminio passato e futuro. Dopo tre lunghi secoli di barbarie coloniale sotto controllo cristiano, uno dei princìpi convalidati dai cattolici spagnoli
è la certezza che uccidere degli indiani non è un peccato9.
Questa coscienza fu rafforzata dai protestanti anglofoni, convinti che un buon Indiano è quello morto. Così, tutta la letteratura concernente la bestializzazione dei Neri nell’universo concentrazionario dell’America era una vera propaganda in favore della tratta negriera e dello schiavismo
dei Neri presentati come un progresso della civiltà.

Quando ebbe luogo, finalmente, lo smantellamento dell’universo concentrazionario dell’America,
il cambiamento provocato dall’abolizione dello schiavismo ebbe una portata assai limitata. Innanzitutto, perché l’essenziale delle strutture e dei rapporti sociali ed economici posti in essere dalla barbarie istituzionalizzata erano rimaste quasi immutate. Ed anche perché il trionfo del pensiero scientifico sulla fede religiosa ha dato alla razza dei padroni ed ai valori della civiltà occidentale una credibilità di cui la religione non beneficiava più presso gli spiriti più illuminati. Oramai la colonizzazione e gli atti di barbarie che gli sono consustanziali, per esempio lo sterminio di gruppi considerati inferiori, si compiranno avendo a supporto un discorso scientifico.

Una cultura di sterminio

Sarebbe utile uno studio rigoroso concernente il ruolo degli uomini di scienza occidentali
nello sviluppo della cultura di sterminio che ha prevalso nel 19° secolo ed all’inizio del 20° secolo nei paesi colonizzatori. Malgrado il suo rapporto stretto con la nostra analisi, questo non è il soggetto
centrale di questa relazione. Ma possiamo almeno evidenziare alcune piste per coloro che volessero riprendere il soggetto ed informarsi ulteriormente. Alla metà del 19° secolo, le Associazioni scientifiche
più prestigiose sembrano essere state la Geographical Society
e la Anthropological Society a Londra ed anche la Société de Géologie
di Parigi. Il 19 gennaio 1864, ebbe luogo una tavola rotonda organizzata
dalla Anthropological Society sulla Estinzione delle razze inferiori. Vi si trattò del diritto delle razze superiori a colonizzare gli spazi territoriali considerati vitali per i loro interessi.

Nel Journal of the Anthropological Society of London, vol. 165, 1864, venne pubblicato
un resoconto dei dibattiti della Conferenza. Si trattava di sapere se in tutti i casi di colonizzazione sarebbe stata inevitabile l’estinzione delle razze inferiori o se sarebbe stato possibile che esse potessero coesistere con le razze superiori senza essere eliminate10.
All’epoca, l’Inghilterra aveva già compiuto, oltre al genocidio degli Indigeni in America del Nord, quello degli Aborigeni d’Australia tra cui i Tasmani.

In Francia, Albert Sarrault, tenendo dei discorsi agli studenti della École coloniale,
affermava: ‘sarebbe puerile opporre alle imprese europee di colonizzazione un preteso diritto di occupazione […] che renderebbe perenne in mani incapaci il vano possesso di ricchezze senza impiego11‘.
Da parte sua, il sociologo francese Georges Vacher de Lapouge sosteneva che non vi era nulla di più normale della riduzione in schiavitù delle razze inferiori e perorava per una sola razza superiore, livellata attraverso la selezione.

Scienziati reticenti

Porremo in evidenza come la maggior parte degli antropologi tedeschi, pur se convinti della
propria superiorità razziale, non condividevano con i loro colleghi britannici, nordamericani e francesi, la convinzione che le razze inferiori dovessero necessariamente sparire a contatto con la civiltà. Il professor Théodore Waitz, ad esempio, sviluppa tra il 1859-1862 un lavoro per contestare
le fondamenta delle teorie propagate dai suoi colleghi occidentali, impegnati nella giustificazione scientifica degli stermini commessi dai loro paesi.

