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CITTÀ PRIVATE NEL TURBOCAPITALISMO: PROSPERA, GAZA 2035, RAWABI E ALTRE

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A cura di Redazione CDC
Il 26 Febbraio 2025
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nogeoingegneria.com

Una città futuristica creata da un’azienda e governata dagli imprenditori: Si chiama Próspera. Dovrebbe sorgere dal nulla in Honduras, e dovrebbe essere una città ideale, futuristica, interconnessa, iper-moderna, sovrana: una città-stato con un proprio ordinamento giuridico, un sistema legislativo autonomo, un regime fiscale indipendente. Finanziata da fondi come Pronomos Capital di Patri Friedman, nipote dell’economista Milton Friedman, e da Signori delle piattaforme come Peter Thiel, cofondatore di PayPal e da Sam Altman. Próspera è l’utopia dei Tecnofeudatari: Le città for-profit. Tuttavia, i piani di Prospera hanno dovuto affrontare una forte opposizione da parte del governo honduregno e delle comunità locali. 

Resistenze in altri luoghi sono state incenerite e nascono ora indisturbati i Mondi Nuovi. Ricordate Maui?

Le città modello per l’élite del pianeta non vengono costruite solo in paesi paradisiaci dove gli abitanti si sentono  e sono minacciati; se ne sta progettando una anche sulle macerie di Gaza.

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Conoscete Peter Thiel? È il più noto venture capitalist della Silicon Valley: fondatore di Paypal e tra i primi a investire in Facebook; ha contribuito a lanciare sul mercato startup del calibro di Spotify e SpaceX ed è una delle figure chiave di Palantir Technologies, uno dei più importanti fornitori di software per i servizi segreti, il Dipartimento di Sicurezza e l’aeronautica statunitensi. I big data della società sono stati usati per le operazioni militari in Afghanistan, per scovare e uccidere presunti “terroristi” (come ripeto spesso su Instagram tale definizione è del tutto arbitraria ed espressione di rapporti di forza asimmetrici) o per controllare le persone di fede musulmana che entrano negli Stati Uniti.

Perché scrivo di lui in questo numero della newsletter che segna il ritorno di Luci nella notte dopo una lunga pausa? Lo faccio perché la figura controversa di Thiel, che si definisce “libertario” e porta avanti istanze anarco-capitaliste, è funzionale a parlare di un particolare tipo di neocolonialismo la cui forza tentacolare è arrivata fino in Palestina, e non solo.

Secondo Thiel, in nome dell’‘autentica libertà umana, il bene supremo”, è necessario creare zone svincolate dall’influenza della politica e degli Stati. La piena libertà dell’individuo, sostiene il miliardario, non sarebbe compatibile con la democrazia e lo Stato Sociale. Compito dei libertarians come lui è, dunque, trovare una via di fuga, creando delle aree non soggette alla fiscalità dei governi, ça va sans dire, arrivando finanche nello spazio. Non è un caso che il provocatorio Elon Musk sogni di fare della luna un “pied-à-terre per miliardari” e che, già nei giorni scorsi, si sia assistito alla tappa preliminare di questa conquista dello spazio, con il primo viaggio interstellare di un astronauta non professionista, come era prevedibile un miliardario, ovvero Jarerd Isaacman.

Città globali e città private: le nuove frontiere del turbocapitalismo

Rimanendo sulla terra, tuttavia, il luogo deputato a essere la sede delle libertà delle élite di plutocrati sono le cosiddette città globali, come New York, Londra e Tokyo, e un’ulteriore evoluzione di queste utime, le cosiddette “città private”. Di queste entità, parzialmente o del tutto slegate dai contesti statali e strettamente saldate ai flussi economici globali, hanno parlato studiosi come Saskia Sassen e Quinn Slobodian.

Se nelle città globali l’ingerenza della finanza nelle politiche pubbliche sta determinando veri e propri processi di espulsione di ampie fasce della popolazione, le città private nascono già come zone economiche speciali, dove al più gli oppressi saranno ammessi solo come ingranaggio che assicuri il funzionamento dell’infrastruttura di potere. Il cosiddetto “Sud del mondo”, Africa e Sudamerica in primis, è il luogo prescelto per la creazione di questo tipo di entità la cui natura è profondamente neocolonialista.

Uno degli esempi più eclatanti è Próspera, fondata nel 2017 sull’isola di Roatán, in Honduras, che per la sua nascita ha attirato 120 milioni di dollari di investimenti, inclusi quelli di diversi miliardari della Silicon Valley (sì anche quelli del buon Peter Thiel), la città start-up più avanzata – e meno controllata – al mondo. Il New York Times la descrive come “una città privata a scopo di lucro, con un proprio governo che corteggia gli investitori stranieri attraverso tasse basse e una regolamentazione leggera. Le aziende possono scegliere un quadro normativo da un menu di 36 paesi o personalizzare il proprio.”

