DI GABRIELE ZAMPARINI
The Cat’s Blog
Il 20 settembre 2001, rivolgendosi al Congresso, il Presidente degli Stati Uniti Bush dichiarò: “Gli Stati Uniti rispettano il popolo dell’Afghanistan — dopotutto, siamo attualmente la sua maggior fonte di aiuto umanitario…”
Il 7 ottobre 2001, rivolgendosi al paese, Bush disse: “Allo stesso tempo, il popolo oppresso dell’Afghanistan conoscerà la generosità degli Stati Uniti e dei nostri alleati. Mentre colpiamo bersagli militari, sganciamo anche cibo, medicinali e provviste per gli uomini, le donne e i bambini dell’Afghanistan che muoiono di fame. Gli Stati Uniti d’America sono amici del popolo afghano…”Cinque anni dopo i risultati di questa amicizia rispettosa e generosa sono stati pubblicati dal Senlis Council, un think tank politico internazionale con uffici a Kabul, Londra, Parigi e Brussels. In Afghanistan Cinque Anni Dopo: Il Ritorno dei Talebani” si legge:
In un’altra sezione di questo devastante rapporto si legge:
Si è ampiamente creduto che l’estromissione del regime dei Talebani, cinque anni fa, avrebbe marcato una nuova era per l’Afghanistan, martoriato da decenni di violenza e povertà. L’arrivo della comunità internazionale annunciava un futuro luminoso per l’Afghanistan confermato dai discorsi per cui il popolo afghano sarebbe stato liberato per sempre dall’insicurezza e dall’oppressione. Gli Stati Uniti hanno definito la rimozione dei Talebani come un dovere umanitario, e promesso di offrire libertà duratura al popolo afghano (…)
Totale delle spese militari e totale delle spese in sviluppo per l’Afghanistan. 2002-2006
Come illustra questo grafico, nonostante la povertà estrema in Afghanistan, la maggior parte delle spese da parte della comunità internazionale è per gli eserciti anziché per lo sviluppo e i progetti contro la povertà.
Con i civili che vengono uccisi su base regolare, gli Afghani sono furiosi che la maggior parte degli aiuti internazionali siano stati spesi per scopi militari anziché per la riduzione della povertà. Molti credono che le missioni militari siano fuorviate, avendo perso fede nella capacità degli “stranieri” di portare stabilità al paese. Una percepita mancanza di rispetto da parte delle truppe internazionali ha alimentato il risentimento degli Afghani contro la comunità internazionale. L’apparente mancanza di volontà delle truppe straniere di studiare la cultura afghana e di cooperare con gli abitanti del luogo ha causato un odio di massa verso gli “stranieri”. Alcuni credono che l’attuale conflitto in Iraq e i recenti scontri in Libano siano prova che l’Occidente stia tentando di ricolonizzare il mondo musulmano. Molti Afghani stanno ora guardando ai Talebani per la leadership, dichiarando che “moriranno combattendo gli stranieri”.
Tornano al maggio 2003, la BBC aveva riportato:
Il resoconto della BBC continua:
Sarebbe ingrato pensare di ringraziare solo George W. Bush e la sua banda di stragisti psicopatici per questo squisito esempio di amicizia occidentale. Come Bush ha ricordato al Congresso il 20 settembre 2001, “Gli Stati Uniti non hanno miglior amico della Gran Bretagna. Ancora una volta, siamo uniti per una grande causa. Il Primo Ministro britannico ha attraversato un oceano per dimostrare la sua unità di intenti con gli Stati Uniti, e questa sera diamo il benvenuto a Tony Blair”.
I vincitori della Guerra Fredda si sono presi le loro responsabilità. La NATO, un’organizzazione nata nel 1949 “per promuovere la stabilità e il benessere nell’area nord-atlantica”, ha esteso la sua nobiltà e generosità oltre i suoi confini geografici. Nella sua “prima missione fuori dall’area euro-atlantica”, la NATO ha preso il comando e la coordinazione della International Security Assistance Force (ISAF) in Afghanistan nell’agosto 2003.