In seguito, il suo allievo Gorge Gerland compirà nel 1868 uno studio sullo sterminio delle
razze inferiori. Egli denuncerà la violenza fisica esercitata dai colonizzatori
come fattore di sterminio più tangibile, affermando che non esiste nessuna
legge naturale per cui i popoli primitivi debbano sparire affinché la civiltà progredisca. Le argomentazioni di questo uomo di scienza tedesco per il diritto alla vita delle razze dette inferiori è un fatto rarissimo in questo periodo storico.

Nel 1891 il professore tedesco Friedrich Ratzel pubblica il suo libro Anthropogéographie
(Antropogeografia) e nel decimo capitolo intitolato Il declino dei popoli di culture inferiori a contatto con la civiltà, esprime la sua ostilità concernente la distruzione dei
popoli indigeni: ‘È diventata una regola deplorevole che dei popoli
debolmente progrediti muoiano a contatto con dei popoli altamente civilizzati.
Ciò si applica alla vasta maggioranza degli Australiani, dei Polinesiani,
degli Asiatici del Nord, degli Americani del Nord e di numerosi popoli
dell’Africa del Sud e dell’America del Sud. (…) Gli Indigeni sono
uccisi, cacciati, proletarizzati e si distrugge la loro organizzazione
sociale. Le caratteristiche principali della politica dei Bianchi è
l’uso della violenza dei forti sui deboli. Lo scopo è di impadronirsi
delle loro terre. Questo fenomeno ha assunto la forma più intensa nell’America
del Nord. Bianchi assetati di terre si ammassano tra popolazioni indiane
deboli e parzialmente disintegrate12‘. Sarebbe stato l’ultimo
discorso in cui il professor Ratzel avrebbe espresso un punto di vista
così poco favorevole all’estinzione dei popoli inferiori.

Un’evoluzione sfortunata

Le antiche potenze negriere riunite a Berlino nel 1884-85 ufficializzano la spartizione
dell’Africa. La Germania si assicurò il controllo del sud-ovest africano, cioè la Namibia, e gli attuali territori della Tanzania, del Burundi e del Ruanda, oltre che il controllo sul Togo ed il Camerun.

L’ingresso della Germania nell’impresa coloniale segna una differenza notevole tra
il discorso degli scienziati tedeschi prima degli anni 1890 e quello che saranno fatti dopo il 1890 sullo stesso soggetto: lo sterminio delle razze inferiori o il loro asservimento seguendo i bisogni dei conquistadores ed il progresso della civiltà. In effetti, nel 1897 il professor Ratzel
pubblica Geografia politica in cui parteggia in tutto e per tutto per lo sterminio delle razze inferiori.
Afferma che un popolo in sviluppo che ha bisogno di maggior terre deve conquistarle. ‘[le terre], attraverso la morte e lo spostamento dei loro abitanti, sono trasformate in terre disabitate13‘.

Il dominio economico combinato a metodi razzisti ha fatto sorgere la supremazia bianca cristiana.
La sua ideologia egemonica regna indivisa sul pianeta e conosce tutto il suo splendore tra la seconda metà del 19° secolo e la prima metà del 20° secolo. Anche negli antichi paesi colonizzati, lo sterminio
delle razze inferiori aveva valore di politica ufficiale.

Un’ideologia trionfante

La maggior parte dei paesi d’America sono diventati indipendenti durante il 19° secolo.
Le classi dirigenti di questi paesi si credono bianche perché sono
scaturite da avventurieri europei che spesso violentavano le donne indigene.
Arrivati al potere in seguito alle guerre di indipendenza, queste elite
si sono sempre identificate con il loro antenato bianco. Di fatto, esse
adottarono i metodi di sterminio degli indigeni ereditati dalla colonizzazione.
Nell’aprile 1834, le autorità dell’Argentina, da poco paese indipendente,
scatenarono la ‘Campaña del Deserto’ (Campagna del Deserto), il
cui scopo era lo sterminio dei sopravvissuti Indigeni che occupano la
Pampa. Diretta da Juan Manuel de Rosas, diventato Presidente dell’Argentina
a partire dal 1835, questa campagna fu coordinata con il governo del
Cile. Il primo governo costituzionale dell’Uruguay, diretto da Fructuoso
Rivera, si è anch’esso unito alla Campagna che doveva trasformare
queste terre in spazi disabitati.

