Di Konrad Nobile per ComeDonChisciotte.org
Nell’ultimo anno si è fatto veramente un gran parlare di Trieste e di certe manovre che coinvolgono il capoluogo giuliano. Sembra ormai quasi che parlarne sia diventato di moda. E difatti, forse, se ne parla anche un po’ troppo.
A dire la loro su Trieste e a sbavarci sopra si sono avvicendati importanti think thank americani come «Atlantic Council» (1) e «The National Interest» (2), oltre a testate italiane come «formiche» (3) e la famosa rivista di geopolitica «Limes».
Quest’ultima ci ha dato veramente dentro e, dopo aver dedicato a Trieste l’editoriale del numero di ottobre 2024 (4), un altro articolo sempre nello stesso numero(5) ed un altro in quello di dicembre 2024 (6), ha anche messo Trieste al centro di uno dei confronti svoltisi alla XII edizione del Festival di Limes, che ha avuto luogo a Genova tra il 7 e il 9 febbraio.
Qui il filmato di uno degli interventi, incentrato proprio sulla città alabardata:
Anche su ComeDonChisciotte sono usciti molti articoli legati alle vicende triestine, e chiedo venia ai lettori se insisto nello scrivere su questa città, finendo magari per essere ridondante e ripetitivo. A dire il vero, eccetto le notizie sui processi relativi alla mobilitazione No Green Pass, che a Trieste continuano a susseguirsi, non intendevo spendere ulteriori articoli dedicati a questioni triestine. Tuttavia gli ultimi sviluppi e certe recenti e assai gravi dichiarazioni mi hanno spinto ad accantonare questo proposito.
Per chi fosse estraneo al dibattito generatosi negli ultimi mesi su Trieste e sugli interessi internazionali in ballo, rimando alla lettura di alcuni degli articoli pubblicati su ComeDonChisciotte (siccome se n’è già parlato abbondantemente cerco di evitare di ripetere cose già scritte):
- https://comedonchisciotte.org/gli-interessi-nato-puntano-su-trieste-e-sul-porto-franco/
- https://comedonchisciotte.org/cosa-diavolo-sta-succedendo-a-trieste/
- https://comedonchisciotte.org/trieste-non-va-in-guerra/
- https://comedonchisciotte.org/chi-ha-paura-di-trieste/
Il succo di questi articoli è che, sostanzialmente, certi ambienti d’oltreoceano e la Nato sono interessati a sfruttare il porto di Trieste come base logistica e strategica per finalità militari e geopolitiche. La proposta, inizialmente avanzata da dei think thank vicini alla Nato e successivamente accolta e rilanciata da organismi nazionali (vedesi Limes), prevede sia di integrare Trieste nel corridoio Imec, alias “nuova via del cotone”, ovvero il surrogato a stelle e strisce della “nuova via della seta” cinese (dalla quale l’Italia si è ritirata a fine 2023, sotto pressioni americane), sia di collegare la città altoadriatica con Danzica e Costanza, con il fine di creare un triangolo infrastrutturale strategico tra tre mari (Adriatico, Baltico e Nero) che rafforzi il fronte orientale della Nato.
Fino a poco fa di tutto questo le autorità e la stampa triestine ne parlavano in maniera molto oculata, focalizzandosi sul lato “commerciale” relativo all’Imec (spacciata come una grande e promettente opportunità economica) e denigrando chi denunciava gli interessi militari sul porto e l’intromissione della Nato in città, definendo costoro diffusori di fake news e propaganda russa.
Da poco, invece, i modi sono iniziati a cambiare e la precedente cautela è stata soppiantata da una schiettezza abbastanza sorprendente. Segnale che le cose sono ormai decise e che la direzione da seguire è effettivamente una: militarizzazione del porto e trasformazione di Trieste in una base Nato.
Già il 18 febbraio Il Piccolo (il quotidiano triestino) usciva con un articolo intitolato “Via del Cotone, rilancio degli Usa, faro su Trieste”, firmato da D. D’Amelio, nel quale l’ultimo paragrafo dichiarava esplicitamente che Stati Uniti e Nato hanno interessi militari su Trieste.
Se giusto qualche mese fa dalle colonne de Il Piccolo si accusavano un Lorenzo Maria Pacini (autore di due articoli su Trieste rilanciati da CdC) e il movimento Fronte della Primavera Triestina – che denunciavano i pericoli di militarizzazione del porto – come sostenitori di una teoria complottista sostenuta da Mosca (7), ora Il Piccolo riporta puntualmente che “l’Imec è infatti il corollario commerciale di considerazioni strategiche di ordine militare”(8).
A quanto pare non si ha più il timore di dire le cose come stanno ai cittadini, i quali dovranno, volenti o nolenti, adeguarsi alla nuova realtà decisa dall’alto.

