Intervista ad Alessandro Carità e Gianluca Gandini, autori del dossier Catastrofismo climatico. La grande speculazione.
di Ivana Suerra, ComeDonChisciotte.org
Nikola Tesla lo aveva suggerito in tempi non sospetti: “La scienza non è nient’altro che una perversione se non ha come suo fine ultimo il miglioramento delle condizioni dell’umanità”.
Ad una figura del genere la grancassa mediatica di oggi non faticherebbe, più di tanto, ad appioppare l’etichetta di antiscientifico. Ad una figura del genere la c.d. controinformazione chiederebbe, invece, che cosa ne pensa dell’attuale ‘transizione verde’.
A pochi giorni dall’inizio dei lavori della COP26, con la spettacolarizzazione che questo evento si porta appresso, ComeDonChisciotte.org ha posto lo stesso interrogativo ad Alessandro Carità e Gianluca Gandini, autori del dossier “Catastrofismo Climatico. La grande speculazione”.
Questo studio, che ha il pregio di analizzare ‘in diretta’ uno dei temi cruciali del momento, offre un punto di vista critico su tutto ciò che gravita intorno al c.d. Green New Deal. L’intento è quello di fare chiarezza sulle modalità con cui le tematiche ambientali vengono prese a pretesto per avallare un passaggio epocale in termini di creazione e sfruttamento delle risorse energetiche.
Facendo un’analogia fra la narrazione che sottostava alle teorie economiche neoliberiste e la descrizione apocalittica che oggi accompagna le notizie sul cambiamento climatico, gli autori cercano di smontare gli annunci propagandistici sull’emergenza ambientale chiedendosi ‘cui prodest?’
Il risultato è uno studio che pone seri dubbi sulla propaganda ambientalista, sull’approvvigionamento dell’energia da fonti rinnovabili e sugli interessi che si celano dietro alla rivoluzione verde, il cui fine dichiarato è quello di correggere le tendenze pericolose dello stile di vita moderno per giungere a neutralizzare l’emissione di CO2…E bisogna “fare presto”, perché “non c’è più tempo”, perché “ce lo chiedono le generazioni future”!
Ma quanto si sa davvero sull’efficienza delle energie rinnovabili? Quanto sono affidabili? Quanto costano?
E, soprattutto, sono funzionali alle esigenze della nostra civiltà?
Tante domande, una risposta che la fa da padrona: quella del terrorismo mediatico, secondo il quale i cambiamenti climatici causati dall’uomo avranno conseguenze catastrofiche e l’uomo deve porvi rimedio in fretta!
Tutto ciò, al netto di un’analisi ponderata sulla ciclicità dell’andamento delle temperature terrestri.
Tutto ciò, al netto di un approfondimento serio sui danni ambientali collaterali (quali i saccheggi di terre rare laddove esse vengono già estratte e dove il monopolio cinese regna sovrano).
Nel frattempo, le norme comunitarie impongono regole che incentivano sempre di più le imprese impegnate nell’abbattimento delle emissioni di CO2.
Dove ci porteranno queste politiche e quali tasche ingrasseranno?
Ai posteri l’ardua sentenza.
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Alessandro Carità
Come nasce l’idea di scrivere un Dossier che parla di temi legati all’ambientalismo?
Anni fa mi colpì, in modo particolare, un saggio di Paolo Barnard intitolato “Il Più Grande Crimine” (2012). Esso racconta la storia della manipolazione della teoria macroeconomica, con particolare attenzione agli step che hanno portato, nel corso degli ultimi 100 anni, alla problematica situazione sociale e culturale che viviamo nel tempo presente. Nel dettaglio, le “religioni economiche” dette ‘neoclassica’ e ‘monetarista’, alla base dell’osceno ordoliberismo europeo e del neoliberismo anglosassone, riuscirono a surclassare le idee e le politiche post-keynesiane che stavano trovando, nel corso dei 30 anni successivi al dopoguerra e con l’adozione delle costituzioni democratiche, il giusto compromesso tra capitalismo e welfare state.
Dopo oltre 10 anni di approfondimenti, osservazioni e libri letti sull’argomento clima – energia, trovo che le analogie con la questione economico-sociale siano inquietanti. Da una parte la teoria neoclassica, l’ideologia neoliberista, le regole monetariste, e dall’altra la teoria del Global Warming antropogenico, l’ideologia ambientalista, i modelli climatici dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change): ci troviamo di fronte agli stessi schemi, con la prospettiva di ulteriori risultati nefasti che, a ridosso della pandemia, aggraveranno la crisi della società contemporanea.