Malgrado l’estrema violenza della ‘Campagna’, non tutti gli indigeni sono morti, a
gran danno del presidente Rosas secondo cui gli Indiani si riproducevano
come insetti. Per rimediare a questo scacco, nel 1878, per iniziativa
del Ministro della Guerra Julio Argentino Roca, il Congresso Nazionale
argentino vota e approva la legge ‘de expansion de las fronteras hasta
el Rio Negro’ (espansione delle frontiere). È il punto di partenza
della seconda ‘Campagna del Deserto’ che deve definitivamente svuotare
la Pampa dalla sua popolazione indigena per fare avanzare la civiltà.

Uno spazio vitale ante litteram

La ‘Campagna’ ha luogo nel momento in cui gli Indigeni superstiti sono braccati in
tutto il continente. Nel nord America sono massacrati e respinti allo scopo di liberare uno spazio diventato vitale per l’installazione di famiglie civilizzate, cioè bianche. In Argentina, l’obiettivo
ambito della ‘Campagna’ era lo stesso: sostituzione della popolazione locale con una popolazione civilizzata in grado di garantire l’effettiva incorporazione della Pampa e della Patagonia alla nazione dello Stato Argentino.

Alcuni decenni più tardi, Henrich Himmler difenderà lo stesso principio di sostituzione
delle popolazioni quando affermava: ‘il solo mezzo per risolvere il
problema sociale è, per un gruppo, di uccidere gli altri ed impadronirsi
del loro paese14‘. Ma per il momento, questo accadeva in
America e a detrimento delle popolazioni non-Europee. Il ministro Roca,
che è all’origine della seconda ‘Campagna del Deserto’, ha anche
vinto le elezioni nel 1880 ed è diventato Presidente dell’Argentina.

Naturalmente, alcune voci si levarono per criticare la barbarie delle atrocità commesse
durante la Campagna. Ma, nell’insieme, l’inferiorità delle vittime
non era contestata ed il governo di Julio Roca detto “conquistador
del Deserto” fu percepito come il fondatore dell’Argentina moderna.
Nella storia di questo paese va preso in considerazione soprattutto che
è durante la Presidenza di Roca che il paese avanzava verso la separazione
tra Chiesa e Stato, il matrimonio civile, il registro delle nascite
e l’educazione laica. Una delle più grandi città della Patagonia
porta il nome di Roca.

Non molto tempo fa, lo storico Felix Luna affermava molto seriamente: ‘Roca ha incarnato
il progresso, ha integrato l’Argentina nel mondo: mi sono sforzato di capire cosa implicava sterminare alcune centinaia di indiani per poter governare. Bisogna considerare il contesto dell’epoca in cui si viveva un’atmosfera darwinista che favoriva la sopravvivenza del più forte
e la superiorità della razza bianca (…) Con degli errori, degli abusi,
con un costo, Roca fece l’Argentina di cui godiamo oggi: i parchi,
gli edifici, il palazzo delle Opere Sanitarie, quella dei Tribunali, la Casa del Governo15‘.

Sterminabili perché inferiori

Si noterà che dopo il primo genocidio dei tempi moderni, commesso dai cristiani in America
a partire dal 1492, la situazione dei popoli non Europei in generale
e dei Neri in particolare si trova regolata dalle esigenze della supremazia
bianca. Nell’universo concentrazionario d’America, il Nero espulso dalla specie umana in quanto subumano o bene mobile non fu mai reintegrato o reinserito nella sua umanità. Ed i sopravvissuti indigeni erano massacrati in massa per rendere abitabili le loro terre.

