Cattivi pensieri

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DI ALCESTE

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Roma, 29 aprile 2019

Le cose in Italia vanno male perché nessuno ha più voglia lavorare” se ne esce un Tognazzi lutulento e reazionario (l’avvocato Marani!) in Cattivi pensieri.

Un film grezzo e scostante: una commedia nera, vera commedia all’italiana. La regia è dello stesso Tognazzi che qui si rivela nel suo doppio magistero di interprete e direttore d’orchestra. È nelle opere minori, così come nei dettagli, che si nasconde il diavolo, cioè la verità sul nostro destino di Italiani.

Dino Risi è maggiore di Bertolucci (di gran lunga), così come i cosiddetti registi a latere (Salce, Caprioli, Di Leo, Germi, Damiani) formano una costellazione artistica, oggi negletta, impossibile anche solo da imitare per i Sorrentino, i Guadagnino, i Garrone e gli attori di risulta con la tessera del PD (come dimostra la disastrosa cover sorrentiniana de La dolce vita, premiata, infatti, agli Oscar dagli Yahoo).

Basta guardare La rimpatriata di Damiani, Io la conoscevo bene di Pietrangeli, L’uomo di paglia di Germi, Il giovedì o La spiaggia di Dino Risi, Splendori e miserie di Madame Royale di Caprioli (con un magnifico Tognazzi en travesti) oppure La cuccagna di Luciano Salce, con Luigi Tenco, per comprendere ch’essi, già in anni non sospetti, ci avevano donato i ferri del mestiere per aprire le porte dell’inferno.

Le cose vanno male in Italia perché nessuno ha più voglia di fare un cazzo”, tale la frase per come la ricordavo, in verità. Mi sbagliavo. Sono relitti del passato che affiorano durante il quotidiano, ogni giorno. Sì, abbiamo la Santa Pasqua, col Cristo Migrante di Bergoglio, e la Pasquetta, beninteso, il 21 e il 22. E però il 20 è sabato e il sabato, oramai, è Shabbath pure da noi: non si alza nemmeno una penna, figuriamoci una pen-drive. Sabato. Solo qualche Faticatore osa avventurarsi, il Sabato, negli uffici deserti e accendere, nella solitudine più completa, un computer ronzante; e quindi aprire il foglio Excel con cui ordinare a pieno le rogne della propria esistenza.

E poi il 25 aprile (una volta, nei libri di scuola, XXV Aprile) è la Liberazione. E il Primo Maggio è ancora festa. Allora perché non pontificare il Primo Maggio con la Pasqua del Cristo migrante? Dal 19 almeno sino al 2 maggio si istituiscono, senza farlo sapere a nessuno, i Saturnali dei Nuovi Schiavi. Improvvisamente le scuole chiudono, per decreto, gli uffici comunali si svuotano, e così gli spazi del parastato (cooperative, case famiglia); ben prima del 19 aprile, però, forse per la spossatezza seguita alle guerre interne per i turni di ferie, già si respirava un’arietta molliccia, da rompete le righe; ci si trovava a deambulare in lunghi corridoi da cui occhieggiavano vani e stanzette vuoti, con le scrivanie intonse di scartafacci, timbri e penne, il computer rabbuiato in uno sbadiglio di inefficienza. Ed è così per tutti, pubblici e privati, tanto non si batte un chiodo. Si anela il divertimento, la dimenticanza; l’escapismo domina la mente degli Italiani, distrutti dal diteggiamento compulsivo sui visori. Forse un brivido serpeggia lungo la spina dorsale dei più avvertiti: ma di cosa vive ormai l’Italia? Le università, le scuole, i licei cosa producono? Il terziario cosa produce se si limita a mediare? Cosa produce Amazon? Niente. Di cosa campa l’Italia? Di debito, certo, e di grasso. Tagliamo il grasso, a piccoli tranci, e rendiamolo a Shylock che ne è stato sempre il padrone. Egli esige il grasso. Il contratto con Bassanio è lì, nero su bianco. Produrre lavoro! Bisogna produrre lavoro! Ma cosa volete produrre, idioti, il lavoro non c’è poiché non deve più esserci. Il lavoro viene appaltato ai pezzenti del mondo che, a loro volta, fattisi benestanti in seguito a tale improvvisa cuccagna, scopriranno sindacati, cooperative, prenditori nazionali e vacanze, tante vacanze. Si vuole forse negare un viaggetto alle Maldive ai vari Singh e Cin Chan Pai? No, saremmo dei veri razzisti. E allora Singh e Cin Chan Pai avranno i loro vitelloni, i loro piccoli borghesi, i loro Gassman; già da adesso appaltano ai paria del Sud Est asiatico. Vivranno al di sopra dei mezzi, non avendo più voglia di fare un cazzo, fra venti o trent’anni, chiuso il ciclo, in attesa, pure loro, dei redditi di cittadinanza ovvero della paghetta per non crepare.

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