Anche i ricchi piangono

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DI ISRAEL SHAMIR

unz.com

Anche se probabilmente avete già dimenticato la festa, la Russia sta lentamente tornando alla vita dopo la pausa natalizia conclusasi il 14 gennaio con il bizzarro Vecchio Nuovo Anno, o forse con l’Epifania il 19 gennaio. Tutti sono andati da qualche parte, persino i candidati per la corsa presidenziale del 18 marzo: il comunista è andato a sciare in Austria, il conservatore a Bali. Alla vigilia dell’Epifania, si sono immersi nelle acque gelide: la prova definitiva dell’idoneità russa. Non solo Putin, ma anche la Sobchak l’ha fatto!

Ed ora finalmente, a feste finite, inizia la vera prova. Gli Stati Uniti stanno preparando una nuova serie di sanzioni, tra cui il sequestro dei beni degli oligarchi russi. Sono pronti per la raccolta. La confisca delle partecipazioni russe nelle banche cipriote nel 2013 è passata senza intoppi ed è servita da ballon d’essai. Putin non ha obiettato troppo, perché è un nemico giurato dei conti offshore. Nessuno degli uomini d’affari russi spennati è riuscito a recuperare le proprie perdite in tribunale. Ora è il momento cruciale, e gran parte dell’isteria antirussa è finalizzata a preparare il terreno per il sequestro. In questo modo, hanno in programma di intascare un bel trilione di dollari, da mettere nel Tesoro USA. Chi perderà i suoi beni e chi sopravviverà, di questo si parla a Mosca.

I beni russi in Occidente potrebbero essere suddivisi in New Money, in mano a gente di Putin, ed Old Money, in mano a gente di Eltsin. Si suppone che le sanzioni riguardino il gruppo di Putin, ma gli esperti russi pensano che l’Old Money sia più vulnerabile, per una buona ragione. Il nuovo denaro è sotto la protezione di Putin. Se gli Stati Uniti o qualsiasi altra autorità occidentale se lo accaparrassero, il governo russo potrebbe sequestrare azioni occidentali in società e proprietà russe.

Ma che mi dite degli Old Money? I suoi proprietari, i vecchi oligarchi, sono estremamente preoccupati per la nonchalance di Putin. Se la prende troppo comoda, dicono. Ma’alish, direbbe l’arabo che è in Putin. Que sera sera, direbbe il suo interiore francese. E questo atteggiamento disinvolto fa impazzire gli oligarchi. Vogliono che combatta e salvi i loro soldi. Hanno insistito per farlo incontrare con Trump in Vietnam; alcuni dicono che l’incontro si sia svolto nel cuore della notte, lontano da occhi indiscreti, e che non abbia portato a risultati. Ora Putin dice agli Old Money: se volete salvare i vostri soldi, rimpatriateli in Russia. Non siamo così pazzi, rispondono loro. Devi difenderci comunque! Quello era il patto!

Ora arriviamo alla parte difficile. L’accordo. Le persone coinvolte ed informate sostengono che nel 1991 sia stato siglato un accordo top-secret tra Eltsin e i suoi compari, da una parte, e l’Occidente, dall’altra. Eltsin e company vendettero gli interessi della Russia, ed in cambio l’Occidente permise ai bastardi di accaparrarsi i loro guadagni illeciti nel sistema finanziario occidentale. Eltsin e company promisero di lasciar andare le repubbliche sovietiche; di disarmarle; di seguire il Washington consensus, vale a dire attenersi al modello economico liberale; di consentire la libera importazione di beni di consumo; di permettere l’accesso occidentale al complesso militare russo; di lasciare che l’Occidente scrivesse le leggi russe; di consentire il deflusso di capitali dalla Russia. L’Occidente promise di portare investimenti, di lasciar vivere la Russia in pace, di tenere la NATO lontana dai confini russi.

Putin ha ereditato l’accordo. Lentamente, questo è stato eroso da ambo le parti. Le truppe della NATO si sono spostate verso est; nessun ingente investimento è arrivato; l’Occidente ha appoggiato i ribelli ceceni. La Russia ha limitato l’accesso occidentale al suo complesso militare-industriale; preso la Crimea; riacquistato parte della propria indipendenza internazionale.

Putin è stato eletto, o, per meglio dire, nominato, per aderire all’accordo e per servire come arbitro supremo tra gli oligarchi, con pochissimo potere di base. Lentamente, ha creato i propri oligarchi (descritti come “siloviki”, sebbene non tutti abbiano un background nelle forze di sicurezza), ed ha costruito una base di potere limitata; anche se, molte posizioni importanti, in particolare nella sfera economica, siano rimaste nelle mani della Vecchia Guardia, gli uomini di Eltsin. Anche questo era parte dell’accordo.