In Africa, il popolo congolese, durante l’amministrazione di quel carnefice che fu Re Leopoldo
II, fu sottomesso a delle forme di asservimento che causarono la distruzione
della metà della popolazione passata da 20 a 10 milioni di abitanti16.
In questo stesso continente, anche la Germania, come altri prima di
essa, applicherà i buoni principi della colonizzazione. Tra il 1904
ed il 1906, cioè nello spazio di due anni, i Tedeschi sterminarono
i tre quarti del popolo Herero. Senza contare i morti dei Nama, Baster,
Ottentotti, ecc17.

Nel quadro del dominio coloniale tedesco in Namibia, il professor Eugen Fischer andò a studiare
nel 1908 presso i Baster, situati a Rehoboth ‘il problema della bastardizzazione presso l’essere umano’. Le raccomandazioni del ricercatore sono ineccepibili. Leggiamo nel suo trattato a proposito
dei meticci: ‘che si garantisca dunque il preciso grado di protezione che è loro necessario in quanto razza inferiore alla nostra, nulla di più, e unicamente fin quando ci sono utili, altrimenti svolga
il suo corso la libera concorrenza, e cioè, secondo me, che spariscano18‘.

Questo lavoro in cui il professor Fischer credeva di aver dimostrato scientificamente l’inferiorità
dei Neri, diede gloria al suo autore, il cui prestigio giunse al di là delle frontiere del paese. Anni più tardi, allorché nel 1933 Adolph Hitler giunse al potere in Germania, del tutto naturalmente, il professor
Fischer porrà al servizio della politica razziale del nuovo Stato il prestigio e l’autorità che gli conferivano la sua condizione di scienziato di fama mondiale. Nei fatti, questo fu l’atteggiamento dell’establishment scientifico nell’insieme19.

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Il pericolo di essere classificati inferiori

È un fatto veridico che, alla fine del 19° secolo e durante i primi decenni del 20° secolo,
lo sterminio di esseri inferiori o la programmazione della loro sparizione era una realtà che non sollevava grandi ondate di solidarietà nei riguardi delle vittime. È per questo che i dirigenti nazisti si impegnarono a convincere i Tedeschi che gli Ebrei, così come gli Slavi ed altri gruppi, erano differenti e di conseguenza inferiori.

È in questo contesto così favorevole allo sterminio degli inferiori che i consiglieri scientifici
del piano quadriennale incaricato di pianificare l’economia della Germania nazista spinsero la logica dell’annientamento ancor più lontano dei loro predecessori e in una combinazione tanto terribile quanto sinistra tra i fattori ideologici e le motivazioni utilitarie, programmando lo sterminio di 30 milioni di esseri umani.

Nel loro saggio Gli architetti dello sterminio, Susanne Heim e Götz Aly evidenziano
che i pianificatori dell’economia, scelti non in funzione della loro militanza politica ma per la loro competenza professionale, fondavano la loro documentazione su considerazioni puramente economiche e geopolitiche senza il minimo riferimento all’ideologia razziale. Riproducono anche il resoconto di una riunione durante la quale i consiglieri dell’economia applicarono in presenza di Goebbels il loro piano di approvvigionamento alimentare.

Quest’ultimo annotò nel suo diario il 2 maggio 1941: ‘La guerra non può proseguire a meno che la Russia fornisca dei viveri a tutte le forze armate tedesche durante il terzo anno della guerra. Milioni di persone moriranno certamente di fame se i viveri che ci sono necessari saranno distolti al
paese20‘. In effetti questo piano doveva fare morire circa 30 milioni di Slavi in un primo tempo, ma questo doveva assicurare l’approvvigionamento dei viveri per un anno ed in più rendere disabitate delle terre in cui delle famiglie tedesche si sarebbero trasferite.

