11 SETTEMBRE: POSSIBILI MOVENTI DELL'AMMINISTRAZIONE BUSH (PARTE I)

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DI DAVID RAY GRIFFIN

La Commissione sull’11 settembre ha compreso che nel suo mandato era indicato, come abbiamo visto, di fornire “il resoconto più completo possibile” dei “fatti e delle circostanze” che riguardano l’11 settembre. Tra questi fatti e queste circostanze vi sono quelli che, secondo alcuni critici della versione ufficiale sull’11 settembre, forniscono l’evidenza che l’amministrazione Bush ha intenzionalmente permesso gli attentati dell’11 settembre. Alcuni critici hanno persino suggerito che l’amministrazione Bush abbia attivamente fornito aiuto perché avessero successo. Alla luce del fatto che sono stati scritti diversi libri a sostegno di questa visione dei fatti, alcuni anche in inglese, lo staff della Commissione, dato “il preciso lavoro investigativo”, sicuramente li deve aver scoperti. O, se così non è, lo staff deve avere sicuramente saputo dell’articolo di prima pagina del Wall Street Journal su questo argomento. I lettori di tale articolo hanno saputo non solo che un sondaggio mostrava come il 20 % della popolazione tedesca pensasse che “lo stesso governo degli Stati Uniti ha ordinato gli attentati” ma anche che opinioni simili erano diffuse in varie nazioni europee.(1) Inoltre, come possiamo vedere dall’Introduzione, dei sondaggi mostrano che percentuali significative di Americani e Canadesi credono che il governo Usa abbia deliberatamente lasciato avvenire gli attacchi, mentre alcuni pensano che l’amministrazione Bush li abbia effettivamente pianificati. Avremmo ritenuto, sapendo che queste informazioni sono reperibili e che queste opinioni sono diffuse, che la Commissione si sarebbe sentita chiamata a rispondere a tali sospetti.Una risposta adeguata dovrebbe contenere come minimo i seguenti elementi:

  1. Il riconoscimento che esistono questi sospetti
  2. un sommario dei fatti e racconti principali citati come prova da chi promuove tali sospetti; e
  3. una spiegazione del perché tali fatti e testimonianze non costituiscano una prova della complicità dell’amministrazione Bush.

Infine, la persistenza e la diffusa documentazione di queste accuse, implica che una risposta adeguata avrebbe bisogno di considerare (anche solo per screditarle) le motivazioni che alcuni critici hanno asserito l’amministrazione Bush avrebbe potuto avere per facilitare gli attentati dell’ 11 settembre, proprio come la Commissione ha accuratamente guardato ai motivi che Osama Bin Laden e la sua organizzazione al-Qaeda potrebbero aver avuto per pianificare gli attentati. Naturalmente per molti Americani non sarebbe piacevole anche solo considerare la possibilità che il loro governo possa aver avuto motivo di facilitare tali attacchi. Ma un resoconto, se deve essere il più completo possibile, non può decidere a priori di restringersi alle idee che sono gradevoli.

In questo capitolo, dunque, guarderemo al Rapporto della Commissione sull’11 settembre da questa prospettiva, chiedendoci come ha risposto al fatto che alcuni critici della versione ufficiale asserivano che l’amministrazione Bush avesse avuto diversi motivi per lasciar avvenire gli attentati e persino per facilitarli.

Gli attentati dell’11 settembre come “Opportunità”

Un modo di avvicinarci a questo problema potrebbe essere quello di chiedersi se questi attacchi hanno portato all’amministrazione benefici che potevano essere ragionevolmente previsti.

Non c’è dubbio che gli attacchi abbiano portato vantaggi. Infatti, diversi membri dell’amministrazione Bush lo hanno detto pubblicamente. Il presidente stesso ha dichiarato che gli attentati presentano “ una grossa opportunità.”(2) Donald Rumsfeld ha affermato che l’11 settembre ha creato “il genere di opportunità di rimodellare il mondo che fu offerto dalla seconda guerra mondiale.” Condoleeza Rice aveva in mente lo stesso concetto dicendo ai membri anziani del National Security Council [Consiglio di Sicurezza Nazionale, ndt] di “pensare a come capitalizzare quest’opportunità fondamentalmente per cambiare…la faccia del mondo.”(3) Il National Security Strategy of the United States of America [Strategia per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti d’America, ndt], pubblicato dall’amministrazione Bush nel settembre 2002, dice: “Gli eventi dell’11 settembre 2001 hanno aperto nuove, vaste possibilità.”(4)

Naturalmente, il fatto che questi membri dell’amministrazione Bush abbiano descritto gli attentati come opportunità dopo che sono avvenuti non significa necessariamente che avrebbero potuto dire prima dei fatti che attacchi di questa natura avrebbero dato tali possibilità. Comunque, tutte queste affermazioni, tranne l’ultima, furono fatte poco dopo l’11 settembre. Se i benefici potevano sembrare tali così presto dopo gli attentati possiamo assumere che, qualora queste persone avessero pensato a tali attacchi prima del tempo, avrebbero potuto prevedere di creare tali opportunità.

