DI ROBERT FISK
independent.co.uk
Due anni fa questa settimana, le forze aeree russe giunsero in Siria per salvare il presidente Bashar al-Assad ed il suo esercito. Ci sono riusciti. L’esercito siriano ha resistito, anche se al costo di (allora) 56.000 soldati. “Non avremo un altro Afghanistan qui”, hanno detto i russi a tutti quelli che hanno incontrato a Damasco. Ma, naturalmente, presto avrebbero inviato osservatori aerei a terra per trasportare i Sukhoi sui propri obiettivi. Non solo, anche specialisti per estrarre dal suolo la pioggia di bombe Isis, ed ufficiali di polizia militare per controllare il passaggio di combattenti islamici fuori delle grandi città occidentali della Siria. E generali per consigliare – e, la settimana scorsa, essere uccisi.
I media occidentali hanno dato poco risalto alla morte del Tenente Generale Valery Asapov nelle periferie di Deir el-Zor, mentre assisteva i comandanti siriani nel loro recupero della città – da tre anni circondata dall’Isis, la sua popolazione civile ed almeno 10.000 truppe siriane rifornite via elicottero. In primo piano c’era l’assalto dei curdi su Raqqa, con una spruzzatina di arabi che, con l’aiuto degli attacchi aerei americani, soffocavano la parte curda della pseudo-milizia “Forze Democratiche Siriane”. Il Ministero della Difesa russo ha invece preso la morte del proprio massimo ufficiale in Siria – insieme ad altri due colonnelli – molto seriamente. Con ragione. Il generale Asapov era comandante della quinta armata russa nella città di Ussiriysk, non lontano da Vladivostok.
Com’è morto? Secondo i russi, è stato ucciso sotto i bombardamenti delle forze Isis al di fuori di Deir el-Zor, un notevole centro – se realmente da loro compiuto – per un gruppo che solitamente spreca colpi a volontà per riuscire a centrare i nemici. Sapevano che stava visitando quella particolare posizione militare? Se sì, chi ha insegnato loro a sparare in modo così preciso? O forse è stato un successo casuale?
Queste domande sono state sùbito fatte dall’alto comando dell’esercito siriano. E anche dai russi, che settimana scorsa hanno accusato l’esercito americano di aver direttamente collaborato con lo “Stato islamico” nella Siria orientale. Diversi siti, tra cui Global Research, credono che la morte di Asapov sia il lavoro indiretto delle forze statunitensi – che avrebbero fornito libertà di passaggio, tramite Isis, alle “SDF” affinché raggiungessero Raqqa. Non sono mai stato un dietrologo, ma non molti mesi prima l’aeronautica militare americana aveva bombardato ed ucciso decine di soldati dell’esercito siriano a Deir el-Zor. Immediatamente dopo, Isis è avanzata ed ha diviso la città a metà. Strano, no, che gli Stati Uniti – al tempo così desiderosi di distruggere Isis a Mosul – non abbiano bombardato questi bersagli mentre rompevano le linee siriane, dopo che gli equipaggi aerei americani avevano “erroneamente” ucciso le truppe siriane…
Mi imbatto spesso in truppe russe in Siria – soprattutto intorno ad Aleppo, ad Homs, a Palmyra e più a sud. All’inizio di quest’estate, i siriani mi hanno portato in una base di cooperazione tattica nei pressi dell’Eufrate, in cui ho conosciuto un colonnello dell’aeronautica russa – di nome Yevgeni – ed il suo collega curdo che, assieme ad ufficiali siriani, erano stati incaricati dai rispettivi capi di evitare errori negli attacchi aerei. I russi infatti avevano accidentalmente bombardato un’unità curda pochi giorni prima. Per cui non è che siriani, russi e curdi pro-americani non sappiano cosa faccia ognuno di loro.
I russi non stanno ripetendo la guerra afgana. Alcuni dei loro soldati sono stati uccisi in agguati islamici, hanno perso un pilota all’inizio del loro coinvolgimento (il suo aereo venne abbattuto da un aereo da combattimento turco – Erdogan ovviamente ha abbassato la cresta da allora) e due ufficiali russi sono stati uccisi a Palmyra quando venne ripresa da Isis, dopo che il regime l’aveva riconquistata. La polizia militare russa ha però svolto un ruolo notevole nel cacciare i combattenti islamici fuori da Homs, portandoli nella provincia di Idlib (la discarica di tutti i guerriglieri di Isis ed al-Nusra) o nel santuario della linea di battaglia dell’esercito turco, all’interno della Siria e a nord-est di Aleppo.
Il recupero di settimana scorsa della città crocevia di Qaryatain, a sud di Homs, ha comunque un sapore afgano. Tutti i soldati russi che abbiano letto la storia del loro “intervento limitato” del 1979 – così Breznev descriveva quell’invasione – sanno molto bene quanto sia facile catturare una città per poi perderla di nuovo quando ci si dirige verso la prossima. E qui potremmo tornare ad un uomo di cui non sono mai stato fan, ma la cui saggezza sull’Iraq degli anni ’20 – e, per estensione, su Iraq e Siria odierni – viene ancora letta dai militari di tutto il Medio Oriente.
In un’edizione del 1929 dell’Enciclopedia Britannica, Thomas Edward Lawrence scrisse delle forze turche che combattevano la Rivolta Araba da lui orchestrata nella guerra del ’14-18. I contenuti si applicano benissimo ad oggi, con l’Isis che attacca siriani e russi. “I ribelli [alcuni dei quali guidati da lui] erano una cosa invincibile, sfuggente, intangibile come un gas… Gli eserciti erano delle piante, immobili, radicate, nutrite alla testa attraverso lunghi gambi. [Gli arabi] sono come un vapore”. Lawrence ha anche scritto che “la stampa è l’arma più potente nell’arsenale del moderno comandante [di guerriglieri]”. Oggi – nonostante le sue sconfitte e le sue false affermazioni – Internet è l’arma più forte dell’Isis.
I russi l’hanno letto. Lo stesso i siriani e presumibilmente anche l’Isis. Non avevano bisogno di Lawrence per ispirarsi – hanno già il wahhabismo saudita per quello. È però vero che, durante la prima guerra mondiale, un velivolo britannico lanciò un foglio di propaganda su Riyad, avvertendo gli arabi pro-turchi che sarebbero stati “liquidati” se non avessero sostenuto il “califfato islamico” che, così i britannici affermavano all’epoca, rappresentava gli arabi in rivolta contro l’Impero Ottomano. È un cliché dire che la storia si ripete in Medio Oriente – lo fa ovunque, anche in Germania ed in Catalogna – ma questi “vapori” non se ne sono mai andati. E non se ne andranno, anche se la vittoria militare di Assad è completa e l’esercito iracheno può controllare le sue province occidentali. Per allora, avremo ancora a che fare col Kurdistan, che riscriverà la propria storia di tradimenti. La Russia probabilmente eviterà quella particolare guerra. Perlomeno per ora.
Robert Fisk
Fonte: /www.independent.co.uk
Link: http://www.independent.co.uk/voices/russian-lieutenant-general-valery-asapov-death-conspiracy-theories-killed-syria-isis-truth-a7984391.html
5.10.2017
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di HMG