Una tradizione sinistra

Così Hermann Göring, il cui padre fu il primo governatore tedesco in Namibia, poteva dire
nel 1941 al suo omologo ministro italiano degli Affari esteri, il conte Ciano: ‘Quest’anno, da 20 a 30 milioni di persone moriranno di fame in Russia. Forse è per il meglio, perché certe nazioni devono
essere decimate21‘. Coloro che, in un’associazione estrema dell’ideologia razzista e la motivazione utilitaria, programmavano lo sterminio di 30 milioni di Slavi, potevano programmare senza preoccupazioni lo sterminio di un altro gruppo considerato anch’esso inferiore, nel
caso specifico quello degli Ebrei.

Non è per caso che il Professor Wolfang Abel ‘Incaricato dall’alto comando delle
forze armate di realizzare degli studi antropologici su dei prigionieri
di guerra sovietici, propose tra altre opinioni la liquidazione del popolo russo22‘. Il Professor Abel fu allievo del Professor Fischer prima di diventare il suo assistente. Insieme formarono i primi esperti scientifici incaricati di selezionare coloro che, colpevoli di non essere Ariani dovevano essere sterminati ad Auschwitz o altrove23.

In quanto ai Sovietici: ‘Al 1° febbraio 1942, su 3,3 milioni di soldati dell’Armata rossa
fatti prigionieri, 2 milioni erano già morti nei campi tedeschi e nel corso dei trasporti, cioè il 60%. Se non si considerano le prime tre settimane di guerra, nel corso delle quali i primi prigionieri poterono
attingere alle loro riserve corporee, questa cifra corrisponde ad un tasso di mortalità di 10.000 uomini al giorno24‘.

La tragedia degli uni ed il profitto degli altri

La grande maggioranza dei Tedeschi, felice di ritrovarsi dalla parte giusta, accettò il fatto
compiuto, e cioè l’esclusione dei non Ariani, e ne trasse tutto il beneficio possibile. Va da sé che all’epoca la solidarietà nei confronti dei gruppi considerati inferiori non faceva affatto tendenza
nella cultura dominante. Molti secoli di bombardamento ideologico per
giustificare lo schiacciamento dei popoli colonizzati e asserviti non avevano certo favorito l’umanità di coloro che ne traevano profitto25.

Come bene afferma Aly: ‘Il governo nazista suscitò il sogno di una macchina popolare:
introdusse il concetto di vacanze, praticamente sconosciuto sino ad
allora, raddoppiò il numero dei giorni di ferie e si mise a sviluppare
il turismo di massa che ci è oggi molto familiare (…). Così, l’esonero
fiscale degli aumenti per il lavoro notturno, le domeniche ed i giorni
festivi accordati per la vittoria sulla Francia, fu considerato, sino
alla sua recente messa in causa, come una conquista sociale (…). Hitler
ha risparmiato gli Ariani medi a discapito del minimo vitale di altre categorie26‘.

Il denaro rubato agli Ebrei d’Europa ed ai paesi durante l’occupazione tedesca è servito
al governo nazista per finanziare la sua politica sociale mirante a migliorare il livello di vita della popolazione ariana. Si capisce che dopo la guerra tanti Tedeschi potevano ammettere in privato di aver
vissuto il periodo più prospero della loro vita durante il governo nazista, compresa la guerra…

Conclusione

Il dominio coloniale su altri popoli ha sempre fornito le condizioni indispensabili per la
creazione di sistemi di asservimento e disumanizzazione freddamente regolati. Fu il caso nell’universo concentrazionario d’America, in cui le potenze coloniali hanno inventato un sistema giuridico all’interno
del quale, la bestializzazione dei Neri in quanto Neri era compiuta in tutta legalità. Nel 19° secolo, la colonizzazione britannica in Australia ha rinnovato il genocidio compiuto in America del Nord.