Il ruolo dell’ISAF in Afghanistan “è assistere il governo dell’Afghanistan e la Comunità Internazionale a mantenere la sicurezza entro la propria area operativa. L’ISAF sostiene il governo dell’Afghanistan nell’estendere la sua autorità nel resto del paese, e nel fornire un ambiente sicuro che conduca ad elezioni libere e regolari, alla diffusione del dominio della legge, e alla ricostruzione del paese”.
Un perfetto esempio di tanto altruismo è stato riportato alcuni giorni fa. La NATO e le forze afghane hanno ucciso oltre 200 sospetti guerriglieri talebani con attacchi aerei e di artiglieria durante una grande offensiva in un’instabile provincia dell’Afghanistan meridionale, ha detto domenica l’alleanza”.
Come in ogni vero successo, l’amicizia con l’Afghanistan non avrebbe mai potuto dare i suoi frutti senza quei giornalisti, scrittori, intellettuali, esperti, eroi dell’industria dell’intrattenimento, think tank, analisti, studenti, show-girl e pagliacci che hanno marciato con così tanto coraggio cantando United We Stand” (Uniti vinceremo, ndt).
Un ringraziamento particolare deve andare anche alle molte famose stelle di Hollywood che hanno viaggiato il mondo per sostenere le nostre truppe.
Più recentemente, quasi cento di questi moderni maîtres à penser hanno pagato un annuncio a tutta pagina nel Los Angeles Times per scrivere:
Il testo prosegue:
La lista di “addolorati e scioccati” cuori impavidi comprendeva gli attori Nicole Kidman, Michael Douglas, Dennis Hopper, Sylvester Stallone, Bruce Willis, Danny De Vito, Don Johnson, James Woods, Kelly Preston, Millie Perkins, Patricia Heaton, James Woods, Gary Sinise e William Hurt; i registi Ridley Scott, Tony Scott, Michael Mann, Dick Donner e Sam Raimi; il direttore e principale proprietario della Paramount Pictures, Sumner Redstone; i magnati dei media Rupert Murdoch, Sumner Redstone; Haim Saban; e la stella del tennis Serena Williams.
Il Jewish News Weekly of Northern California ha riportato:
Presentando a New York il suo nuovo film, World Trade Center, all’inizio di agosto, il direttore Oliver Stone ha detto: “Molti Statunitensi, forse la maggioranza, erano furiosi e volevano vendetta… Infatti, la volevo anche io. Non sono un pacifista. Mi piacerebbe esserlo. Mi piacerebbe essere nel migliore di tutti i mondi. Ma qui stiamo affrontando la realtà. Mi sentii molto arrabbiato, ma penso che il nemico fosse 5.000, 6.000 [militanti di] al-Qaeda. E andrei ancora a combatterli. Non esiterei. E manderei mio figlio a combatterli. Quella era la guerra, in Afghanistan. Non abbiamo completato quella guerra”.
Alcuni giorni fa, alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, meglio nota a livello internazionale come il Venice Film Festival, il direttore di Platoon è stato citato dire dalla stampa italiana, “L’America si è sentita oltraggiata, giustamente arrabbiata. Anche se io, personalmente, reputo sbagliato l’intervento in Iraq. Ma giusto quello in Afghanistan”
Questa bizzarra posizione [la guerra in Iraq era sbagliata ma quella in Afghanistan era giusta] è fin troppo comune in Occidente, anche entro il movimento contro la guerra e quel che è rimasto della sinistra. Il potere di Hollywood, si potrebbe dire.
Dopo cinque anni la verità su quanto è successo l’11 settembre 2001 è ancora ignota. Il governo degli Stati Uniti ha mentito e ingannato la propria popolazione e il mondo. Ma la versione ufficiale è stata usata da Washington e Londra per intraprendere una guerra contro paesi innocenti, per sterminare centinaia di migliaia di persone innocenti, per riaprire campi di concentramento, per rapire e torturare, e per sopprimere la libertà e i diritti civili in patria. Tel Aviv ha usato gli eventi dell’11 settembre per aumentare la pulizia etnica e il genocidio contro il popolo palestinese in modo da compiere il sogno sionista della Grande Israele.
Abbiamo bisogno di ricordare che qualunque cosa sia accaduta cinque anni fa quel giorno, l’Afghanistan non aveva nulla a che farci. Intraprendere una guerra contro un paese a causa degli attacchi contro il World Trade Center e il Pentagono fu come intraprendere una guerra contro la Danimarca. Chiunque sia responsabile per gli eventi dell’11 settembre 2001 [e non lo sappiamo ancora!] la ragione per l’aggressione contro l’Afghanistan e l’Iraq deve essere trovata da qualche altra parte.