Da Il Piccolo del 18 febbraio 2025, pagina 8
Le dichiarazioni che segnano però un “salto di qualità” nel grado di franchezza sono state quelle del presidente di Confcommercio Trieste, Antonio Paoletti.
Egli, come riporta il quotidiano Il Secolo XIX, nel corso dell’incontro “Priorità nei Porti di Trieste e Monfalcone – Prospettive, scenari di mercato e riflessi sul territorio”, ha dichiarato:
“Sarebbe auspicabile che il porto di Trieste diventasse una base Nato, essendo posto in una regione cruciale per il contenimento cinese, sia in termini economico-commerciali sia in caso di un eventuale conflitto mondiale”.
Precisa poi Paoletti: “[fare di Trieste un porto Nato] è un argomento di cui si sta già parlando”. (9)
Chi le cose le voleva vedere, questo già lo sapeva. Qui la sorpresa quindi non è tanto il contenuto della dichiarazione, quanto il fatto che essa sia stata fatta pubblicamente e in un modo così esplicito e spudorato.
Tutto ciò indica che i piani inizialmente proposti da Atlantic Council (anticamera della Nato) e National Interest (entità ben collegata al partito repubblicano americano) stanno pian piano iniziando a diventare realtà, facendo breccia e conquistandosi l’appoggio fondamentale della politica e della borghesia locale.
All’interno del porto è nata pure un’associazione, fondata e finanziata da otto grandi operatori portuali, che ha come scopo quello di spingere e promuovere l’adesione di Trieste come porto dell’Imec. Alcune di queste compagnie portuali, così facendo, virano a 180° e si “ripuliscono” dalla colpa (tale per gli Usa e la nuova linea governativa, che ha ripudiato la cinese Belt and Road Initiative) di essere state a suo tempo fautrici dell’ingresso cinese nel porto giuliano.
Voltagabbana? Sì, certo, ma questo è il business. E questi sono gli attuali rapporti di forza.
Nel succitato articolo di D. D’Amelio per Il Piccolo del 18 febbraio si accenna anche a questa associazione: “Alcuni imprenditori fondano un’associazione con l’obiettivo di pubblicizzare i vantaggi dell’Imec per il porto. Il prossimo arrivo della nave Vespucci potrebbe essere proprizio”.
Nell’articolo del quotidiano triestino si fa riferimento al celebre veliero Amerigo Vespucci, che dovrebbe arrivare in città il primo marzo. Tuttavia la famosa nave scuola non sarà la sola a propiziare la realizzazione degli appetiti americani e atlantisti.
Dal 25 febbraio, infatti, staziona di fronte a Piazza Unità l’ultima creazione della cantieristica militare italiana, la portaeromobili Trieste, un mezzo ibrido tra una portaerei (dalla quale possono decollare elicotteri e gli F-35B, in dotazione all’aviazione della Marina) e una nave da sbarco anfibio.
L’arrivo di queste imbarcazioni, vanto della Marina tricolore, potrebbe dunque essere il suggello simbolico alla militarizzazione dello scalo altoadriatico (in barba al diritto internazionale e alle clausole del Trattato di Parigi del 1947) e al suo nuovo status di bastione Nato e capolinea europeo dell’Imec (in collegamento diretto con il porto israeliano di Haifa, altro punto cardine della via del cotone).

La portaeromobili Trieste. Da “Triesteprima”, foto di Giovanni Aiello
Il golfo triestino, a dire il vero, è ormai abbonato alla presenza di portaerei Nato, considerando che nel 2022 fecero un sopralluogo la portaerei americana Truman e, nel 2023, la superportaerei G.Ford, segnali inequivocabili di interessamento americano su Trieste.