Sembra perciò che la descrizione dell’amministrazione Bush degli attentati come fonte di opportunità, insieme al fatto che almeno alcune di esse potevano essere previste, era una parte importante degli “eventi riguardanti l’11 settembre” che “il resoconto più completo possibile” avrebbe dovuto includere. Queste descrizioni degli attentati come opportunità però non sono menzionate nel “The 9/11 Commission Report” [da qui in avanti, “Rapporto della Commissione sull’11 settembre”, ndt] (5)

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In ogni caso, l’idea che membri dell’amministrazione avrebbero potuto prevedere vantaggi dai catastrofici attentati del tipo di quelli avvenuti l’11 settembre, non è una deduzione basata interamente sul fatto che questi attacchi furono visti come opportunità immediatamente dopo l’11 settembre. I critici fanno riferimento ad un documento precedente all’11 settembre che parla di vantaggi che sarebbero potuti derivare da attacchi catastrofici. Abbiamo bisogno di vedere come la Commissione risponde a questa parte di fatti e circostanze che riguardano l’11 settembre.

“Una Nuova Pearl Harbour” per far avanzare la Pax Americana

Nell’autunno del 2000, un anno prima dell’11 settembre, un documento intitolato “Rebuilding America’s Defenses” [ricostruendo le difese dell’America, ndt] è stato pubblicato da un’organizzazione che si denomina il Project for the New American Century [Progetto per il Nuovo Secolo Americano, ndt] (PNAC). (6) Questa organizzazione fu costituita da individui che erano membri o almeno sostenitori delle amministrazioni Reagan e Bush I, alcuni dei quali sarebbero diventati figure centrali nell’amministrazione Bush II. Questo gruppo comprende Richard Armitage, John Bolton, Dick Cheney, Zalmay Khalilzad (strettamente legato a Paul Wolfowitz(7)), Lewis “Scooter” Libby, Richard Perle, Donald Rumsfeld, Paul Wolfowitz, e James Woolsey. Libby (ora capo dello staff di Cheney) e Wolfowitz (ora vice di Rumsfeld) sono elencati tra coloro che hanno partecipato direttamente al progetto “Rebuilding America’s Defenses”. E’ interessante il fatto che John Lehman, membro della Commissione sull’11 settembre, è stato membro del PNAC o almeno si è pubblicamente allineato con esso. (8)

Il documento del PNAC, dopo essersi lamentato del fatto che la spesa militare non costituisce più come un tempo tanta parte del budget statunitense, ipotizza che sia necessario incrementare le spese per la difesa se “la pace americana deve essere mantenuta ed estesa” perché tale Pax Americana “deve avere fondamenta sicure in un indiscusso predominio militare Usa.” Il modo per acquisire e mantenere tale predominio militare è di servirsi dei vantaggi nella “rivoluzione nelle questioni militari” resa possibile dall’avanzamento tecnologico. Portare avanti questa trasformazione delle forze militari Usa sarebbe stato comunque un processo molto lungo e lento, in parte perché molto costoso. Comunque, suggerisce il documento, il processo sarebbe avvenuto più rapidamente se l’America avesse sofferto un “qualche evento catastrofico e catalizzatore” come una nuova Pearl Harbour. (9) Pensiamo che questa affermazione avrebbe dovuto catturare l’attenzione di alcuni membri della Commissione sull’11 settembre.

Per di più, dopo che si verificarono gli attentati dell’11 settembre, l’idea che costituissero una nuova Pearl Harbour fu espressa dal presidente e da alcuni suoi sostenitori. Proprio alla fine della giornata, si dice che il Presidente Bush abbia scritto sul suo diario. “La Pearl Harbour del 21° secolo è avvenuta oggi.” (10) Inoltre, quello stesso giorno, pochi minuti dopo il discorso alla nazione del presidente, Henry Kissinger pubblicò un articolo in rete in cui affermava: “Il governo dovrebbe farsi carico di una rappresaglia sistematica che, si spera, finisca nel modo in cui finì l’attacco a Pearl Harbour e cioè con la distruzione del sistema responsabile di esso.” (11)

[Henry Kissinger]

Qualcuno potrebbe pensare che l’esistenza di queste affermazioni sarebbe stata percepita dalla commissione sull’11 settembre come parte dei più importanti “fatti riguardanti l’11 settembre” che si sarebbero dovuti includere nel “resoconto più completo possibile.” Ma non c’è menzione di alcuna di queste affermazioni in nessuna delle 567 pagine del Rapporto Kean-Zelikow.

Queste pagine sono largamente riempite, in accordo con l’indiscutibile ipotesi della Commissione, con trattazioni su Osama bin Laden, al-Qaeda e più in generale sul terrorismo islamico e sulla risposta dell’America a questi fenomeni. Inoltre, dopo che la Commissione fu congedata, il suo staff pubblicò un altro rapporto di 155 pagine sul finanziamento di al-Qaeda. (12) Questi problemi furono ovviamente ritenuti essenziali per la comprensione dei “fatti e delle circostanze legate agli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001.”