Le potenti personalità dell’era di Eltsin sono rimaste incorporate nelle alte sfere dello stato di Putin. Chubais e Kudrin erano e sono intoccabili. Sono legati a FRS ed FMI, vanno a Bilderberg e Davos, sono spesso descritti come “l’amministrazione coloniale”. Rubano con entrambe le mani, e lo fanno impunemente. Proprio la settimana scorsa è stato rivelato e pubblicato che i due si sono appropriati di un bel miliardo di dollari di denaro statale russo, con la scusa di rimborsare il debito sovietico alla Repubblica Ceca. Il massimo che Putin poteva fare a riguardo era dar loro una grossa fetta dell’economia russa, limitando al contempo il loro accesso alle restanti. Così ha dato a Chubais la compagnia Rusnano, che non ha fatto alcun profitto ma ha indebitamente sottratto miliardi. Questo era l’affare.

Gli oligarchi di Eltsin sono rimasti ricchi come prima; la sua famiglia possiede ancora immense ricchezze. E Putin non osa toccarle. Va col cappello in mano ad aprire un Yeltsin’s Memorial Center; è cortese con la vedova e la figlia. L’establishment di Putin ha cautamente evitato la celebrazione, o addirittura la menzione, del centenario della Rivoluzione, in linea con l’anticomunismo di Eltsin. Questo è l’affare.

Le scuole più prestigiose della Russia, le più dotate, le più privilegiate per i figli della nuova nobiltà sono l’HSE (l’Higher School of Economics, un clone della LSE ed il think-tank economico del governo) e la MGIMO (Istituto statale per le relazioni internazionali di Mosca, la scuola per futuri diplomatici). I loro laureati vengono addestrati a disprezzare la Russia e ad ammirare l’Occidente neo-liberista (proprio come, ai tempi dell’Impero anglo-indiano, gli studenti indiani, addestrati dagli inglesi, ammiravano l’Inghilterra e disprezzavano il proprio paese). Il professor Medvedev dell’HSE ha invitato il governo russo a cedere l’estremo nord russo alla comunità internazionale, sebbene questo sia il posto con le maggiori riserve di gas (ha mantenuto la cattedra). Il professor Zubov del MGIMO ha paragonato Putin ad Hitler ed ha denunciato i diplomatici russi come bugiardi (il suo contratto non è stato prolungato). Tutto ciò fa parte dell’accordo.

Putin è rimasto insoddisfatto per molto tempo con l’Affare, pubblicamente dal suo discorso a Monaco di Baviera nel 2007, ma ha aderito alla sceneggiatura. Anche ora, l’economia russa segue il modello liberale; miliardi di dollari ogni mese vengono sottratti alla Russia; miliardi di dollari di beni di consumo fabbricati in Occidente vengono importati e venduti in Russia, anche se sarebbe perfettamente logico organizzare una produzione locale. La Banca Centrale russa è direttamente collegata al sistema finanziario occidentale e le sue emissioni sono limitate dalla quantità di denaro contante nelle proprie casse. Il carry trade del Rublo prospera, come anni fa lo faceva quello dello Yen.

Nel frattempo, l’accordo è stato annullato dall’Occidente, a séguito dell’epica lotta tra banchieri e produttori, altrimenti descritti come liberali contro conservatori o globalisti contro regionalisti, personificati da Clinton contro Trump. La gente di Eltsin è storicamente allineata ai Clinton. Ora, i loro beni in Occidente, precedentemente protetti dall’accordo, hanno perso la loro protezione e sono disponibili.

La gente degli Old Money si sta sforzando di convincere l’Occidente, vale a dire gli Stati Uniti, a lasciarli in pace e confiscare invece il New Money pro-Putin.

Questo ha offerto un’opportunità d’oro agli attivisti anti-Putin, il momento di raccogliere i frutti del proprio duro lavoro. Un tipico attivista anti-Putin è un emigrato, Andrey Illarionov, uomo di Eltsin, ex consigliere del presidente Putin (fino al 2005), residente negli Stati Uniti, membro del delirante Cato Institute ed esperto di Ayn Rand. È un fanatico anti-russo; a confronto, Rachel Maddow è una groupie di Putin e le Tokyo Rose un simbolo di patriottismo. Parlando nel 2009 alla Commissione Affari Esteri del Congresso, ha notoriamente affermato, circa la politica dell’amministrazione americana nei confronti della Russia, che “non è neanche una politica di pacificazione  come l’accordo di Monaco del 1938, è una resa vera e propria. Una totale, assoluta, incondizionata resa ad un regime di ufficiali della polizia segreta, agenti della Čeka e mafiosi”. Nonostante queste dure parole, è un assiduo frequentatore di Mosca, e non perde mai una dimostrazione in cui poter gridare “Putin deve andarsene”, apparentemente senza paura dei “poliziotti segreti, chekisti e mafiosi”. Questo è tutto ciò che dovreste sapere sul regime totalitario russo!