Riguardando ai commenti rilasciati subito dopo gli attacchi a New York e Washington, quelli dell’ex primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu al Government Reform Committee of the House of Representatives presso Washington, il 20 settembre 2001, hanno ora il potere di una profezia. “Quel che è a rischio oggi è nientemeno che la sopravvivenza della nostra civiltà”. Netanyahu ha fatto un appello per la guerra totale contro il mondo arabo e musulmano [Il New York Post di Rupert Murdoch ha pubblicato una versione ridotta della dichiarazione di Netanyahu il giorno seguente].
Ovviamente ha nominato i territori palestinesi. E grazie ad Israele, la situazione nei territori palestinesi è oggi peggiore che mai, con il genocidio che sta avendo luogo a Gaza proprio in queste ore. Ha nominato l’Afghanistan, e l’Afghanistan è stato invaso ed occupato. Ha nominato l’Iraq, e l’Iraq è stato invaso ed occupato. Ha nominato il Libano, ed il Libano è stato bombardato e distrutto. In quella lista Netanyahu ha nominato anche qualche altro paese, tra cui Siria e Iran. Quei paesi non sono ancora stati bombardati. Ma è questione di tempo e “Benjamin Netanyahu, il capo del Likud, il partito dalla linea dura, che solo cinque mesi fa è stato sonoramente confitto nelle elezioni, è ora emerso come il più popolare politico israeliano”, secondo un sondaggio del Dahaf Institute, pubblicato alla fine di agosto nel quotidiano Yediot Ahronot. “Se le elezioni si tenessero ora, il Likud di destra di Netanyahu emergerebbe come il partito più forte… la destra e i partiti religiosi formerebbero il maggior blocco in parlamento… In una scelta tra Netanyahu e Olmert come primo ministro, il 45 % ha scelto Netanyahu e il 34 % ha sostenuto Olmert. La rinnovata popolarità di Netanyahu arriva dopo un anno ai margini della politica, in seguito alla sua opposizione al ritiro unilaterale di Israele dalla Striscia di Gaza la scorsa estate”.
“Oggi siamo tutti Statunitensi”, ha detto Netanyahu cinque anni fa. L’Occidente è stato rapido a ripetere il suo slogan, che non aveva nulla a che fare con la solidarietà alle vittime degli attacchi dell’11 settembre ma era un appello per una guerra totale che avrebbe dovuto essere combattuta dagli Stati Uniti nell’interesse di Israele. Non è forse quello che è accaduto?
E’ ovvio che il controllo delle risorse energetiche da parte della nostra dittatura capitalista è un elemento importante per capire quel che è accaduto negli ultimi cinque anni, ma non può essere l’unica ragione che spieghi questa complessità geo-politica. Lontana dall’essere una teoria della cospirazione, la lobby ebraico-sionista-israeliana è un dato di fatto. Il suo potere si è potuto vedere ancora una volta in tutta la sua forza letale solo poche settimane fa, quando il mondo intero fu condannato ad essere uno spettatore impotente davanti alla distruzione inflitta contro il Libano. La lobby esercita il suo potere in molti paesi diversi e con mezzi differenti ed è comprensibile che la lobby stessa cerchi di sopprimere ogni discussione aperta, dissenso e libertà di parola mediante le accuse di anti-semitismo ogni volta che qualcuno cerca di discutere il suo ruolo nel mondo di oggi. E’ invece più difficile capire le ragioni di coloro che negano [l’esistenza della] lobby ebraico-sionista-israeliana tra quelli che combattono l’imperialismo in questo momento storico che vede l’imperialismo e il sionismo alleati contro l’umanità.
Perché non gridiamo “Oggi siamo tutti Afghani, Iracheni, Libanesi e Palestinesi”?
Gabriele Zamparini
Fonte: http://www.thecatsdream.com/blog/
Link: http://www.thecatsdream.com/blog/2006/09/september-11-afghanistan-and-survival.htm
07.09.2006; 7:30 PM
Scelto e tradotto da CARLO MARTINI per www.comedonchisciotte.org