Un luogo con tratti smaccatamente fantascientifici e cyborg, quando non proprio distopici: la giornalista del New York Times descrive il suo incontro a Próspera con Patri Friedman, nipote dell’economista Milton Friedman – sì, il principale esponente della scuola di Chicago e padre del pensiero liberista – che ha investito nella città, raccontando aneddoti curiosi: l’uomo ha un chip con la sua chiave Tesla impiantato nella mano e si lava i denti con batteri geneticamente modificati che si suppone prevengano le carie.

L’obiettivo di Próspera, che ha incontrato una forte opposizione da parte delle comunità locali e del governo attuale, contrari a subire lo strapotere di un manipolo di capitalisti americani, è chiaro quanto inquietante: “costruire il futuro della governance umana: gestita privatamente e a scopo di lucro”. Ci sono più di 5.400 di queste zone economiche speciali come questa nel mondo, 1000 spuntate solo nell’ultimo decennio e cresciute fino a diventare grandi centri urbani. Luoghi che possono essere assimiliati a staterelli neocoloniali sorti all’interno di un altro stato, o esempi di monarchie aziendali, dove i CEO sfruttano terra e manodopera in un paese povero.

Sionismo tecnologico. E lezioni per quello “tradizionale”.

Tutto questo ha a che fare qualcosa con la questione palestinese? La risposta arriva da un libro scritto nel 2022 da Balaji Srinivasan, consulente di Pronomos Capital, il fondo di Friedman per la costruzione di città start-up, dal titolo The Network State, nel quale l’autore afferma che questi nuovi hub favorevoli alle imprese avrebbero presto gareggiato con gli stati nazionali e, un giorno, li avrebbero sostituiti. The Network State è stato ispirato, come sostiene lo stesso Srinivasan, dallo stato di Israele. “Quel paese è stato fondato da un libro”, ha twittato nel 2022, riferendosi al manifesto del 1896 di Theodor Herzl, “The Jewish State”. E ha anche coniato l’espressione sionismo tecnologico per definire la dinamica di formazione di una comunità online che poi si riunisce nello spazio fisico per formare una “diaspora inversa”.

Mentre il sionismo per così dire “tradizionale”, nella sua consueta saldatura con le élite capitaliste, ha colto prontamente la lezione sulle città private: qualche mese fa sul mio profilo Instagram ho parlato del progetto “Gaza 2035”, apparso sulla rivista israeliana online The Architect’s Newspaper, prodotto dall’ufficio del primo ministro Netanyahu e ispirato a città come Abu Dhabi o Singapore, basato – secondo gli ideatori – su una visione innovativa e criteri ecologici, costellato da grattacieli, impianti a energia solare, navi container, impianti petroliferi offshore a perdita d’occhio, che dovrebbe collegare la Striscia a Neom, la città del futuro in Arabia Saudita, ideata da Mohammed Bin Salman con un budget che nel 2022 era calcolato a 320 miliardi di dollari. Una vera e propria zona di libero scambio amministrata da Israele e che sorgerà “dal nulla”, dove “il nulla” è quanto resterà dopo un conflitto che ha già prodotto migliaia di vittime civili, milioni di sfollati e distrutto buona parte del patrimonio edilizio della Striscia. Un piano di stampo smaccatamente capitalista che sembra peraltro incontrare il favore di personaggi del calibro di Jared Kushner, genero di Donald Trump, il quale si è detto interessato a sviluppare “proprietà sul lungomare” mentre Israele “ripulisce” la Striscia di Gaza.

Ma la potenza occupante ha contribuito a creare un hub di questo tipo anche in Cisgiordania: Rawabi è la prima “città privata”, sorta a nord di Ramallah, che si configura come una forma urbana di colonizzazione, plasmata da forze capitaliste transnazionali e dalle élite palestinesi, sostenute dall’Autorità nazionale palestinese, collegate a reti e interessi finanziari regionali e globali più ampi. Rawabi è la rappresentazione plastica della saldatura tra interessi coloniali e capitalismo neoliberista. Un elemento che rafforza la frammentazione spaziale della Cisgiordania e che perpetua il dominio di Israele.

Próspera, Gaza 2035, Rawabi e le altre: il sogno perfetto per miliardari libertarians che aspirano a “liberare il capitalismo dalla morsa della democrazia”.

Fonti:

https://jacobinitalia.it/le-citta-globali-oltre-la-nazione/

Saskia Sassen, EspulsioniBrutalità e complessità nell’economia globale, Il Mulino 2014

Quinn Slobodian, Il capitalismo della frammentazione, Einaudi 2023

https://www.nytimes.com/2024/08/28/magazine/prospera-honduras-crypto.html

Patrick Wintour, Jared Kushner says Gaza’s ‘waterfront property could be very valuable’, The Guardian

Sami Tayeb, The Palestinian McCity in the Neoliberal Era, Middle East Report, n° 290, primavera 2019.

FONTE https://substack.com/home/post/p-148565935?utm_campaign=post&utm_medium=web

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