In Africa, i popoli congolesi hanno sofferto il loro Adolf Hitler incarnato dal Re dei Belgi
che, non soddisfatto di far morire metà della popolazione, faceva tagliare
le mani a coloro che cercavano di fuggire i lavori forzati27.
In Namibia, la Germania coloniale ha compiuto il suo primo genocidio e potrei continuare a lungo, ma posso anche fermarmi. Vi è abbastanza materiale per comprendere che l’impresa nazista di disumanizzazione si iscrive in un filone di continuità, segnato senza interruzione dalla barbarie coloniale.

Alla fine della guerra, le potenze coloniali vittoriose hanno decretato che il nazismo era
incomprensibile ed orribile perché dietro alle sue atrocità non vi era alcuna razionalità economica. Poiché la motivazione utilitaria era sempre stata usata per garantire le imprese di disumanizzazione condotte contro altri popoli non Europei, bisognava assolutamente che l’impresa nazista
di disumanizzazione fosse sprovvista di ogni motivazione utilitaria. Da qui questo approccio riduzionista che ha storicamente isolato il nazismo e focalizzato l’attenzione sulle atrocità commesse dai nazisti astraendo dai fattori senza i quali, tutti lo dovrebbero sapere, questo disastro
spaventoso non avrebbe mai raggiunto la sproporzione che conosciamo.

Rosa Amelia Plummelle-Uribe
Fonte: http://www.afrikara.com/
Link: http://www.afrikara.com/index.php?page=contenu&art=1386
10.09.2006

Scelto e tradotto per www.comedonchisciotte.org da MASSIMO CARDELLINI

Note

[1] Cfr. a questo proposito, Charles Verlindin, L’esclavage dans l’Europe médiévale, Tome 1, Péninsule Ibérique, Bruges, De Tempel, 1955; Tome 2 Italie Colonies italiennes du Levant latin Empire Byzantin, Gand, 1977; (Lo schiavismo nell’Europa medievale, tomo 1, Penisola Iberica, Francia, 1955; tomo 2, Italia, Colonie italiane del Levante latino, Impero Bizantino, 1977).

[2] Verlinden, L’esclavage dans l’Europe médiévale, Tomo 2, particolarmente nel capitolo II la tratta veneziana e la tratta ebraica, pagina 115 e seguenti, ed anche nel capitolo III la tratta degli eunuchi, pagina 981 e seguenti. Questo libro, diventato introvabile in libreria, può essere consultato alla biblioteca del Centre Pompidou ed anche a quella della Sorbona.

[3] Jacques Heers, Esclaves et domestiques au Moyen Âge dans le monde méditerranéen, (Schiavi e servi durante il Medioevo nel mondo mediterraneo), Fayard, Paris, 1981, p. 12.

[4] Per questo argomento, cfr. Tzvetan Todorov, La conquête de l’Amerique, la question de l’autre, Paris, 1982; (Tr. it., La conquista dell’America. La questione dell’altro, Einaudi, Torino, 1984).

[5] Cfr. Bartolomé de Las Casas, Brevísima relación de la destrucción de las Indias, Buenos Aires, 1966, (tr. it. Breve relazione sulla distruzione delle Indie, Mondadori, Milano, 1997); ed anche Historia de las Indias, México, Fondo de Cultura Económica, 1951.

[6] Il lettore consulterà con profitto l’opera pionieristica di Louise Marie Diop Maes, Afrique Noire, Démographie, Sol et Histoire, Présence Africane, Paris, 1996, (Africa nera, demografia, suolo e storia).

[7] Louis Sala-Molins, Le code noir ou le calvaire de Canaan, Presses universitaires de France Paris, 1987, (Il codice nero o il calvario di Canaan); (Tr. it. Il codice nero, Associazione Nova Cultura, 1993).

