Will Jones
dailysceptic.org
Sembra che le critiche abbiano finalmente raggiunto l’U.K. Health Security Agency (UKHSA). Il nuovo Vaccine Surveillance report, pubblicato giovedì, è stato epurato della tabella incriminata che mostrava tassi di infezione più alti nei vaccinati con doppia dose, rispetto ai non vaccinati per tutti gli over 30 ed una percentuale più che doppia per quelli di età compresa tra i 40 e i 79 anni.
Al suo posto abbiamo ora una tabella simile a quella sottostante, che pubblico sul Daily Sceptic tutte le settimane (anche se senza le stime di efficacia del vaccino) con un sacco di spiegazioni e titoli in più.
Ecco i grafici aggiornati per l’Inghilterra, ricavati dai dati reali, sull’efficacia dei vaccini non rettificata in base al tempo.
Le cifre di questa settimana continuano a peggiorare per i vaccinati, con un’efficacia (non rettificata) del vaccino contro l’infezione che va da un -31% per le persone di 30 anni, ad un -132% per le persone di 40 anni, -113% per quelle di 50 anni, -114% per quelle di 60 anni e -104% per quelle di 70 anni. Per gli ultraottantenni è salita leggermente, ad un ancora abissale -30%, rispetto al -34% della settimana scorsa. L’efficacia del vaccino rimane positiva per i minori di 30 anni, anche se per i 18-29enni è nuovamente scivolata al 21%. È ancora altamente positiva per i minori di 18 anni, anche se è scesa leggermente per la prima volta all’81%, dal 90% della settimana precedente. Questa settimana, l’efficacia del vaccino nei confronti dell’ospedalizzazione e della morte è rimasta in gran parte stabile, il che significa che non c’è ancora alcun segno del forte calo riscontrato nel recente studio svedese.
È stato un piacere vedere l’UKHSA difendere con forza la sua interpretazione dei dati provenienti dal NIMS [National Immunisation Management System] dalle critiche rivoltegli, tra gli altri, da David Spiegelhalter, che li ha definiti “profondamente inaffidabili e completamente inaccettabili”, con i tassi di infezione più alti nei vaccinati “semplicemente dovuti ad un artefatto legato all’uso di stime chiaramente inappropriate della popolazione”. Il rapporto [dell’UKHSA] controbatte:
Le fonti potenziali dei dati al denominatore sono il National Immunisation Management Service (NIMS) o le stime di metà anno della popolazione dell’Office for National Statistics (ONS). Ogni fonte ha punti di forza e limiti che sono descritti in dettaglio qui e qui.
Il NIMS forse sovrastima i denominatori in alcuni gruppi di età, ad esempio perché persone registrate presso l’NHS [n.d.T. National Health Service] potrebbero essersi trasferite all’estero, ma, poiché si tratta di un registro dinamico, tali pazienti, una volta identificati dall’NHS, possono essere rimossi dal denominatore. D’altra parte, i dati ONS utilizzano stime della popolazione basate sul censimento del 2011 ed altre fonti di dati. Se si fa uso [dei dati] ONS, la copertura vaccinale supera il 100% della popolazione in alcuni gruppi di età, il che, a sua volta, porterebbe ad un denominatore negativo nel calcolo della consistenza della popolazione non vaccinata.
L’UKHSA utilizza il NIMS in tutti i suoi rapporti di sorveglianza COVID-19, compreso nel calcolo dei tassi di infezione, ospedalizzazione e decessi per stato di vaccinazione, perché è un database dinamico di individui identificabili, dove il numeratore e il denominatore provengono dalla stessa fonte e c’è una registrazione dello stato di vaccinazione per ogni individuo. Inoltre, il database del NIMS contiene variabili sociodemografiche chiave per coloro che sono destinati a ricevere il vaccino, fornendo una fonte di dati ricca e coerentemente codificata per la valutazione del programma di vaccinazione. Sforzi su larga scala per contattare gli iscritti nel registro porteranno all’identificazione di persone che potrebbero essere state conteggiate più volte e daranno l’opportunità di migliorare la precisione del database, in modo da poter aggiornare in tempo reale le statistiche di assorbimento del vaccino e le campagne di vaccinazione locali.
