Di Francesco Centineo
Piogge acide, scorie radioattive, liquami tossici, l’aria si fa irrespirabile, l’acqua velenosa, i terreni aridi ed infertili. L’inferno in terra: morte, malattia, disperazione, questo è il prezzo del progresso:
Le “energie” dette “pulite” implicano il ricorso a minerali sporchi il cui sfruttamento è tutto tranne che pulito. Si tratta al contrario di un incubo ambientale in cui si incontrano, per citarne solamente alcuni, scarti di metalli pesanti, piogge acide e acque contaminate. In altre parole, per creare del pulito bisogna sporcare, ma noi fingiamo di ignorarlo perché rifiutiamo di considerare l’insieme del ciclo di fabbricazione delle pale eoliche e dei pannelli solari.*
Qui in Europa siamo stati ingannati dalle lobby del green, ormai lo sappiamo, è ufficiale: l’Unione Europea finanziava sedicenti gruppi ambientalisti per fare propaganda alla conversione green imposta dall’UE stessa, dalla finanza globale e dall’industria cinese. Una conversione che che di “verde” ha veramente poco o nulla. La produzione di tecnologie verdi è tossica per l’ambiente. Nel 2022 il giornalista Pitron denunciava:
Attraverso i loro mezzi di comunicazione, organizzazioni come l’Onu e l’Unione internazionale delle comunicazioni (Itu) hanno ripreso le principali conclusioni della GeSI e la banca mondiale le ha riprodotte in una nota pubblica. Stessa cosa hanno fatto grandi aziende di consulenza come McKinsey, Boston Consulting Group, Deloitte, Orange. Risultato: i rapporti dalla GeSI sono diventati vangelo e la lobby di Bruxelles può essere orgogliosa di essere oggi una delle principali fonti di informazione sul “digitale verde”**
Adesso, nel 2025, la corruzione delle élite europee è venuta a galla. Ora tutti sanno che la rivoluzione tecno-ambientalista è una bufala. Questa bufala impoverisce i cittadini europei e demolisce l’industria europea. Inoltre questa scelta ha dei risvolti inquietanti per quel che concerne l’ambiente e la sostenibilità del progresso tecnologico stesso. Le tecnologie verdi sono composte principalmente dai cosiddetti «metalli rari».
L’industria delle terre rare in Cina, come negli altri Paesi, provoca gravi danni tipici dell’estrazione mineraria, ma ci sono anche danni specifici esclusivi del settore delle REE associati all’isolamento, al recupero e al riciclaggio. In generale, gli effetti di questa industria ricadono sulla geologia del terreno, sulle acque, nell’aria provocando persino radiazioni. I maggiori rischi per l’ambiente a breve e a lungo termine sono costituiti dai residui di estrazione, rifiuti liquidi composti da acque reflue, sostanze chimiche e metalli pesanti.***
La Cina soddisfa il 97 per cento del fabbisogno mondiale di terre rare. L’estrazione delle terre rare ha determinato per la Cina un grandissimo vantaggio tecnologico ed economico, ma a che prezzo?
Quello nella foto è il lago dei liquami tossici di Baotou. A Baotou si estraggono e raffinano tonnellate su tonnellate di terre rare (il gigante minerario Baogang, secondo il giornalista Pitron, coprirebbe il 75% della produzione mondiale). Baotou è una città-prefettura della Mongolia Interna, in Cina. Il paesaggio sembra uscito da un film di fantascienza ambientato in un futuro distopico, camini e torri di raffreddamento si innalzano fino al cielo, riversando nell’atmosfera un fumo grigio che si confonde con il cielo plumbeo, poco distante si trova un lago artificiale, ricolmo di densi liquami tossici.*
Guillame Pitron insignito del premio Pulitzer per la sua inchiesta giornalistica La Guerra Dei Metalli Rari è stato a Baotou. Il suo racconto sulla situazione ambientale in cui versa Baotou è sconvolgente:
Eccoci ai limiti del Weikung Dam, un gigantesco bacino idrico artificiale in cui decine di tubi metallici vomitano torrenti d’acqua nerastra che vengono dalle raffinerie attigue. Un bacino di dieci chilometri quadrati di effluenti tossici che strabocca a intermittenza nel fiume Giallo quando è troppo colmo. È qui che batte il cuore della transizione energetica e digitale. Sbalorditi rimaniamo un’ora abbondante a osservare queste distese lunari, questi paesaggi disgregati.[…] Pochi minuti dopo, eccoci sull’altra riva del lago artificiale, a Dalahai. In questo villaggio dalle case in mattoni rossi in alcuni punti il tasso di Torio nel suolo sarebbe trentasei volte più alto che a Batou, i circa mille abitanti che non si sono decisi ad andarsene respirano, bevono e mangiano i rifiuti tossici del bacino artificiale. Li Xinxia, cinquantaquattro anni, è una di loro. […] Ci conferma […] che ci sono stati molti malati. Cancro, malanni vascolari, ipertensione… capita praticamente a tutti. È molto grave quello che succede qui, abbiamo fatto dei test e il nostro villaggio è stato soprannominato il “villaggio del cancro”. Sappiamo di respirare un’aria tossica e che non ci resta molto da vivere”. [..] La comunità ha pagato un caro prezzo per le terre rare. Uomini di appena trent’anni vedono i propri capelli diventare improvvisamente bianchi, i bambini crescono senza denti. Nel 2010 i media cinesi riportavano che sessantasei abitanti di Dalahai erano già morti di cancro. “Il popolo cinese ha sacrificato il proprio ambiente per nutrire il pianeta con le terre rare” ammette con solennità Vibiam Wu, una nota esperta di metalli rari. Il prezzo da pagare per sviluppare la nostra industria si è rivelato fin troppo alto.**
La Cina si è “sacrificata” per tornare ad essere una potenza. Il prezzo che ha pagato a livello ambientale è impressionante: è del 2015 il record delle emissioni da CO2 che hanno toccato l’esorbitante quota del 28% su scala globale e che stanno vertiginosamente aumentano. Il 10% delle terre coltivabili è contaminato da metalli pesanti e l’80% dell’acqua dei pozzi sotterranei non è adatta al consumo.