Dal sito web de “Il Messaggero Veneto” del 17 settembre 2023 – in merito alla visita della portaerei G.Ford a Trieste
Sabato 1 marzo non saranno i costumi carnevaleschi ad animare il centro urbano, bensì le divise militari che celebreranno l’arrivo della Vespucci e l’inaugurazione della Trieste, tra Fanfare, Frecce Tricolori, Carabinieri a cavallo e paracadutisti in volo. Per l’occasione ci sarà anche un’edizione speciale della Barcolana (10).
L’intera cerimonia ha un costo stimato di circa 600.000 euro. È il prezzo da pagare per costruire il consenso, che questi circenses contribuiscono a edificare, tra spettacoli nazionalpatriottici e imponenti celebrazioni dell’apparato bellico.
L’intitolare uno strumento militare (dal costo di più di un miliardo e cento milioni di euro) utile alla proiezione degli interessi imperialistici Nato-italiani all’estero – questo è il fine della portaeromobili in oggetto – ha un ché di umiliante per la città di Trieste e la sua peculiare storia multietnica e multiculturale, spaccata e ferita dal nazionalismo italiano novecentesco e dagli avvenimenti legati alle due guerre mondiali.
Nello stesso 1918, quando l’arrivo dei bersaglieri pose fine all’effimera “repubblica adriatica” indipendente (una sorta di repubblica soviettista sostenuta dagli strati operai triestini di allora, perlopiù contrari all’annessione al Regno d’Italia) seguita al c.d. “finis Austriae”, lo sbarco della torpediniera Audace – chiamata da alcuni triestini la “maledetta barca” – verrà salutato solo da una parte di popolazione (in larga misura di estrazione borghese), mentre saranno in molti a reagire con indifferenza, quando non con aperta contrarietà.

Illustrazione dell’artista triestino (filoitaliano) Carlo Wostry tratta dall’album “I martiri della redenzione. Trieste austriaca sotto l’Italia” del 1919. Egli, sebbene filoitaliano, compose dei disegni che ben rappresentano il sentimento popolare triestino successivo all’occupazione italiana. In questo disegno vi è raffigurato l’arrivo dell’Audace, mentre in primo piano due curiosi osservano in disparte e uno commenta in triestino: “Ho paura che siano divise italiane…”.
Ora i tempi sono certamente cambiati. È difatti passato un secolo e sono diverse tanto le condizioni storiche quanto quelle sociali. Trieste, sistematicamente e deliberatamente deindustrializzata a partire dal secondo dopoguerra, ha perso la sua forte classe operaia, l’anima di molte lotte e dure battaglie cittadine, ha visto l’emigrazione di migliaia di suoi cittadini rimasti disoccupati (che a partire dagli anni cinquanta hanno in massa preso la via dell’Australia) e l’ingresso di numerosi immigrati, sia dalle altre regioni italiane che dall’estero. L’italianizzazione si è fatta sentire, e la storica multietnicità triestina, sebbene ancora presente, ne è uscita ridimensionata e rivoluzionata. L’ultimo sussulto della vecchia Trieste operaia, alla cui mobilitazione si unì l’intera città (compresi i commercianti che fecero serrata), fu la lotta contro la sciagurata chiusura, decisa dal governo, degli storici cantieri San Marco. La città insorse e venne messa sotto sopra dagli operai e dai cittadini per un’intera giornata, e fu solo per una questione di fortuna che non ci scappò il morto. Alla fine l’ordine venne ristabilito dalla Celere e dalle brigate mobili e Trieste, con il suo tessuto industriale e operaio, ne uscì irrimediabilmente sconfitta.

Un’immagine dei primi scontri durante la mobilitazione contro la chiusura dei cantieri San Marco. L’8 ottobre 1966 la città insorse.