Ma il fatto che membri centrali e sostenitori dell’amministrazione Bush-Cheney abbiano sottoscritto un documento indicante che “una nuova Pearl Harbour” sarebbe stata utile nel promuovere i loro scopi; che alcuni sostenitori dell’amministrazione e persino il presidente stesso abbiano paragonato gli attentati dell’11 settembre all’attacco di Pearl Harbour; e che diversi membri di questa amministrazione abbiano detto che l’11 settembre fornisce delle “opportunità”,
questo complesso fatto non fu ritenuto meritevole di una sola frase nel “resoconto più completo possibile” della Commissione. In effetti il rapporto della Commissione non menziona nemmeno il Project for the New American Century.

Generare fondi per lo US Space Command

Una dimensione della “rivoluzione nelle questioni militari” discussa nel documento del PNAC è così importante da meritare un trattamento separato. Questa dimensione è la militarizzazione dello spazio, che è ora competenza di un nuovo ramo delle forze armate americane, lo US Space Command.

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Lo scopo di questo ramo è di provvedere “un dominio ad ampio spettro.” L’idea è che le forze armate Usa, con l’aviazione, l’esercito e la marina dominino già su aria terra e mare, Lo US Space Command assicura ora il predominio nello spazio. “Visions for 2020” [“previsioni per il 2020”, ndt], un documento pubblicato dallo US Space Command, pone così la questione: “l’emergente sinergia di superiorità nello spazio, con la superiorità su terra aria e mare, porterà ad un dominio ad ampio spettro.” (13) La descrizione del governo delle spese per lo US Space Command come spese per la “difesa missilistica” fa sembrare la sua missione puramente difensiva, incrementando la “sicurezza della patria”, difendendo gli Stati Uniti da attacchi missilistici. Lo scopo della missione in “Visions for 2020” invece afferma: “Lo US Space Comand domina la dimensione spaziale delle operazioni militari per proteggere gli interessi e gli investimenti degli Stati Uniti.” (14) Il suo scopo primario, in altre parole, non è proteggere il suolo americano, ma proteggere gli investimenti americani all’estero. Questa protezione sarebbe necessaria, afferma, perché “la globalizzazione dell’economia mondiale continuerà con l’allargare il divario tra ‘chi ha’ e ‘chi non ha’.” La missione dello US Space Command, è chiaro, è di proteggere gli americani ‘che hanno’ da coloro nel mondo che non hanno, dato che la globalizzazione guidata dall’America lascia coloro che non hanno con ancora meno.

Comunque la Commissione sull’11 settembre non menziona il programma e la missione dello US Space Command. Per capire appieno il significato di questa omissione, è necessario comprendere che il suo programma riguarda tre settori.

Il primo è quello della tecnologia di sorveglianza nello spazio, attraverso la quale i leader militari statunitensi possono identificare nemici delle forze americane in qualunque parte del pianeta. (15)

Il secondo riguarda il posizionamento nello spazio di armi, come cannoni laser, con i quali gli Stati Uniti possano distruggere i satelliti di altri paesi. “Visions for 2020” afferma con franchezza il desiderio di essere capaci di “negare ad altri l’uso dello spazio.” (16)

La terza parte del programma è solitamente chiamata lo “scudo difensivo missilistico”, ma il suo scopo, come per le altre due parti, è offensivo.

Come afferma “Rebuilding America’s defenses” (in un passaggio di Rahul Mahajan intitolato“una notevole ammissione”):

Nell’era post- guerra fredda, l’America e i suoi alleati sono diventati i primi oggetti della deterenza e sono stati come Iraq, Iran e Corea del Nord, che più desiderano sviluppare capacità di deterrenza. Progettare forze militari convenzionali sarà molto più complesso e limitato quando il territorio americano potrà essere oggetto di attacchi da stati canaglia, per altri versi deboli, capaci di ammucchiare insieme una minima forza missilistica balistica. Costruire un efficace sistema di difesa missilistica è un prerequisito al mantenimento del predominio americano. (17)

[Rahul Mahajan]

Lo scopo dello “scudo di difesa missilistica” in altre parole, non è scoraggiare altri paesi dal lanciare un primo attacco contro gli Stati Uniti. Il suo scopo è di prevenire la capacità di altri paesi di scoraggiare gli Usa dal lanciare un primo attacco contro di loro. (18)

Il maggiore impedimento alla realizzazione di questo programma operativo è che sarà estremamente costoso. Secondo un esperto, richiederà ai contribuenti americani almeno mille miliardi di dollari. (19) La difficoltà di addomesticare gli Americani e il Congresso era la ragione principale dell’affermazione nel documento del PNAC che il desiderio di trasformazione richiederà un tempo molto lungo in assenza di un qualche evento catastrofico catalizzatore come una nuova Pearl Harbour.” (20)

Nell’omettere menzione di questo progetto per raggiungere il dominio globale, la Commissione sull’11 settembre ha dimenticato un progetto così grande che alcuni di coloro che lo appoggiano, possiamo immaginare, potrebbero essere capaci di concepire un attacco che costasse la vita a migliaia di Americani, se un tale attacco sembrasse necessario ad ottenere adeguati fondi per il progetto.