La Francia e gli Stati Uniti nel recente passato (anni ’80 e anni ’90) erano leader mondiali nell’estrazione e nella raffinazione di terre rare. L’Occidente sa bene che cosa comporta lavorare queste materie prime necessarie allo sviluppo tecnologico del digitale. La classe dirigente che in questi quarant’anni ha deciso le politiche industriali e tecnologiche sapeva a cosa andava incontro la Cina ma pur di abbattere i costi si è tappata occhi, naso ed orecchie ed ha fatto finta di non sapere e soprattutto non ha informato correttamente i propri cittadini.
I dirigenti di Bruxelles e di Washington tramite delle bugie insostenibili non solo hanno condotto tutti noi verso la catastrofe ambientale (il pianeta è uno) ed economica, ma, soprattutto, verso la dipendenza assoluta da Pechino e dalle sue scelte.
Europa ed USA necessitano delle materie prime di Pechino: lo United States Geological Survey (USGS) un’agenzia che studia le risorse minerarie ogni anno pubblica un rapporto molto importante: il Mineral Commodity Summaries*** documenta che ad oggi, anno 2025, la Cina produce:
Il 60% dell’Antimonio, l’81% del Bismuto, il 62% della Fluorite, il il 99% del Gallio, il 99% del Germanio, il 79% della Grafite naturale, il 70% dell’Indio, il 95% del Magnesio, il 69% delle Terre Rare, il 69% dello Scandio, il 77% del Tellurio, il 23% del Nitruro di Titanio (TIN), il 69% del Titanio, l’83% del Tungsteno, il 70% del Vanadio, il 70% dell’Ittrio, il 33% dello Zinco.
I minerali di cui sopra sono considerati dagli esperti «minerali critici salienti a livello mondiale». La Cina dei 26 elencati ne produce e ne detiene ben 16, gli Stati Uniti solamente uno: il 50% del Berillio, l’Europa è fuori dalla classifica. Ad oggi, non solo, risulta impossibile parlare di rivoluzione verde, ma bisogna considerare che l’Europa rischia il fallimento completo. L’Europa puntando sconsideratamente sul digitale e sulle rinnovabili rischia di ritrovarsi risucchiata in un vortice di dipendenza economica che potrebbe farla sprofondare.
L’Italia non è in grado di sostenere questa follia tecno ambientalista e che di verde non ha assolutamente niente; Bruxelles dovrebbe ripensare e molto in fretta il suo approccio all’ambiente, all’industria ed alla tecnologia.
L’Italia dovrebbe smettere di farsi dettare legge dalle istituzioni europee: non possiamo essere obbligati ad installare pale eoliche e pannelli solari, non possiamo essere obbligati all’auto elettrica, non possiamo essere obbligati a digitalizzare ogni cosa, non possiamo essere obbligati a ridurre le emissioni da CO2, non è assolutamente necessario ed è anche fortemente improduttivo. Non porta nessun vantaggio, ambientale ed economico, né all’Italia né tantomeno agli italiani.
Di Francesco Centineo
18.02.2025
NOTE
*La Guerra Dei Metalli Rari edito LUISS Guillame Pitron pag. 57
**Inferno Digitale Perchè Internet, Smartphone e Social Network stanno distruggendo il pianeta edito LUISS Guillame Pitron pag. 29
***http://dspace.unive.it/bitstream/handle/10579/18181/876291-1244511.pdf
*https://www.lifegate.it/la-dove-nasce-la-tecnologia-e-si-avvelena-la-terra
**La Guerra Dei Metalli Rari edito LUISS Guillame Pitron pag. 39
***https://www.usgs.gov/centers/national-minerals-information-center/mineral-commodity-summaries
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FONTE: https://sfero.me/article/-veleno-verde-lato-oscuro-tecnologia