ATTACCO ALLA SOMALIA (I)

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blankDI MIGUEL MARTINEZ
Kelebek

Torniamo, come promesso alcuni mesi fa, alla questione somala.

Molto in breve: la Somalia era dominata dalle bande mafiose dei signori della guerra, autodenominatesi “Coalizione anti-terrorismo” e sostenute dagli Stati Uniti.

In un albergo di lusso in Kenya si riuniva di tanto in tanto un simpatico giro di truffatori e spacciatori di titoli nobiliari che si dichiarava “governo transitorio” del paese.

Con una rapida insurrezione, una coalizione di piccoli commercianti, gente semplice e autorità religiose hanno cacciato i signori della guerra da alcune delle principali città della Somalia, e costituendo il governo delle cosiddette “Corti islamiche“. Nei pochi mesi in cui hanno potuto governare, hanno saputo riportare la pace, programmare la rinascita del paese ed evitare gli eccessi che hanno caratterizzato alcuni altri governi di ispirazione religiosa nel Medio Oriente.

A seguito, Attacco alla Somalia (II) (Miguel Martinez – Kelebek); Il ministro degli esteri delle Corti: «Jihad contro l’occupante etiope» (Emilio Manfredi intervista Hasan Addow – Il Manifesto); Brutti pensieri somali in questo lurido Natale 2006 (Igiaba Scego – Il Manifesto); Dietro ad Addis Abeba gli specialisti americani (Paolo Mastrolilli – La Stampa)Invece di riconoscere questo governo, gli Stati Uniti e l’Europa hanno puntato tutto sui simpatici villeggianti kenioti, imponendone il riconoscimento all’ONU, obbligando gli stessi villeggianti a trasferirsi in una cittadina dell’interno della Somalia, mettendo alla presidenza l’unico signore della guerra sopravvissuto, e – in assenza di un esercito – mandando le truppe etiopi a difenderlo. Ma tra lo stesso governo-vacanza, molti ministri hanno cercato di trattare con le Corti Somale, per costituire un governo di unità nazionale.

Adesso l’Etiopia ha improvvisamente invaso la Somalia, per imporre con le armi il potere dei villeggianti; e gli Stati Uniti hanno impedito la condanna dell’invasione alle Nazioni Unite.

Intanto, metto qui un articolo uscito sul Manifesto del 23 dicembre 2006, che aiuta a capire meglio la situazione.

Miguel Martinez
Fonte: http://kelebek.splinder.com/
Link: http://kelebek.splinder.com/1167293164#10372686
28.12.2006

IL MINISTRO DEGLI ESTERI DELLE CORTI: “JIHAD CONTRO L’OCCUPANTE ETIOPE”

EMILIO MANFREDI intervista HASAN ADDOW
Il Manifesto

Hasan Addow: il governo provvisorio è una creatura, corrotta, di Addis Abeba. Vogliono dividere il paese in mille pezzi per dominarci, noi ci difendiamo soltanto

Il professor Ibrahim Hasan Addow è il ministro degli Esteri delle Corti islamiche. Cittadino americano, ex-docente alla Washington University, da sempre è considerato un moderato all’interno dello schieramento islamista. Recentemente, anch’egli ha radicalizzato le proprie posizioni, soprattutto riguardo alla presenza etiopica all’interno del territorio somalo. Intervistato dal manifesto, analizza la situazione che ha portato all’escalation militare di questi ultimi giorni.

Professor Addow, che posizione avete riguardo al governo federale di transizione guidato dal presidente Abdullahi Yusuf?

Il governo provvisorio è una creazione dell’Etiopia, che ha affidato la presidenza a Yusuf, uno dei peggiori signori della guerra che la Somalia abbia mai conosciuto. Addis Abeba ha poi scelto come Primo Ministro Mohammed Ali Ghedi, un uomo privo di qualsiasi capacità politica, senza alcuna dignità umana e politica. Un signor nessuno, un traditore, che ha venduto la Somalia all’Etiopia in cambio di un ridicolo interesse personale. Il Tfg, è evidente oggi più che mai, è una marionetta completamente controllata dal Primo Ministro etiope. L’unica possibilità per parlare di pace, nelle fila del governo, era il portavoce del Parlamento, Sharif Hasan Sheikh Aden. Con lui avevamo raggiunto un accordo per ritornare al tavolo delle trattative. Ma Ghedi e Yusuf, consigliati dall’Etiopia, lo hanno sconfessato. Per fare la guerra.

Secondo lei, qual è il piano dell’Etiopia sulla Somalia?

L’Etiopia vuole controllare la Somalia. Da anni, Addis Abeba cerca di impedire la creazione di qualsiasi governo unitario e forte nel nostro Paese. Siccome sono coscienti dell’impossibilità di occupare militarmente la Somalia e di governarla direttamente, cercano di dividere il Paese in piccoli staterelli, politicamente deboli e governati da politici corrotti al loro soldo. Così hanno fatto in Somaliland (l’autoproclamata Repubblica nell’estremo nord del Paese, ndr), così fanno con il Puntland. Ora, tramite il Tfg, cercano di controllare anche il resto della Somalia. Noi abbiamo il dovere di liberare la Somalia dall’invasore. Dobbiamo liberare il nostro Paese. Almeno ottantamila soldati etiopi sono schierati in Somalia o sul confine etio-somalo, e combattono. E la comunità internazionale cosa fa? Sa tutto, e non dice nulla. Ecco spiegato il motivo della nostra jihad: difendere l’unità e la libertà della Somalia contro l’occupante.

Come andrà questa guerra?

Dal nostro punto di vista, è una guerra di difesa. Ripeto ciò che ho detto molte volte: non abbiamo intenzione di invadere nessun Paese limitrofo. Non abbiamo ambizioni oltre i confini, e non organizzeremo attentati contro i civili, perché è contro la nostra religione. Attaccheremo i militari etiopi, o di qualsiasi altro Paese, che entreranno in Somalia. Non vogliamo truppe di occupazione, perché siamo in grado di controllare il Paese da soli. Stiamo subendo un’invasione militare da mesi, e per mesi abbiamo chiesto alla comunità internazionale di fermare questa situazione. In tutta risposta, le Nazioni Unite hanno appoggiato il piano americano volto a colonizzare la Somalia. Ma noi risponderemo all’aggressione colpo su colpo.

Ci sono combattenti stranieri nelle Corti?

Non abbiamo militanti stranieri nelle nostre fila. Non ci sono militari eritrei in Somalia. Ma stiamo reagendo ad un’invasione militare di un Paese terzo. E quando scoppia una guerra, è diritto di qualsiasi Stato sotto attacco stringere alleanze.

Emilio Manfredi intervista Hasan Addow
Fonte: http://www.ilmanifesto.it/
Link: http://www.ilmanifesto.it/Quotidiano-archivio/23-Dicembre-2006/art31.html
23.12.2006

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