Donald Rumsfeld, come abbiamo visto, era un membro del PNAC mentre questo documento veniva prodotto. Presiedeva anche la Commission to Assess US National Security Space Management and Organization [“Commissione per Stabilire l’ Organizzazione e Gestione della Sicurezza Spaziale Usa”, ndt] (21) Il compito di questa Commissione, comunemente chiamata la “Commissione Rumsfeld” era di fare proposte riguardanti lo US Space Command. Dopo avere fatto varie proposte che “incrementassero la asimmetria tra le forze statunitensi e quelle di altre potenze militari” il rapporto della Commissione Rumsfeld affermava che, poiché le sue proposte sarebbero costate molti soldi e avrebbero richiesto una significativa riorganizzazione, avrebbero probabilmente incontrato una forte resistenza. Ma tale rapporto, che fu pubblicato il 7 gennaio 2001 dice anche:

La questione è se gli Stati Uniti saranno abbastanza saggi da agire responsabilmente e abbastanza presto da ridurre la vulnerabilità spaziale statunitense. O se, come in passato, un attacco invalidante contro il paese e la sua gente, una “Pearl Harbour Spaziale” sarà il solo evento capace di galvanizzare la nazione e far agire il governo. (22)

Nel parlare di una Pearl Harbour spaziale il rapporto intendeva un attacco contro i suoi satelliti militari nello spazio. Gli attentati dell’ 11 settembre non erano ovviamente di questa natura. Ma è comunque interessante che, solo pochi mesi dopo che il PNAC aveva pubblicato le sue affermazioni su “una nuova Peral Harbour”, anche la Commissione Rumsfeld facesse notare che un attacco tipo Pearl Harbour potesse essere necessario per “galvanizzare la nazione.”

Quando arrivò la nuova Pearl Harbour, Rumsfeld, nominato segretario alla difesa, era nella posizione di ottenere più denaro per lo US Space Command. Davanti alle telecamere, lo stesso 11 settembre, Rumsfeld disse al Senatore Carl Levin, allora presidente del Senate Armed Services Committe [Comitato del Senato per le Forze Armate, ndt] :

Senatore Levin, lei e altri democratici nel Congresso avete espresso la paura che, semplicemente, non avete abbastanza denaro per i grandi incrementi difensivi che il Pentagono cerca, specialmente per la difesa missilistica… Un evento del genere la convince che esiste un’emergenza in questo paese tale da far aumentare la spesa difensiva, se necessario da immettere come Sicurezza Pubblica, per pagare le spese difensive?

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[Carl Levin]

Prima, quello stesso giorno, il Pentagono, che sino ad allora era stato sotto la guida di Rumsfeld per quasi sette mesi, non era riuscito a prevenire gli attacchi aerei contro il World Trade Center e il Pentagono stesso. Ora, quella stessa sera, Rumsfeld stava Usando la riuscita di quegli attentati per ottenere dal Congresso più denaro per il Pentagono e, in particolare, per lo US Space Command. Si potrebbe pensare che questa coincidenza piuttosto significativa avrebbe catturato l’ attenzione della Commissione sull’ 11 settembre, perché suggerisce che il segretario alla difesa potrebbe non aver voluto prevenire questa “nuova Pearl Harbour”. Ma il rapporto della Commissione, centrato esclusivamente sui terroristi di al-Qaeda, non fa menzione di questa possibile motivazione.

L’11 settembre Rumsfeld non era, inoltre, la sola persona incaricata di questioni militari altamente impegnata nel promuovere lo US Space Command. Un altro è il Generale Ralph E. Eberhart, attualmente alla testa dello US Space Command, che è anche il comandante del NORAD. (24) Il Generale Richard Myers, ex comandante dello US Space Command, l’11 settembre era il presidente di turno del Joint Chiefs of Staff [Consiglio di Stato maggiore, ndt].

Una Commissione veramente”indipendente” e “imparziale” avrebbe sicuramente commentato la significativa coincidenza che tre degli uomini incaricati della risposta militare all’11 settembre erano apertamente dei sostenitori dello US Space Command, che le forze armate Usa sotto il loro controllo non sono riuscite a prevenire tali attentati, e che uno di questi uomini ha sfruttato il successo degli attacchi per ottenere miliardi di dollari per questo ramo delle forze armate.

