Covid-19: riceve il vaccino, muore 6 giorni dopo l’inoculazione

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Riceviamo segnalazioni che riguardano casi di sanità tutti i giorni, da agenzie di stampa, da associazioni, da privati.
Sono quest’ultimi quelli che in questo momento, per la maggiore, sottolineano il tema del rapporto rischio / beneficio rispetto alla vaccinazione da Covid-19.
Ma anche il senso civico, o meglio, se sia opportuno e lineare correlare questo ad una scelta tanto importante quanto quella della somministrazione di un vaccino. Anche perchè di studi che dimostrino l’efficacia di quanto oggi proposto sul mercato non c’è praticamente nulla.

Non abbiamo scritto molto in questi giorni in merito agli avvenimenti che hanno coinvolto il vaccino Astrazeneca, con la relativa sospensione, lo stesso giorno in cui l’EMA approvava quello della Johnson&Johnson.
Non abbiamo nemmeno scritto sui casi di decessi post vaccinazione, poi prontamente smentiti da chi si occupa delle relative indagini.
Abbiamo trovato sospetti i tempi, da assoluto record, con i quali gli addetti ai lavori hanno voluto smentire la correlazione con la somministrazione del vaccino.
Anche perché un qualunque anatomopatologo potrebbe confermare che per poter arrivare a dimostrare la connessione tra il vaccino e un decesso sono necessari esami molto specifici e molti denari che spesso portano gli stessi familiari del defunto a non procedere.

In provincia di Brescia muore un anziano, di questi tempi si tende a far apparire tutto normale, prevedibile, scontato, ma non lo è. Soprattutto quando in salute fino all’inoculazione del vaccino. Dallo stesso giorno la vita cambia e da li a sei giorni il suo decesso.

In redazione però arriva anche la disperazione di chi, in piena fiducia e per quel senso del “dovere“, ha deciso di ricorrere al vaccino Covid-19, non si sa se per quello stesso senso civico che tanto hanno fatto pesare, se per un vero intento a ricorrere alla protezione che lo stesso può dare (ma che non è garantito dagli attuali e limitati studi al riguardo), o per l’insistenza del proprio medico di base (spesso spinto più dagli incentivi che quest’ultimo riceve).

Pubblichiamo una lettera arrivata ieri, abbiamo parlato con i familiari, e dopo il confronto abbiamo deciso insieme di metterla on line con due omissioni: l’autore sarà protetto, e abbiamo deciso di non menzionare quale sia il vaccino sospettato, tra gli attuali somministrati in Italia.

Perchè il fine di questo editoriale non è l’attacco al vaccino in sé o alla casa farmaceutica specifica, perché riteniamo che in quell’ambito ci siano anche grosse lotte e strategie commerciali.
Quello che vogliamo è semplicemente portare i cittadini ad una riflessione, che agli occhi di alcuni appare quanto di più semplice: chi, e come, definisce i rischi e i benefici rispetto all’adozione di un farmaco (o di un vaccino)!

Pochi sanno che anche la letteratura scientifica si è espressa in materia, tanto da trovarsi a gestire e concetti e le pratiche di beneficio e di rischi.
La ottimizzazione di questi ultimi, con l’intento di renderli parte di una routine e di normative, deve portare a profonde riflessioni.
Soprattutto quando una EMA, chiamata all’appello fino alla nausea in questi giorni, spesso nelle recenti norme parla di risk-management e appropriatezza di quanto immesso con forza sul mercato dei medicinali.

***

Domenica 7 marzo ho perso mio zio. Causa del decesso, secondo il medico, una trombo-embolia.

Lo zio aveva 86 anni e era in buona salute, salvo un problema cardiaco che l’aveva costretto ad un’angioplastica 26 anni fa.
Nonostante la cardiopatia, con la quale conviveva egregiamente, era infatti perfettamente autosufficiente, tanto da vivere tranquillamente in una casa su due piani.

Circa tre settimane prima degli eventi qui riportati, aveva effettuato i controlli annuali, che l’avevano nuovamente promosso!

Nel pomeriggio di lunedì 1 marzo si è sottoposto alla prima dose del vaccino *******.
Nel tardo pomeriggio dello stesso giorno, lo zio presentava qualche linea di febbre, non degna di nota secondo il medico.

Dal dì successivo, martedì 2 marzo, ha però iniziato ad avere problemi: è caduto con conseguente indolenzimento generale e la sera, appena sdraiato a letto, ha avuto un collasso.
Qualche minuto con battiti rallentati e perdita di conoscenza. Subito ripreso ha trascorso una notte tranquilla.
L’indomani, mercoledì 3 marzo, manifestava malessere generale, mal di testa e affaticamento respiratorio.

Da quel momento non è più riuscito a camminare autonomamente, non è più potuto salire in camera da letto, riposando giorno e notte sul divano.
Essendo sempre più affaticato, è stato chiamato un parente medico, con specializzazione in pneumologia, che visitatolo la sera stessa, ha predisposto per un RX torace urgente da effettuarsi la mattina successiva, giovedì 4 marzo.

La lastra evidenziava un versamento, a parere del radiologo, non recente, nonché un ingrossamento cardiaco.
Venivano quindi prescritti i seguenti farmaci: ceftriaxone, predsnidone e ossigeno giorno e notte, avendo rilevato un valore tra 84 e 85 di saturazione.

Venerdì 5 marzo la situazione era praticamente invariata, nonostante l’ossigeno; lo zio alternava momenti di lucida presenza a momenti di semi incoscienza.
Il giorno successivo, sabato 6 marzo, nel primo pomeriggio, mentre era in bagno ha avuto un secondo collasso, è caduto ed è rimasto in stato di incoscienza per alcuni minuti: i battiti erano scesi a 30 al minuto, poi improvvisamente saliti a 120 e a quel punto si è deciso per il ricovero.
Al momento del ricovero lo zio è risultato positivo al tampone.

Nelle prime ore successive alla degenza la saturazione era salita oltre 90 e sembrava ci fosse un netto miglioramento.
Alle 23:00 ci avvisavano di un improvviso aggravamento.
Il decesso è avvenuto alle due di mattina di domenica 7 marzo.

Poiché la zia non vuole assolutamente affrontare una battaglia legale, questa mia storia sarà in forma anonima.

Premetto che non ho certo la presunzione di cambiare l’opinione di chi leggerà questo resoconto, né di screditare in alcun modo la farmacologia; il mio obiettivo è di suscitare domande in maniera che chi vuole accedere alla campagna vaccinale lo faccia SOLO ed ESCLUSIVAMENTE se assolutamente convinto e non per coercizione, né tantomeno per rassegnazione collettiva, con molta cautela, ma soprattutto con la consapevolezza dei rischi, ponendosi e ponendo domande, pretendendo risposte chiare ed esaustive.

Il rapporto rischi-benefici deve sempre essere chiaro soprattutto quando si parla di salute.”

Fonte articolo: https://www.informazionelibera.org/editoriale/covid-19-riceve-il-vaccino-muore-6-giorni-dopo-l-inoculazione.html

 

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