[8] Louis Sala-Molins, Les Misères des Lumières. Sous la Raison, L’Outrage, Paris, 1992, (Le Miserie dei Lumi. Sotto la Ragione).

[9] Nel 1972, in Colombia, un gruppo di contadini analfabeti ha dovuto rispondere davanti al tribunale per il massacro premeditato di 18 Indigeni uomini, donne e bambini. Gli accusati sono stati prosciolti da una giuria popolare perché non sapevano che uccidere degli Indigeni fosse peccato e meno ancora un delitto. Cfr. a questo proposito Amelia Plumelle-Uribe, La férocité blanche. Des non-Blancs aux non-Aryens. Génocides occultés de 1492 a nos jours, Paris, 2001; (La ferocità bianca. Dai non-Bianchi ai non-Ariani. Genocidi occultati dal 1492 ai nostri giorni.

[10] Sven Lindqvist, Exterminez toutes ces brutes. L’odysée d’un homme au cœur de la nuit et les origines du génocide européen, Le Serpent à Plumes Paris, 1999; (Sterminate tutti questi bruti. L’odissea di un uomo nel cuore della notte e le origini del genocidio europeo, tr. it., Sterminate quelle bestie, TEA, Milano,2003). [Sterminate quelle bestie, è la frase che Kurtz, il protagonista di Cuore di tenebra, romanzo del 1902 di Joseph Conrad, scrive a conclusione di un suo rapporto alle autorità sul compito della missione civilizzatrice dell’uomo bianco. Sven Lindqvist, è un importante scrittore svedese che ha fatto dell’impegno etico politico e della denuncia delle crudeltà perpetrate dalle cosiddette società civili il centro della sua attività di scrittore. In Italia molti dei suoi lavori sono stati pubblicati dalla casa editrice TEA e Ponte alle Grazie. Nel suo lavoro citato nel presente articolo Lindqvist dimostra che i campi di sterminio non furono altro che l’applicazione su scala industriale di una politica di sterminio su cui il dominio europeo già poggiava da secoli nei confronti dei popoli sottomessi dalla sua politica imperialista (N.d.T.)].

[11] Aimé Césaire, Discours sur le colonialisme, Paris, 1955; (Discorso sul colonialismo).

[12] Lindqvist, op. cit., p. 189-190.

[13] Ibid, p. 192.

[14] Götz Aly e Susanne Heim, Les architectes de l’extermination Auschwitz et la logique de l’anéantissement, Calmann-Lévy, Paris, 2005, p. 25-26, (Gli architetti dello sterminio. Auschwitz e la logica dell’annientamento).

[15] Consultare Diana Lenton, La cuestion de los Indios y el genocidio en los tiempos de Roca : sus repercusiones en la prensa y la politica, SAAP- Sociedad Argentina de Análisis Politico www.saap.org.ar/esp/page . Vedere anche Osvaldo Bayer, le journal argentin, Pagina 12, Sábado, 22 de octubre 2005.

[16] Adam Hochschild, Les fantômes du roi Léopold II. Un holocauste oublié, Belfond, Paris, 1998, (I fantasmi di re Leopoldo II. Un olocausto dimenticato).

[17] Ingol Diener, Apartheid! La cassure, Paris, 1986.

[18] Benno Muller-Hill, Science nazie, science de mort, Editions Odillle Jacob, Paris, 1989, p. 194, (Scienza nazista, scienza di morte).

[19] Consulter Muller-Hill.

[20] Aly e Heim, op. cit., p. 271-272.

[21] Ibid, p. 267.

[22] Ibid, p. 289.

[23] Muller-Hill, op. cit.

[24] Götz Aly, Comment Hitler a acheté les Allemands, Flammarion, Paris, 2005, p. 172; (Come hitler ha comprato i tedeschi).

[25] Cfr. Plumelle-Uribe, op. cit.

[27] Götz Aly, Comment Hitler a acheté les Allemands, p. 9, 28.

[28] Hochschild, op. cit.

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