Naturalmente una coincidenza non prova la complicità. A volte, quando eventi coincidono in maniera improbabile, una coincidenza è proprio il significato giusto di tale termine; semplicemente ‘coincidenti’. Comunque è ben noto che dopo un crimine la prima domanda da porsi è “cui bono?” “a chi giova?”. Una Commissione veramente indipendente avrebbe come minimo proceduto con l’assunzione che Rumsfeld, Myers ed Eberhart dovevano essere considerati dei possibili sospetti, che le cui azioni di quel giorno andavano rigorosamente investigate. Invece le testimonianze di questi tre uomini furono trattate come indiscutibili fonti di verità su quanto è veramente successo, nonostante, come vedremo poi, le contraddizioni nei loro racconti. (25)

Il piano per attaccare l’ Afghanistan

I critici hanno asserito che un’altra possibile motivazione da parte dell’amministrazione Bush era il suo desiderio di attaccare l’Afghanistan per sostituire i Talebani con un governo amico degli Stati Uniti allo scopo di promuovere gli obbiettivi economici e geopolitici americani.

La Commissione sull’11 settembre riconosce che la guerra statunitense in Afghanistan, iniziata il 7 ottobre, meno di un mese dopo l’11 settembre, era una guerra volta a produrre un “cambio di regime”. Secondo la Commissione, però, gli Stati Uniti volevano un cambio di regime perché i Talebani, oltre ad essere incapaci di portare una pace che terminasse la guerra civile, perpetravano abusi dei diritti umani e fornivano un rifugio sicuro ad al-Qaeda. Limitando le motivazioni degli Stati Uniti a queste, comunque, la Commissione ignora prove abbondanti che le ragioni erano più complesse, più interessate e più ambiziose.

Al centro di queste motivazioni vi era il desiderio di permettere la costruzione di un oleodotto multimiliardario da parte di un consorzio chiamato CentGas (Central Asia Gas Pipeline) formato dal gigante Usa del petrolio Unocal. Il tragitto previsto avrebbe portato olio e gas dalla regione interna del Caspio, con le sue enormi riserve, al mare attraverso Afghanistan e Pakistan. Nel 2001 i Talebani erano percepiti come un ostacolo a questo progetto.

I Talebani erano inizialmente appoggiati dagli Stati Uniti assieme all’ISI pakistano. Il progetto dell’oleodotto era diventato l’argomento cruciale in quello che Ahmed Rashid nel 1997 chiamò “il nuovo grande gioco”(26) . Un argomento di questo gioco era chi avrebbe costruito l’oleodotto: il consorzio CentGas, dominato dalla Unocal, o l’argentina Bridas Corporation. L’altra questione era quali paesi avrebbe attraversato il tracciato. Gli Stati Uniti promuovevano la Unocal e appoggiavano il suo piano di costruire il tracciato attraverso Pakistan e Afghanistan, dal momento che questo percorso avrebbe evitato sia l’Iran che la Russia. (27) Il maggiore ostacolo a questo piano era la guerra civile che andava avanti in Afghanistan sin dal ritiro dell’Unione Sovietica nel 1989. Nei tardi anni ’90 il governo Usa appoggiava i Talebani sulla base della speranza che fossero capaci di unificare il paese attraverso la loro forza militare e fornire un governo stabile.

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La centralità di tale questione è mostrata dal titolo che Rashid ha dato a due dei suoi capitoli: “Romancing the Taliban, The Battle for the Pipelines”[“Corteggiando i Talebani: la battaglia per gli ‘oleodotti”, ndt](28) In particolare, riguardo gli Stati Uniti, Rashid dice che “la strategia sugli oleodotti è stata la forza trainante dietro l’interesse di Washington per i Talebani.”(29) Comunque, sebbene la Commissione Kean-Zelikow citi diverse volte i ben noti libri di Rashid, non fa riferimento alla sua discussione sulla centralità degli oleodotti nelle prospettive di Washington.

Dalla lettura del rapporto della Commissione, infatti, non si sospetterebbe mai che la “guerra degli oleodotti” (come venne chiamata) fosse una grande preoccupazione per gli Stati Uniti. Il progetto dell’oleodotto in generale e la Unocal in particolare sono menzionati in un solo paragrafo (insieme alla nota che lo accompagna). E qui la Commissione suggerisce che il Dipartimento di Stato Usa era interessato al progetto dell’oleodotto della Unocal solo in quanto “la prospettiva di
condividere i profitti dell’oleodotto poteva attirare i leader delle fazioni ad un tavolo di discussione”. Gli Stati Uniti, in altre parole, guardavano al progetto dell’oleodotto solo come a un mezzo di pace. Questa poteva in effetti essere la visione di alcuni dei partecipanti americani. Ma la speranza dominante entro la Unocal e il governo Usa era che i Talebani portassero la pace sconfiggendo i loro oppositori, prima di tutti Ahmad Shah Masood, dopo di che il governo Usa e le Nazioni Unite avrebbero riconosciuto i Talebani come governo dell’Afghanistan, che quindi avrebbe consentito alla Unocal di ottenere i prestiti di cui aveva bisogno per finanziare il progetto. (30)

[Ahmad Shah Masood]