Ottobre 1966, articolo di giornale sugli scontri seguiti alla chiusura del cantiere San Marco
Tempi diversi i nostri, certamente, ma questo retroterra storico a Trieste incide ancora. Ed ecco che la militaresca dimostrazione di forza, che si vuole inscenare il primo marzo, ha comunque il retrogusto di un affronto.
In una città che sotto il dominio italiano ha visto crollare la sua economia, stravolta la sua società e ha vissuto un ineguagliato crollo demografico (questo a partire dal secondo dopo guerra. Negli ultimi 50 anni Trieste ha perso più di 70.000 abitanti, arrivando ad avere meno abitanti rispetto ai primi del novecento), ed in più in uno scenario internazionale prossimo alla deflagrazione bellica, il nome della nave e queste pompose celebrazioni hanno un sapore amaro per molti triestini.
In città il Coordinamento No Green Pass e Oltre, con l’adesione del Fronte della Primavera Triestina, Insieme Liberi e Tavola per la Pace FVG, ha indetto un presidio di “malvenuto” allo strumento bellico.
In un comunicato il Coordinamento riferisce:
“Il primo marzo alle 10.00 saremo in piazza per dare il malvenuto alla nuova portaerei “Trieste” e alle autorità politiche e militari presenti ad una celebrazione della guerra nascosta dietro l’immagine “romantica” della nave Vespucci. I politici ci dicono che non ci sono soldi per la scuola, per la sanità, per le nostre condizioni sociali, ma con il valore di una portaerei si potrebbero costruire 500 scuole e 50 ospedali. La verità è che ai governi di come viviamo noi non gli frega nulla, a loro interessa investire miliardi nell’industria bellica per partecipare al disastroso processo di guerra globale che ha negli Usa, nell’Ue, nella Nato e in Israele – ovvero i riferimenti politici di Mattarella e Meloni – i principali promotori. Ma noi non ci stiamo a stare zitti difronte a tutto ciò.”
Coordinamento No Green Pass e Oltre

Locandina del presidio del 1 marzo a Trieste
La manifestazione doveva svolgersi nella centrale Piazza Unità, ma come sempre è arrivata la solita prescrizione dalla Questura, che obbliga chi vorrà manifestare a radunarsi in Piazza Goldoni, lontano dalle rive, dalle navi militari e dalle celebrazioni, affinché non vi siano persone sgradite nei paraggi dei cerimoniali.
Mentre il dissenso verrà emarginato lontano dalla festa, tra la baraonda delle Fanfare e i fumi delle Frecce Tricolori verranno propiziati (per usare il verbo scelto dal giornalista de Il Piccolo) i piani geostrategici americani e della Nato, ora presentanti con lampante spudoratezza, mentre una parte di popolazione ignara ammirerà lo show, rappresentazione simbolica di una città che si getta tra le braccia dei militari e della guerra.
Ma in fondo che c’è di male, a fare e pagare la guerra non sono di certo i dirigenti, gli affaristi, i padroni e i burocrati di successo, ed ecco che si capisce come qualcuno possa arrivare a dire “Sarebbe auspicabile che il porto di Trieste diventasse una base Nato, essendo posto in una regione cruciale per il contenimento cinese, sia in termini economico-commerciali sia in caso di un eventuale conflitto mondiale”.
Tanti auguri Trieste! Ora si cambia musica…
Di Konrad Nobile per ComeDonChisciotte.org
27.02.2025
NOTE
https://nationalinterest.org/feature/it%E2%80%99s-time-reaffirm-american-trust-trieste-212321
(4) Editoriale Il posto di Nessun Luogo, in «Limes», n. 10/2024 (ottobre 2024), pp. 17-33
(5) M. Giurco, Stelle e strisce su Trieste, in «Limes», n. 10/2024 (ottobre 2024), pp. 287-298
(6) K. Arha, C. Roa, Trieste, porta europea della nuova via dell’oro, in «Limes», n. 12/2024 (dicembre 2024), pp. 305-318
(7) G. Tommasin, Trieste, La propaganda russa e i venti di guerra, in «Il Piccolo», 1 settembre 2024, p. 8
(8) D. D’Amelio, Via del Cotone, rilancio degli Usa, faro su Trieste, in «Il Piccolo», 18 febbraio 2025, p. 5
(10) https://www.ilpiccolo.it/nordest/vespucci-trieste-programma-frecce-tricolori-barcolana-j2hca8ir