Spinto dal desiderio di fare il possibile per evitare questo scenario, e forte dell’esperienza maturata in questi anni con l’associazione MMT Italia (che nacque prendendo spunto proprio da quella ricerca di Barnard), intendo condividere questi contenuti con i contatti e le amicizie trovate lungo il cammino della lotta per l’informazione libera e qualificata. La persona che più di tutti ha mostrato di voler sostenere questa azione divulgativa è Gianluca Gandini, ingegnere e coautore di questo dossier.
Perché, secondo voi, è importante fare chiarezza sul tema energetico-climatico e divulgare la vostra analisi?
Per due ragioni molto semplici. Primo, perché c’é il grandissimo rischio che i fautori delle teorie economiche post-keynesiane si perdano appresso alle sirene ecologiste e dirigano i loro programmi di spesa pubblica verso i peggiori investimenti possibili immaginabili, come il Green New Deal. La seconda è che stavolta, a differenza della crisi economica successiva al 2008 e al 2012, o di una guerra, i cittadini possono arginare in modo più diretto questo processo attraverso le proprie scelte di consumo, o tramite la pressione sulle scelte di investimento dei Comuni e delle Regioni, istituzioni ben più abbordabili rispetto a quelle che determinano le politiche fiscali e monetarie, come ad esempio la Commissione Europea e la BCE per i paesi aderenti alla Comunità Europea.
Cosa ne pensate della COP26, la Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici del 2021?
Queste riunioni ricordano tanto le messe azteche in cui si invocavano sacrifici umani in cambio di una forma di pietà o clemenza divina, o la stretta del cilicio sulla coscia come segno di penitenza e lavaggio del peccato attraverso il dolore. Ebbene, in questo caso il peccato da scongiurare coincide con lo sviluppo lineare del genere umano sulla Terra e nell’Universo, una progressione attuabile solo e soltanto attraverso un’adeguata estrazione di energia dai combustibili fossili (finché ne abbiamo) e dall’atomo. La COP26, che invece predica tutto il contrario, ha le caratteristiche di un teatrino mediatico geopolitico dove i potenti della Terra si mostrano preoccupati per i mali del mondo e annunciano cambiamenti (penitenze) radicali, ispirati in questo caso ad una “divinità” scandinava di nome Greta Thunberg”. Ma i mali del mondo sono altri, li conosciamo benissimo e stanno ancora tutti lì: guerre, povertà, speculazione finanziaria, pressioni militari, dittature. In generale, l’insieme delle forme di prevaricazione e prepotenza dell’uomo sull’uomo, del più forte sul più debole, del più ricco sul più povero, del più astuto sul più ingenuo. La lotta ai cambiamenti climatici, secondo la nostra ricerca, nasconde questi mali per l’ennesima volta nella Storia.
Con quali modalità intendete diffondere al pubblico le tematiche presenti nel vostro saggio? Avete elaborato una strategia da seguire?
È una domanda a cui mi piace rispondere con una riflessione. I temi contenuti nel saggio possono essere inquadrati in un fenomeno oramai diffusissimo: quello del “no a qualcosa”. Sappiamo benissimo che, attualmente, il mainstream mediatico scredita chiunque abbia visioni alternative, o proponga spunti di dibattito, mediante l’utilizzo di etichette varie: negazionisti, ‘terrapiattisti’, no-questo, no-quello. È un metodo che funziona benissimo, come sa qualsiasi persona che abbia letto due concetti di PNL.
In questo campo, peraltro, si impiegano già strumenti mediatici avanzati, penso al personaggio di Greta Thunberg: un’icona facilmente assimilabile da tutti, l’immagine positiva della scolaretta innocente e ribelle a cui viene affidato un messaggio che fa leva su un archetipo dell’umanità: il peccato.
L’uomo, sporcaccione e inquinatore di nascita, ha peccato intensamente e sta rovinando il pianeta; adesso basta. Deve redimersi, mondare l’anima, espiare il peccato mediante il sacrificio e la sottomissione (ricorda qualcosa?). Che poi fin qui va pure bene; di inquinamento ne abbiamo prodotto sin troppo. Infatti, in questo saggio non si parla di inquinamento (la CO2 non è un gas inquinante, ma un gas traccia naturale parte dell’atmosfera e nutrimento delle specie vegetali), ma di come questo argomento venga accostato e confuso con il tema del cambiamento climatico (per noi storia del clima), che ha tutt’altra natura.