Al contrario il rapporto della Commissione suggerisce che né il governo Usa né la Unocal presero la parte dei Talebani nella guerra civile. La Commissione ci dice che Marty Miller, incaricata del progetto per la Unocal, “negò di lavorare esclusivamente con i Talebani e ci disse che la sua compagnia mirava a lavorare con tutte le fazioni afgane per giungere alla necessaria stabilità per procedere col progetto”. Come è spesso il caso, il “preciso lavoro investigativo” della Commissione consiste principalmente nell’intervistare le persone e registrarne le risposte. Se la Commissione avesse consultato “Ghost Wars” di Steve Coll, che la stessa Commissione cita altrove, avrebbe saputo che sebbene “Marty Miller insisteva pubblicamente che la Unocal era rimasta ‘fanaticamente neutrale’ riguardo alla politica afgana,” in realtà “Marty Miller e i suoi colleghi speravano che la presa di Kabul da parte dei Talebani accelerasse i loro negoziati per l’ oleodotto.”(31) Coll si riferisce qui al settembre del 1996, quando i Talebani, ampiamente finanziati da Pakistan e Arabia Saudita, presero Kabul, la capitale, forzando Masood alla fuga. Appena ciò accadde, riporta Rashid, un dirigente della Unocal “disse alle agenzie stampa che il progetto dell’oleodotto sarebbe stato più facile da implementare ora che i Talebani avevano preso Kabul.”(32) Veniamo qui lasciati a domandarci se la ricerca della Commissione Kean-Zelikow fu semplicemente inadeguata o se lasciò deliberatamente da parte informazioni che non si adattavano alla sua versione.

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C’è un problema simile con l’ affermazione della Commissione sulla neutralità Usa. La Commissione dice categoricamente che “i diplomatici Usa non favorivano i Talebani rispetto alle fazioni rivali ma erano semplicemente decisi a dare loro una possibilità”. Le interviste sono ancora il solo supporto offerto. Se la Commissione avesse consultato su questo argomento il libro di Rashid, avrebbe letto che gli Stati Uniti “accettarono l’analisi dell’ ISI…che una vittoria dei Talebani in Afghanistan avrebbe reso il lavoro della Unocal molto più facile.”(33) Rashid riporta anche che “entro poche ore dalla presa di Kabul da parte dei Talebani”, mentre gran parte del paese rimaneva ancora sotto il controllo delle altre fazioni, “ il Dipartimento di Stato Usa annunciava che avrebbe stabilito relazioni diplomatiche con i Talebani.”(34) La mancanza di neutralità Usa è similmente dimostrata da Steve Coll, che dice “il Dipartimento di Stato aveva fatto proprio il programma della Unocal”, che significa, naturalmente, l’appoggio ai Talebani.(35)

Rashid, riassumendo la situazione, afferma che “l’ alleanza Usa-Unocal appoggiava i Talebani e voleva una loro vittoria totale, sebbene gli Usa e la Unocal affermassero di non averli favoriti in Afghanistan.”(36) Al contrario la Commissione Kean-Zelikow ci dà affermazioni di pubbliche relazioni di alcuni degli attori Usa e della Unocal, ripetute in recenti interviste, come storia autentica.

Perché è importante puntualizzare questa distorsione? Perché il ritratto fatto dalla Commissione sugli interessi Usa in Afghanistan suggerisce che gli Stati Uniti non avessero bassi interessi materiali o imperialistici nell’area, il genere di interessi che potrebbe portare un governo a escogitare un pretesto per entrare in guerra. La questione diventa più importante se arriviamo al punto della storia in cui gli Stati Uniti giungono a pensare ai Talebani come ad un ostacolo più che ad un veicolo del progetto di oleodotto Unocal-CentaGas.

Nel luglio 1998, i Talebani, dopo avere fallito nel 1997 la presa della città settentrionale di Mazar-i-Sharif, finalmente hanno successo, ottenendo il controllo di gran parte dell’Afghanistan, incluso l’intero tracciato dell’oleodotto. Dopo questa vittoria, immediatamente CentGas annuncia che era “pronta a procedere.”(37) Poco dopo, però, le ambasciate Usa in Kenya e Tanzania vengono fatte esplodere portando gli Stati Uniti a lanciare un attacco con missili cruise contro i campi di Osama bin Laden in Afghanistan. Questi eventi e i relativi sviluppi portano la Unocal a ritirarsi da CentGas convinta che l’ Afghanistan sotto i Talebani non avrebbe mai avuto la pace e la stabilità necessarie al progetto.(38) Rashid, finendo il suo libro a metà del 1999, scrisse che l’amministrazione Clinton aveva spostato il suo appoggio per l’oleodotto al percorso dall’Azerbaijan alla Turchia attraverso la Georgia, aggiungendo che “ad oggi nessuno vuole toccare l’ Afghanistan e i Talebani.”(39) Comunque, quando l’amministrazione Bush andò al potere, decise di dare ai Talebani un’ ultima chance. Quest’ultima possibilità si presentò in un incontro di 4 giorni a Berlino nel luglio 2001, che andrebbe menzionato in ogni resoconto realistico di come si arrivò alla guerra in Afghanistan. Secondo il rappresentante pakistano a questo incontro, Niaz Naik, i rappresentanti Usa, cercando di convincere i Talebani a dividere il potere con fazioni amiche degli Usa, dissero: “O accettate la nostra proposta di un tappeto d’oro o vi seppelliremo sotto un tappeto di bombe”(40) Naik disse che gli fu detto dagli americani che “le azioni militari contro l’ Afghanistan sarebbero iniziate prima che la neve cominciasse a cadere sull’Afghanistan, al massimo per la metà di ottobre.”(41) L’attacco Usa all’Afghanistan iniziò di fatto il 7 ottobre, appena i militari poterono essere pronti dopo l’11 settembre.