Molto meno gradito è stato il fatto che il rapporto abbia ribadito che i suoi dati non dovrebbero essere usati per stimare l’efficacia del vaccino. All’inizio della settimana, la Dottoressa Mary Ramsay, responsabile delle vaccinazioni presso l’UKHSA, aveva detto: “Il rapporto spiega chiaramente che lo stato di vaccinazione dei pazienti infetti, dei pazienti ricoverati e dei decessi non dovrebbe essere usato per valutare l’efficacia del vaccino e c’è un grosso rischio di fraintendere questi dati a causa delle differenze nel rischio, nel comportamento e nei test fra popolazioni vaccinate e non vaccinate.” Avevo fatto notare che questo era falso, il rapporto non “spiegava chiaramente” che i suoi dati “non avrebbero dovuto essere usati per valutare l’efficacia del vaccino”. Piuttosto, specificava che “non è il metodo più appropriato per valutare l’efficacia del vaccino e c’è un alto rischio di interpretazione errata”, il che lascia intendere (correttamente) che può essere utilizzato per questo, scopo a condizione che si tenga conto dei rischi di un’interpretazione errata.
Ora, però, il testo del rapporto si allinea con la dichiarazione del dottor Ramsay. Dice: “Il confronto delle percentuali dei casi tra le popolazioni vaccinate e non vaccinate non dovrebbe essere usato per stimare l’efficacia del vaccino contro l’infezione da COVID-19”.
È difficile enfatizzare quanto ciò sia scandaloso. Equivale al tentativo del governo di ridefinire un concetto di base dell’immunologia, l’efficacia del vaccino, perché, attualmente, non sta dando la risposta “corretta” e in linea con la narrativa ufficiale. Si tratta infatti di un’affermazione falsa. Confrontare le percentuali dei casi tra gruppi vaccinati e non vaccinati non solo può essere usato per stimare l’efficacia del vaccino, ma è la definizione stessa dell’efficacia di un vaccino, la riduzione dei tassi di infezione nei vaccinati rispetto ai non vaccinati. Naturalmente, qualsiasi distorsione nei dati dovrebbe essere identificata e, dove possibile, rettificata o controllata. Ma questo non significa che i dati della popolazione “non dovrebbero essere usati” per stimare l’efficacia non rettificata del vaccino, come se tale stima non ci dicesse nulla di utile e fosse del tutto fuorviante.
L’assurdità di questo sottile tentativo di gettare un’ombra su dati sfavorevoli è evidenziata dal fatto che le motivazioni fornite dall’UKHSA sulla non validità delle stime sono completamente diverse dalle opinioni espresse dai suoi più importanti critici. Persone come David Spiegelhalter e Leo Benedictus (di Full Fatuous) si preoccupano principalmente delle presunte carenze dei dati sulla popolazione, sostenendo che dovrebbero invece essere usati i dati ONS. Ma, come si è visto, l’UKHSA non accetta questa critica e difende l’utilizzo dei dati provenienti dal NIMS. In un mondo normale, questo significherebbe che, una volta affrontata e risolta la critica principale, torneremmo ad usare questi dati per stimare l’efficacia del vaccino.
Invece no, perché l’UKHSA ha un’altra ragione, completamente diversa, per cui ritiene non sia valido fare una cosa del genere. I dati della popolazione, spiega, forniscono solo “tassi grezzi che non tengono conto delle distorsioni statistiche sottostanti a tali dati”:
Nelle persone vaccinate esistono probabilmente differenze sistematiche nella scelta di sottoporsi al test e nel rischio di contrarre la Covid. Per esempio:
– le persone completamente vaccinate possono essere più attente alla salute e quindi più propense a sottoporsi al test per la COVID-19
– le persone completamente vaccinate possono impegnarsi maggiormente nelle interazioni sociali a causa del loro stato di vaccinazione, e quindi possono avere una maggiore esposizione all’infezione da COVID-19 circolante
– le persone non vaccinate possono aver avuto una passata infezione da COVID-19 prima del periodo di segnalazione di quattro settimane nelle tabelle di cui sopra, riducendo così artificialmente il tasso di casi di COVID-19 in questo gruppo di popolazione e rendendo i confronti tra i due gruppi meno validi per il COVID-19 vaccine surveillance report – settimana 43.