Ora, tutta questa premessa per dire che per noi è difficile individuare un analogo positivo di Greta che possa veicolare il nostro messaggio con la medesima tecnica narrativa, proprio perché è un messaggio nel quale non esiste il colpevole, il peccatore! Perciò, possiamo solo smontare pezzo per pezzo gli elementi narrativi del mainstream fornendo dati, ponendo l’accento sulla realtà empirica e su quello che sta davvero accadendo per aprire la mente ad un pensiero critico.
La difficoltà sta nel fatto che, alla base di tutto, vi è uno sforzo di pensiero e, giocoforza, la necessità per chi legge di smontare eventuali credenze e posizioni acquisite.
Su queste tematiche avete avuto modo di confrontarvi con personalità autorevoli che possano aiutarvi a divulgare il vostro lavoro?
Lo stiamo facendo: alcuni accademici ci hanno già aiutato a stendere le argomentazioni del saggio. Mi riferisco ai professori Franco Battaglia e Nicola Scafetta, che ringraziamo, i quali hanno gentilmente messo a disposizione i dati dei loro studi, da noi rielaborati.
Stiamo prendendo contatti con tutta una serie di personalità che gestiscono canali di informazione alternativa al mainstream e che tentano, da anni, di comunicare al proprio pubblico alcune tra le tematiche relative alla climatologia. Inoltre, ci siamo confrontati con diversi studiosi dei maggiori centri di ricerca italiani che si occupano di misurazioni e monitoraggio di ghiacciai e ambienti naturali e che, quindi, sono a contatto diretto con la realtà delle cose. E proprio coloro che hanno consapevolezza diretta su ciò che accade realmente hanno manifestato entusiasmo alla lettura preliminare della bozza del nostro saggio. Sulla falsa riga di quello che è accaduto nell’ultimo secolo in un altro campo, quello economico, il pensiero neo-liberista è riuscito a diffondersi come dominante, dapprima, nel pubblico attraverso la creazione delle Think Tank di pensiero neo-liberale, successivamente, attraverso la propaganda nelle Università e nei centri di studio e, infine, nei parlamenti e negli organi decisionali; così, analogamente, stiamo cercando di creare un serbatoio di pensiero su questo argomento. Sta qui la nostra sfida, perché tutto ciò ha bisogno di finanziamenti, di studi scientifici e di pubblicazioni che possano essere diffusi in modo capillare.
Voi non siete climatologi, studiosi dell’atmosfera, fisici, scienziati che giornalmente affrontano queste tematiche. Non pensate che ciò possa screditare il vostro lavoro di ricerca?
L’osservazione è oltremodo pertinente e, anche in questo caso, farei una riflessione riagganciandomi alla precedente osservazione su Greta Thunberg. Ha forse lei una autorevolezza che le discende dall’avere titoli accademici scientifici? I personaggi più o meno noti che si affacciano al mondo mediatico e diffondono le paure dei disastri climatici, affermando che non c’è più tempo, che bisogna agire in fretta, che il pianeta sta bruciando, sono per caso dei noti scienziati? Volendo fare degli esempi delle personalità che sono apparse nel circo mediatico per parlare di cambiamento climatico, troviamo: Al Gore, Mike Bloomberg, Leonardo Di Caprio; in Italia promulgano queste idee personaggi come Fedez e la Ferragni, non proprio dei titoli accademici di spicco.
Nella parte iniziale del saggio asseriamo che per fare una ricerca ed affrontare (almeno a questo livello) tematiche del genere non occorre essere titolati presso rinomati Istituti di Ricerca, bensì occorre quel minimo di esperienza nell’andare a cercare fonti e dati affidabili (e nel saggio sono presenti grafici e tabelle presi dagli enti ufficiali che eseguono misurazioni climatiche e nivologiche) e un pensiero libero e critico che permetta di analizzare in modo indipendente da sovrastrutture mentali la realtà empirica che ci circonda.
Non abbiamo la presunzione di dire che la nostra è la Verità Assoluta; vogliamo solo gettare un seme di dibattito, analizzando la questione da tanti punti di vista: storico, sociale, economico, logico. Questo lavoro vuole essere un punto di inizio di un percorso che magari verrà affrontato ed espanso in seguito, con la competenza e l’autorevolezza di accademici che si sentano liberi di esprimere la propria versione dei fatti, senza temere di essere isolati, screditati e additati come negazionisti. Il senso della Think Tank di cui parlavo prima dovrebbe essere proprio questo: costruire un gruppo di lavoro dove sentirsi parte di un progetto di informazione fatta su basi realmente scientifiche, fondate su un serio e costante dibattito.
NOTE
Versione integrale del dossier “Catastrofismo climatico. La grande speculazione.“, A. Carità, G. Gandini, 2021.