[Niaz Naik]

La discussione della Commissione sull’11 settembre su ciò che emerse in luglio è molto più moderata. Alcuni membri dell’amministrazione Bush, ci viene detto, si stavano “muovendo verso l’accordo che un ultimo sforzo dovesse essere fatto per convincere i Talebani a cambiare posizione e dopo, se fosse fallito… gli Stati Uniti avrebbero provato un azione nascosta per rovesciare i Talebani dall’interno”. Non c’è menzione di Niaz Naik o dell’incontro di Berlino. La citazione della Commissione sul fatto che gli Stati Uniti volevano che i Talebani “cambiassero posizione”, non menziona che questo cambio non riguardava semplicemente un cambio rispetto ad Osama Bin Laden ma anche l’unirsi ad un “governo di unità” che permettesse al progetto Unocal di andare avanti. Né la Commissione cita l’affermazione di ufficiali Usa che, se i Talebani avessero rifiutato, gli Usa avrebbero usato la forza militare (non semplicemente un’azione segreta). Eppure tutte queste informazioni erano disponibili in libri e articoli di giornale che lo staff della Commissione dovrebbe essere in grado di individuare.

In ogni caso, vi era ulteriore prova, ignorata dalla Commissione, che la guerra Usa contro i Talebani era legata molto più al progetto dell’oleodotto che all’11 settembre. Per il solo fatto che l’inviato speciale del Presidente Bush in Afghanistan, Zalmay Khalizad (citato in precedenza come membro del PNAC) e il nuovo Primo Ministro Hamid Karzai, erano stati in precedenza nel libro paga della Unocal. Come scrive Chalmers Johnson: “La continua collaborazione di Khalizad e Karzai nell’Afghanistan del dopo 11 settembre suggerisce fortemente che l’amministrazione Bush era e rimane interessata in quella regione al petrolio quanto al terrorismo.”(43) Per di più più, già il 10 ottobre il Dipartimento di Stato Usa aveva informato il Ministro per il Petrolio del Pakistan che, “dati i recenti sviluppi geopolitici,” la Unocal era nuovamente pronta a proseguire il progetto dell’oleodotto.(44) Infine, come dice uno scrittore israeliano: “Se si guarda alla mappa delle grandi basi americane create, si rimane colpiti dal fatto che è completamente identica al tragitto del progettato oleodotto verso l’Oceano Indiano.”(45)

C’è perciò considerevole evidenza che, nelle parole di Chalmer Johnson, “ l’appoggio per [il doppio oleodotto per gas e petrolio dal Turkmenistan verso sud attraverso l’ Afghanistan sino alla costa del Pakistan sul Mare Arabico] sembra essere stato un argomento importante nella decisione dell’amministrazione Bush di attaccare l’ Afghanistan il 7 ottobre 2001”, osservazione che Johnson fa al di là di ogni accusa che l’ amministrazione Bush abbia orchestrato gli attacchi dell’ 1 settembre.(46) Ma la Commissione sull’11 settembre non cita neppure il fatto che molta gente condivida la visione di Johnson secondo cui la guerra Usa in Afghanistan era motivata da una preoccupazione maggiore di quelle menzionate dalla Commissione stessa.

Questa grave preoccupazione, inoltre, “non era solo di fare soldi”, suggerisce Johnson, “ma di stabilire una presenza americana nell’Asia centrale.” Prova di ciò è data dal fatto che gli Stati Uniti oltre a stabilire basi a lungo termine in Afghanistan, avevano raggiunto accordi, entro un mese dall’ 11 settembre, per basi a lungo termine in Pakistan, Kyrgyzstan e Uzbekistan.(47) Si può vedere che gli Stati Uniti stanno portando avanti il consiglio espresso da Zbigniew Brzezinski nel suo libro del 1997 The Grand Chessboard: American Primacy and Its Geostrategic Imperatives [La Grande Scacchiera: il Primato Americano e i suoi Imperativi Strategici, ndt], in cui ritrae l’ Asia Centrale, con le sue vaste riserve petrolifere, come la chiave per il potere mondiale. Brzezinski, che era stato Consigliere per la Sicurezza Nazionale nell’amministrazione Carter, ipotizzava che l’America, per continuare il suo continuo “primato” debba assumere il controllo di questa regione. L’uso dell’11 settembre da parte dell’amministrazione Bush per stabilire basi in diversi paesi in questa regione costituisce un passo essenziale in quella direzione. Nel rapporto della Commissione sull’11 settembre non vi è traccia di questo sviluppo. Gli Stati Uniti volevano semplicemente fermare la guerra, far terminare gli abusi dei diritti umani da parte dei Talebani e prevenire che l’ Afghanistan venisse usato come il paradiso dei terroristi. Nel mondo della Commissione Kean-Zelikow, gli Stati Uniti non hanno maggiori ambizioni.