(Gli emigrati spesso sono così, e gli Stati Uniti, un paese di immigrati, erano vulnerabili a Illarionov, per via delle menzogne di Masha Gessen, di Ahmed Chalabi, l’emigrato iracheno che sosteneva che l’Iraq aveva armi di distruzione di massa, di Alexander Solzhenitsyn con le sue storie dell’orrore sui gulag, ecc. Quando ero all’estero, mi sono messo come regola quella di moderare la mia critica ad Israele, nel timore di fallire la prova Illarionov sulla sanità mentale…).

Ora Illarionov sta facendo pressioni sul Congresso americano per rimuovere le minacce pendenti sulle teste di quegli oligarchi meritevoli, che (parole sue) hanno ammassato la propria fortuna prima dell’avvento di Putin e che “per sopravvivere, sono stati costretti a pagare un grosso tributo al Cremlino”. Il suo sforzo di lobbying per conto dell’Old Money è stato condiviso e supportato da due famigerati nemici di Putin, un altro emigrato, Piontkovsky, ed un neo-con svedese, Anders Aslund.

Beneficiari diretti e generosi del loro lobbismo sono i Tre Ebrei Alpha, Peter Aven, Michael Friedman ed Herman Khan. Sono proprietari dell’Alpha Bank, una grande banca russa, ed oligarchi dell’Old Money dai tempi di Eltsin, quando i loro simili governavano il paese.

Michael Friedman, un grassone con una faccia da porcellino allegro, si è arricchito facendo il bagarino, vendendo a turisti occidentali, vicino al Bol’šoj, biglietti per l’opera ottenuti illegalmente; successivamente è diventato la mente dietro a tutte le mafie di biglietti a Mosca, poi si è diretto verso il settore bancario e molti altri.

Come molti tipi dell’Old Money, Friedman guadagna soldi in Russia, ma li destina a cause ebraiche. È un co-fondatore del “Premio Nobel ebraico”, chiamato anche Genesis Prize, un bel milione di dollari che dati annualmente ad un ebreo meritevole, il più recente dei quali è stata la famigerata Ruth Bader Ginsburg che ha chiamato Trump “l’impostore”. Non è una coincidenza; l’Old Money russo è solidamente in combutta con il clan Clinton. Se Friedman riuscirà a sottrarsi alle sanzioni, sarà un’ulteriore prova che i banchieri hanno ancora il sopravvento nell’amministrazione statunitense.

In alternativa, potrebbe significare che sono semplicemente intelligenti ed in grado di giocare su ambo i fronti. I tre ebrei erano stati menzionati nel Dossier Steele come il canale dell’influenza di Putin a favore di Trump e contro la Clinton nelle recenti presidenziali (stanno denunciando Fusion GPS e BuzzFeed per aver diffuso l’accusa).

Secondo un’ancor migliore teoria della cospirazione diffusa sui social network, sia Illarionov che i furbi ebrei Alpha sono una cellula dormiente organizzata dall’astuto Putin per garantirsi la sopravvivenza nelle condizioni più avverse. Ognuno di loro è stato molto amichevole col presidente russo; forse hanno semplicemente fatto finta di diventare suoi nemici, ha insinuato il giornalista complottista dell’Echo di Mosca, una radio anti-Putin.

Lasciando per un po’ da parte le teorie del complotto, possiamo arrivare ad una conclusione. L’imminente attacco dell’establishment statunitense sui beni russi rischia di indebolire l’Old Money degli oligarchi di Eltsin, e non solo loro. Questa confisca segnerà la morte del famigerato accordo, e quindi poi potremo vedere un Putin a briglie sciolte.

Ma forse è troppo tardi per lui. Una strana voce, non verificabile, è sorta a Mosca. Dicono che il candidato comunista, Pavel Grudinin, abbia un forte sostegno tra i “siloviki”, ovvero i nominati di Putin, spesso ma non sempre con un passato nei servizi, non contenti dell’adesione di Vlad all’accordo. Ma questo sarà l’argomento del mio prossimo pezzo.

 

Israel Shamir

Fonte:  www.unz.com

Link: https://www.unz.com/ishamir/the-rich-also-cry/

26.01.2018

Traduzione per www.comedonchisciotte.org di HMG

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