Queste distorsioni diventano più evidenti man mano che aumenta il numero di persone che vengono vaccinate e le differenze tra la popolazione vaccinata e non vaccinata diventano sistematicamente diverse in modalità che non è possibile prendere in considerazione senza un’analisi formale dell’efficacia del vaccino.
Niente di tutto questo è quantificato e, come minimo, l’affermazione che le persone vaccinate sarebbero più propense ad impegnarsi nelle interazioni sociali è discutibile, come è probabile che chi sceglie di non vaccinarsi (al contrario di chi soffre di una patologia che rende la vaccinazione sconsigliabile) non avrà poi così tanta paura di prendersi il coronavirus (non ultimo perché, come visto nel terzo punto, potrebbe già averlo avuto).
Oltretutto, come avevo notato in precedenza, non abbiamo bisogno di indovinare quanto grandi possano essere queste distorsioni, perché possiamo guardare le cifre non rettificate e rettificate di altri studi a livello di popolazione, come questo in California, e verificare che le differenze sono usualmente molto piccole. Anche se ci fossero più distorsioni da rettificare nei dati dell’Inghilterra che in quelli della California (perché l’UKHSA non lo fa?), questo non è un motivo per affermare che le stime non rettificate non ci dicono nulla di valore e che “non dovrebbero” essere fatte, come se dovessimo dare per scontato che qualsiasi rettifica sarà di grande impatto.
Per di più, non è che gli studi formali controllino sempre queste cose. Un nuovo studio su Lancet dell’Imperial College di Londra stima l’efficacia del vaccino nei confronti della trasmissione, confrontando i tassi di infezione nei contatti familiari tra vaccinati e non vaccinati (e riscontra che i vaccini fanno molto poco). Ma lo studio non fa alcun tentativo di controllare o aggiustare i dati in base ad infezioni precedenti o a differenze comportamentali. Se l’Imperial College può pubblicare uno studio peer-reviewed che stima l’efficacia del vaccino senza affrontare queste forme di distorsione, perché dovrebbe essere proibito ad altri di fare la stessa cosa? Quindi, tutta questa preoccupazione per le distorsioni inizia ad apparire più come una forma di controllo del messaggio, un pretesto per proibire a persone non autorizzate di fare uso di certi dati, piuttosto che un problema in sé.
Naturalmente, possiamo ignorare la falsa affermazione dell’UKHSA che il confronto dei tassi di infezione nei vaccinati e nei non vaccinati “non dovrebbe essere usato” per stimare l’efficacia del vaccino, e stimarla cpmunque. Ma, in realtà, non possiamo semplicemente ignorarla. Il Daily Sceptic è già stato ‘sottoposto a fact-check’ da Full Fatuous su questo, e tali ‘fact check’ sono usati dalle compagnie tecnologiche e dei media e persino dai regolatori per decidere cosa censurare e cosa permettere. Questo ha un effetto raggelante sulla volontà delle persone di riferire certi dati.
Quello che ora dovrebbe succedere (anche se non succederà) è che l’UKHSA si rimangi la falsa affermazione che un confronto dei tassi di infezione tra popolazioni vaccinate e non vaccinate “non dovrebbe essere usato per stimare l’efficacia del vaccino” e inizi a fare le cose onestamente, includendo nel rapporto stesso le stime non rettificate dell’efficacia del vaccino, proprio come include stime non rettificate del tasso d’insorgenza basate su dati grezzi – se può fare l’uno, perché non l’altro?
Dovrebbe anche fornire stime rettificate basate sulla propria analisi. Infatti, in primavera, quando i vaccini sembravano essere molto efficaci, PHE [n.d.T. Public Health England] a volte includeva le proprie stime rettificate dell’efficacia del vaccino, anche quando aveva solo “scarsa fiducia” nei risultati. Perché non tornare a farlo? O sono interessati a farlo solo quando danno la risposta “giusta”? Sembra quasi che sia così.
Will Jones
Fonte: https://dailysceptic.org
30.10.2021
Scelto e tradotto da NICKAL88 per comedonchisciotte.org