L’ aver omesso il libro di Brzezinski costituisce inoltre l’omissione di un precedente suggerimento del fatto che fosse utile una nuova Pearl Harbour. Brzezinski , avendo sostenuto che la “attualee finestra di opportunità storica per il costruttivo sfruttamento da parte dell’America del suo potere globale potrebbe dimostrarsi relativamente breve”(48), si lamenta del fatto che l’opinione pubblica americana potrebbe non volere usare il suo potere per scopi imperialistici. Secondo l’analisi di Brzezinski il problema è che :

L’ America è troppo democratica a casa per essere autoritaria all’estero. Ciò limita l’uso del potere americano e specialmente la sua capacità di intimidazione militare… Il sacrificio economico (cioè le spese per la difesa) e umano (perdite, persino tra soldati professionisti) richiesti in questo sforzo non sono congeniali agli istinti democratici. La democrazia è nemica della mobilitazione imperiale.(49)

Brzezinski suggerisce comunque che questa debolezza democratica possa essere superata. Avendo detto che “la ricerca del potere non è uno scopo che muove la passione popolare,” aggiunge poi: “ eccetto che in condizioni di improvvisa minaccia o sfida al senso di sicurezza nazionale del pubblico.”(50)

Ciò che renderebbe l’opinione pubblica americana disposta a fare un sacrificio economico e umano necessario alla “mobilitazione imperiale”, suggerisce, sarebbe “una minaccia esterna diretta, veramente massiccia e ampiamente percepita”. Questo passaggio, verso la fine del libro, è parallelo ad un precedente passo nel quale Brzezinski dice che il pubblico era disposto ad appoggiare “largamente l’impegno dell’America nella Seconda Guerra Mondiale a causa dell’effetto shock dell’ attacco giapponese su Pearl Harbour.”(51) Una nuova Pearl Harbour avrebbe di conseguenza permesso all’America di assicurarsi il suo continuo primato tramite l’assunzione del controllo dell’Asia Centrale.

Nel decidere quali eventi appartenessero alla categoria di “eventi riguardanti l’11 settembre”, intendendo eventi rilevanti nel capire perché e come gli attentati avvennero, la Commissione ha deciso di includere l’affermazione di Osama Bin Laden del 1999 che i Musulmani dovrebbero uccidere gli Americani (47). Ciò fu considerato ovviamente rilevante. Ma la Commissione sull’11 settembre non ha incluso il suggerimento di Brzezinski del 1997 che una nuova Pearl Harbour avrebbe pungolato gli Americani ad appoggiare l’aumentata spesa militare necessaria a supportare la mobilitazione imperiale, anche se la Commissione puntualizza che l’11 settembre ebbe esattamente il risultato predetto da Brzezinski, quando essa dice:

La nazione ha destinato enormi risorse alla sicurezza nazionale e a contrastare il terrorismo. Tra l’anno fiscale 2001, l’ultimo budget adottato prima dell’11 settembre, e il presente anno fiscale 2004, la spesa totale federale per la difesa (incluse le spese per Iraq e Afghanistan), la sicurezza nazionale e gli affari internazionali, è cresciuta di più del 50 %, da 345 miliardi di dollari a circa 547 miliardi. Gli Stati Uniti non hanno visto una così rapida crescita nella spesa per la sicurezza dai tempi della guerra di Korea. (361)

Ma i membri della Commissione hanno evidentemente pensato che fosse un passo troppo grande chiedersi quale motivazione potesse essere dedotta da questo effetto.

Vediamo ancora una volta che l’ indiscussa assunzione della Commissione che gli attentati dell’ 11 settembre furono pianificati ed eseguiti interamente da al-Qaeda sotto la guida di Osama bin Laden ha determinato in anticipo la sua selezione di quali eventi fossero “eventi riguardanti l’11 settembre”. In linea con quest’assunzione, la Commissione sull’11 settembre ci ha dato una raffigurazione estremamente semplicistica delle motivazioni Usa dietro l’attacco all’Afghanistan. La Commissione ha in particolare omesso tutti quei fatti che suggeriscono che l’ 11 settembre fu più il pretesto che il fondamento per la guerra in Afghanistan.

Data: 2 dicembre 2005

Fonte: 911 Truth

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Traduzione dall’inglese a cura di ALCE NERO per www.comedonchisciotte.org

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